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Premessa
L'articolo è il seguito naturale del precedente della serie Attenti alla definizione.
Discuterà il concetto di massa estranea, per riconoscerla con sicurezza ed evitare che ogni struttura metallica di un ambiente diventi un incubo.
Massa estranea è
una parte conduttrice, non facente parte dell'impianto elettrico, in grado di introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra
Definizione semplice. Troppo forse.
Come numero di parole la prima parte,
parte conduttrice, non facente parte dell'impianto elettrico,
equivale alla seconda
in grado di introdurre un potenziale, generalmente il potenziale di terra.
Ma mentre sulla prima non c'è molto da dire ed è poco difficoltoso riconoscere ciò che la soddisfa, la seconda è composta da parole su cui occorre soffermarsi a lungo poiché sottintendono concetti delicati ed importanti.
Molto spesso essa diventa, ad una lettura superficiale:
"che può assumere una tensione pericolosa
Ciò la renderebbe simile alla massa elettrica. Può anche essere così, ma non è certo la situazione più frequente.
Intanto:
- perché si dice introdurre e non assumere?
- perché un potenziale e non una tensione?
- perché si aggiunge generalmente il potenziale di terra?
- come mai si precisa in grado di?
Partiamo da
[..] un potenziale, generalmente il potenziale di terra.
Si parla di un potenziale, ma si pone immediatamente l'accento su un particolare potenziale: quello di terra indicando in tal modo che è questo potenziale ad essere pericoloso nella quasi totalità dei casi.
Ma perché proprio il potenziale di terra deve essere pericoloso?
"Se la terra è pericolosa", mi è stato una volta chiesto, "perché si fa l'impianto di terra e si collegano ad essa le masse elettriche?"
La domanda, provocatoria o meno, potrebbe anche non essere banale, se si pensa che, pur non esplicitamente le norme ritengono più sicuri gli apparecchi in classe due; sicuramente comunque mette in evidenza che ci si dimentica qual è il pericolo rappresentato dall'utilizzo dell'energia elettrica.
Bisogna allora fare un passo indietro e pensare alle
definizioni e leggi dell'elettrotecnica di base
Innanzitutto non è il potenziale in sé a rappresentare un pericolo (i passeri sui fili di una linea a 230 kV lo dimostrano), ma la differenza di potenziale.
Facciamo un paragone: sul pavimento di una stanza senza ostacoli e buchi si può camminare senza pericoli anche al buio, a qualunque piano del grattacielo sia localizzato l'appartamento. Non si può dire la stessa cosa se ci sono ostacoli, in particolare poi se ci sono buchi attraverso cui la persona possa precipitare.
Il potenziale è l'altezza rispetto al terreno, che non è pericolosa se in tutto il pavimento è la stessa. Ciò che rappresenta il pericolo è la differenza di altezza rispetto al terreno che può esserci tra due zone contigue del pavimento, in particolare sull'orlo della buca, quando, dopo un ulteriore passo non si può far altro che precipitare. Il dislivello corrisponde alla
Differenza di potenziale ( o tensione elettrica)
Se la buca sul pavimento è pericolosa per le conseguenze della caduta che essa provoca al malcapitato che vi cade dentro, così la differenza di potenziale tra due conduttori che entrano in contatto con il corpo umano, è pericolosa per il movimento che essa provoca nelle cariche elettriche che migrano tra i due punti di contatto. Il movimento, cioè la corrente elettrica che si instaura, scombussola il funzionamento del corpo, come l'impatto conseguente alla caduta. E come le conseguenze della caduta sono tanto più gravi quanto più profonda è la buca, così lo "scombussolamento" è tanto maggiore quanto la differenza di potenziale è più grande. L'intensità di corrente è la tensione diviso la resistenza del corpo, misurata tra l'ingresso e l'uscita della corrente; la tensione è la differenza di potenziale tra i punti di ingresso e di uscita della corrente.
Se i punti di contatto sono equipotenziali, indipendentemente dal loro potenziale assoluto rispetto al terreno, il pericolo non c'è: nessuna corrente può circolare ai capi di una resistenza finita, qual è quella del corpo umano, se la differenza di potenziale è nulla. Come non si può precipitare in una buca che non c'è.
Il corpo metallico che si tocca, per essere pericoloso, deve essere
in grado di introdurre [..]
il potenziale zero
(che è quello, già lo si è detto più volte, che crea in genere i problemi)
Deve cioè
- portarlo dentro l'ambiente in cui si trova l'impianto elettrico le cui masse possono avere un potenziale diverso;
- mantenerlo indipendentemente dal potenziale che assumeranno le masse in caso di guasto. In altre parole deve essere indipendente dall'impianto di terra che serve per la protezione dai contatti indiretti.
E' così che il contatto tra una massa e la parte metallica che non fa parte dell'impianto elettrico può determinare una differenza di potenziale in grado di instaurare la corrente pericolosa nella persona che stabilisce il contatto.
