Qualche mese fa è uscita la variante V3 dell’attuale norma impianti italiana CEI 64-8. Ne avevamo parlato anche noi in questa discussione. Ci si riferisce, ovviamente, alla V3 dell’attuale settima edizione e non alle varianti delle edizioni precedenti. Questa variante, in gran parte derivata con piccole modifiche dagli analoghi documenti IEC e HD (gli HD sono i documenti di armonizzazione europei), contiene nel rinnovato capitolo 53 qualche piccola ma significativa novità sulla scelta degli interruttori differenziali (nel seguito indicati anche con l’acronimo internazionale RCD, Residual Current Device). In questo articolo si vuole fare un breve riepilogo degli aspetti che sono più interessanti secondo l’opinione dello scrivente: per una trattazione completa si veda la norma stessa oltre che gli autorevoli articoli che sono stati pubblicati sull’argomento.
Interventi intempestivi degli interruttori differenziali (art. 531.3.2)
Gli scatti intempestivi degli RCD sono da sempre un problema diffuso e finalmente la norma dice qualcosa: "gli interruttori differenziali devono essere scelti ed installati in modo da limitare il rischio di intervento intempestivo". Non si tratta di una raccomandazione o di un consiglio: è proprio una prescrizione. Un impianto ove si hanno scatti intempestivi senza che l’installatore abbia preso alcun provvedimento per limitarli è “non conforme alla CEI 64-8” (e nemmeno alla corrispondente IEC o HD). I provvedimenti da prendere in considerazione al fine di limitare gli scatti intempestivi, ben noti agli installatori e ora indicati dalla norma CEI 64-8, sono i seguenti.
Suddivisione dei circuiti mediante l’uso di RCD individuali associati a ciascuna linea
Questo accorgimento era anche indicato nel precedente art. 531.2.1.3 ma con minor dettaglio. Si sa che gli apparecchi moderni (elettrodomestici, apparecchi informatici,...) sono sempre più filtrati per motivi di compatibilità elettromagnetica e i filtri danno luogo a correnti di dispersione nel conduttore di protezione che sommandosi possono, se non far intervenire l’RCD, quanto meno metterlo sul chi va là e renderlo particolarmente soggetto a scatti intempestivi in caso di sovrapposizione di disturbi. Perciò, dice la CEI 64-8, gli RCD devono essere scelti ed i circuiti elettrici devono essere suddivisi in modo che nessuna corrente di dispersione verso terra, che potrebbe presentarsi durante il funzionamento normale del carico collegato, possa causare un intervento indesiderato del dispositivo. Ciò permette, precisa la norma in una nota, anche una scelta migliore del tipo di interruttori differenziali secondo la natura del circuito o del carico (per esempio, 10 mA in bagno, 30 mA per altre prese). Per evitare l’intervento intempestivo a causa delle correnti circolanti nel conduttore di protezione e/o delle correnti di dispersione verso terra, si deve fare in modo che la sommatoria di tali correnti a valle dell’RCD non sia superiore a 0,3 volte la corrente differenziale nominale di funzionamento (per esempio, 10 mA per un interruttore da 30 mA). Questo requisito, per i soli impianti domestici, era in qualche modo stato anticipato nel capitolo 37 che chiede la suddivisione dei circuiti almeno sotto due differenziali. Purtroppo questa edizione della norma non dà criteri per stimare la corrente di dispersione degli apparecchi (e nemmeno si possono conoscere a priori tali apparecchi in presenza di prese a spina). Un’idea si può avere per esempio, facendo ricorso alla IEC 61140 che dà i seguenti valori massimi di corrente di dispersione per gli apparecchi utilizzatori (Tabella 4).
Massima corrente ammessa nel conduttore di protezione degli apparecchi (Tab. 4 IEC 61140)
Corrente nominale dell'apparecchio | Massima corrente ammessa nel conduttore di protezione |
---|---|
I ≤ 2 A | 1 mA |
2 A < I ≤ 20 A | 0,5 mA/A |
I > 20 A | 10 mA |
(per esempio, per un apparecchio di corrente nominale pari a 16 A, la corrente massima di dispersione ammessa è di 8 mA: due di tali apparecchi potrebbero da soli far intervenire un RCD da 30 mA !). In ogni caso, anche se l’installatore almeno nel domestico non potrà fare una analisi di dettaglio, non sono di certo conformi impianti ove un unico differenziale alimenta innumerevoli carichi come spesso capita di vedere.
