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Introduzione
L'acciaio è una lega principalmente costituita da ferro e carbonio, dove quest'ultimo è presente con un tenore non superiore al 2.06 % circa, superato il quale l'acciaio assume la denominazione di ghisa.
Ed in effetti acciaio e ghisa sono correlati tra loro non solo sotto questo aspetto ma anche per il fatto che l'acciaio non può essere prodotto direttamente ma la sua produzione passa attraverso un processo indiretto che permette di ottenere dapprima la ghisa, che viene considerata quindi in questo caso un prodotto intermedio.
Con questo articolo vogliamo, senza pretese, affrontare un breve excursus nel mondo vasto e complicato della produzione dell'acciaio.
Ci soffermeremo poi maggiormente sulla descrizione e l'analisi del convertitore L.D. e del forno Martin-Siemens.
Le fasi del ciclo produttivo
Ribadendo che l'acciaio viene prodotto a partire dalla ghisa, ottenuta a sua volta dall'altoforno, possiamo dire che il ciclo si articola nelle fasi seguenti:
- affinazione della ghisa;
- disossidazione;
- ricarburazione;
- aggiunta di correttivi e ferroleghe.
Affinazione della ghisa
Tramite l'affinazione la ghisa viene trasformata in acciaio. In questa serie di processi che prende, per l'appunto, il nome di affinazione, si ha la quasi totale eliminazione per mezzo dell'ossidazione selettiva di carbonio ed altri elementi come fosforo, zolfo, silicio, manganese che nella ghisa erano presenti in qualità di impurezze.
Si può ricorrere quindi o ad insufflaggio di aria o ossigeno nel bagno metallico oppure si ricorre all'ossigeno presente in ossidi riducibili.
La prima modalità di affinazione è detta conversione della ghisa e si utilizza una apparecchiatura denominata convertitore. I processi più importanti di conversione sono:
- processo Bessemer;
- processo Thomas;
- processo L.D. .
Le reazioni che avvengono nel convertitore sono reazioni di tipo esotermico e mantengono fluida la massa.
Nella figura che segue è ritratto un modello di convertitore Bessemer, affiancato da un'altra figura che schematizza il funzionamento del convertitore stesso :
I convertitori Bessemer e Thomas permettono di affinare la ghisa grazie ad insufflaggio dell'aria dal basso ma portano con sé l'inconveniente grave costituito dal fatto che i refrattari delle tubiere ed il rivestimento del fondo non riescono a resistere alle alte temperature, che si raggiungono nella zona di reazione. Si è pensato quindi di insufflare aria dall'alto grazie ad una lancia raffreddata da acqua.
In Austria nel 1952 si cominciò ad adoperare un convertitore che utilizza ossigeno come comburente e prende il nome di convertitore ad ossigeno o convertitore L.D..
La seconda modalità di affinazione è condotta all'interno di forni, tra i quali i più rilevanti sono:
- forno Martin-Siemens;
- forno elettrico.
Disossidazione
Successivamente all'affinazione, una piccola quantità di ossigeno (all'incirca lo 0.05 %) rimane in soluzione nel metallo liquido e quindi tale quantità, seppur piccola, va necessariamente eliminata perché si correrebbe il rischio, in fase di raffreddamento, di avere la formazione di ossidi di ferro al bordo dei grani e quindi un infragilimento dell'acciaio.
La disossidazione completa avviene con l'aggiunta di alluminio, seguendo la reazione che segue:

L'ossido di alluminio che si è formato passa direttamente nella scoria per poi essere in seguito rimosso.
Ricarburazione
L'affinazione non è facilmente controllabile come processo dal punto di vista metallurgico e per questo accade che l'acciaio ottenuto abbia sempre una percentuale di carbonio inferiore a quella richiesta. Si ricorre quindi alla ricarburazione grazie all'aggiunta di una finissima polvere di carbonio.
Aggiunta di correttivi e ferroleghe
Vengono aggiunti infine i correttivi per ottenere una migliore desolforazione e una maggiore fluidità delle scorie. Ad esempio il manganese può reagire in parte con zolfo secondo la reazione seguente:

migliorando in questo modo la ripartizione dello zolfo tra il metallo e la scoria.
Lo spatofluore (CaF2, detto anche fluorite o fluorina), ad esempio, permette di fluidificare le scorie.
Le ferroleghe invece sono aggiunte secondo dosi prestabilite per portare l'acciaio ad assumere determinate caratteristiche richieste; tra di esse si segnalano manganese, silicio, cromo, molibdeno, niobio.
Il convertitore L.D.
