Ho sempre studiato fisica dando per ovvio che l'introduzione di un sistema di riferimento fosse necessaria anche solo per cominciare a fare ragionamenti. Eppure ultimamente questo concetto inizia a sfuggirmi.
Ho chiara la differenza concettuale tra 'sistema di riferimento' e 'osservatore posto nell'origine', ma a me inizia a sembrare che quello che abbia un significato veramente concreto sia il secondo concetto e non il primo.
Provo a spiegarmi.
Fissiamo un sistema di riferimento fatto di 3 assi spaziali e 1 asse temporale, i cui assi spaziali sono centrati nella mia pancia e il cui zero temporale corrisponde alla lancetta del mio orologio in una particolare posizione. Tale sistema di riferimento è un'entità astratta che effettua misure di lunghezze e di durate ovunque nello spazio e nel tempo.
E' questo ovunque che mi destabilizza mentalmente: chi controlla che la misura di un evento che il sistema di riferimento ha fatto a milioni di chilometri dall'origine (io) sia vera? Le uniche informazioni a cui io posso realmente accedere sono quelle che arrivano 'a me'. Ad esempio, se voglio misurare l'orbita di Venere, quello che posso fare è annotare in una lista:
1. sulla mia retina si è formata l'immagine "Venere_1" quando la lancetta del mio orologio la leggo sulla tacca "1";
2. sulla mia retina si è formata l'immagine "Venere_2" quando la lancetta del mio orologio la leggo sulla tacca "2";
e così via...
Ma non saprei come proseguire in una descrizione impostata così.
Se dovessi concretamente pensare a un modo per fare misure lontane da me, dovrei immaginare di riempire lo spazio in cui c'è Venere di una rete infinitamente fitta di orologi, ognuno dei quali si blocca non appena Venere gli passa sopra, conservando l'informazione sulla posizione della lancetta all'atto del passaggio del pianeta. Tali infiniti orologi avrei dovuto sincronizzarli prima tutti 'a casa mia', poi avrei dovuto portarli nello spazio e lasciarli sospesi lì, e poi sarei dovuto andare a riprenderli per leggere le tacche di ognuno di loro. Mi pare una completa assurdità pensare la realtà in questo modo.
Seppur mi viene molto più naturale pensare di poter concretamente annotare solamente le immagini che si formano sulla mia retina e quando si formano (dove si trova la lancetta dell'orologio quando accade) e nient'altro, non riesco a capire come si possa passare dalla lista numerata che ho scritto sopra, all'affermazione finale "Venere si trovava a 100 milioni di km quando la lancetta era sulla tacca 1".
Perdonate se sono stato poco chiaro (il motivo è perché il concetto di sistema di riferimento non lo sto capendo più) o se la domanda è banale, ma spero di aver fatto passare quello che mi sta destabilizzando psicologicamente.
Ti aspettiamo in soccorso, PietroBaima. :)
Che cos'è concretamente un sistema di riferimento?
Moderatori: IsidoroKZ, Ianero, PietroBaima
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Da non addetto ai lavori direi che serva una rete galattica GPS.
Ciao
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Ciao Ianero. Secondo me un problema nel tuo ragionamento si trova qui:
Visto che hai tirato in ballo una struttura come quella dello spazio tempo, secondo me il sistema di riferimento che citi è solo una collezione di punti, di eventi. Un insieme ordinato, denso e derivabile di punti in cui puoi assegnare ad alcuni di questi punti delle etichette con la posizione del pianeta Venere.
Le misure non le fa questo sistema di riferimento, le fai tu creando delle curve che parametrizzi con una funzione che assegna ad ogni punto di questa curva uno scalare che chiami il tempo proprio e che utilizzi per integrare e calcolare ad esempio la distanza percorsa dal pianeta venere.
