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Strutture

Articolo n° 8 su 13 del corso "Elaborazione numerica dei segnali". Vai all'indice del corso.

Paragrafi dell'articolo:

  1. Strutture ricorsive
  2. Conversione strutture da continue a discrete
  3. Strutture normalizzate

Strutture ricorsive (16)

Nell'introdurre i filtri numerici (capitolo 14) si è constatato che una costante di tempo rappresenta la forma più semplice di filtraggio passa-basso di un segnale.

Riprendendo in considerazione quanto detto a proposito del circuito RC (capitolo 7) che è appunto una tipica costante di tempo, si  ha che l'equazione che lega l'andamento dei segnali  v  d'ingresso e  vc d'uscita con  i parametri caratteristici del circuito,  R  e  C, è: 

Se ora, invece di applicare le trasformazioni di Laplace come è stato fatto al capitolo 7, si risolve questa equazione differenziale col metodo delle differenze finite, cioè con intervalli di tempo finiti anzichè infinitesimi, si ottiene:

dove  vct  è la tensione d'uscita all'istante  t ,  mentre  vct-1  è la tensione all'istante  t - Dt , con  Dt  intervallo di campionamento. Questo permette di ottenere, indicando con   T = R·C   la costante di tempo,

e di risolvere  quindi  l'equazione differenziale di partenza con operazioni puramente aritmetiche.  Ovviamente la soluzione è approssimata e si avvicina sempre più a quella esatta nella misura in cui  Dt  tende a zero.

La struttura di calcolo relativa a questa soluzione può essere rappresentata come in Fig. 16.1, indicando con  x  e   y   i segnali rispettivamente d'ingresso e d'uscita, e con  a   e   b   le costanti moltiplicative (espressioni fra parentesi).

Si noti che  per il caso della costante di tempo è  a + b = 1.

Fig. 16.1   -    Struttura di calcolo di  una costante di tempo.

Il blocco indicato con   z-1   è un  ritardo di  tempo  di durata  Dt  sec, che fornisce in uscita all'istante  t  il valore che si era presentato al suo ingresso all'istante precedente  t-Dt.

La notazione   z-1   fa riferimento ad una particolare forma di trasformate, note come  trasformate  z , simili a quelle di Laplace, ma valide essenzialmente per segnali discreti, quindi adatta proprio agli apparati digitali.

La trasformazione di una funzione discreta  f(n), campionata ogni  Dt. quindi in cui  t = n·Dt.  (con  n  da 0 ad ¥), e con  f(n)=0  per tutti i valori di  n<0,  è 

      

mentre l'antitrasformata è                  

Per l'uso di queste trasformazioni si rimanda alle appendici.

Per ora  è importante notare che la struttura di calcolo presenta una forma di  retroazione  del segnale d'uscita, che quindi influisce sulla sua stessa formazione.

Ciò comporta  un certo mantenimento del segnale in uscita, teoricamente  all'infinito,  anche se viene a mancare il segnale d'ingresso.

Per tale caratteristica le strutture di questo tipo vengono chiamate oltre che  ricorsive, anche  IIR (Infinite Impulse Response).

Interpretando il significato fisico dei coefficienti nella struttura di  Fig.16.1, si può dire che  b   rappresenta il decadimento naturale del segnale d'uscita. infatti in assenza del segnale d'ingresso (x=0) l'uscita  y  (supposto che abbia già raggiunto un valore ¹0) decade con   bn  (essendo  b<1, y tende a 0 per n®¥).

Il coefficiente  a  rappresenta invece il fattore d'incremento che il segnale d'ingresso provoca ogni  Dt  su quello d'uscita. 

Inoltre è interessante notare che la stessa struttura è più generale della sola costante di tempo: infatti se i coefficienti  a  e   b  non sono fra loro complementari ad 1, si possono avere comportamenti diversi da quanto visto.

In particolare se  b = 1,  cioè non vi è decadimento naturale del segnale d'uscita, il sistema diventa un  integratore, con  a  come costante d'integrazione.

In questo caso, se il segnale d'ingresso è un gradino di valore  x ,  si ha un'uscita  y  crescente linearmente  con  pendenza   x·a/Dt.

