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Lumen di candela

Abstract

L'articolo illustra le prime due grandezze fotometriche elencate nella seguente tabella

N.

Grandezza

Unità di misura nel sistema MKSA

1

Flusso luminoso ()

Lumen (lm)

2

Intensità luminosa ( I )

Candela (cd)

3

Illuminamento ( E )

Lux (lx)

4

Luminanza ( L)

Nit (cd / m2 )

5

Radianza ( M )

Lux su bianco (lx s.b.)

non limitandosi alla loro semplice definizione, ma cercando di chiarire le motivazioni che le hanno determinate, le basi su cui si fondano, le eventuali analogie con altre grandezze della fisica. Lo scopo è duplice: divulgativo ma (si spera) tecnicamente utile per chiarire concetti un po' ostici.

Flusso luminoso

Il flusso luminoso è la quantità di luce emessa nell'unità di tempo da una sorgente luminosa. Tale definizione ci fa però solo intuire di cosa si tratti. E' ora indispensabile dire cosa sia la "luce" e come essere può essere quantificata. Leggiamo allora il vocabolario (Zanichelli).

In fisica  la luce è la "radiazione elettromagnetica che comprende le lunghezze d'onda infrarosse, visibili, ultraviolette e i raggi X, la cui velocità, costante universale della fisica, è nel vuoto di 299 792 km al secondo." Di questa luce fisica quella  ci interessa l'illuminotecnica è la luce "visibile" cioè, sempre leggendo sul vocabolario,  l' "intervallo di radiazione comprendente le lunghezze d'onda che vanno da ca. 3900 Å(1 Å= 1  decimiliardesimo di metro) a 7700 Å, percepibili all'occhio umano".

Le radiazioni elettromagnetiche trasportano energia, e la loro energia nell'unità di tempo è la potenza radiante. La quantità di luce o flusso luminoso altro non è dunque che una potenza, una grandezza per la quale l'unità di misura esiste: il watt. Sembrerebbe perciò inutile definirne una nuova, ma ciò che conta nell'illuminotecnica non è tanto la potenza reale dell'onda elettromagnetica, quanto piuttosto l'effetto che essa produce sul nostro occhio. Ogni onda elettromagnetica è caratterizzata da una frequenza f ed essendo c = 2,99792*108 m / s  la velocità di propagazione nel vuoto, indicata l la lunghezza d'onda si ha

L'insieme di tutte le onde elettromagnetiche è detto spettro elettromagnetico e comprende le onde radio, cioè le "basse" frequenze (minori di 3 miliardi di Hertz)   o "lunghe" lunghezze d'onda ( dal chilometro al centimetro); le "alte" frequenze ( dai 300 GHz ai 300 milioni di megahertz) o piccole lunghezze d'onda (microonde) ; la luce fisica: dagli infrarossi  (dal mm ai 700 milionesimi  di millimetro o manometri, nm) ai raggi gamma ( meno di un millimiliardesimo di metro o picometro).

(Per maggiori dettagli sullo spettro: http://it.wikipedia.org/wiki/Spettro_elettromagnetico)

L'occhio è sensibile, come detto, ad una ristretta fettina dello spettro, detta campo visivo, che va dai 780 nm del rosso, ai 380 nm del violetto. Ad ogni lunghezza d'onda l'occhio associa una sensazione distinta, che chiamiamo colore.

Nella definizione della potenza luminosa, quindi del flusso luminoso, si tiene conto di come l'occhio reagisce allo stimolo prodotto dall'energia radiante, cioè della sua sensibilità, intesa come rapporto tra l'entità della reazione e quella dello stimolo. All'interno del campo visivo la sensibilità dell'occhio non è sempre la stessa, ma ha il suo massimo verso il centro di esso. Ciò significa che colori diversi, pur se originati da potenze radianti identiche, producono nell'occhio una  reazione diversa, tanto minore quanto più la lunghezze d'onda si avvicina agli estremi del campo visivo. Non tutti gli occhi dei miliardi di uomini presenti sul pianeta Terra sono perfettamente identici. Statisticamente è stato perciò ricavato un "occhio medio". La sensibilità relativa ad una dato colore o coefficiente di visibilità è il rapporto tra la reazione dell'occhio a quel colore  e la reazione che esso ha in corrispondenza del colore per il quale, a parità di potenza radiante, la reazione è massima. E' stato in tal modo ricavato il grafico di figura ftm.1, detto curva del fattore di visibilità relativa.