Per mantenere il suo potenziale zero, la parte metallica non deve essere in alcun modo collegata ohmicamente all'impianto di terra: questo significa indipendente. Se esiste un collegamento, qualunque ne sia la resistenza, masse e parte metallica assumono lo stesso potenziale. La parte metallica dunque non rappresenta un pericolo.
Potrebbe anche trattarsi di
un potenziale diverso da zero
ad esempio un tubo collegato ad una massa elettrica non connessa a terra, comune a più ambienti, nel caso di un guasto sulla massa.
Il potenziale introdotto nell'ambiente sarebbe allora pericoloso. Se gli ambienti appartengono tutto allo stesso edificio e l'impianto è eseguito a regola d'arte, tutte le masse sono già collegate all'impianto di terra per cui il potenziale trasferito è quello delle masse, e non rappresenta un pericolo.
Ovviamente potrebbe esserci un errore od una rottura del collegamento. A rigore dunque quel tubo, dato che potrebbe introdurre un potenziale in un ambiente e mantenerlo, è una massa estranea e dovrebbe essere collegato a terra.
Da questo punto di vista la massa estranea sembra sfuggire ad un'identificazione precisa, o meglio apre un ampio ventaglio di possibilità di esserlo ad ogni oggetto metallico comune a più ambienti, con una proliferazione indiscriminata dei collegamenti a terra e discussioni a non finire tra gli addetti ai lavori. Ma, come si vedrà, la norma correrà ai ripari, definendo esplicitamente le masse estranee da collegare a terra.
C'è, per di più, un'ulteriore questione che rende il riconoscimento di una massa estranea sempre più scivoloso: quella dei
1000 Ω e 200 Ω
La parte metallica indipendente dall'impianto di terra e non facente parte dell'impianto elettrico, indicata con A nelle figure, può introdurre il potenziale zero con diversi valori di resistenza che dipendono dal suo contatto con il terreno.
Nelle due figure l'indipendenza di A dall'impianto di terra della massa M è evidenziata simbolicamente utilizzando il colore verde per la terra della massa M, che è l'impianto di terra dell'edificio, e l'arancione per la terra lontana che dà il suo potenziale ad A. Entrambe le terre sono ovviamente a potenziale zero.
La resistenza RA è determinante per la corrente IC che si stabilisce nel corpo umano che tocca contemporaneamente la massa M in tensione per un guasto e la parte metallica A.
Prima del contatto
- la parte metallica ha il potenziale zero della terra lontana VA = 0;
- la massa M è al potenziale VM = UC0;
- tra i punti 1 e 2 del corpo umano schematizzato con la resistenza RC, non c'è alcuna differenza di potenziale e non circola alcuna corrente.
Quando il contatto avviene, ritenendo costante il potenziale assunto della massa (è un'assunzione a favore della sicurezza, in quanto la tensione di contatto si abbassa per effetto della resistenza, qui trascurata perché sempre piccola in confronto ad RC, in serie al generatore UC0), si instaura nel corpo una corrente
tanto più grande dunque quanto più RA è piccola: al limite nulla per RA infinita, massima e pari a
se RA è nulla.
Nel primo caso non c'è pericolo, nel secondo sì.
La domanda allora è:
Qual è il valore di passaggio da non pericolo a pericolo?
Tradotta in altri termini:
qual è il valore diRA al di sotto del quale quella parte metallica è da considerare una vera massa estranea?
La risposta è:
negli ambienti normali;
in quelli speciali
Il motivo è dovuto alle ipotesi che si sono fatte in sede normativa per stabilire le
curve di sicurezza
Le curve di sicurezza danno, per ogni tensione cui può essere soggetta la persona nei due tipi di ambienti, il tempo massimo per cui può essere sopportata senza danni. Per tracciare le due curve si è ipotizzato il tipo di contatto più frequente e più pericoloso: mani sulle masse piedi nel terreno. Oltre alla resistenza del corpo RC è stata ipotizzata una resistenza di contatto piedi-terreno RTCpari a negli ambienti normali ed a
in quelli speciali. La RC non è, tanto per semplificare le cose, costante, ma decresce al crescere della tensione passando da poco meno di 900 ohm a 25 V a poco meno di 500 ohm a 230 V. Ad ogni modo per ogni tensione U è definita una resistenza RU = RC + RTC, quindi una corrente
. Questa è la corrente che attraversa il corpo. Si va allora sul
diagramma di pericolosità della corrente
ed in corrispondenza a quella corrente si legge il tempo per cui è tollerata. In tal modo si costruiscono le curve di sicurezza.
Il contatto con la A, in genere è mano-mano, quindi la RTC è by-passata e sostituita da RA. Ecco allora che, considerando la resistenza del corpo mano-mano uguale a quella mano-piede (in realtà, per fortuna, è leggermente superiore) per rispettare la curva di sicurezza è necessario che la resistenza minima per RA sia negli ambienti ordinari e
negli ambienti speciali.