Vogliamo ora analizzare nel dettaglio il funzionamento del convertitore a ossigeno o convertitore L.D. . I primissimi convertitori L.D. avevano capacità di carica anche di 300 tonnellate e furono installati nelle due città austriache di Linz e Donawitz e dalle iniziali di quest'ultime deriva il nome di tale convertitore.
In realtà, esso è noto anche col nome di BOS, cioè Basic Oxigen Steelmaking.
Caratteristiche fisiche
L'apparecchiatura è a sezione variabile ed ha un tratto cilindrico mediano con raccordo semisferico per il fondo, mentre invece superiormente termina con un tratto conico.
La carica del convertitore è eseguita dalla bocca dello stesso, così come l'evacuazione della scoria e l'introduzione della lancia per il soffiaggio dell'ossigeno.
Un'apertura per la colata dell'acciaio è invece posta nella zona di raccordo tra il tratto cilindrico e quello tronco conico. La struttura portante è costituita da una lamiera di acciaio di spessore compreso tra i 60 e i 100 mm con un anello di tenuta che lo fascia nella zona mediana, sul quale sono fissati due perni che consentono di ruotare il convertitore attorno al proprio asse orizzontale, rotazione che è governata da un motore elettrico.
Le pareti interne del convertitore sono rivestite di materiale refrattario basico che presenta uno spessore che varia dai 750 ai 950 mmm ed è maggiore sul fondo e nella parte laterale fino al livello del bagno liquido, in quanto queste sono le zone maggiormente esposte all'azione erosiva delle scorie e agli urti dovuti alla carica del convertitore, che è una carica solida.
Inoltre dopo 500 - 800 colate va rifatto completamente il rivestimento refrattario.
La carica
Da cosa è costituita la carica solida di un convertitore? Essa è formata più precisamente da:
- ghisa liquida;
- rottami;
- minerale;
- calce o calcare;
- spatofluore.
La ghisa liquida costituisce la maggior parte della carica metallica del convertitore in percentuali che variano dal 70 fino anche al 100 %. Il suo contenuto di silicio deve essere medio-basso poiché elevati tenori di questo elemento porterebbero ad utilizzare obbligatoriamente grandi quantità di calce per ottenere una scoria stabile, mentre invece bassi tenori di silicio ritarderebbero la formazione della scoria utile per fissare l'anidride solforosa prodotta dall'ossidazione del fosforo.
I rottami vengono usati, in quantità non superiori al 30 %, come raffreddante e la quantità adoperata dipende ovviamente dall'acciaio che deve essere prodotto: la quantità di rottami sarà, ad esempio, minima se si dovranno produrre acciai a contenuto medio-alto di carbonio, mentre sarà maggiore se si dovranno produrre acciai a basso tenore di carbonio.
Il minerale viene aggiunto solo se è caratterizzato da elevata purezza e soprattutto in quantità minima e pezzatura minuta; il calcare serve per aumentare l'indice di basicità della scoria, che è uguale al rapporto tra le quantità di ossidi basici e quelle di ossidi acidi.
Lo spatofluore viene aggiunto sempre in piccole quantità per accelerare la dissoluzione della calce e aumentare la fluidità della scoria.
Dopo la carica: il soffiaggio
Dopo che è stata eseguita la carica, si raddrizza il convertitore e si introduce la lancia per il soffiaggio dell'ossigeno. Quando la lancia si trova a 1200 mm dal pelo libero della ghisa liquida viene inviato l'ossigeno alla pressione di 0.8 - 1.5 MPa formando una specie di cratere sulla superficie della ghisa.
Si abbassa poi ulteriormente la lancia a 700 mm dalla ghisa e l'intensità di soffiaggio produce un forte mescolamento che fa ossidare il ferro ed eliminare il carbonio con sviluppo successivo di ossido di carbonio.
Onde evitare che gli spruzzi di metallo possano uscire al di fuori del convertitore, l'altezza della carica non deve superare 1/5 dell'altezza del convertitore. Nella zona di contatto tra il metallo e l'ossigeno si raggiungono temperature di 2500 - 2800 °C e il salto termico elevato provoca anch'esso un rimescolamento, per mezzo di moti convettivi, della massa fusa. Una volta formatasi una certa quantità di ossido di ferro si solleva di poco la lancia e si riduce la portata di ossigeno.
Aumentando la zona di contatto tra tra metallo ed ossigeno si forma ancora di più ossido ferroso e ciò aumenta l'indice di basicità della scoria. Dopo 1-2 minuti dall'inizio del soffiaggio si forma una notevole quantità di scoria e le reazioni di affinazione non procedono per ossidazione da parte dell'ossigeno soffiato ma per mezzo del'ossigeno disciolto nella scoria.
La formazione di una scoria con elevato indice di basicità consente di poter avere una immediata defosforazione, contemporaneamente eseguita alla decarburazione.