In condizioni di buona luce, diciamo di giorno alla luce del sole, il massimo della sensibilità dell'occhio medio si ha a 555 nm, corrispondente al colore verde-giallastro, (curva fotopica); in condizioni di luce scarsa, diciamo di notte alla luce lunare, la curva trasla a sinistra di 48 nm, colore verde (curva scotopica). Vedere più sotto la nota 2. Il fattore di visibilità relativa in quel punto è per definizione pari ad 1. A frequenze sia maggiori che minori il coefficiente diventa inferiore all'unità e si annulla in pratica al di sotto dei 380 nm (ultravioletto) ed al di sopra dei 780 nm (infrarosso)

ftm. 1

Il flusso luminoso è la potenza radiante che produce un effetto sull'occhio, in pratica è la potenza radiante del campo visibile pesata secondo la curva del fattore di visibilità.  Fondamentalmente è una grandezza fisica nuova, non derivabile immediatamente da quelle esistenti,  e pur se collegata alla potenza, la scelta del collegamento è arbitraria. Come  si è fatto per il metro, il kg, il secondo, scegliendo un campione di riferimento arbitrario, si definisce il lumen (lm), unità di misura del flusso luminoso, come una certa quantità di luce che si ha corrispondenza del massimo di visibilità nella visione fotopica. Si sceglie quindi, arbitrariamente, il valore della potenza radiante della lunghezza d'onda di 555 nm che genera il lumen. Tale valore   è di 1/683 W ; quindi se la potenza della radiazione a 555 nm è di 1 W il flusso luminoso è di 683 lumen.

Il procedimento descritto è dunque il seguente:

Ci si potrà chiedere perché proprio 683 e non 1 ad esempio. Fondamentalmente si tratta di ragioni storiche e lo vedremo parlando dell'intensità luminosa.

Se ora consideriamo una potenza radiante costante P per ogni lunghezza d'onda all'interno del campo visibile si avrà

L'ultima espressione esprime il fattore di visibilità e ci dice quanti lumen produce per ogni watt di potenza radiante, una determinata lunghezza d'onda, il cui flusso è detto, per questo, monocromatico. La luce visibile comprende tutte le lunghezze d'onda all'interno del campo visivo; è cioè policromatica, quindi il flusso complessivo è la somma di tutti i flussi monocromatici esistenti. Nota dunque la distribuzione di potenza radiante all'interno del campo visivo si ha

Nella fig. ftm.2 è tracciato un ipotetico grafico spettrale di potenza radiante (linea rossa) e la corrispondente curva di flusso spettrale (linea blu). L'area che sta sotto le due curve rappresenta, rispettivamente, la totale potenza radiante nell'intervallo considerato ed il totale flusso luminoso. Per la totale potenza radiante si hanno 121 W; per il totale flusso luminoso, l'area vale 28 nella scala di figura che fornisce watt, quindi  il flusso in lumen ottiene moltiplicando per 683 lm/W: Flusso=28*683=19124 lumen.

ftm. 2

Nota 1: discretizzazione del calcolo integrale.