Al di sotto di tali valori la parte metallica deve essere considerata a tutti gli effetti una massa estranea. Al di sopra no, ovviamente.
Teoricamente il ragionamento è relativamente semplice ma nella pratica è evidente che le cose come si complicano. Ogni oggetto metallico entrante in un ambiente, in contatto con il terreno, indipendentemente dall'impianto di terra dell'edificio, potrebbe essere una massa estranea e, per deciderlo, occorrerebbe misurarne la resistenza rispetto a terra.
Il buon senso, che nella norma non è però definito, ci dice che ci si potrebbe limitare al controllo delle parti metalliche più sospette per le quali è ipotizzabile che una persona possa stabilire un contatto con una massa estranea. Anche in questo caso possono nascere infiniti dubbli amletici ed altrettante discussioni: misurare o non misurare?
Che fare in pratica
La norma allora corre ai ripari e semplifica o almeno cerca.
Per i luoghi a maggior rischio elettrico:
- locali medici;
- luoghi conduttori ristretti;
- bagni e docce;
- piscine;
- locali agricoli;
bisogna considerare tutte le masse estranee di ogni locale e collegarle all'impianto di terra: tale tipo di collegamento è detto collegamento equipotenziale supplementare: EQS. Esso è effettuato in ogni locale e si aggiunge a quello eseguito per l'edificio nel suo complesso, detto principale, di cui al successivo paragrafo.
Per tutti gli altri luoghi, compresi gli edifici di cui i luoghi a maggior rischio elettrico fanno parte, la norma precisa le indiscutibili
quattro masse estranee
da collegare effettivamente all'impianto di terra:
- tubazione di acqua e gas;
- tubazioni dell'impianto centralizzato di condizionamento;
- gli elementi strutturali metallici dell'edificio;
- i ferri d'armatura del cemento armato.
Esse vanno collegate al collettore cui arriva il conduttore di terra con conduttori che costituiscono il collegamento equipotenziale principale: EQP
A ben guardare poi le vere masse estranee dovrebbero essere ridotte a tre, almeno nei nuovi edifici, in quanto i ferri d'armatura, dovrebbero già essere collegati all'impianto di terra essendo le fondazioni i migliori dispersori.
Per le altre masse estranee, cioè per quelle parti metalliche che non fanno parte dell'impianto elettrico, che sono indipendenti dall'impianto di terra, che portando all'interno dell'edificio il potenziale di una terra lontana, con resistenza inferiore a 1000 Ω negli ambienti normali ed a 200 Ω in quelli speciali, e per quelle che possono trasferire da un ambiente all'altro un potenziale elevato per un guasto su una massa non connessa a terra, il collegamento a terra non è necessario ma solo consigliato.
Le ragioni per far nascere discussioni ci sono, ma esistono anche le indicazioni per dirimerle.
Un progettista ad ogni modo deve esistere e qualche decisione dovrà pure prenderla, consapevole che le norme non possono codificare tutti i casi particolari.
Il seguente
grafo di flusso
riassume come procedere
Appendice
L'osservazione di Romeo giunta nella nota poco dopo la pubblicazione dell'articolo, mostra ancora una volta, come, nel valutare la massa estranea, non si tengano presente bene i concetti che la definiscono.
Romeo, della parte metallica che presenta verso terra una resistenza considera in tal caso unicamente il valore di RA e dimentica che occorre invece considerare anche come questo valore di RA è ottenuto. Come detto nell'articolo ed evidenziato dal grafo di flusso, occorre stabilire se la parte metallica è dipendente o indipendente dall'impianto di terra cui sono collegate le masse.
Le due figure che seguono dovrebbero (spero) chiarire il concetto.
Indipendenza e dipendenza
In questo caso il corpo metallico presenta una resistenza verso terra RA che è indipendente dall'impianto di terra cui sono collegate le masse elettriche. In seguito ad un guasto sulla massa, questa si porta, rispetto a terra, al potenzialeUC0, mentre la parte metallica resta a zero. La tensione tra massa e parte metallica è proprio UC0.
In questo secondo caso la resistenza RA è ottenuta tramite una RX che collega la parte metallica all'impianto di terra, una RX che è dovuta alla presenza dei collegamenti equipotenziali principali (EQP).
Un guasto sulla massa porta sia la massa che la parte metallica al potenziale UC0. La tensione tra la massa e la parte metallica è pertanto nulla, qualunque sia il valore di RA, quindi di RX. (Ovviamente se fosse RA < RE la parte metallica sarebbe indipendente)
Bibliografia
Fondamenti di SICUREZZA ELETTRICA
Vito Carrescia Ed. TNE | |
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La Massa estranea
Vito Carrescia TuttoNormel n.5, 2000 | |
Il Mille e duecento'
TuttoNormel n.1, 1995 |