Qui di seguito vi è la traduzione dell'articolo scritto e pubblicato in inglese da DarwinNE su questo stesso forum " The mathematical symmetry of the differential pair", che illustra i vantaggi che comporta la rappresentazione matriciale degli stati degli ingressi e delle uscite nell'analisi di piccolo segnale di uno stadio differenziale simmetrico. Nonostante la traduzione non sia particolarmente "letteraria" (ahimè, per questo ci va la stoffa di traduttori di ben altro calibro che non il sottoscritto!), spero non solo che il risultato sia almeno utile ma anche di non essere stato troppo "infedele" al testo originale - Buona lettura! :-)
Piercarlo
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In questo articolo vogliamo riesaminare con "occhio matematico" le classiche soluzioni analitiche di un circuito assai noto - lo stadio differenziale.
Gran parte dei libri di testo propongono lo studio di questo circuito basandosi sull'analisi del suo comportamento in modo differenziale e in modo comune. Quello che noi ora faremo è supportare questo approccio con una giustificazione matematica, evidenziando così le ragioni per cui questo approccio funziona in effetti piuttosto bene. In particolare mostreremo come il comportamento in modo differenziale e in modo comune del circuito in esame sia strettamente connesso con gli autovalori e gli autovettori degli operatori algebrici che descrivono gli effetti che i segnali di ingresso al circuito producono sulle uscite del medesimo.
Il circuito differenziale che andremo ad esaminare, in questo caso costruito intorno a una coppia di transistori NPN, è visibile in figura 1:
Il discorso si sviluppa come segue: 1) viene anzitutto descritto il comportamento del circuito di figura 1 con l'usuale analisi di piccolo segnale che ad esso dedicano la maggior parte dei libri di testo; 2) i risultati vengono poi ripresi e collocati entro il quadro dei rapporti esistenti tra ingressi e uscite del circuito differenziale che, come tali, possono essere descritti tramite un'opportuna matrice; 3) di tale matrice viene evidenziata la diagonalizzabilità, operazione da cui, come vedremo, discende in modo naturale la descrizione matematica di entrambi i modi di funzionamento del circuito, comune e differenziale; 4) viene infine mostrato come la diagonalizzazione della matrice che rappresenta il circuito ne consente, a parità di risultati, un'analisi di piccolo segnale più semplice e diretta di quanto ottenibile con i metodi di risoluzione utilizzati al punto (1).
Analisi di piccolo segnale
L'analisi di piccolo segnale è basata sul circuito linearizzato equivalente di piccolo segnale visibile in figura 2. In questo circuito viene data per scontata la corretta polarizzazione in continua dello stadio differenziale, mentre dei transistori bipolari viene usato il modello π ma ne viene volutamente trascurato l'effetto Early, semplificando l'analisi e rendendola facilmente traferibile anche al caso in cui nel differenziale vengano impiegati, al posto dei bipolari, transistori FET o MOSFET (a condizione naturalmente di trascurare per questi ultimi gli effetti del parametro "lambda", il coefficiente di modulazione di lunghezza del canale da parte della tensione applicata ai suoi capi che, negli effetti, gioca nei dispositivi a effetto di campo lo stesso ruolo che l'effetto Early gioca nei bipolari - ndt).
Al momento esamineremo il circuito senza supporre alcunché riguardo al suo grado di simmetria interno; inoltre supporremo i due transistori Q1 e Q2 come "qualsiasi", ovvero non necessariamente identici tra loro e quindi caratterizzati ciascuno da una propria transconduttanza - gm,1 e gm,2 - e da una propria resistenza differenziale base/emettitore - rπ,1 e rπ,2.
NOTA - Mentre in figura 1 si sono usate le lettere maiuscole indicando con queste le quantità assolute delle grandezze rilevabili tra ciascun punto e il nodo di riferimento (massa), costruite come somme di contributi dovuti alla polarizzazione e alle variazioni di segnale (esempio: Ve,1), in figura 2 si sono usate solo le lettere minuscole, indicando con ciò le sole variazioni delle grandezze dovute al segnale (esempio: ve,1). In figura 2 poi le frecce blu, in accordo con la consuetudine italiana e francese, indicano tensioni il cui "+" è indicato dalla direzione a cui puntano le frecce stesse.