L'ultima espressione scritta per il flusso è un calcolo integrale che richiede la conoscenza della potenza spettrale p(l). Può essere utile ricordare che si può approssimare il calcolo considerando, ad esempio, N valori discreti della potenza radiante corrispondenti ad altrettante lunghezze d'onda all'interno del campo visivo. L'integrale corrisponde allora ad una somma di N addendi

Nota 2: fotopica e scotopica

Il valore di 683 lm/W è relativo alla visione fotopica. Nella visione scotopica l'occhio ha una sensibilità maggiore ed un watt di potenza radiante alla lunghezza d'onda di 507 nm produce 1700 lm. I grafici di sensibilità dell'occhio medio, relativi ai lumen per unità di potenza radiante, cioè per ogni watt di radiazione elettromagnetica diventano

ftm. 3

Nella visione fotopica i fotorecettori (celle sensoriali dell'occhio presenti nella retina)  sono i coni che consentono la visione cromatica ed un'alta acutezza visiva e che sono in numero inferiore  (7 milioni contro 120  milioni) ai bastoncelli, i fotorecettori attivi nella visione scotopica, quando la visione è acromatica e l'acutezza visiva è bassa.

Se lo spettro radiometrico di una sorgente, cioè l'andamento della potenza spettrale è ad esempio il seguente

ftm. 4

in condizioni fotopiche l'occhio percepisce questo flusso spettrale

ftm. 5

mentre in condizioni scotopiche

ftm. 6

Intensità luminosa

Il flusso luminoso emesso da una sorgente è una quantità globale che non specifica in quale direzione sia emessa, anzi le sottintende tutte: le onde elettromagnetiche emesse da una sorgente luminosa si diffondono in tutto lo spazio libero. E' però intuitivo che diversi sono gli effetti luminosi che una stessa quantità di luce può produrre se essa si diffonde in tutte le direzioni o se si concentra in una particolare direzione. Basta pensare ad una lampadina da sola o inserita in una torcia elettrica. Ciò che cambia è la densità del flusso luminoso e la grandezza che la quantifica è l'intensità luminosa. La cosa è analoga a moltissimi altri fenomeni fisici. Ad esempio un conto è esercitare una forza su una superficie estesa, un altro concentrarla su una minuscola superficie: con uno spillo si può forare facilmente un materiale. Ciò che cambia è la forza specifica cioè la forza per unità di superficie, meglio nota come pressione. Gli esempi possono proseguire. Un conto è una carica elettrica distribuita su una superficie estesa; un altro la stessa carica concentrata sulla una piccola superficie. La densità di carica maggiore nel secondo caso, dà luogo ad un capo elettrico più intenso, capace di provocare una scarica nell'isolante circostante,  come la punta era in grado di perforare un materiale. Restando nel campo della luce sappiamo bene quale sia la differenza tra l'effetto prodotto dalla quantità di luce solare raccolta dalla una superficie e la stessa quantità di luce raccolta da una lente e da questa concentrata su una superficie molto più piccola.

L'intensità è dunque un flusso luminoso valutato in una certa direzione. Il flusso occupa uno spazio fisico tridimensionale, per cui alla direzione occorre associare un volume entro cui il flusso è contenuto. Il volume è un cono che ha il vertice nella sorgente ed il cui asse individua la direzione. Tanto più ristretto è l'angolo al vertice del cono, tanto più il cono si confonde con la direzione. Il cono descritto è un angolo solido: l'intensità luminosa risulta essere il flusso luminoso all'interno del cono diviso l'angolo solido che esso rappresenta. Come ogni altra grandezza geometrica l'angolo solido ha un'unità di misura che non è altro che un particolare cono scelto arbitrariamente. L'unità di misura dell'angolo solido è lo steradiante (str), un'estensione allo spazio tridimensionale della misura di un angolo piano in radianti. Come il radiante è l'angolo piano le cui semirette intercettano, su una circonferenza  che ha centro nel vertice, un arco di lunghezza pari al raggio, così lo steradiante è un cono che intercetta, sulla superficie della sfera con centro nel vertice, una calotta sferica la cui superficie ha l'area pari al quadrato del raggio della sfera. Come l'angolo giro piano, (i 360° entrati in modo eccessivo nel linguaggio comune come metafora di chi non trascura nulla nelle sue azioni), è, in radianti pari alla lunghezza della circonferenza diviso il raggio, cioè 2p = 6,28 rad,  così  il corrispondente angolo solido (che sarebbe ancora meglio usare nella metafora citata poiché non si limita alle direzioni su un piano) è il rapporto tra la superficie della sfera ed il quadrato del suo raggio, quindi 4p = 12,56 str. L'angolo in steradianti è dunque il rapporto tra l'area, A,  della calotta sferica di raggio R, e l'area di un quadrato di lato pari al raggio.

