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Circuito equivalente del trasformatore

Circuito equivalente del trasformatore reale

Dal punto di vista impiantistico, il trasformatore monofase (come una qualunque delle fasi di un trasformatore trifase) è un quadripolo. 

Le relazioni esistenti tra le tensioni e le correnti di ingresso e di uscita dipendono dai parametri che descrivono il funzionamento del trasformatore.

Illustrando il principio di funzionamento sono già stati mostrati due circuiti equivalenti: quello del trasformatore perfettamente ideale e quello del trasformatore in cui la permeabilità del circuito magnetico non è infinita.

Per il circuito equivalente del trasformatore reale si devono eliminare tutte le ipotesi fatte per il trasformatore ideale.

In un trasformatore reale:

  • la permeabilità del circuito magnetico non è infinita
  • sono presenti dissipazioni energetiche (perdite);
  • gli avvolgimenti primario e secondario non sono perfettamente accoppiati.

I conduttori degli avvolgimenti hanno una resistenza ohmica finita che dà luogo a perdite per effetto joule. 

Nel ferro del nucleo si instaurano delle correnti parassite, dovute alle forze elettromotrici indotte dal flusso magnetico alternato, che producono perdite termiche; sempre nel ferro, i domini magnetici che oscillano sotto l'azione del flusso alternato, producono perdite di calore per l'attrito reciproco. 

In definitiva  vi sono perdite di energia sotto forma di calore sia nel rame che nel ferro. Delle prime si tiene conto con la resistenza ohmica degli avvolgimenti in rame (R1 ed R2), delle seconde, essendo dipendenti dall'induzione magnetica, quindi dal flusso, quindi dalla tensione, con una resistenza fittizia (R0) ai capi della tensione direttamente legata al flusso comune ai due avvolgimenti (flusso utile).

La permeabilità del ferro non infinita, unitamente a quella non nulla dell'aria, fa si, infatti, che l'accoppiamento tra gli avvolgimenti non sia perfetto.  La totale forza elettromotrice di autoinduzione, che nel primario si oppone alla tensione applicata è dovuta al flusso effettivamente concatenato prodotto dalla corrente circolante che è diverso dal flusso che si concatena con il secondario (flusso utile). Oltre al flusso utile c'è dunque un flusso di dispersione. 

Al flusso utile è associata la forza controelettromotrice E1, al flusso disperso un'ulteriore forza controelettromotrice di cui si tiene conto mediante il parametro che caratterizza la struttura: l'induttanza di dispersione(L1).  

Un discorso analogo vale per l'avvolgimento secondario. In questo caso la forza elettromotrice indotta  fa circolare una corrente che  genera un flusso magnetico la cui parte più consistente, è uguale ed opposta al flusso utile e tende ad  annullarlo (smagnetizzazione). 

Nel primario, però, la corrente di richiamo ripristina il flusso al valore imposto dalla tensione applicata, annullando pertanto la forza controelettromotrice che quella parte di flusso genera nel secondario. Rimane come forza controelettromotrice nel secondario quella corrispondente alla seconda parte del flusso totale secondario:di essa  si tiene conto con l'induttanza di dispersione secondaria (L2).

Il circuito equivalente del trasformatore assume allora l'aspetto seguente:

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Commenti e note

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di ,

admin, le segnalo che cliccando sul link "principio di funzionamento" purtroppo esce una pagina di errore.

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di ,

franz,
dal punto di vista dei calcoli è indifferente. Dipende solo da cosa ti interessa determinare. Se stai scegliendo l'interruttorre di macchina lato BT ti conviene ragionare sul secondario; se vuoi calcolare la corrente di inserzione in MT, ragionerai sul primario e così via

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di Franz,

è preferibile studiare un trasferimento facendo riferimento al circuito equivalente al primario o al secondario?

