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Gita a Gallio 2000

                                                            18 agosto 1996

Giovanna, sabato 17 agosto 1996, aggredisce (verbalmente) Marisa per indurla ad una gita non a Bosco Mesola, come da lei proposto, ma ad Asiago. Questo incrina un po' i nostri rapporti: io, che non amo essere costretto a seguire un gruppo, amo ancora meno costringere un gruppo a seguirmi. Capacità che del resto non possiedo.
Si parte domenica verso le otto e non alle sei e mezza, come programmato da Marisa: Serena, la figlia, è tornata alle quattro e mezza del mattino; dopo aver acceso i falò sull’Adige con il suo gruppo, ha dovuto accompagnare degli amici che accompagnavano a Padova un’amica che desiderava accompagnare a casa un’amica che aveva perso il treno, così ha fatto tardi.

Marisa tenta più volte di deviare il percorso verso il sole e verso l’acqua perché l'acqua è la vita.
Resistiamo.
Si sale verso Gallio 2000 alla ricerca di una base d’accampamento per piazzare il barbecue.

Marisa preme per salire a quota tremila.

Ci accampiamo in un eccellente spiazzo, un ondulato tappeto d’erba acusticamente isolato dal resto del mondo da una varia cornice di pini. Vi si accede dalla strada principale mediante uno stretto e breve sentiero.

Il fuoco nel barbecue divampa a meraviglia con la legna raccolta sul posto. Il carbone di legna che ho portato non serve: Marisa ha avuto ragione.

Fabio prepara ottime braciole e salsicce, “le mortadelle” secondo Marisa, nozione che scombussola le solide basi cognitive di Marco. Vengono comunque divorate, insieme alla polenta, in breve tempo.

L’unico che non le può gustare è Marco: Giovanna, come una belva, previene i tentativi di chiunque voglia invitarlo a tentare un assaggio: “Nooo!.. Marco non mangia mai carne!” (si è messa in testa questo e Marco, per non avviare polemiche, non la contraddice).

Lo scampanellio lontano di mucche al pascolo rompe il silenzio del bosco. E’ il suono dolce di un’immagine poetica, finché le mucche stanno lontane. Si trasforma in colonna sonora per una scena di panico quando il plotone di mucche invade l’accampamento.

Iniziano le escursioni.
Alla prima, sorprendentemente, non vi partecipa Marisa che ne era la più fervente promotrice.
Comunque, mentre ci vede deviare a sinistra nel bosco, grida (è più forte di lei) per convincerci d'andare a destra.
Nessuno l’ascolta e lei, amareggiata, s'addormenta sdraiata sull’erba.

Daniele e Nicolò sfruttano la scaletta di corda per salire su abeti e pini ed affrontare piccole rocce.
Giovanna impazzisce di gioia ad ogni scoperta di funghi, fiori e... cacche fresche di vacca.
Giovanna insiste affinché la nostra attenzione colga i miracoli della natura e, tra questi, quelli che più la riempiono di buonumore sono le estese e fresche cacche di vacca. Su uno di questi miracoli inserisce due fiorellini ed impone a Fabio ed a me di fotografare la composizione.

Daniele, Nicolò, Serena e perfino Marco, salgono su un tronco abbattuto e lo usano come asse d’equilibrio.