Angolo solido

L'angolo solido può essere messo in relazione con l'angolo al vertice di una sezione assiale del cono:

Direzione e cono finiscono per coincidere quanto più l'angolo solido è piccolo e poiché in un piccolo angolo solido ci sarà una piccola porzione del flusso totale, possiamo scrivere

Misurare un'intensità luminosa emessa in una determinata direzione da una sorgente è fondamentalmente più agevole e preciso che misurare il flusso totale emesso dalla sorgente che si distribuisce in tutte le direzioni, uniformemente o meno. Il flusso luminoso nella direzione esaminata è intercettato da una fotocellula che converte l'energia luminosa in energia elettrica.

Il campione di riferimento di tutte le grandezze fotometriche è perciò relativo all'intensità.

La candela ( cd ) è definita come l'intensità luminosa emessa in una determinata direzione da una sorgente che emette una radiazione monocromatica di frequenza 540*1012 Hz (corrisponde alla lunghezza d'onda di 555 nm) che ha, sempre in quella direzione, una potenza radiante specifica, quindi un'intensità radiante di 1 / 683 W.

Ritroviamo il numero 683 che è stato assunto come fattore di visibilità nel punto di massimo. Non è certo un caso poiché quel valore è, in realtà, conseguente alla definizione data di candela. Non è inutile chiedersi perché l'unità dell'intensità luminosa sia denominata candela e perché l'intensità radiante deve proprio essere di un seicentoottatatreesimo di watt. Credo non sia difficile immaginare il perché del nome. Per molto tempo si è fatto riferimento proprio ad una candela stearica di forma, composizione e dimensioni definite. Successivamente si ricorse alla candela di Hefner, una lampada a stoppino di date dimensioni che bruciava un combustibile di data composizione in condizioni di pressione definite. Nel 1909 si definì la candela internazionale, che usava pentano come combustibile. Nel 1948 si ricorse ad una superficie radiante alla temperatura di solidificazione del platino, finché nel 1979 fu proposta la definizione di candela nuova precedentemente esposta ed attualmente adottata nel sistema SI. Le varie candele definite differiscono tra loro, ma sono tutte simili. La candela stearica era originariamente la fonte luminosa più facile a cui riferirsi e quello è stato il primo campione prescelto. La potenza radiante che corrispondeva  alla componente spettrale di 555 nm da essa emessa, aveva evidentemente una potenza dell'ordine di grandezza definitivamente precisato nell'ultima definizione con 1 / 683 W.

Avendo definito la candela come campione di riferimento della grandezze fotometriche, il lumen è un'unità derivata e vale

Solido fotometrico

Per valutare come si distribuisce il flusso luminoso emesso da una sorgente si valuta l'intensità in ogni direzione per mezzo di un goniofotometro. E' in tal modo possibile costruire il cosiddetto solido fotometrico, la cui superficie è individuata dagli estremi di vettori di modulo proporzionale all'intensità luminosa nella direzione individuata dal punto e dal centro di emissione del corpo illuminante. Opportuni piani sono usati per intersecare il solido fotometrico. L'intersezione è una curva fotometrica. I piani più usati passano per l'asse verticale del corpo illuminante (piani C). Se il solido fotometrico è simmetrico, è indifferente la posizione del piano C. In caso contrario i vari piani C consecutivi formano un angolo di 10 °. La misura delle intensità per il tracciamento della curva fotometrica su un piano C, avviene ogni 5 gradi (angolo di collazione).