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di ,

Emanuele,

devi aumentare di 9,6 V la tensione a vuoto, quindi, considerando la tensione primaria costante, devi diminuire il rapporto di trasformazione. Sul primario in genere ci sono dei morsetti per per poterlo fare. La nuova tensione a vuoto deve diventare dunque 409,6 V cioè il nuovo rapporto di trasformazione deve essere K2=K1*400/409,6=0,976*K1, quindi diminuito del 2,4%. Devi perciò collegare la tensione primaria al morsetto che indica questa diminuzione (-2,5%)

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di emanuele,

Salve Ing. Martini. Senta le vorrei chiedere di risolvere questo piccolo problemino. Ho un trasformatore monofase , in cui ai morsetti d'uscita è collegato un forno. Facendo gli opportuni calcoli, il forno per essere alimentato vuole 380 V. La caduta di tensione del trasformatore è di 29.6 V. La V totale è 400V quindi facendo la differenza esce 370.4 V , tensione che se applicata al forno non da buone prestazioni. Ecco il prof ha detto che per risolvere questo problema dobbiamo andare ad agire sul numero di spire "nuovo" nel circuito primario del trasformatore , ma non sappiamo ne il numero di spire al primario ne al secondario. Come potrei fare? Grazie .

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di ,

Lorenzo,
allora per "deviazione" intendevi "distorsione". La saturazione corrisponde proprio ad un aumento della riluttanza, quindi ad un aumento della corrente. La corrente magnetizzante (quindi la forza magnetomotrice) di un trasformatore ha infatti una forma a campana, quindi non sinusoidale, nonostante la sinusoidalità della tensione (quindi del flusso). Se la riluttanza fosse costante, se cioè non ci fosse saturazione, anche la corrente sarebbe sinusoidale.

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di Lorenzo,

Grazie per l'aiuto ingegnere, avevo proposto male io il quesito e ho trovato comunque risposta su un testo. Il flusso nel circuito magnetico del trasformatore è imposta dalla tensione di alimentazione del primario, tramite semplici passaggi algebrici possiamo dire che la f.e.m indotta sulla spira avvolta su una colonna del circuito è circa 4 volte il flusso concatenato con la spira. Quindi il flusso non è funzione della riluttanza. Quindi per la legge di Hopkinson la corrente che serve per alimentare il primario è I=R*&/N dove R=riluttanza &=flusso N=spire; Quindi la corrente dipende dalla riluttanza e quando il circuito va in saturazione, il valore di questa non è più costante e si ha un effetto distorcente della corrente di alimentazione, rispetto alla tensione applicata che rimane sinusoidale. E' giusto questo ingegnere?? Spero di essermi espresso bene

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di ,

Lorenzo,
il quesito mi fa sorridere. Non avrei mai immaginato una domanda del genere. Esistono fantasie molto più fervide della mia. Ad ogni modo ti dico come stanno le cose. Poi la deviazione la decidi tu. Io non saprei che dire.
La riluttanza è il rapporto tra la forza magnetomotrice ed il flusso magnetico, come la resistenza è il rapporto tra tensione e corrente. Quando esiste uno sfasamento tra tensione alternata sinusoidale e corrente il rapporto è un numero complesso, che si chiama impedenza. Allo stesso modo se esiste una sfasamento tra forza magnetomotrice e flusso magnetico, la riluttanza è un numero complesso. A parità di forza magnetomotrice il flusso varia dunque in funzione della riluttanza del circuito magnetico. Nei circuiti magnetici ciò che si impone è la fmm, ed in base alla riluttanza si stabilisce il flusso.
Cosa tu (o il prof..?!) intenda per 'deviare' non so proprio. Ad ogni modo la corrente nell'avvolgimento, che è la fmm, non è certo "deviata" dalla riluttanza, nel senso che segue il percorso determinato dalle spire.

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di Lorenzo,

Salve ingegnere, le vorrei chiedere una domanda molto strana che il professore ha fatto riguardo la riluttanza complessa,questa devia il flusso o la forza magneto motrice??

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di ,

Ok, maurizio,
qui c'è lo spazio per esporre in dettaglio le tue considerazioni.

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di maurizio,

salve Ing.Martini, credo che un modo di capire il funzionamento di un trasformatore sia quello di studiarlo come un sistema controreazionato.

