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Generalità sulla protezione di un cavo
L'isolamento elettrico di un cavo si deteriora quando supera una determinata temperatura. Proteggere un cavo significa evitare che esso la superi. Ci sono, in realtà, due temperature critiche:
- la temperatura di servizio, θs, che definisce la portata del cavo, cioè la corrente che esso non deve superare in prefissate condizioni di posa, affinché la sua durata sia quella stabilita che va dai venti ai trent'anni;
- la temperatura massima, θf, che definisce il limite oltre il quale l'isolante perde rapidamente tutte le sue proprietà dielettriche e meccaniche, per l'indebolimento irrimediabile della resistenza meccanica ed il conseguente cedimento alle sollecitazioni meccaniche, quale il peso proprio, ed elettrodinamiche.
La temperatura di servizio è il riferimento per la protezione dal sovraccarico, cioè da correnti che superano se pur non di moltissimo, la portata del cavo; quella massima, per la protezione da correnti molto più elevate, quelle che si hanno nelle cosiddette condizioni di cortocircuito..
In condizioni di regime, quando cioè la corrente mantiene un valore efficace costante nel tempo o lentamente variabile, la temperatura assunta dal cavo è quella che gli permette di smaltire verso l'ambiente il calore sviluppato dalla corrente stessa. Il calore trasmesso, a parità di ogni altra condizione di posa, è proporzionale alla differenza di temperatura rispetto all'ambiente, allo stesso modo che una corrente che attraversa un dato conduttore è proporzionale alla differenza di potenziale tra le estremità del conduttore. La temperatura, in queste condizioni, non deve superare quella di servizio. L'eventuale superamento riduce la durata di vita tanto più quanto maggiore è la sovratemperatura ed il tempo per cui essa permane.
Se il valore efficace della corrente aumenta molto rapidamente, come accade in un cortocircuito, il calore sviluppato nel breve lasso di tempo della sua vertiginosa crescita, che precede l'intervento delle protezioni, si accumula come energia interna nel cavo, determinando un aumento della temperatura, vertiginoso come quello della corrente. In queste condizioni la temperatura supera quella di servizio, ma non deve superare quella massima.
Gli isolanti termoplastici come il polivinilcloruro (PVC) hanno una temperatura di servizio di 70°C ed un temperatura massima di cortocircuito di 160°C. Gli isolanti elastomerici come le gomme ed il polietilene reticolato hanno una temperatura di servizio di circa 90°C ed una massima che va dai 200 ai 250°C
Il cortocircuito
Le norme ritengono adiabatico il riscaldamento di un cavo prodotto da una corrente, se la sua durata è inferiore a 5 secondi. Le protezioni contro il corto circuito hanno tempi di intervento anche molto più brevi. Il modello matematico del cavo in condizioni di cortocircuito considera pertanto il fenomeno termico adiabatico, cioè senza scambio di calore con l'ambiente (adiàbatos, in greco significa impenetrabile). In un tale processo la quantità di calore prodotta, Q, determina un aumento della temperatura del corpo. La capacità termica di un corpo, Ct, è il calore necessario per elevarne la temperatura di 1°C. Se ci si riferisce all'unità di volume si parla di calore specifico, c. Indicando con V il volume e con θ2 e θ1 rispettivamente le temperature finali ed iniziali del corpo, si ha
quindi
dove
Δθ = θ2 − θ1
con
con
Δt = t2 − t1
durata del fenomeno dall'istante iniziale t1 all'istante finale t2
Per un conduttore di sezione S, lunghezza l e di resistività ρ
sarà allora
Ed è proprio a partire dalla precedente equazione (come vedremo nel successivo paragrafo), che si arriva alla condizione che definisce la protezione del cavo dal cortocircuito
L'iquadrotì è l'indicatore della quantità di energia termica immagazzinata nel conduttore durante il corto. E' l'energia specifica, riferita all'unità di resistenza, che attraversa il dispositivo di protezione fino al momento in cui esso non apre definitivamente il circuito. E' detto perciò energia specifica passante, si misura in A2 s, ed è una caratteristica del dispositivo di protezione poiché dipende dal modo in cui esso limita ed interrompe la corrente. E' un dato che il costruttore deve fornire: l'integrale di joule. Come vedremo infatti (chi vorrà seguire i passaggi matematici successivi) esso corrisponde ad un calcolo integrale che coinvolge l'andamento della corrente durante il corto circuito. La relazione scritta però ci dice che basta conoscere il dato fornito dal costruttore per decidere se il cavo è protetto o meno. Il cavo risulta protetto se l'iquadrotì è inferiore al quadrato del prodotto di una costante per la sezione del cavo. La sezione del cavo la si conosce e la costante, che dipende dal tipo di isolante, pure. Le norme CEI 64-8 ne forniscono il valore
Natura dell'isolante | Conduttore in rame | Conduttore in alluminio |
---|---|---|
PVC (polivinilcloruro):
| 115 | 74 |
Gomma naturale:
| 135 | 87 |
Gommabutilica:
| 135 | 87 |
Gomma etilenpropilenica:
| 143 | 87 |
Polietilene reticolato:
| 143 | 87 |
"Ma da dove viene questa costante?"