 Ma la struttura può essere ampliata con più stadi di ritardo nella retroazione, quindi con diversi coefficienti   b1 , b2 ..... bp ed inoltre è possibile aggiungere anche stadi di ritardo al segnale d'ingresso, esattamente come nelle strutture non-ricorsive, con coefficienti   a0 , a1 ..... aq.

La  Fig. 16.2 rappresenta il caso più generale di una struttura di questo tipo, in cui i numeri di coefficienti  p  e  q ,  rispettivamente nel numeratore e nel denominatore della funzione  in  z,  ed i valori dei singoli coefficienti stabiliscono il comportamento del blocco, cioè come questo trasforma il segnale d'ingresso  x  in segnale d'uscita  y.

Fig. 16.2   -    Struttura  generalizzata  della funzione  H(z).

La funzione  di trasferimento  in  z  è  quindi espressa da:

con  p  da  0  al  massimo  numero di ritardi del segnale d'ingresso  e  q  da  1 al massimo numero di ritardi  del segnale d'uscita.

Ciò permette una semplice  svolgimento del calcolo nel dominio del tempo con i p  campioni del segnale d'ingresso ed i  q  campioni del segnale d'uscita e ricavati negli istanti precedenti  t, moltiplicati per i rispettivi coefficienti:

yt  =  a0·xt + a1·xt-1 + a2·xt-2 +  .......  +b1·yt-1 + b2·yt-2 +  ........

Questo è un importantissimo metodo, che permette di esprimere, sia pure in forma approssimata, il comportamento di  qualsiasi sistema  di trasferimento.

Infatti tale struttura non riguarda solo i filtri veri e propri, ma il concetto può essere esteso a qualsivoglia blocco che elabora un segnale per generarne un altro.

Certamente il problema pratico è quello di determinare  il numero degli stadi e soprattutto i valori dei coefficienti  necessari ad esprimere un certo comportamento e gran parte del seguito sarà quindi dedicato ai metodi di ricerca di tali valori, cioè in definitiva al tentativo di ricavare dei  modelli  numerici dei blocchi più significativi.

Data la sempre maggior importanza della  simulazione  numerica nello studio di  apparati  industriali, verranno nel seguito anche illustrate le procedure di impiego di tali modelli, soprattutto in apparati di  regolazione automatica.

Conversione delle strutture da continue a discrete (17)

Per trasformare una tradizionale struttura di tipo analogico in una equivalente struttura di tipo digitale esistono fondamentalmente due diversi approcci: il primo è  l’ invarianza all’impulso   ed il secondo la  trasformazione bilineare.

Con il primo si impone che la risposta all’impulso del sistema digitale debba uguagliare quella del corrispondente sistema analogico.

Se  il segnale d’ingresso è l’impulso  d, l’uscita rappresenta  la trasformata della funzione stessa, cioè  h  (vedi fine del capitolo  4).

Nel semplice caso di una costante di tempo T  si ha che    h t =  e -t/T  , ma  considerando il tempo discreto t = n·DT  diventa  h n  = e -n·DT/T.

La trasformata  z  di questa  è                            H(z) =   S hn·z-n = S (e -DT/T· z -1) n

Sviluppando la serie geometrica [1]   si ha    

 

quindi  i coefficienti della struttura generalizzata sono         a0 = 1    e    b1 = e-DT/T

Anche se si può dimostrare che qualsiasi  funzione può essere trasformata in somme di  termini di questo tipo, tale soluzione è piuttosto laboriosa.

Una possibile approssimazione che facilita  la soluzione è data dall’uguaglianza del ritardo unitario in termini di trasformata s di  Laplace rispetto alla trasformata z .  Un puro ritardo di tempo  DT  ha la trasformata  s  uguale a   e -DT·s   (vedi tabella al capitolo 7, con  n=1),  mentre l’analoga trasformata   z   è semplicemente  uguale   a   z -1, quindi si può scrivere

z -1 = e -DT·s

Sviluppando il secondo membro in serie  ed approssimando  questa serie ai primi due termini [2] ) [S1]  , si ha

z -1 @ 1 -  DT·s

da cui si può ricavare                      

Con tale  approssimazione  è possibile ricavare la trasformazione z  di una funzione in  s qualsiasi semplicemente sostituendo  ogni  s  di questa con l’analoga  espressione  in  z.