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di Anonimo,

complimenti prof 6 stato utilissimo

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di Lucia,

La ringrazio per le spiegazioni, hanno chiarito esattamente ciò che non avevo capito. Non è la prima volta che il vostro sito mi aiuta con gli esami. Grazie mille.

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di ,

Lucia,

hai sicuramente interpretato male perché la frase "siccome il flusso varia nel tempo anche il coefficiente varia" è sbagliata. Il coefficiente varia in quanto in un materiale ferromagnetico la permeabilità magnetica non è costante. Questo fa sì che non ci sia proporzionalità diretta tra campo magnetico (A/m) ed induzione magnetica (T), quindi nemmeno tra flusso e corrente in tutto il campo di valori che il flusso può assumere. La frase corretta da dire è: "nel trasformatore il flusso assume valori che portano il materiale a lavorare in zona non lineare, per cui, durante il funzionamento, il coefficiente varia". Quella che varia è la parte del coefficiente totale relativa al flusso che si instaura nel ferro; la parte del coefficiente relativa al flusso al di fuori del ferro, il cosiddetto flusso disperso, rimane invece costante, nonostante il flusso vari, perché il flusso è in aria e la permeabilità dell'aria è costante.

Quando fai la prova misuri la corrente di linea I0 e la tensione concatenata U. Indipendentemente dal fatto che il collegamento sia a stella o a triangolo, la potenza apparente a vuoto è S0=1,73*U*I0. Il fattore di potenza a vuoto è cosfì0=P/S0.

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di Lucia,

gentile ingegnere grazie per la risposta ma ho ancora dei problemi, il mio professore ci disse che siccome il coefficiente di autoinduzione è pari al flusso fratto la corrente, siccome il flusso varia nel tempo anche il coefficiente varia e per tanto i costruttori devono fornire la caratteristica magnetica del trasformatore nel funzionamento a vuoto in quanto si comporta come un induttanza non lineare, ha poi detto che sotto alcune ipotesi in generale tale coefficiente pu� essere considerato costante,però io non ho capito quali sono queste ipotesi.

Inoltre per il trasformatore trifase, nella prova a vuoto si ottiene la potenza e da questa il fattore di potenza misurando la corrente a vuoto, il problema � che nella configurazione stella-triangolo tale corrente � quella di fase oppure debbo dividere per la radice di tre e poi ricavare il fattore di potenza? In pratica non so quando usare la tensione di fase o concatenata e le correnti di fase o concatenata per ottenere i vari parametri.

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di ,

Lucia,
la prova a vuoto si fa alimentando una terna di morsetti, ad esempio quelli facenti capo ai terminali degli avvolgimenti collegati a stella, con una sistema trifase di tensione pari a quella nominale del trasformatore per quella terna di morsetti, non collegando nulla all'altra terna di morsetti. La prova in cc si fa invece alimentando a tensione ridotta, partendo da zero, una terna di morsetti con l'altra terna chiusa in cortocircuito.Dalle due prove si ottengono i dati che permettono di ricavare i parametri, resistenze e reattanze, del circuito equivalente semplificato: R0,X0 ed il rapporto do trasformazione con la prova a vuoto; Rcc ed Xcc da quella in corto.

Per quel che riguarda il coefficiente di autoinduzione, per quale motivo dovrebbe dipendere dal tempo? E' una proprietà dell'oggetto e dipende dal tempo allo stesso modo in cui quell'oggetto vi dipende, se cioè subisce nel tempo una modifica fisica o chimica, per esempio perché si trova in un ambiente corrosivo. Ma non è il caso degli avvolgimenti di un trasformatore, almeno per il tempo per cui è previsto il loro funzionamento.

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di Lucia,

gentile ingegnere, non ho capito come si fanno le prove a vuoto ed in corto circuito di un trasformatore trifase con collegamenti del tipo stella al primario e triangolo al secondario e cosa si ottiene da queste prove, inoltre per quanto riguarda il trasformatore monofase non ho capito se nel circuito equivalente il coefficiente di autoinduzione va inteso come un valore non dipendente dal tempo e perché si fa tale semplificazione.