Serena propone di fare una cronaca particolareggiata e documentata di questo giorno (L'ho ascoltata e mi è venuta questa....)
Daniele trova il moschettone che Nicolò aveva smarrito. Qui potrei aprire una parentesi per porre in risalto la capacità di Nicolò di lasciare tutto in giro, ma mi riservo di dedicarvi un'analisi autonoma in altra sede.
Al ritorno Marisa, infreddolita, è appena uscita dal suo assopimento. L’umidità dell’erba, l’aria fresca, la delusione per le piccole sconfitte che le hanno negato emozioni forti, hanno rallentato il flusso sanguigno facendole diminuire la temperatura corporea.
Si fa lo stesso promotrice di una seconda escursione. Giovanna, buona d’animo, è l’unica a seguirla subito. Anch’io però decido, dopo qualche riflessione, d'aggregarmi. Conosco Marisa e non vorrei che il desiderio di Giovanna d'accontentare l’amica le si rivolgesse contro. Io penso di possedere una tecnica dialettico-recitativa che può spegnerne i bollori avventuristici.
Stavolta nel punto critico si gira a destra. Il sentiero è il letto di un torrente. Marisa sale verso la sorgente, canta “lo spazzacamino”, c'invita costantemente a salire più veloci. Dà vita allo spettacolo di cui vuol essere protagonista. Ad un certo punto, però, mi rendo conto che lei non sta recitando. E’ in uno stato d'ipnosi semicosciente. Un ancestrale richiamo d’acqua e di cielo l’attira e la guida. E’ una sacerdotessa silvana in trance. Avanza, chiama e non vede ostacoli. Giovanna si ferma. Io penso ad una tecnica per far uscire Marisa dal suo stato. Temo di non farcela ma, stranamente, quando la raggiungo e mi vede il petto sussultare in un'affannosa ricerca d’ossigeno, forse memore della mia stravolta faccia lungo il precipizio dei colli, si convince di concludere l’ascesa. Una leggera malinconia mi prende nell’attimo in cui vedo spezzarsi sul suo volto il filo magico che congiungeva la parte antica ed eterna del suo animo all’ignota sorgente. M’accorgo d'aver interrotto il canto, proveniente dalla sommità del monte, degli elfi o degli gnomi o degli dei (non sono uno specialista) ch’ella sentiva intonare: “..Vieni.., ..vieni.., noi siamo qui, in alto in un meraviglioso paradiso di luce, sole ed acqua fluente e frusciante, e c’è un fluido portentoso che, attraverso tutti i fori del corpo, penetra nell’animo arricchendolo di sensazioni meravigliose! E tu potrai essere come noi, perfetta e felice!”

Scendiamo.
Giovanna esplora ogni viva costruzione di natura.
Incontriamo un cercatore di funghi.
Giovanna non teme alcuno e gli chiede di esibirci quanto ha raccolto.
Egli allora, con lentezza e timore, come se aprisse uno scrigno colmo di monete d’oro, solleva i rami d’abete che proteggono nel cestino di vimini i funghi raccolti, ed appaiono stupendi porcini.
Giovanna lo pressa e gliene chiede uno per ricordo: è convinta che ogni uomo ceda facilmente alle maliziose richieste di una donna.

Non è sfiorata dal dubbio che il cercatore, rapito dai funghi, non noti il femminino che è in lei. Che, purtroppo, non nota.
Io sarei tentato di spiegare al cercatore che Giovanna è femmina, ma taccio, memore che si deve parlare solo quando ciò che si deve dire vale più del silenzio.

Nell’accampamento Fabio ha costruito l'efficace tenda che sognava.
Nicolò e Daniele scoprono su una roccia tracce di fossili.
Io raccolgo un paio di sassi per le aiuole del giardino.
Una leggera pioggia suggerisce d'iniziare il ritorno.

Giovanna ha smarrito la visiera TEAM DAIWA, che Nicolò le aveva portato come ricordo della visita al GUNSHOW. Marisa subito propone d'avviare la ricerca. Vi coinvolge Marco che sogna di mostrarsi utile ed intraprendente. Ma è la prima volta che segue Marisa.
Dopo poco si spaventa, comprendendo di non poter seguire lo spirito che s'impadronisce di lei e l’attira sempre più verso l’alto.

Decide di tornare alla base.
Ma si perde. Il suo orgoglio gli impedisce di fermarsi e chiamare.
Sempre più disperatamente cerca il sentiero indicato dai segni gialli. Ma questi sembrano tracciati dappertutto senza criterio.

Egli s'allontana.

Nel frattempo Marisa ritorna senza aver trovato la visiera e non sa d’aver perduto Marco.
Tutti allora lo chiamano. Risponde una prima volta. Poi non più.
Io lo immagino disteso sul fondo di una delle tante piccole voragini nascoste tra gli alberi del bosco. Comincio a guardare dentro ad alcune di esse con il cuore che mi terremota in gola.