Uso di RCD a breve tempo ritardato purché le prescrizioni applicabili del Capitolo 41 siano soddisfatte
Anche questo provvedimento dovrebbe essere già noto agli installatori e, in parte, è già indicato nel capitolo 37. In pratica la norma, senza citarli esplicitamente, si riferisce a tre categorie di interruttore differenziale:
- RCD di tipo selettivo (tipo S) i cui tempi di intervento sono idonei alla protezione dai contatti indiretti anche nei sistemi TT, ovviamente nei casi in cui non è richiesta la protezione addizionale tramite differenziale da 30 mA (cfr. art. 413.1.4.2),
- Innumerevoli RCD in commercio (anche da 30 mA non selettivi) che, secondo le indicazioni del fabbricante, presentano una elevata tenuta contro gli scatti intempestivi grazie a un breve tempo di non intervento che li rende insensibili alle correnti differenziali di breve durata,
- RCD di tipo F e di tipo B secondo la norma di prodotto CEI EN 62423 (anche da 30 mA non selettivi) che impone un breve tempo di non intervento al fine di garantire la tenuta agli scatti intempestivi.
Infine, in caso presenza di altri RCD a monte oppure di SPD, si richiede il corretto coordinamento con essi degli interruttori differenziali, secondo le regole già note. In pratica: la selettività tra due dispositivi differenziali in serie, l’uno di tipo S e l’altro di tipo generale, può essere considerata ottenuta quando il rapporto tra le rispettive correnti differenziali nominali è di almeno 3 (art. 536 sulla selettività tra differenziali). Invece, per gli eventuali SPD installati a valle di un interruttore differenziale (art. 534.2.6), questo deve essere un interruttore differenziale con o senza ritardo nell’intervento, ma non sensibile alle correnti di scarica sino ad almeno 3 kA 8/20 μs (per esempio un RCD di tipo S).
Tipi di interruttori differenziali (art. 531.3.3)
La scelta del tipo di interruttore differenziale in base alla prevista forma d’onda della corrente differenziale, è uno degli argomenti più controversi sul quale la norma impianti sino ad oggi ha detto poco o nulla. Se gli interruttori differenziali di tipo A sono nati negli anni ’80, sino alla pubblicazione dell’attuale V3, la CEI 64-8, come la corrispondente IEC, diceva solo (vecchio art. 531.2.1.4) “L’influenza delle componenti continue nella corrente di guasto a terra è allo studio” mentre qualche informazione in più era data come commento. Ora i normatori hanno concluso il loro studio. Innanzitutto (nel testo della norma e non più come commento) sono ricordate, tratte dalle norme di prodotto, le definizioni dei diversi tipi di interruttore differenziale in funzione delle correnti differenziali con componenti continue e frequenze diverse dalla frequenza nominale per le quali è assicurato l'intervento dell'RCD (tra l’altro, nella V3 pubblicata è stato commesso qualche piccolo errore editoriale di copiatura). La novità è la comparsa del differenziale di tipo F, la cui norma di prodotto CEI EN 62423 esiste da anni, ma che ancora non era nemmeno citato nella norma impianti.
- Tipo AC
- corrente differenziale alternata sinusoidale
- Tipo A
- come per il tipo AC e inoltre
- correnti differenziali unidirezionali pulsanti sovrapposte a una corrente continua sino a 6 mA
- Tipo F
- come per il tipo A e inoltre
- correnti differenziali unidirezionali pulsanti sovrapposte a una corrente continua sino a 10 mA
- correnti differenziali composite
- Tipo B
- come per il tipo F e inoltre
- correnti differenziali sinusoidali alternate fino a 1 000 Hz
- correnti differenziali sinusoidali alternate sovrapposte ad una corrente continua uniforme
- correnti differenziali unidirezionali pulsanti sovrapposte ad una corrente continua uniforme
- correnti differenziali unidirezionale pulsanti raddrizzate derivante da due o più fasi
- correnti differenziali continue uniformi
Tutte le correnti differenziali si intendono positive o negative, applicate improvvisamente o lentamente crescenti.
Dopo queste definizioni, la CEI 64-8 prescrive finalmente: “L’interruttore differenziale di tipo AC può essere impiegato per usi generali”. Nulla cambia, in pratica, perché di fatto era già così. Però ora è scritto nella norma. Ovviamente ci si può chiedere quali siano questi usi generali. L’interpretazione più diffusa è che siano gli usi ove non siano esplicitamente previsti interruttori diversi dai tipo AC. Vale la pena ricordare che in altre norme o nella parte 7 della CEI 64-8 esistono numerosi casi ove gli interruttori differenziali di tipo A o di tipo B sono prescritti (es. locali medici, veicoli elettrici, UPS, ecc.). Alcune norme di settore, a loro volta, si rifanno alla valutazione dell'apparecchio utilizzatore e/o rinviano alle informazioni del suo fabbricante.