Tra le differenti strategie utilizzabili per affrontare l'analisi di piccolo segnale del nostro circuito, abbiamo scelto quella di calcolare la caduta di tensione su RE, chiamandola vA. Per far questo occorre calcolare le correnti di emettitore di ciascun transistore del differenziale, i1 and i2, che sommate insieme costituiscono la corrente che scorre in RE:
i1 = (gm,1 + gπ,1)v1
i2 = (gm,2 + gπ,2)v2
dove: gπ,1 = 1 / rπ,1 gπ,2 = 1 / rπ,2
v1 e v2 sono le cadute di tensione sulle resistenze rπ,1 e rπ,2. Mettendo in relazione v1 e v2 con le tensioni in ingresso ve,1 e ve,2, si può ricavare l'espressione di vA come segue:
Conoscendo vA, è ora semplice calcolare la corrente che scorre nelle sorgenti di corrente controllate e così pure le uscite vs,1 e vs,2:
Fino a questo punto l'analisi che ne stiamo facendo del circuito (come già detto, non necessariamente simmetrico) è completamente convenzionale. Nel prossimo paragrafo però introdurremo una interpretazione matematica delle equazioni che legano vs,1 e vs,2 con ve,1 e ve,2 e che si rivelerà utile proprio nei casi in cui invece la simmetria del circuito viene esplicitata.
Un approccio un po' più matematico
L'analisi di piccolo segnale dello stadio differenziale mostrato in Figura 2 può essere affrontata in un modo più strutturalmente matematico di quello convenzionale, mettendo anzitutto in evidenza che:
- è un circuito con due ingressi e due uscite;
- fintanto che i due transistori dello stadio differenziale lavorano in regione lineare (quindi con piena validità del circuito equivalente di Figura 2), l'azione dello stadio può essere descritta sotto forma di matrici:
dove A è una matrice 2x2:
le cui componenti rappresentano le equazioni che seguono:
La matrice rappresenta matematicamente l'applicazione lineare che applicata su un vettore che descrive lo stato elettrico degli ingressi del circuito, permette di ottenere un secondo vettore che rappresenta lo stato elettrico delle sue uscite. Di fatto ciò che qui chiamiamo "lo stato elettrico" può essere descritto anche come un punto in uno spazio vettoriale che (in questo caso) è bidimensionale. Per fornire le coordinate di un punto in uno spazio vettoriale occorre scegliere una base di riferimento che, a seconda dell'uso che si intende farne, abbia le caratteristiche più opportune e convenienti. Nel nostro caso per tale base esiste già una scelta naturale implicita:
In effetti i due vettori
e
costituiscono la base naturale dello spazio vettoriale nel quale viene a collocarsi l'applicazione lineare definita dalla matrice A. Di essa va notato come, essendo quadrata, può esser associata ad un endomorfismo che matematicamente riflette la scelta di uno spazio vettoriale bidimensionale, in cui viene rappresentato lo stato elettrico sia per gli ingressi, sia per le uscite del circuito.
NOTA - un endomorfismo è un'applicazione lineare dove gli spazi vettoriali di partenza e di arrivo coincidono. Ciò può sembrare sorprendente nella nostra applicazione, nella quale i vettori di ingresso e di uscita rappresentano lo stato elettrico di nodi ben separati nel circuito. Tuttavia, la descrizione dei segnali condivide la stessa struttura matematica. Una conseguenza di ciò è che i segnali in uscita possono essere usati, tali e quali, per pilotare un'altro, identico, stadio differenziale (nda).
Sebbene spesso il circuito sia simmetrico (cioè Rc1 = Rc2 = Rc, gm,1 = gm,2 = gm, gπ,1 = gπ,2 = gπ), esso potrebbe tuttavia non lavorare in modo simmetrico, fatto che in generale conduce ad avere .
A questo punto si possono sollevare alcune questioni:
- In che modo la simmetria del circuito si riflette sul suo comportamento?
- C'è una scelta ottimale per la base dello spazio vettoriale per rappresentare lo stato elettrico degli ingressi e delle uscite del circuito?
- Del circuito qual è la rappresentazione matematica più semplice possibile?
Nel prossimo paragrafo proveremo a dare una risposta proprio a queste domande.