Ora, puoi assegnare anche al pianeta Venere un sistema di riferimento, equivalente a quello che hai scelto per te, e stabilire che questa equivalenza sia una simmetria, una teoria fisica che trasforma quello che misuri qui, in quello che succede li. E' vero che fino a che non vai almeno una volta su venere e non misuri la curva che ha collegato gli eventi tu qui adesso, venere là tra un tot di tempo, tenendo conto di tutte le complicazioni legate alla simultaneità ed agli altri effetti relativistici che complicano tanto le cose, non saprai mai esattamente dove sta venere. Però in base a quello che misuri qui, ad esempio la velocità e la posizione di Venere adesso, puoi certamente stabilire quale sarà l'effetto della stessa misura che effettuerai tra tot tempo.
Ianero ha scritto:Tale sistema di riferimento è un'entità astratta che effettua misure di lunghezze e di durate ovunque nello spazio e nel tempo.
Visto che hai tirato in ballo una struttura come quella dello spazio tempo, secondo me il sistema di riferimento che citi è solo una collezione di punti, di eventi. Un insieme ordinato, denso e derivabile di punti in cui puoi assegnare ad alcuni di questi punti delle etichette con la posizione del pianeta Venere.
Le misure non le fa questo sistema di riferimento, le fai tu creando delle curve che parametrizzi con una funzione che assegna ad ogni punto di questa curva uno scalare che chiami il tempo proprio e che utilizzi per integrare e calcolare ad esempio la distanza percorsa dal pianeta venere.
Ora, puoi assegnare anche al pianeta Venere un sistema di riferimento, equivalente a quello che hai scelto per te, e stabilire che questa equivalenza sia una simmetria, una teoria fisica che trasforma quello che misuri qui, in quello che succede li. E' vero che fino a che non vai almeno una volta su venere e non misuri la curva che ha collegato gli eventi tu qui adesso, venere là tra un tot di tempo, tenendo conto di tutte le complicazioni legate alla simultaneità ed agli altri effetti relativistici che complicano tanto le cose, non saprai mai esattamente dove sta venere. Però in base a quello che misuri qui, ad esempio la velocità e la posizione di Venere adesso, puoi certamente stabilire quale sarà l'effetto della stessa misura che effettuerai tra tot tempo.
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Purtroppo non ho capito fino in fondo
Se devo immaginarmi lo spazio (e tempo) come un mare di punti, 'sti punti li sto già pensando riferiti a degli assi infinitamente lunghi. Quindi già stiamo pensando a un'immagine mentale che vede 3 bastoni infinitamente lunghi con infinite tacche su di essi.
Qui di nuovo, parametrizzare la traiettoria di Venere rispetto al parametro tempo vuol dire scrivere una lista di terne che identificano la posizione di Venere rispetto ad ipotetici bastoni graduati, infinitamente lunghi.
Mi viene facile pensarla in questi termini se lo spazio fosse quello newtoniano, con velocità della luce infinita.
Se devo pensarla per come me l'hanno spiegata in relatività, 'sti bastoni graduati infinitamente lunghi non hanno senso di esistere proprio di principio.
Mi viene da pensare che una descrizione più tangibile sarebbe quella di descrivere come le cose cambiano rispetto ad altre cose, anziché rispetto 'al sistema di riferimento', perché banalmente se ci fossi solo io nello spazio vuoto, non avrei alcuna necessità di definire il concetto di spazio. La necessità mi sorge non appena 'vedo qualcosa in lontananza' e diventa lecita la domanda 'quanti bastoncini devo mettere in fila per arrivare a toccare quell'oggetto che ho visto laggiù?'. Così però stiamo parlando ancora dello spazio newtoniano: come si tradurrebbe quest'ultima domanda nello spazio che si curva secondo la relatività?
Mi sto perdendo, me ne rendo conto, ci penserò più con calma ma dubito che arriverò a capire qualcosa di concreto.
IlGuru ha scritto:Visto che hai tirato in ballo una struttura come quella dello spazio tempo, secondo me il sistema di riferimento che citi è solo una collezione di punti, di eventi. Un insieme ordinato, denso e derivabile di punti in cui puoi assegnare ad alcuni di questi punti delle etichette con la posizione del pianeta Venere.