chiederanno i più curiosi dei nostri venticinque lettori.
La risposta, per essi, è nel successivo paragrafo.
La dimostrazione matematica
Chi non ama la matematica, può anche saltare questo paragrafo. Può eventualmente considerare solo la formula conclusiva che rivela da cosa dipende la costante K.
La corrente dell'arco elettrico che si forma quando il dispositivo inizia l'apertura, è rapidamente variabile ed è praticamente impossibile scriverne esplicitamente una espressione matematica. Si intuisce ad ogni modo che essa dipende dalle modalità di apertura. Essa inoltre non coincide con la corrente di cortocircuito presunta, che è quella che si avrebbe in assenza del dispositivo, in genere non è sinusoidale e può essere anche notevolmente limitata rispetto alla presunta, come nel caso degli interruttori detti per l'appunto limitatori, come mostra il seguente grafico:
Se consideriamo un brevissimo tempo, dt, in esso possiamo ritenere costante la corrente i. Questa, per la legge di joule sviluppa calore che, per l'ipotesi di adiabaticità, aumenta la temperatura del cavo. La formula del precedente paragrafo, tenendo condo che anche l'aumento di temperatura sarà piccolissimo, dθ diventa:
Ciò che interessa trovare è il calore sviluppato nel tempo di apertura. Occorre perciò sommare tutte le piccole, ma teoricamente infinite, quantità di calore espresse dalla formula per ogni valore di corrente. Matematicamente corrisponde al calcolo di un integrale. Indicando con 0 l'istante iniziale di apertura e con ti il tempo necessario per l'interruzione, la temperatura del cavo passerà dal valore iniziale, che supporremo essere uguale alla temperatura di servizio θs del cavo, ad una temperatura finale θi che non dovrà superare il valore massimo consentito, θf. Dunque:
che possiamo riscrivere in questo modo
La resistività dipende dalla temperatura secondo la legge
con ρ0: resistività a zero gradi centigradi del conduttore ed α coefficiente di temperatura. Sostituendo, la precedente equazione, diventa:
Il primo membro lo lasciamo come sta, pur dandogli il nome di integrale di joule, o quello meno matematico di iquadroti'. Il secondo membro possiamo integrarlo con le note (per chi le conosce...) regole di integrazione. In questo caso si cambia variabile (integrazione per sostituzione) ponendo , per cui
.
Si ottiene allora
Posto infine
tenendo conto che deve essere si avrà
iquadrotì=
la formula conclusiva del precedente paragrafo.
Il K dunque non è più misterioso. I valori forniti in tabella dalla norma non sono altro che i valori ricavati dalla formula che lo definisce.