La figura ftm.8 illustra un possibile solido fotometrico, mettendo in evidenza un piano C che lo seziona intersecandolo secondo la curva fotometrica blu. Le frecce che partono dal centro della sorgente, rappresentano l'intensità luminosa nella direzione indicata. Il solido fotometrico rappresentato è perfettamente simmetrico. E' un solido di rotazione generato dalla curva fotometrica che ruota attorno all'asse verticale passante per il centro della sorgente. La costruzione dei corpi illuminanti  può modificare a piacere la forma del solido, rendendolo anche completamente asimmetrico a seconda delle necessità. Ad esempio un faro per illuminazione stradale deve proiettare prevalentemente la sua luce verso la strada. 

ftm. 7

Curva fotometrica

La fig. ftm.9 è una possibile curva fotometrica su un piano C. Le curve fotometriche sono fornite per ogni tipologia di corpo illuminante. Il vettore che parte dal centro della sorgente, individua un punto sulla curva che interseca i cerchi che danno l'intensità in quella direzione espressa in candele per ogni klm (chilolumen=1000 lumen). Ad esempio se il flusso totale di quel tipo di corpo illuminante è di 5000 lumen, nella direzione che forma trenta gradi rispetto alla verticale si ha una intensità di 85 candele per ogni klm; quindi, poiché i klm totali sono 5, l'intensità è di 425 candele. Nella direzione di (circa) 75° si hanno cica 50 cd / klm, quindi 250 cd

ftm. 8

Appendice

Sono frequenti le richieste di trasformazione di candele in lumen. La risposta è sempre la stessa, e cioè che bisogna conoscere l'angolo solido di emissione e l'andamento dell'intensità luminosa. L'angolo solido non è molto amichevole e spesso ci si riferisce all'angolo più familiare che si ottiene sezionando con un piano assiale il cono che lo rappresenta, come detto più sopra.  Tali angoli piani hanno anche un loro nome come illustrato nella figura ftm.9

ftm. 9

BEAM Angle ( b )

E' l'angolo l' angolo entro il quale l'intensità non è inferiore alla metà  del valore massimo che si ha sull'asse del cono (beam axis)

Field Angle( f )

È l'angolo entro cui l'intensità si mantiene non inferiore al 10% del valore massimo.

Molte volte comunque per beam angle ci si riferisce al field angle.

Volendo dunque trasformare le candele in lumen occorre conoscere quegli angoli che il costruttore del corpo illuminante dovrebbe fornire. Spesso invece non lo si trova e, purtroppo, non c'è un valore standard di riferimento. Se si ha, ad esempio, un led di cui si dà l'intensità I in mcd, supponiamo 40000, se il field angle è f=30° il flusso luminoso, supponendo che il valore fornito dal costruttore sia l'intensità media, il flusso luminoso lo si ottiene moltiplicando l'intensità per 6,28*(1-cosf/2). Nel caso d'esempio Flusso = 40*6,28*(1-cos15°)=8,55 lm.

Un semplice modo per fare questi calcoli sui led si trova in questa pagina

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Commenti e note

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di ,

Salve, ho trovato questo articolo molto interessante, perchè mi sto cimentando nel calcolo di flusso luminoso e radiante di alcuni led, per poi arrivare all'irradianza. Avevo una domanda, come posso trovare i valori di flusso radiante per ogni lunghezza d'onda avendo come dati di partenza il flusso luminoso totale e il grafico di potenza radiante relativa?

Rispondi

di ,

In condizioni di scarsa luminosità, cioè in condizioni di visione scotopica, quando i recettori sensibili dell'occhio sono i bastoncelli, il valore di luminanza di sogli è un milionesimo di candela al metro quadro.

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di Dante,

Chiedo da ingnorante in materia.... Spesso nelle recensioni dei display si trova il dato rilevato della luminanza minima espressa in CD/m2... Il nostro occhio sino a che soglia in CD/m2 può discernere ?.... grazie

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