Se devo immaginarmi lo spazio (e tempo) come un mare di punti, 'sti punti li sto già pensando riferiti a degli assi infinitamente lunghi. Quindi già stiamo pensando a un'immagine mentale che vede 3 bastoni infinitamente lunghi con infinite tacche su di essi.
IlGuru ha scritto:Le misure non le fa questo sistema di riferimento, le fai tu creando delle curve che parametrizzi con una funzione che assegna ad ogni punto di questa curva uno scalare che chiami il tempo proprio e che utilizzi per integrare e calcolare ad esempio la distanza percorsa dal pianeta venere.
Qui di nuovo, parametrizzare la traiettoria di Venere rispetto al parametro tempo vuol dire scrivere una lista di terne che identificano la posizione di Venere rispetto ad ipotetici bastoni graduati, infinitamente lunghi.
Mi viene facile pensarla in questi termini se lo spazio fosse quello newtoniano, con velocità della luce infinita.
Se devo pensarla per come me l'hanno spiegata in relatività, 'sti bastoni graduati infinitamente lunghi non hanno senso di esistere proprio di principio.
Mi viene da pensare che una descrizione più tangibile sarebbe quella di descrivere come le cose cambiano rispetto ad altre cose, anziché rispetto 'al sistema di riferimento', perché banalmente se ci fossi solo io nello spazio vuoto, non avrei alcuna necessità di definire il concetto di spazio. La necessità mi sorge non appena 'vedo qualcosa in lontananza' e diventa lecita la domanda 'quanti bastoncini devo mettere in fila per arrivare a toccare quell'oggetto che ho visto laggiù?'. Così però stiamo parlando ancora dello spazio newtoniano: come si tradurrebbe quest'ultima domanda nello spazio che si curva secondo la relatività?
Mi sto perdendo, me ne rendo conto, ci penserò più con calma ma dubito che arriverò a capire qualcosa di concreto.
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La tua riflessione è molto profonda e tocca un punto fondamentale della fisica: il ruolo del sistema di riferimento e dell'osservatore.
Non credo tu abbia idea della enormità dell'argomento che vuoi approfondire.
Il sistema di riferimento è un'entità astratta che ci permette di descrivere e misurare le posizioni e i movimenti degli oggetti nello spazio e nel tempo. Tuttavia, la tua osservazione mette in luce il fatto che qualsiasi misura che facciamo, in ultima analisi, avviene attraverso un processo di osservazione che è sempre locale e dipendente dall'osservatore.
La questione qui è la distinzione tra la rappresentazione matematica di un sistema di riferimento e il modo in cui effettivamente effettuiamo misure. Un sistema di riferimento nella fisica classica e relativistica è un costrutto che ci permette di dare coordinate agli eventi nello spazio-tempo, ma è vero che le misure effettive richiedono un osservatore che interagisce con l'ambiente e raccoglie informazioni tramite segnali come la luce.
Quando dici che le informazioni a cui puoi accedere sono quelle che arrivano "a te", stai mettendo in risalto la natura locale dell'osservazione. Quindi se usi la relatività generale, dove i sistemi di riferimento possono essere molto complessi a causa della curvatura dello spazio-tempo, le misurazioni effettive vengono sempre fatte da osservatori situati in specifici punti nello spazio-tempo. Le coordinate e le distanze che usiamo sono convenzioni che ci permettono di descrivere in modo coerente e matematico ciò che vediamo.
Il concetto di "controllare" le misure a grandi distanze è legato alla questione della sincronizzazione degli orologi e della trasmissione di informazioni. Nella pratica, come hai scritto, non possiamo posizionare orologi ovunque e sincronizzarli perfettamente; utilizziamo invece la luce o altri segnali per inferire informazioni su ciò che accade lontano da noi. Ad esempio, quando misuriamo la distanza di Venere, lo facciamo misurando il tempo impiegato dalla luce per raggiungerci da Venere e moltiplicando per la velocità della luce. Questa è un'inferenza, non una misura diretta.