L'eliminazione degli elementi indesiderati non è totale e la percentuale di carbonio è fortemente controllata; dopo l'ossidazione, parte dell'ossigeno si scioglie nella soluzione liquida sia come gas che come ossido di ferro.
Dopo il soffiaggio: la fase finale
Una volta raggiunto il livello ottimale di carbonio, il soffiaggio viene interrotto e si estrae la lancia dal convertitore che viene inclinato e dal quale viene rimossa la scoria attraverso la bocca.
Successivamente si raddrizza il convertitore e poi lo si inclina dalla parte opposta da cui, attraverso una apposita apertura, viene spillato l'acciaio, che viene poi versato nella siviera.
Di seguito due immagini (la prima tratta da: http://steelbuildingshq.com/modern-steel-making/, la seconda tratta da: http://www.itisdonegani.it/sitosteel/Lavorazione%20dell'acciaio/BOS.html) del convertitore L.D., altresì detto BOS :
Le immagini che seguono, invece, sono tratte da: http://metallurgysciences.blogspot.com/2011/05/steel-making-in-ld-linz-donawitz.html :
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Il forno Martin-Siemens
Storicamente l'introduzione del forno Martin-Siemens è considerata come una delle innovazioni-cardine della Seconda Rivoluzione Industriale.
Già l'ingegnere tedesco Carl Wilhelm Siemens (1823 - 1883) realizzò il forno Siemens riuscendo ridurre i consumi del combustibile utilizzato di oltre il 70%. Grazie all'ingegnere francese Pierre-Emile Martin (1824 - 1915), tale forno venne impiegato anche per l'ossigenazione della ghisa e prese il nome, pertanto, di forno Martin-Siemens, dal nome dei due ingegneri.
Caratteristiche fisiche
E' un forno a riverbero e si compone di diverse parti. Tra le più importanti si segnalano:
- laboratorio;
- condotte per fiumi e reagenti;
- camere rigeneratrici;
- valvole di controllo.
Il laboratorio è la camera in cui avviene l'affinazione della ghisa, è di forma allungata ed è rivestita internamente di materiale refrattario. La suola su cui si svolgono le reazioni di affinazione può essere di refrattario acido o basico, dipendentemente dalla tipologia di ghisa da affinare. Si ha quindi un processo Martin-Siemens acido o un processo Martin-Siemens basico.
Completano il laboratorio un muro posteriore, sul basso del quale vi è un foro di colata, un muro anteriore, raccordato alla suola, nel quale vi sono le porte per introdurre la carica e una volta di copertura, generalmente costituita da mattoni refrattari silicei a basso costo e vetrificanti, in modo tale da aumentare il potere riflettente della volta.
Sui lati corti della volta sono inserite le condotte dell'aria comburente, del combustibile e di uscita dei fumi. Per preservare al meglio e nel tempo più lungo possibile la volta, gli ugelli dell'aria e del gas sono inclinati verso il basso, per evitare che la fiamma la investa direttamente.
Le condotte prima citate sono in genere 2 o 4 e sono dei canali, quasi verticali, in muratura, che partono dalle testate del laboratorio per finire alle camere di rigenerazione. Al di sopra di quest'ultime sono ricavate le camere a scoria, onde evitare che le particelle solide e liquide, che vengono trascinate dai fumi, possano ostruire i passaggi nell'impilaggio di refrattario delle camere rigeneratrici.
Successivamente, i fumi, parzialmente depurati, passano nelle già citate camere rigeneratrici, formate da un impilaggio di mattoni refrattari silicei o silico-alluminosi.
Se il combustibile è un gas povero sono 4, in particolare due più grandi servono a preriscaldare l'aria e le due più piccole servono a preriscaldare il gas di gasogeno.
Se il combustibile è un gas ad elevato potere calorifico o un combustibile liquido, si adoperano solo due camere rigeneratrici per preriscaldare l'aria.
Le valvole di intercettazioni consentono di invertire il flusso delle correnti gassose e mettono alternativamente in comunicazione le camere rigeneratrici con le condotte dei fumi e con quelle dei reagenti.
I forni Martin-Siemens hanno capacità variabili dalle 100 alle 300 tonnellate fino ad un massimo di 500 t. Il rivestimento refrattario della suola, invece, dura 600 colate. Il refrattario di cui è composta la volta dura 200 - 300 colate.
La carica
E' costituita da:
- ghisa in pani o liquida;
- rottame;
- minerale;
- calcare.
La ghisa in pani o liquida proviene dall'altoforno e costituisce il 30 - 70 % della carica; all'aumentare della quantità di ghisa è necessario aumentare anche la quantità di minerale.