Autovalori, autovettori e simmetria
La ricerca di tali risposte ci conduce ad alcune interessanti osservazioni matematiche. Anzitutto il fatto che, quando il circuito è simmetrico, è simmetrica pure la matrice A che abbiamo prima introdotto per rappresentarlo; ciò è invero una conseguenza diretta del fatto che i nodi di ingresso e di uscita del circuito sono scelti proprio rispettando la simmetria di quest'ultimo:
Possiamo qui notare come la matrice A si possa vedere anche come un endomorfismo. Una conseguenza importante dell'avere una matrice simmetrica è che essa può esser sicuramente diagonalizzata. In altre parole, esiste una base composta da autovettori che può essere efficacemente e convenientemente utilizzata per rappresentare lo stato elettrico degli ingressi e delle uscite del circuito.
È utile a questo punto un piccolo richiamo del concetto matematico di autovettori e autovalori di una matrice. La definizione è la seguente: data una matrice A (di grandezza ), se c'è un
vettore
tale che:
Av = λv
allora l'autovalore λ è un numero complesso e il vettore v è chiamato autovettore (destro) associato all'autovalore λ.
Tali autovettori sono di particolare interesse quando la matrice A traduce matematicamente gli effetti prodotti dagli stimoli applicati ad un sistema fisico (nel nostro caso: un circuito). Di fatto quando il vettore di ingresso del sistema è un autovettore, i suoi effetti all'uscita del sistema possono essere descritti in modo particolarmente semplice. Disponendo di una base di autovettori, è possibile descrivere ogni punto dello spazio vettoriale per mezzo di combinazioni lineari di vettori le cui trasformazioni che operano nel sistema sono semplici.
Proviamo ora a calcolare gli autovettori e gli autovalori della matrice A associata agli effetti che una coppia di segnali applicati alle basi dei transistori Q1 e Q2 esercita sull'intero stadio differenziale. In primo luogo, proviamo a calcolare gli autovalori del sistema osservando che la definizione:
Av − λv = 0
deve rimanere vera per tutti i multipli dell'autovalore v. Questo significa che il determinante del sistema deve essere nullo (polinomio caratteristico), allo scopo di assicurare che il sistema associato di equazioni lineari rimanga indeterminato:
det(A − λI) = 0
dove I denota la matrice "identità" avente le stesse dimensioni della matrice A.
NOTA - Questa strategia di risoluzione è conveniente solo per il calcolo di autovettori e autovalori di matrici molto piccole, come è quella del problema che stiamo affrontando. Per il calcolo degli autovettori e autovalori di matrici molto grandi (ad esempio 20002000) si ricorre ad algoritmi numerici più efficienti, come la decomposizione QR (nda).
Dopo alcuni passaggi algebrici otteniamo:
λ2 − (a11 + a22)λ + a11a22 − a12a21 = 0
dove emerge che il coefficiente di λ è la traccia della matrice A, in cui il termine costante è costituito dal determinante di quest'ultima. Sostituendo ora i termini ed esplicitando i calcoli si dimostra direttamente come nel sistema vi siano due separati autovalori:
λ1 = − Rcgm
Il calcolo degli autovettori associati a λ1 e λ1 produce rispettivamente i seguenti due vettori:
dove α e β sono due costanti arbitrarie (ma diverse da zero).
Sscegliendo ora i due autovalori come elementi della base usata per rappresentare lo stato elettrico dei segnali di ingresso e di uscita del circuito, gli effetti su quest'ultimo sono dati da una nuova matrice D che è diagonale:
L'uso degli autovettori consente di cambiare il punto di osservazione del circuito e non è difficile vedere come dalla costruzione di una matrice W basata su di essa sia possibile ottenere:
A = WDW − 1
dove:
Detto in altro modo, l'uso degli autovettori come base dello spazio vettoriale rappresenta un cambio di coordinate nel quale la rappresentazione del circuito, fornita dalla matrice diagonale D, diviene direttamente interpretabile. Essendo in essa la comprensione del significato elettrico degli autovettori e degli autovalori particolarmente illuminante dal punto di vista fisico, vi dedicheremo il prossimo paragrafo.
Analisi di piccolo segnale basata sulla simmetria del circuito
La trasformazione di coordinate descritta dagli autovalori è di importanza capitale dal punto di vista elettrico. Questo cambio di coordinate è rappresentato dalle matrici W e W − 1. Se noi, per avere la rappresentazione dello stato elettrico degli ingressi secondo la base "naturale" descritta sopra, scriviamo:
allora possiamo anche scrivere:
e quindi, scegliendo per esempio α = 1 / 2 e β = 1:
abbiamo che ve e rappresentano il medesimo stato elettrico degli ingressi ma descritti usando due basi differenti. Lo stesso procedimento può essere usato anche per rappresentare lo stato elettrico delle uscite.