In sintesi, la tua difficoltà con il sistema di riferimento sta nella differenza tra l'astrazione matematica (dove il sistema di riferimento è un'entità onnipresente che può misurare ovunque e in qualsiasi momento) e la realtà fisica delle misure, che sono sempre locali e dipendono da un osservatore specifico. La fisica utilizza i sistemi di riferimento come strumenti matematici per descrivere ciò che osserviamo, ma le osservazioni effettive sono sempre limitate alla nostra posizione e ai nostri strumenti di misura.
Non credo tu abbia idea della enormità dell'argomento che vuoi approfondire.
Il sistema di riferimento è un'entità astratta che ci permette di descrivere e misurare le posizioni e i movimenti degli oggetti nello spazio e nel tempo. Tuttavia, la tua osservazione mette in luce il fatto che qualsiasi misura che facciamo, in ultima analisi, avviene attraverso un processo di osservazione che è sempre locale e dipendente dall'osservatore.
La questione qui è la distinzione tra la rappresentazione matematica di un sistema di riferimento e il modo in cui effettivamente effettuiamo misure. Un sistema di riferimento nella fisica classica e relativistica è un costrutto che ci permette di dare coordinate agli eventi nello spazio-tempo, ma è vero che le misure effettive richiedono un osservatore che interagisce con l'ambiente e raccoglie informazioni tramite segnali come la luce.
Quando dici che le informazioni a cui puoi accedere sono quelle che arrivano "a te", stai mettendo in risalto la natura locale dell'osservazione. Quindi se usi la relatività generale, dove i sistemi di riferimento possono essere molto complessi a causa della curvatura dello spazio-tempo, le misurazioni effettive vengono sempre fatte da osservatori situati in specifici punti nello spazio-tempo. Le coordinate e le distanze che usiamo sono convenzioni che ci permettono di descrivere in modo coerente e matematico ciò che vediamo.
Il concetto di "controllare" le misure a grandi distanze è legato alla questione della sincronizzazione degli orologi e della trasmissione di informazioni. Nella pratica, come hai scritto, non possiamo posizionare orologi ovunque e sincronizzarli perfettamente; utilizziamo invece la luce o altri segnali per inferire informazioni su ciò che accade lontano da noi. Ad esempio, quando misuriamo la distanza di Venere, lo facciamo misurando il tempo impiegato dalla luce per raggiungerci da Venere e moltiplicando per la velocità della luce. Questa è un'inferenza, non una misura diretta.
In sintesi, la tua difficoltà con il sistema di riferimento sta nella differenza tra l'astrazione matematica (dove il sistema di riferimento è un'entità onnipresente che può misurare ovunque e in qualsiasi momento) e la realtà fisica delle misure, che sono sempre locali e dipendono da un osservatore specifico. La fisica utilizza i sistemi di riferimento come strumenti matematici per descrivere ciò che osserviamo, ma le osservazioni effettive sono sempre limitate alla nostra posizione e ai nostri strumenti di misura.
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PietroBaima
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Ho letto più volte la tua risposta (e ti ringrazio), e le tue parole mi fanno sorgere altre domande che mi stanno facendo perdere ancora di più.
Facciamo così, diciamo che devo rispondere alla domanda secca: che cos'è lo spazio?
Intuitivamente senza pensare risponderei: "è quell'entità del nostro mondo fisico che contiene tutte le cose materiali". Ma se ci penso a fondo la risposta non è più questa, ma diventa: "è quel costrutto mentale che mi sono inventato io nel momento in cui ho deciso di piazzare un sistema di riferimento".
Perché mi sembra che lo spazio sia diventato soltanto una mia invenzione di comodo? Perché penso che agli occhi della luce che mi arriva da Venere, io e Venere siamo nello stesso posto (e nello stesso tempo), senza alcuna separazione da dover misurare con un metro o con un cronometro.