Ad esempio nel caso  precedente la funzione   

      

potrebbe essere  trasformata in                

da cui si possono ricavare i coefficienti  della struttura generalizzata

               e              

coincidenti con quanto ottenuto direttamente con l’applicazione delle differenze finite (vedi pag. 16-1).

Si ritiene opportuno ribadire che questo metodo è semplice, ma solo approssimato e può essere visto come metodo d’integrazione rettangolare.

Considerando infatti  il caso del segnale d’uscita  y  come integrale del segnale d’ingresso  x  , cioè

l’integrazione può essere svolta numericamente come    yt = yt-1+ DT·xt .

La  Fig. 17.1  illustra graficamente il significato di questa operazione: il segnale  x  campionato ogni  DT  rappresenta una serie di rettangoli di larghezza  DT  e di altezza  xDT , dove  n  è il numero del campionamento.

Al generico istante  t = n·DT  si avrà  un’uscita  yt   che sarà la somma del valore raggiunto all’istante precedente  yt-1  e dell’area del rettangolo  DT·xt .

Ovviamente  nella figura l’intervallo   DT  è esagerato: la precisione del metodo dipende da quanto questo è piccolo, in modo da approssimare il più possibile con piccoli scalini l’andamento di  x.

Fig.17.1    -    Principio d’integrazione approssimata rettangolare

  Se ora si esprime la stessa operazione in termini di trasformate  z  si ha:

y(z) = y(z) · z-1DT · x(z)        cioè          

Se invece si fosse espressa in termini di trasformate  s  di Laplace, l’operazione di integrazione (in questo caso continua), si sarebbe ottenuto:

              cioè                      

Come si vede uguagliando i due tipi di trasformate, si è riottenuta  l’equivalenza in  z  dell’operatore s.

Ma questo permette anche una diversa soluzione.  Se l’integrazione anzichè rettangolare fosse stata  un’integrazione trapezoidale  l’equivalenza sarebbe di altro tipo (e più approssimata).

La  Fig. 17.2  illustra  tale alternativa, in cui al tempo  t viene sommata ad  yt-1  l’area  del trapezio formato con i due valori   xt-1   e    xt.   L’approssimazione è dunque  la linearizzazione  dell’andamento di  x  durante l’intervallo  DT, che risulta ovviamente maggiore rispetto  ad uno scalino.

Fig.17.2    -    Principio d’integrazione approssimata trapezoidale

Si può dunque esprimere  l’integrale come           yt = yt-1+ DT·(xt-1 + xt)/2

e in termini  di trasformata  z:              y(z) = y(z) · z-1 + (DT/2) · [x(z) · z-1 +x(z)]     

 cioè                                     

Uguagliando con la trasformata  s  ricavata precedentemente si ottiene una nuova  corrispondenza, nota come  trasformazione bilineare

  Fig. 17.3   -    Conversioni approssimate di  una  funzione di Laplace  in funzione  z , con successiva integrazione.

La  Fig. 17.3   esemplifica  l’applicazione di questo metodo ad una semplice costante di tempo, mostrando il confronto di precisione  tra i due tipi di sostituzioni descritte.

Ovviamente nei casi di funzioni molto complesse, il calcolo dei coefficienti della funzione  z  generalizzata comporta notevoli elaborazioni algebriche


[1]     La serie geometrica è definita  come  Srn  per  n  da 0 ad  ¥, ed è convergente, cioè ha un limite finito, se  r<1.  In tal caso il limite  è   1/(1-r).

[2]     Lo  sviluppo in serie  di   ea    è      1 +  a +  a2/2  +  a3/3! +  ...... +  an/n!  +  ......

Strutture normalizzate (18)

Le configurazioni per filtri ad alte prestazioni richiedono un discreto numero di coefficienti e la struttura generalizzata di  Fig. 16.2 può essere estesa a qualsiasi numero di stadi di ritardo  z-1  sia nel numeratore che nel denominatore della funzione di trasferimento in  z,  associando a questi i relativi coefficienti di moltiplicazione   ap  e   bq.

