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Elettrotecnica e grandezze inverse

Domanda:

A proposito di elettrotecnica, esiste un aspetto di questa materia che trovo demenziale, ossia le grandezze inverse (o reciproche). La prima che mi viene in mente e' la Conduttanza, che e' l'inverso della resistenza. Personalmente trovo estremamente bizzarro il voler raddoppiare certi sistemi di misura. Mi spiego meglio. Nella vita di tutti i giorni per misurare la lunghezza usiamo il metro. Ora mi sveglio una mattina e decido che per misurare gli oggetti piccoli si misura la "cortezza" e quindi invento una unita' di misura che funziona alla rovescia rispetto al metro. Francamente non ne vedo l'utilita', anzi aumenta le nozioni da imparare, senza alcun effetto pratico reale. E poi i simboli alfabetici latini e greci sono ormai tutti utilizzati, meglio quindi non sprecarli....!

Risponde admin

Non è solo l'elettrotecnica ad essere "demenziale" sotto questo punto di vista. Prendiamo la densità ed il volume specifico di un gas. Sono l'uno l'inverso dell'altra. Le loro unità di misura sono, di conseguenza, l'una l'inversa dell'altra. Anche qui si potrebbe rinunciare ad una delle due, ma a quale? La nostra attenzione è diversa quando usiamo l'una o l'altra. Se diciamo volume specifico ci concentriamo sullo spazio occupato da una certa quantità di materiale, se parliamo di densità, pensiamo alla consistenza dello stesso. Non tutte le grandezze sono poi invertite in elettrotecnica: la tensione, la corrente, la carica, non hanno un inverso significativo. Le grandezze inverse si usano principalmente per i bipoli passivi, per i quali si stabilisce un legame causa-effetto: "l'effetto è proporzionale alla causa e la costante di proporzionalità è..." e, per completare la frase, se consideriamo la corrente come causa e la tensione come effetto, useremo "l'impedenza", ma se consideriamo la tensione come causa e la corrente come effetto, dobbiamo dire "l'inverso dell'impedenza". Si è ritenuto più comodo semplificare la frase con "l'ammettenza". Tra l'altro se si hanno bipoli in serie è facile calcolare il bipolo equivalente usando l' impedenza, che diventa invece scomoda per elementi in parallelo, per i quali è più agevole l'ammettenza perché basta eseguirne la somma. Capita dunque di trovarsi di fronte alle grandezze inverse: si poteva evitare di darvi un nome? E' proprio vero che siamo costretti ad un doppio sforzo di memorizzazione? Ed era meglio rinunciare alla grandezza inversa accettando formule matematiche strutturalmente più complesse od accettare la grandezza inversa che porta con sé la semplificazione delle formule? In effetti si potrebbe anche definire "cortezza" come l'inverso della lunghezza e misurarla con metri alla meno uno. E dire di un oggetto che ha una cortezza grande quando la sua lunghezza è piccola. E' possibile farlo anche di ogni altra grandezza, teoricamente. Ma evidentemente i fisici che hanno fino a questo momento sviluppato la materia, non si sono imbattuti in un problema che rendesse conveniente la considerazione di queste grandezze inverse. Uno poi è libero di considerare nei suoi ragionamenti o calcoli la grandezza che più gli è congeniale. Certamente però se desidera studiare su testi di autori che hanno trovato utile usare la grandezza inversa, deve almeno sapere cos'è.
"Demenziale" mi pare comunque eccessivo per criticare l'uso di due grandezze, l'una inversa dell'altra, ed il consumo di simboli ad esso imputabile non è proprio paragonabile allo spreco di risorse energetiche di cui il nostro progresso forse si sta disinteressando.
Comunque il simbolo non ha un valore assoluto, è il contesto che decide il suo significato, quindi non è indispensabile avere sempre un simbolo nuovo per rappresentare una nuova grandezza.

Zeno Martini

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