E' vero o è falso che la seconda risposta è quella giusta?
Facciamo così, diciamo che devo rispondere alla domanda secca: che cos'è lo spazio?
Intuitivamente senza pensare risponderei: "è quell'entità del nostro mondo fisico che contiene tutte le cose materiali". Ma se ci penso a fondo la risposta non è più questa, ma diventa: "è quel costrutto mentale che mi sono inventato io nel momento in cui ho deciso di piazzare un sistema di riferimento".
Perché mi sembra che lo spazio sia diventato soltanto una mia invenzione di comodo? Perché penso che agli occhi della luce che mi arriva da Venere, io e Venere siamo nello stesso posto (e nello stesso tempo), senza alcuna separazione da dover misurare con un metro o con un cronometro.
E' vero o è falso che la seconda risposta è quella giusta?
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Non è che esistono soltanto le scienze esatte. Esistono anche i valori simbolici, forse il mondo astrale e tanto altro. Nell'ambito delle scienze esatte direi che sì, la risposta è la seconda. E torna perfettamente il discorso di PietroBaima: ogni misura di spazio, che non sia un semplice confronto diretto col metro campione di platino, diventa una misura fisica locale che presuppone determinate leggi che poi vengono ancora complicate dalla relatività.
L'esistenza non è un accessorio
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Prima risposta (spazio come contenitore): Questa è una concezione classica dello spazio, risalente a Newton, che vede lo spazio come un "contenitore" in cui si trovano tutti gli oggetti materiali. In questa visione, lo spazio è un'entità oggettiva e indipendente, che esiste anche se non c'è nulla al suo interno. Questa è una visione intuitiva e pratica che usiamo nella vita quotidiana e in molte applicazioni della fisica.
Seconda risposta (spazio come costrutto mentale): Questa idea è più moderna e si avvicina alle concezioni della relatività e della fisica quantistica. In questa visione, lo spazio (e il tempo) non sono entità fisiche oggettive, ma piuttosto costrutti che emergono dal modo in cui interagiamo con il mondo e lo misuriamo. Secondo la relatività di Einstein, lo spazio e il tempo sono legati alla presenza di materia ed energia e non esistono indipendentemente da esse. L'idea che lo spazio sia una nostra invenzione di comodo si allinea con la nozione che le nostre misurazioni e percezioni dello spazio sono intrinsecamente legate all'osservatore e al sistema di riferimento utilizzato.
Quando dici che "agli occhi della luce che mi arriva da Venere, io e Venere siamo nello stesso posto (e nello stesso tempo)", stai toccando l'idea che l'informazione che riceviamo è mediata dalla luce, e quindi l'atto di osservare è sempre locale. La separazione spaziale tra due eventi o oggetti diventa una questione di come e quando le informazioni su di essi giungono all'osservatore.
Se è vero o falso che la seconda risposta sia quella giusta dipende dal contesto e dall'interpretazione che si vuole dare. In un contesto classico, la prima risposta è più vicina alla concezione tradizionale. In un contesto più moderno e relativistico, la seconda risposta è più accurata, poiché riflette l'idea che lo spazio e il tempo sono in parte costruzioni basate sulle nostre misurazioni e sulla struttura dell'universo.
In sintesi, entrambe le risposte hanno una loro validità. La tua intuizione sulla natura dello spazio come un costrutto mentale legato al sistema di riferimento è in linea con le moderne concezioni della fisica, che riconoscono che la nostra esperienza dello spazio è legata all'osservazione e alla misurazione.
Seconda risposta (spazio come costrutto mentale): Questa idea è più moderna e si avvicina alle concezioni della relatività e della fisica quantistica. In questa visione, lo spazio (e il tempo) non sono entità fisiche oggettive, ma piuttosto costrutti che emergono dal modo in cui interagiamo con il mondo e lo misuriamo. Secondo la relatività di Einstein, lo spazio e il tempo sono legati alla presenza di materia ed energia e non esistono indipendentemente da esse. L'idea che lo spazio sia una nostra invenzione di comodo si allinea con la nozione che le nostre misurazioni e percezioni dello spazio sono intrinsecamente legate all'osservatore e al sistema di riferimento utilizzato.
