WALTERmwp ha scritto:Ma, come si è già osservato, il passaggio da una lingua ad un'altra può essere un'esercizio complicato, faticoso e portare magari a dei compromessi, con tutto quel che questi comportano.
Questo è vero per una qualsiasi lingua naturale.
Essa si è evoluta nel tempo seguendo le esigenze locali ed il vero significato dei termini è addirittura confinato al singolo individuo.
Eccezion fatta per gli oggetti, per i quali è possibile mettersi d'accordo sul significato di un lemma, quando si parla di cose astratte non può più esserci.
Questo già all'interno di una stessa lingua, figuriamoci fra lingue diverse.
Normalmente ciascun individuo è soggetto fin dalla nascita ad un determinato linguaggio, a volte a due, raramente di più.
Non vi è al contrario nessuno che parla "nativamente" la matematica.
Ora sebbene sia possibile immaginare un individuo "nativo matematico" in quanto esposto al linguaggio matematico fin dalla nascita, questo è estremamente raro, se non proprio nullo.
Il linguaggio matematico però, a differenza di una lingua naturale, è rigidamente e formalmente codificato.
Il segno di sommatoria non è che in America ha un significato ed in Europa un altro, o una sfumatura diversa. Stesso dicasi per l'operatore nabla, per il rotore, per la matrice, per il vettore, ecc. (è anche vero che esistono dialetti della matematica, ma poco importa per il nostro discorso).
Per il fatto che nessuno "parla" la Matematica nativamente, questa deve per forza di cose essere insegnata ed imparata. Fra l'altro qualsiasi linguaggio viene insegnato e/o imparato perché se ne abbia una conoscenza estesa.
Allora non vedo perché non debba essere possibile esprimere una formula a "parole", ovvero in un altro linguaggio.
Seppure vi possa essere la possibilità di fraintendimenti, cioè errori, questo non nega la realizzabilità in potenza.
Se infatti lo negassimo allora staremmo negando la possibilità di apprendere la matematica.