Giovanna stringe le mani al petto.
Per fortuna quanto temuto non si è verificato.

Marco riappare. Vorrebbe dire che non ha avuto paura, che era solo immerso in un’accurata ricerca, che ci siamo inutilmente preoccupati, eccetera eccetera, ma teme di non riuscire a convincerci.
Subisce perciò in silenzio una mitragliata di fastidiose domande: “...dov’eri?..”, ”...hai avuto paura?..”, “... perché non rispondevi? ”, “...quando non hai più visto Marisa?..”, “...non hai visto i segni gialli?..”. Però lo scampato pericolo gli fa riassaporare il fluido corroborante della tranquillità precedentemente smarrita.

Inizia il ritorno. Marisa vede che non saliamo ulteriormente. Ci chiede perché, ma con una rassegnazione inaspettata. Ha capito d'aver a che fare con gente che vola a bassa quota, ne è sicuramente delusa, ma non ha la forza d'imporre il suo modo d'esistere.

Breve sosta nel centro di Gallio. Io e Giovanna apparteniamo alla categoria di coloro che sono capaci di tornare da una gita avendo come souvenir le palle di vetro con la neve. Non appena ci si presenta l’occasione mettiamo dunque in essere gli aspetti più caratteristici del turismo di massa. Al mercatino dell’artigianato acquistiamo gli gnomi di legno della Val di Fiemme (uno in forma di portachiavi per arricchire la collezione di Nicolò) ed un galletto pure di legno. Faranno bella mostra di sé sulla cornice del nostro camino. Giovanna cerca e trova l’adesivo da collocare sui finestrini posteriori della Croma.

Arrivederci monti sorgenti ...
Alle pendici dell’altopiano, su uno spiazzo verde, mentre la sera impone le sue tenebre e le luci tremule s'accendono, consumiamo la cena cercando di far fuori i venti panini e l’altro materiale acquistato nella mattinata a Canove. E’ assai gustosa la fetta di formaggio Asiago. Giovanna voleva farne scorta in una Malga ma la sua esigenza non è stata condivisa da Fabio e Marisa che si fidano maggiormente dell’Asiago acquistato alla Base.

Ci fermiamo all’autogrill com’è d’obbligo per una gita tipica del turismo di massa. Purtroppo è un Alemagna. Facciamo i nostri bisogni. Acquistiamo biscotti e cioccolatini. Offro a Giovanna un tubo di baci Perugina affinché l'usi nel modo che ritiene migliore. M'arrischio di suggerirle d'offrirne a tutti i membri della spedizione che però son tutti sazi di tutto. Serena sale sulla Croma. Anche Marco. Marisa Daniele e Nicolò sulla ZX di Fabio.
Lungo la circonvallazione che a Padova collega l’A4 con l’A1 Giovanna, mi fa notare la presenza di una lavoratrice.

Arriviamo a casa.
Tutto torna normale.
Appoggiati i piedi sul cotto Barbetti (crepato) del salone, mentre deposito il marsupio sulla tavola rotonda accanto al camino e mi levo il berretto Beretta esclamo in modo che Nicolò senta:

“Anche questa è fatta !”.


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Commenti e note

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Ricordi di vita.

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di ,

Bel racconto! E anche bei disegni: sembrano proprio dei graffiti rupestri! ;-)

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di ,

Ho dato il voto sulla fiducia prima di leggerlo :-) Mi ha ricordato i giorni trascorsi in zona l'anno scorso, con mia moglie. Io sono come Marisa, punto in alto, ma quella volta ho esagerato, siamo arrivati sull'Ortigara e fatto un ampio anello per tornare...se ricordo bene circa 30 km e non propriamente in piano. Una zona bellissima, intrisa di ricordi tragici che vanno sbiadendo col mancare di chi li ha vissuti

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Un'altra piacevole lettura. Grazie.

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di ,

Grazie per il passaggio Zeno!

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