Il rottame può anche superare il 50 % e tale caratteristica ha portato ad una espansione di tale processo perché è consentito l'impiego di una quantità notevole di rottami. Il rottame è raccolto in grossi cumuli alti 6-7 m e viene trasportato tramite carriponte dotati di potenti elettromagneti, mentre nel caso di utilizzo di rottami non magnetici o molto voluminosi si usano gru munite di benne.
Il calcare (CaCO3) viene aggiunto in ragione del 10 - 20 % rispetto alla carica metallica, per aumentare il grado di basicità della scoria.
Dopo la carica
Dopo la carica il portello anteriore viene chiuso e viene aumentata la portata sia del combustibile che dell'aria. Prima dell'affinazione vera e propria si fondono rottame e ghisa, qualora quest'ultima fosse stata introdotta allo stato solido, sotto forma di pani.
Raggiunto lo stato fuso si entra in una fase metallica con contenuto di carbonio di poco superiore all'1 %.
La fase metallica liquida è coperta uniformemente dalla scoria liquida, formata inizialmente da calce, ottenuta decomponendo il calcare:

e anche dall'ossido di ferro che può essere introdotto direttamente nella carica o può essere formato per ossidazione del ferro da parte dell'anidride carbonica:

I gas, sviluppandosi, provocano un mescolamento continuo della massa liquida, mentre l'ossidazione delle impurezze varie presenti è ottenuto con la scoria rifornita di continuo di ossigeno da parte dell'atmosfera ossidante del forno.
Le reazioni di affinazione sono molto lente per via dell'assenza del contatto diretto metallo-ossigeno e si parla quindi tempi di 12 -14 ore, ma si ottiene un acciaio di ottima qualità, potendo più volte fare analisi chimiche sullo stesso e quindi arrestare il processo una volta ottenuta la composizione chimica voluta.
La disossidazione è l'ultima fase dell'affinazione e si esegue con aggiunta di ferrosilicio, ferro-manganese o alluminio che permette di eliminare l'ossigeno disciolto nell'acciaio e di poter agire da correttivo della composizione.
La colata
La colata è effettuata attraverso il foro posto sulla muratura posteriore dopo aver rimosso il tappo di materiale refrattario mediante un cannello ad ossigeno.
L'acciaio poi scorre in una canaletta di materiale refrattario e viene raccolto in siviera. La scoria, invece, viene usata come fertilizzante.
Colata dell'acciaio
Dopo che è terminata l'affinazione l'acciaio liquido viene versato nella siviera di colata che è un grosso crogiolo di lamiera metallica rivestito internamente di refrattario, con un foro sul fondo.
Il foro è chiuso da una semisfera di materiale refrattario sagomato che è anche la parte terminale di un'asta metallica, rivestita anch'essa di refrattario e che può essere abbassata ed alzata tramite un meccanismo a leva comandato dall'esterno della siviera.
La siviera, in sostanza, consente di colare l'acciaio nelle lingottiere, che sono dei recipienti in ghisa leggermente svasati e senza fondo a loro volta appoggiati su piastre in ghisa o, ancora, di materiale refrattario.
La colata può essere effettuata per via diretta, cioè immettendo l'acciaio fuso dall'alto nella lingottiera, oppure in sorgente, cioè versando l'acciaio in un recipiente a forma di imbuto che mediante canali di materiale refrattario è collegato alla parte inferiore di una serie di lingottiere che vengono riempite dal basso.
Con la colata in sorgente si evita che il metallo liquidi possa spruzzare e raggiungere le parti alte della lingottiera, solidificando prima e creando irregolarità nel lingotto.
Un fattore "a sfavore", però, della colata in sorgente è dato dal fatto che il metallo liquido può asportare dalle pareti dei vari canali di alimentazione dei pezzi di materiale refrattario che vanno a mischiarsi con il metallo liquido stesso finendo per inquinare il prodotto finale.
La colata in sorgente è comunque consigliabile, se non indispensabile, qualora si dovesse riempire un numero consistente di piccole lingottiere.
Per approfondire...
Per chi volesse approfondire le tematiche trattate in tale articolo, vi segnalo in ordine:
- il seguente video, in inglese, in cui è descritta la produzione dell'acciaio:
- il sito dell'acciaieria ILVA di Taranto, al cui interno è possibile approfondire alcuni aspetti importanti legati alla "vita" di un'acciaieria e non solo: http://www.ilvataranto.com/ ;
- una interessante simulazione del funzionamento di un BOS (o convertitore L.D.): http://www.itisdonegani.it/sitosteel/Lavorazione%20dell'acciaio/bos.swf ;
- il libro Barnaba (Amor Teo) - Fabbricazione dell'acciaio - Hoepli [Ed. 1 - 1960]:
Bibliografia
Tecnologie generali dei materiali - Caiazzo, Sergi.