I valori di tabella corrispondono al valore minimo poiché calcolati nell'ipotesi che il conduttore si trovi inizialmente alla temperatura di servizio. Se si è sicuri che la temperatura iniziale è inferiore perché, ad esempio, il cavo è surdimensionato, quindi utilizzato per una corrente inferiore alla sua portata, il valore di K può essere calcolato inserendo nella formula il valore della temperatura iniziale reale, oltre, ovviamente al coefficiente di temperatura, al calore specifico ed alla resistività del conduttore impiegato, che la seguente tabella elenca
Conduttore | ρ0: | ||
---|---|---|---|
Rame | 4,25 | 3,45 | 0,0159 |
Alluminio | 4,38 | 2,5 | 0,0260 |
Piombo | 4,34 | 1,45 | 0,197 |
Acciaio | 4.95 | 3,8 | 0,126 |
Un semplice script Scilab per il calcolo di K
txt=['Calore specifico (J/(K*cm^3)c =';'Coefficiente di temperatura (*1000)1/°C) alpha=';'resistività a 0 °C:(ohm*mm^2/m): ro0='; 'temperatura iniziale (°C) theta0=';'temperatura finale (°C): thetaF=']; parK=evstr(x_mdialog('Parametri per il calcolo di K',txt,['3.45';'4.25';'0.0159';'70';'160'])); c=parK(1)*10^(-3); alpha=parK(2)*10^(-3); rho0=parK(3)*10^(-3); thetas=parK(4); thetaf=parK(5); K=sqrt((c/(alpha*rho0))*log((1+alpha*thetaf)/(1+alpha*thetas)))
Iquadrotì completi
Il ragionamento precedente è basato sull'ipotesi di fenomeno adiabatico per il quale le norme hanno fissato un tempo limite di 5 secondi, come detto. Per tempi superiori l'energia passante esiste ancora, ovviamente, ma il fenomemeno non è più adiabatico e parte dell'energia passante è dispersa verso l'ambiente. E' evidente poi che se il dispositivo non interviene, e questa è la normalità se le correnti sono inferiori i valori nominali,(o più precisamente alla corrente convenzionale di non intervento Inf : non regolabili; (regolabili)), l'energia passante diventa infinita.
L'iquadroti del cavo
L'energia passante tollerabile dal cavo, costante in condizioni adiabatiche, aumenta in condizioni non adiabatiche. Il tempo di apertura è tanto maggiore quanto minore è la corrente e, per un certo valore di questa, tutta l'energia passante è dispersa verso l'ambiente e non aumenta ulteriormente la temperatura del cavo. Quel valore di corrente corrisponde alla portata del cavo, come già detto.
Se tracciamo il grafico completo dell'iquadrotì sopportabile dal cavo, si avrà allora che per valori di corrente superiori al valore che fanno intervenire il dispositivo in meno di 5 secondi, l'iquadrotì è una costante, indipendente dal valore di corrente, che aumenta con il quadrato della sezione del cavo (con la resistenza che diminuisce, diminuisce il calore prodotto ed aumenta la capacità termica), mentre per valori di corrente inferiori od uguali alla portata, l'iquadrotì diventa infinito perché t non ha un termine.
La prima condizione, nel piano I2t-I è una retta orizzontale; la seconda una retta verticale. Le due rette saranno raccordate per i valori di corrente intermedi, come mostra la seguente figura.
L'iquadrotì di un magnetotermico
L'iquadrotì dipende dal valore efficace della corrente effettivamente interrotta oltre che dal tempo di interruzione. Un magnetotermico interviene con una caratteristica a tempo inverso fino al valore della corrente di intervento magnetico, un multiplo della nominale che dipende dal tipo di caratteristica: (B: 3..5; C 5..10; D: 10..20). Dopo quel valore di corrente il tempo di intervento rimane immutato per gli interruttori non limitatori mentre diminuisce ulteriormente nei limitatori.