Quando dici che "agli occhi della luce che mi arriva da Venere, io e Venere siamo nello stesso posto (e nello stesso tempo)", stai toccando l'idea che l'informazione che riceviamo è mediata dalla luce, e quindi l'atto di osservare è sempre locale. La separazione spaziale tra due eventi o oggetti diventa una questione di come e quando le informazioni su di essi giungono all'osservatore.
Se è vero o falso che la seconda risposta sia quella giusta dipende dal contesto e dall'interpretazione che si vuole dare. In un contesto classico, la prima risposta è più vicina alla concezione tradizionale. In un contesto più moderno e relativistico, la seconda risposta è più accurata, poiché riflette l'idea che lo spazio e il tempo sono in parte costruzioni basate sulle nostre misurazioni e sulla struttura dell'universo.
In sintesi, entrambe le risposte hanno una loro validità. La tua intuizione sulla natura dello spazio come un costrutto mentale legato al sistema di riferimento è in linea con le moderne concezioni della fisica, che riconoscono che la nostra esperienza dello spazio è legata all'osservazione e alla misurazione.
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PietroBaima
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Non riesco a immaginare le cose maledizione..
Se lo spazio è solo un mio concetto di appoggio, sicuramente la frase "Venere si trova in quel punto" vale solo in relativo, ma pure la frase "Venere sta a 100 milioni di km da me" vale solo in relativo, perché dipende da quanto io vado veloce rispetto a Venere. Continuando ancora, tenendo a mente questo:
anche la frase "Io e Venere siamo due oggetti distinti" è vera solo in relativo.
E' come se io da quando sono nato mi sia costruito nel cervello un'immagine del mondo viziata dal fatto che il mio corpo non è un aggregato di particelle messaggere delle forze, ma è invece un aggregato di elettroni e quark che non sono capaci di comportarsi come i bosoni. In altre parole, io non sono fatto di cose che vanno a , quindi percepisco il mondo come tanti oggetti separati, intelaiati dalle particelle messaggere (è questa tela che si mantiene attiva continuamente che chiamo ingenuamente spazio), ai cui occhi però il mondo è un tutt'uno e sta tutto lì e in un istante.
Boh, si è capito su cosa mi sto perdendo adesso?
Tu quando pensi allo spazio a che pensi? A tre assi lunghissimi piazzati da qualche parte?
Se lo spazio è solo un mio concetto di appoggio, sicuramente la frase "Venere si trova in quel punto" vale solo in relativo, ma pure la frase "Venere sta a 100 milioni di km da me" vale solo in relativo, perché dipende da quanto io vado veloce rispetto a Venere. Continuando ancora, tenendo a mente questo:
Ianero ha scritto:Perché penso che agli occhi della luce che mi arriva da Venere, io e Venere siamo nello stesso posto (e nello stesso tempo), senza alcuna separazione da dover misurare con un metro o con un cronometro.
anche la frase "Io e Venere siamo due oggetti distinti" è vera solo in relativo.
E' come se io da quando sono nato mi sia costruito nel cervello un'immagine del mondo viziata dal fatto che il mio corpo non è un aggregato di particelle messaggere delle forze, ma è invece un aggregato di elettroni e quark che non sono capaci di comportarsi come i bosoni. In altre parole, io non sono fatto di cose che vanno a , quindi percepisco il mondo come tanti oggetti separati, intelaiati dalle particelle messaggere (è questa tela che si mantiene attiva continuamente che chiamo ingenuamente spazio), ai cui occhi però il mondo è un tutt'uno e sta tutto lì e in un istante.
Boh, si è capito su cosa mi sto perdendo adesso?
Tu quando pensi allo spazio a che pensi? A tre assi lunghissimi piazzati da qualche parte?
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