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di Mauro_PoliBa_ing.elettrica,

Mi permetto di spiegare il concetto di "Ciclo di Isteresi Ellittico".

Se la tensione applicata ai morsetti di un trasformatore è sinusoidale, lo sarà anche l'andamento del flusso (Phi) e quindi dell'intensità dell' induzione (B).
Ovvio quindi che il campo magnetico (H) sarà anch'esso un'onda periodica, ma distorta a causa della non linearità della relazione tra B e H (parametro mu). Quindi la corrente che percorrerà l'avvolgimento avrà andamento periodico, ma distorto, scomponibile tramite Fourier, con la presenza di armoniche superiori (in genere ci si ferma alla 3a armonica..). Se volessimo utilizzare allora un sistema di riferimento rotante nel quale rappresentare l'andamento della corrente tramite un Fasore, sarebbe impossibile a causa della non stazionarietà della corrente di 3a armonica rispetto alla 1a (gira 3 volte più velocemente). Utilizziamo allora una "scorciatoia": una corrente equivalente sinusoidale Is, che produca la stessa potenza attiva della corrente reale e che abbia valore efficace pari alla radice quadrata della somma dei quadrati delle ampiezze di ogni armonica della corrente reale. Tale corrente quindi sarà legata ad una Induzione Equivalente Hs, ora sinusoidale anch'essa. Legando Hs a B, si ottiene una equazione di un' ellisse nel piano B-Hs.
Proprio grazie all'uso di fasori e dei sistemi di riferimento rotanti siamo quindi capaci di studiare un sistema elettrico (in questo caso il trasformatore) "congelato" ed arrivare quindi alla rappresentazione di circuiti equivalenti monofase, anche per sistemi trifase, semplificando lo studio ad una sola fase.
Spero di essere stato abbastanza chiaro e di non aver commesso "orrori".

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di ,

Il tuo, Gianluca, più che un trasformatore sembra un colabrodo. Simulatore per di più. Hai capito che perdite ci sono per tutti i buchi, meno uno. Non riesci a capire se X0 sia un buco o meno e, nel caso lo fosse, che cosa passi per quel buco.

Battute a parte, cominciamo con l'osservare che l'energia reattiva non è una potenza che si consuma, o che va persa se lo preferisci, ma un'energia di scambio tra il generatore ed il trasformatore. E' l'energia che consente l'esistenza del campo magnetico alternato su cui si basa il funzionamento del trasformatore, o della macchina ad induzione. Le reattanze sono relative ciascuna ad una porzione di questo campo magnetico e la porzione relativa ad X0 è la più importante poiché è la responsabile del trasferimento di energia dal primario al secondario, o dallo statore al rotore nel caso del motore ad induzione. R1 ed R2 poi non è che simulino le perdite, se non nel senso che sono un modo per calcolarle. Da questo punto di vista ogni nostra teoria è un modello che simula la realtà, o cerca almeno. Le due resistenze rappresentano proprio la causa delle perdite nel rame di primario e secondario dovute alla difficoltà che le cariche incontrano per spostarsi all'interno dei conduttori con conseguente sviluppo di calore. R0 è l'unica simulatrice del gruppo perché, pur essendo come le altre un modo per calcolare le perdite nel ferro, lo fa imitando le resistenze ohmiche, come se fosse possibile determinarla nello stesso modo, per mezzo ad esempio di una misura voltamperometrica sul ferro. Ma non è così. Non c'è alcuna possibilità di misurare la R0 con un ohmetro. La si può dedurre solo indirettamente da misure di porenza.

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di Gianluca,

Salve ing. Martini credo di aver capito che,nel circuito equivalente,le resistenze R1 e R2 simulano le perdite di potenza attiva dovute alle c.d.t. negli avvolgimenti,le reattanze X1 e X2 determinano un perdita di potenza Reattiva dovuta ai flussi dispersi al di fuori del nucleo,e la R0 le perdite di potenza attiva all'interno del nucleo,dovute alla circolazione di correnti parassite e per isteresi magnetica. Mi sfugge a quale fenomeno si collegata una perdita di potenza reativa sulla reattanza X0 associata al nucleo.