Infine, in un allegato del capitolo 53, viene riportata la tabella ove sono illustrati i circuiti con le correnti di guasto più probabili in riferimento alle principali configurazioni circuitali con dispositivi a semiconduttori. Non è una novità assoluta: questa tabella è analoga a quella già pubblicata in diverse pubblicazioni IEC e CEI (oltre che nella documentazioni di alcuni fabbricanti di interruttori differenziali). Questi esempi circuitali, che comprendono anche correnti differenziali diverse da quelle precedenti, indicano che i diversi tipi di interruttore differenziale sono idonei anche a correnti differenziali simili ma non identiche a quelle di prova per i diversi tipo di RCD (per esempio, una corrente continua con debole ondulazione che è rilevabile da un tipo B). Quello che salta subito agli occhi è che le configurazioni ove è indicato almeno il tipo A sono di impiego comune anche negli apparecchi domestici. Ci si chiede, allora, come mai per gli usi generali sia richiesto solo il tipo AC (in effetti, in altri paesi, si è deciso che per gli usi generali sia necessario almeno il tipo A). Per fortuna, questa tabella è solo informativa, e non potrebbe essere altrimenti, visto che l’installatore che si occupa di impianti e non di apparecchi utilizzatori, non è tenuto a conoscerne la loro configurazione circuitale.
Scelta degli interruttori differenziali secondo l’accessibilità all’impianto (artt. 531.3.4 e 531.3.6)
Anche qui la novità è più formale che sostanziale. Seguendo un diffuso modo di procedere nelle norme più recenti, è esplicitamente prescritta la conformità alla norma di prodotto dei diversi dispositivi richiesti dalla norma impianti. Il nuovo capitolo 53 indica che la corretta scelta degli interruttori differenziali dipende dalla categoria di persone che possono accedere agli interruttori differenziali. Se gli interruttori differenziali sono accessibili alle persone comuni non addestrate, ai bambini o alle persone disabili, essi devono essere conformi a una delle seguenti norme:
- CEI EN 61008-1 e CEI EN 61008-2-1 per i differenziali cosiddetti “puri” oppure
- CEI EN 61009-1 e CEI EN 61009-2-1 per i differenziali cosiddetti “magnetotermici” oppure
- CEI EN 62423 per i differenziali di tipo F o di tipo B (la CEI EN 62423 prescrive automaticamente che l’RCD sia anche conforme a una delle due norme precedenti).
Bisogna quindi prestare attenzione alla conformità degli RCD accessibili a utenti comuni anche alle parti -2-1 delle corrispondenti norme di prodotto (per esempio guardando il catalogo). In questo modo ci si riferisce agli interruttori il cui funzionamento è indipendente dalla tensione di rete. Non è una grande novità: già la precedente CEI 64-8 richiedeva più o meno la stessa cosa (art. 531.2.2) ma la nuova formulazione che fa riferimento alle norma di prodotto è più semplice e chiara.
Invece, dove gli interruttori differenziali sono accessibili solo alle persone avvertite o alle persone esperte, gli interruttori differenziali - di qualunque tipologia – in aggiunta alle norme precedenti possono essere conformi anche alla CEI EN 60947-2 (interruttori industriali).
Richiusura automatica degli interruttori differenziali (art. 531.1)
La V3 proprio all’inizio della sezione 531 indica che la richiusura automatica dei dispositivi di protezione contro i contatti indiretti, che nella maggior parte dei casi sono interruttori differenziali, nei locali con accesso da parte di persone comuni non addestrate o ai bambini o ai disabili è permessa tramite i dispositivi ARD (Automatic Reclosing Devices) conformi alla Norma CEI EN 50557 purché provvisti di mezzi per la valutazione della corrente classificati secondo 4.3.2 nella Norma CEI EN 50557. E’ invece permessa con qualunque tipologia di ARD nei locali con accesso da parte di persone avvertite o esperte. E’ interessante notare che solo la norma italiana e quelle di pochi altri paesi permettono la richiusura automatica degli interruttori differenziali negli ambienti comuni: nella maggior parte dei paesi europei è esplicitamente proibita. Di solito è permessa ma solo nelle installazioni non presidiate. Se ne ricordi l'operatore che lavora all'estero.