Per le applicazioni pratiche, soprattutto se queste configurazioni devono essere realizzate in hardware,  è però opportuno ricorrere a forme standardizzate, con strutture minime ben definite dette  forme canoniche, componibili poi in catene seriali od in blocchi paralleli per raggiungere le prestazioni volute.

Una prima forma canonica è quella  biquadratica  (spesso indicata nella letteratura tecnica come  biquad), costituita da due stadi di ritardo nel numeratore e due stadi di ritardo nel denominatore della funzione in z :

La  Fig. 18.1 mostra la struttura rappresentata in modo generalizzato (ricavata direttamente dalla  Fig. 16.2) e l’equivalente forma compattata in un blocco  BQ, con i relativi 5 coefficienti

Fig 18.1   -    Strutture equivalenti di un blocco biquadratico.

 

La procedura di progetto deve quindi stabilire  prima il numero di blocchi necessari e successivamente determinare i valori dei coefficienti di ogni singolo blocco.

Con una procedura di riduzione di un polinomio di qualsiasi grado in prodotto di polinomi di secondo grado è infatti sempre possibile  calcolare i valori dei relativi coefficienti  sia nel numeratore che nel denominatore della funzione in  z  e trasformare quindi  questa funzione in una equivalente serie di blocchi biquadratici.

Fig. 18.2   -    Calcolo e risposta in frequenza di una configurazione biquadratica a 3 blocchi.

La  Fig. 18.2  indica un esempio di trasformazione utilizzando le notevoli possibilità di calcolo offerto dal  Mathcadâ.

Si suppone di avere ricavato la funzione in  z con un solo coefficiente  a0 al numeratore (caso tipico dei filtri passa-basso) ed un polinomio di sesto grado al denominatore (per semplicità nell’esempio si ipotizza un binomio elevato alla sesta, che corrisponde al caso di sei blocchi in serie con la medesima costante di tempo T=10 ms, ed un intervallo di campionamento DT=2 ms).

Con il  Mathcadâ (dalla versione  5+) è possibile sia ricavare il vettore  v dei coefficienti  sia le radici  r  del polinomio (nel caso specifico questo potrebbe essere evitato essendo gia note le radici esatte, ma più in generale si conosce solo il vettore dei coefficienti , quindi normalmente si devono inserire i valori in  v).

Poichè è possibile che le radici risultino complesse e coniugate, occorre raggrupparle opportunamente per ricavare le 3 coppie di coefficienti  b  relativi a ciascun blocco biquadratico.

In pratica il programma di  Fig. 18.2  consente di ricavare i coefficienti di qualsiasi struttura biquadratica a 3 blocchi, semplicemente impostando nel vettore  v  i corrispondenti valori  dei coefficienti nel denominatore della struttura generalizzata fino ad un massimo di 6 ritardi (il primo valore si riferisce alla  z-6, e così via fino all’ultimo che deve essere 1). Ovviamente occorre impostare 0 per le eventuali potenze mancanti.

L’esempio dimostra che l’approssimazione dei calcoli porta a radici diverse fra loro,anche se di poco (in questo caso dovrebbero risultare tutte uguali).

La figura è completata dal relativo diagramma di Bode, che permette di valutare l’andamento dell’attenuazione (in dB) alle varie frequenze.

Si è volutamente  prolungato il campo di osservazione a frequenze oltre quella di  campionamento per dimostrare l’effetto del campionamento stesso.

Poichè l’intervallo di campionamento è  DT=2 ms la frequenza di campionamento è  fc=500 Hz , e il diagramma mostra un picco in corrispondenza di questa per effetto della riproduzione dello spettro, cioè per  aliasing: un apposito filtro, come già illustrato nei precedenti capitoli, dovrebbe infatti  essere previsto prima della conversione del segnale da analogico a digitale per eliminare qualsiasi frequenza d’ingresso superiore alla frequenza di Nyquist cioè a  250 Hz (che corrisponde al minimo nel diagramma di Bode).

  Fig. 18.3   -    Configurazione tipica a 3 blocchi biquadratici.