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di ,

Premesso che un'impedenza qualsiasi può essere schematizzata con resistenza e reattanza in serie o in parallelo, indifferentemente, ovviamente con valori diversi per R ed X, diciamo che si usa in genere la forma più aderente alla realtà . Nel caso specifico X0 è la reattanza relativa all'induttanza che dà luogo al flusso utile, che genera la fem E. La corrente assorbita dalla reattanza X0 deve dar luogo proprio al flusso utile, ed è chiamata per questo corrente magnetizzante. Il suo prodotto per la reattanza è quindi uguale ad E. Per tale motivo X0 è considerata in parallelo

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di stefano pistoia,

Salve volevo semplicemente chiederle come mai l'induttanza che lei ha indicato con Xo è messa in parallelo e non,ad esempio,in serie come l'induttanza L1...qual è il motivo?

Grazie

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di ,

Innanzitutto occorre sapere cosa sono la riluttanza e il ciclo di isteresi. Quindi si può dare un significato ai due aggettivi. Sarei ad ogni modo curioso di sapere se il prof. ha detto esclusivamente "riluttanza complessa" e "ciclo di isteresi ellittico" senza aggiungere altro.
Per quel che riguarda il ciclo di isteresi, la nota figura che esprime la relazione tra induzione e campo magnetico in un materiale ferromagnetico, ellittica non può che essere la sua forma grafica, allungata e stretta.
La riluttanza, come dovresti sapere, è il rapporto tra tensione magnetica (le amperspire) e flusso magnetico, come la resistenza è il rapporto tra tensione elettrica e corrente elettrica. Se le grandezze suddette variano con legge sinuoidale, possono essere rappresentate, in ampiezza e fase per ogni frequenza, con numeri complessi. Il rapporto tra due numeri complessi è a sua volta un numero complesso vero e proprio, se le sinusoidi che rappresentano tensione e corrente oppure tensione magnetica e flusso, non sono in fase nel caso elettrico, non sono in quadratura nel caso magnetico. Per tensione e corrente elettrica si parla di impedenza (si sarebbe potuto dire resistenza complessa); nel caso magnetico si dice proprio riluttanza complessa. A questo punto ci si può chiedere qual è il motivo dello sfasamento. Lo sfasamento tra corrente e tensione elettrica è dovuto a condensatori ed induttori, cioè a componenti che sono accumulatori di energia. La non quadratura tra tensione magnetica e flusso è invece dovuta al ciclo di isteresi del materiale, che dà luogo a dissipazione energetica unitamente alle correnti parassite.

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di jonathan,

il mio prof ha parlato di "Riluttanza Complessa" riferendosi al "Ciclo di Isteresi Ellittico". Che cosa sono la Riluttanza Complessa o il Ciclo di Isteresi Ellittico DATO CHE NESSUN LIBRO NE PARLA?

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di ,

Ciao. Ti sento con piacere. E lì, com'è la situazione?

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di JANID ABDELLAH,

buongiorno prof come va!!!?

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di ,

Non è chiaro il senso della scoperta!
1) "in opposizione" e "contrarie" esprimono un'identica relazione: se sono contrarie sono in opposizione.
2) Opposte o in fase dipende da qual è il riferimento comune scelto: se si considera il flusso nel nucleo come riferimento, poiché le due fem sono da esso prodotte, quindi entrambe in quadratura di ritardo per la legge di Faraday-Lenz, esse sono in fase, non in opposizione. Se si prende come riferimento comune un morsetto primario collegato con uno secondario, le due tensioni tra i morsetti liberi e quello comune, possono essere sia in fase che in opposizione. Dipende da quali morsetti si sono messi in comune.
3) Andando "incontro" o "contro" il famoso Olivieri-Ravelli?

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di i.t.i.s. P. Porciatti Grosseto,

Nello studio delle leggi del trasformatore abbiamo appurato come il verzo delle e1 e e2 siano contrarie tra loro perche l'una in opposizione all'altra. Questo andando incontro alla teoria enunciata persino dall'Olivieri Ravelli

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