I tecnici elettronici riconosceranno facilmente come ve,d per i segnali di ingresso non rappresenti nient'altro che il vecchio modo differenziale del circuito mentre ve,cm ne rappresenta invece il modo comune, A loro è peraltro ben noto quanto con il circuito differenziale sia conveniente rappresentarne i segnali in termini di combinazioni lineari dei suoi modi differenziale e comune:
Di questa pratica dovrebbe ormai essere chiaro come essa poggi su una profonda giustificazione matematica in quanto essa non è altro che un modo per scegliere, rispetto ai segnali di ingresso e di uscita, una base costituita da autovettori a cui riferirli. Svilupperemo ora l'analisi di piccolo segnale basata sui modi differenziale e comune del circuito così come sviluppata in molti libri di testo ([1] e [2] tra i tanti), per verificare come ritrovare gli stessi risultati ottenuti in precedenza.
Circuito pilotato in modo differenziale puro
Nella parte in alto di figura 3 si può vedere il circuito equivalente al piccolo dello stadio differenziale (simmetrico) quando viene pilotato sugli ingressi da un segnale differenziale puro ve,d. Notiamo in particolare che se l'eccitazione del circuito è anti simmetrica mentre il circuito è simmetrico, il responso di quest'ultimo sarà anch'esso anti simmetrico.
Dall'antisimmetria del segnale discende che i1 = − i2 e che non vi sono variazioni della corrente che scorre in RE; di conseguenza anche le cadute di tensione dovute ad esse saranno pari a zero. Ciò significa che l'analisi del circuito può essere semplificata giacché essa è perfettamente equivalente a quanto mostrato in fondo alla figura 3. Il segnale in uscita è pertanto pari a:
vs,d / 2 = − Rcgmve,d / 2
e quindi:
vs,d = − Rcgmve,d
Il guadagno di tensione in modo differenziale (il rapporto tra i modi differenziali delle uscite e degli ingressi) è pari a − Rcgm - Precisamente l'autovalore che abbiamo prima calcolato!
Circuito pilotato in modo comune puro
La figura 4 illustra il circuito equivalente di piccolo segnale e la simmetria del suo stato elettrico quando lo stadio differenziale viene pilotato dal solo segnale di modo comune.
La simmetria implica che i1 = i2 e quindi che la resistenza RE è virtualmente divisa in due metà (ciascuna pari al doppio del suo valore e ovviamente connesse in parallelo tra loro - ndt) tra le quali non scorre corrente. Questo significa che (vedi la parte inferiore di figura 4) se noi rimuoviamo la connessione tra i nodi A ed A', non succede nulla.
Queste considerazioni ci consentono di definire il guadagno di modo comune come:
il quale, non sorprendentemente, altri non è che che il secondo autovalore λ2.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo esaminato, da un punto di vista più matematico del consueto, le caratteristiche di simmetria del ben noto stadio differenziale. La questione che ci siamo posti è stato andare a vedere se tale simmetria possa essere derivata matematicamente da un'analisi che, in partenza, non si basa su di essa. Abbiamo iniziato con un'analisi completa del circuito quando la sua coppia differenziale lavora in regione lineare, nel quale si è andato evidenziando che l'usuale descrizione del circuito fondata sul suo funzionamento in modo differenziale e in modo comune possiede una sua intrinseca giustificazione matematica. In effetti modo differenziale e modo comune possono essere visti come autovalori della matrice (simmetrica) che rappresentano gli effetti sul circuito nello spazio vettoriale bidimensionale che descrive lo status elettrico dei suoi ingressi. Se il circuito è simmetrico, allora lo è anche la matrice che lo descrive e il sceglierne una base di autovalori, implica la diagonalizzazione della matrice stessa. Effettuando a questo punto una seconda analisi che, a differenza della prima, si basi esplicitamente sulla simmetria del circuito, ne risulta una evidente semplificazione algebrica; e in particolare che i due autovalori altro non sono che il guadagno di tensione in modo comune e in modo differenziale del circuito.
Bibliografia
[1] - B. Razawi, "Design of CMOS analog integrated circuits", McGraw-Hill, 2001
[2] - A. S. Sedra, K. C. Smith, "Microelectronic circuits", sixth edition, The Oxford Series in Electrical and Computer Engineering, 2009
(traduzione dall'originale inglese di Davide Bucci - DarwinNE - a cura di Piercarlo Boletti)