Le figure seguenti mostrano le caratteristiche di intervento e di iquadrotì di interruttori Bticino. Per correnti inferiori alla nominale, l'iquadrotì è infinito poiché l'interruttore non interviene. Il suo valore decresce quando la corrente supera il valore nominale perché dopo un certo tempo l'interruttore interviene. Alla corrente di intervento magnetico, l'iquadrotì è minimo. Per correnti superiori cresce. La crescita sul grafico avverrebbe secondo la retta tratteggiata in azzurro se il tempo di interruzione rimanesse costante, come mostrato sempre da una retta tratteggiata azzurra, nella caratteristica di intervento. La riduzione del tempo di intervento diminuisce la pendenza incurvando verso il basso la curva dell'iquadrotì.
L'iquadrotì di un fusibile
La figura mostra l'iquadrotì di un fusibile. Assomiglia a quello di un cavo. Decresce all'aumentare della corrente di cortocircuito fino a rimanere praticamente costante per valori molto elevati.
Sullo stesso diagramma sono riportati gli iquadrotì di due cavi. Il cavo il cui iquadrotì è al di sopra di quello del fusibile è completamente protetto, mentre il secondo cavo, il cui iquadrotì interseca quello del fusibile, è protetto dal corto solo per correnti di cortocircuito superiori al valore Imin.
La massima lunghezza protetta
L'iquadrotì del cavo in cortocircuito è, graficamente una retta orizzontale. I punti in cui tale retta interseca le caratteristiche dell'iquadrotì del dispositivo di protezione sono punti critici oltre i quali, (quindi per valori inferiori del più piccolo e maggiori del più grande), il cavo non è protetto. La corrente maggiore si ha all'inizio del cavo, quindi nel tratto immediatamente a valle del dispositivo; quella minore in fondo al cavo. La lunghezza del cavo che dà luogo alla corrente minima è la cosiddetta lunghezza massima protetta.
Tale valutazione si deve fare solo se, per qualche ragione, il cavo non risulta protetto dal sovraccarico. Nel caso in cui la protezione da sovraccarico sia prevista, diciamo pure nella maggioranza dei casi, la verifica della lunghezza massima è inutile.
La protezione dal sovraccarico si ha se la corrente di sicuro intervento del dispositivo, If non supera del 45% la portata del cavo Iz
Se tale condizione è soddisfatta , poiché per tali correnti il fenomeno termico non può considerarsi adiabatico, occorre senz'altro considerare l'iquadrotì del cavo completo, non semplicemente il tratto di retta orizzontale corrispondente a K2S2. L'intersezione in tal caso non avviene e non esiste una lunghezza massima protetta: il cavo risulta protetto qualunque sia la sua lunghezza.
Ricordiamo che
- Magnetotermicici civilli (non regolabili):
- Magnetotermici industriali (regolabili):
- fusibili:
Per i magnetotermici di corrente nominale inferiore a 63 A il tempo convenzionale di intervento è di un'ora; due ore per correnti nominali maggiori di 63 A.
Nelle figure seguenti si giustifica quanto affermato. Si ipotizza di avere un interruttore regolabile con In=250 A. Il cavo è un PVC di sezione 95 mm2. Si ipotizzano condizioni di posa che ne stabiliscono una portata di 232 A. Il suo K2S2 vale 1152*952=1,2*108 A2s. La corrente di sicuro intervento dell'interruttore è 1,3*250=325 A nel tempo convenzionale di 2 ore, mentre la corrente che deternmina un intervento inferiore ai 5 s è 8*250=2000 A. Il cavo è protetto dal sovraccarico poiché If=325 < 1,45*232 =336. Raccordando la retta orizzontale del fenomeno adiabatico con la verticale in corrispondenza della portata, la curva totale dell'iquadrotiì del cavo sta sopra quella dell'iquadrotì del dispositivo: il cavo è dunque protetto per ogni lunghezza.
Bibliografia
Fondamenti di SICUREZZA ELETTRICA
Vito Carrescia Ed. TNE | Complementi di impianti elettrici
Lorenzo Fellin Ed. Diade | ||
---|---|---|---|
L'iquadratotì questo sconosciuto
Giovanni Cantarella TuttoNormel n.6, 1989 | Lunghezza massima protetta
Vito Carrescia TuttoNormel n.9, 1992 |
Il buono, il brutto, il cattivo
Ennio Morricone |