La  Fig. 18.3 rappresenta una struttura tipica composta da 3  blocchi biquadratici, i cui coefficienti sono calcolabili con il programma della figura precedente, con l’eventuale ampliamento ai coefficienti del numeratore in modo del tutto analogo.

Dopo aver visto la procedura di progetto di un tipico filtro passa-basso, si ritiene utile illustrare anche l’applicazione ad un filtro passa-banda, per evidenziare l’effetto dei coefficienti  a  del numeratore.

La  Fig. 18.4  mostra l’effetto nel diagramma di Bode della composizione  (linearizzata) di due basilari funzioni di trasferimento in  s (cioè di Laplace) e precisamente  il quadrato di una costante di tempo  1/(1+s·T)2 , rappresentata dalla linea punteggiata, assieme ad  un derivatore  s·T , rappresentato dalla retta tratteggiata.

Il risultato è il  prodotto delle due funzioni, che nel diagramma logaritmico di Bode corrisponde alla somma dei due grafici, e che comporta una attenuazione con pendenza di 20 dB/decade per frequenze attorno alla frequenza  fT, risultando cioè un filtro passa-banda.

Fig. 18.4   -    Composizione di funzioni di Laplace nel diagramma di Bode.

La  Fig. 18.5 mostra la trasformazione di questo in  z , che diventa una struttura biquadratica  con i coefficienti  funzioni di  T  e  DT  (solo  a2=0).

Questi coefficienti vengono ricavati con puri procedimenti algebrici, uguagliando le relative espressioni dopo aver sostituito ad  s  l’equivalenza in  z.

Utilizzando gli stessi coefficienti per 3 blocchi ( la struttura della  Fig. 18.3) e prevedendo un guadagno di 10 per compensare l’attenuazione in corrispondenza di  fT , si ottiene una  H(z) come quella indicata nel diagramma di Bode della stessa figura.  Per confronto, la  figura è completata dallo spettro  in diagramma lineare, limitato all’intorno di  10 Hz (poichè  T = 15 ms  risulta infatti   fT @ 10.6 Hz).

Gli esempi  di calcolo dei filtri passa-basso e passa-banda ora visti possono naturalmente essere  estesi anche agli altri tipi di filtri, anche a quelli ad alte prestazioni quali quelli di Butterworth, di Chebyshev, ellittici, di Bessel, ecc., ma per la progettazione pratica di questi si rimanda alle appendici.

Fig. 18.5  - Esempio di filtro ricorsivo passa-banda a 3 blocchi  biquadratici.

Si deve però notare che i blocchi biquadratici possono essere messi in parallelo anzichè in serie come finora visto, applicando cioè il segnale d’ingresso  x   a tutti i  blocchi  e sommandone poi le singole uscite per formare il segnale d’uscita  y.

Naturalmente i valori dei coefficienti dei vari blocchi saranno diversi da quelli calcolati per la disposizione in serie, pur conservando la struttura biquadratica.

In effetti occorre procedere alla trasformazione algebrica

dove  gli  a’   ed  i   b’  sono espressioni algebriche dei coefficienti della forma generalizzata  a e  b. 

I  valori  c’  sono  coefficienti di una struttura  non-ricorsiva che esiste solo se  pmax>qmax.

Oltre alla struttura biquadratica esistono altre strutture  standardizzate fra cui quella più promettente è la  reticolare (chiamata nella letteratura tecnica lattice , letteralmente ‘a traliccio’), rappresentata nella  Fig.18.6.

Il blocco di base, rappresentato nel rettangolo tratteggiato e che normalmente viene ripetuto in vari stadi, ha il vantaggio di  una maggiore semplicità e di un minor numero di coefficienti, anche se il suo calcolo è più laborioso.

Fig. 18.6   -    Struttura reticolare per la realizzazione di filtri ricorsivi.

Lo schema di calcolo nella struttura semplificata ad un solo stadio, equivale

 yn  =  xn  +  yn-1·(c1·c3 + c2) + yn-2·c1

  I  coefficienti  c  possono quindi essere ricavati da quelli della struttura generalizzata con equivalenze algebriche.

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