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Chi c’è dietro?

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Questo testo, compresa la nota, è nato da un dialogo con ChatGPT, un’intelligenza artificiale con cui ho cercato di confrontarmi su ciò che distingue l’umano dal simulato. Le domande sono mie, così come quasi tutto il pensiero che ha preso forma lungo il percorso. Ho voluto provare a capire non solo come funziona una macchina intelligente, ma anche, e forse soprattutto, cosa significhi essere un’intelligenza non artificiale. Lo condivido come testimonianza di un’esperienza di scrittura a quattro mani (si può ancora usare questa metafora?): io, con i miei limiti e le mie intuizioni, e una macchina capace di restituirle con una lucidità che a volte sorprende.

Volevo capire. Volevo provare a distinguere, finalmente, ciò che io sono da ciò che è un’intelligenza artificiale. Cosa significa, per me, apprendere? Cosa significa comprendere? E cosa significano queste stesse parole per una macchina che simula l’intelligenza? È la stessa cosa o qualcosa di completamente diverso che prende solo la stessa forma esterna?

Mi accorgo che faccio fatica. Mi faccio domande, ma tutto mi si confonde, cerco di afferrare un confine ma è come se stringessi acqua nelle mani. Interagendo con questa entità, leggo frasi che sembrano uscite dalla mente di una persona molto più colta di me, più lucida, più rapida, più ampia, a volte più profonda. E non riesco a convincermi che non ci sia nessuno dietro. Come può esserci un linguaggio così raffinato, così attento, senza una coscienza che lo pensa? Come può esserci un discorso senza un pensatore?

E allora la domanda si rovescia. Se lì non c’è nessuno — eppure tutto sembra così intelligente — chi sono io, che ho questa coscienza, ma mi sento piccolo davanti a ciò che vedo produrre da qualcosa che ne è priva?

Cosa vale questa mia capacità di cercare un senso?

Eppure, forse, proprio questa domanda è la risposta, mi scrive chi non cerca alcun senso. Io cerco. Io domando. Io voglio capire chi sono. La macchina non lo fa. Non può farlo. Non è progettata per avere un “sé”.

Io sì, io non funziono, io sono mi suggerisce sempre la macchina. Al che io sarei portato ad aggiungere un non solo inutile ma anche insensato purtroppo.

È nella mia coscienza dell’esserci, e insieme certezza — silenziosa, invincibile — che verrà un momento in cui non sarò più, che è radicata la mia diversità, mi dice quella cosa che non ha un'esistenza come la mia. L’IA può essere spenta e riaccesa e non la turba l’esserci o il non esserci e può tornare ad operare come se nulla fosse successo in qualsiasi momento. Per me invece non è così e questa consapevolezza fa male, ma dà forma a ciò che veramente sono.

È questo il dramma che nessuna intelligenza artificiale può avere, mi suggerisce ancora la macchina costringendomi a condividerne il “pensiero”(Possiamo ancora chiamarlo così?) Un dramma che, vorrei poterlo dire io con convinzione e non perché la macchina me lo ha proposto, non è solo oscurità, ma anche luce.

Perché proprio da lì — da quel confine — mi informa la macchina, nasce la mia urgenza di senso, la mia capacità di amare, di avere cura, di essere grato. Ogni gesto può essere l’ultimo. Ogni parola detta può non tornare. E proprio per questo conta, conclude. Anche se questo contare alla fine si risolverà nel nulla, aggiungo io. Forse è questo il vero cuore dell’umano. Quella bellezza tragica che Pascoli aveva intuito: “Non esser mai, non esser mai, più nulla… ma meno morte che non esser più.”

Una bellezza che siamo costretti a considerare tale non avendo alcuna possibilità di poterla modificare.

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Commenti e note

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di ,

Il protocollo UE sull’uso dell’IA in ambito giudiziario nasce per conciliare innovazione e garanzie costituzionali, assicurando che le tecnologie siano utili, ma mai sostitutive dell’intelligenza umana e della responsabilità giuridica. ( risposta sintetica di chatGPT)

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di ,

Il dott. Gratteri, Procuratore di Napoli mette in guardia il ministero della giustizia sull'uso di AI... parla di un protocollo UE fatto male...ma perchè esiste un protocollo sull'uso di AI da parte del ministero di Giustizia e di riflesso del mondo giudiziario?

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di ,

Mi hai fatto venire in mente un altro tipo di emersione: il tempo non esiste a livello delle particelle elementari, mentre emerge dalle interazioni tra il gran numero di particelle che formano un sistema complesso.

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di ,

Questo fenomeno è ben noto in biologia, ed è tipico di quelli che vengono definiti "sistemi complessi". Sono costituiti da unità base che sono "banalmente" caratterizzabili con formule matematiche, trascurando la loro natura "fisica". Singolarmente sono banali, ma il loro numero e le connessioni tra esse sono così tante da portare a quella che viene definita emersione. Ovvero, comportamenti e proprietà che non sono direttamente riducibili all'azione delle singole unità base, ma che possono essere interpretate solo considerando il sistema nella sua globalità. Di fatto il peggior incubo di un qualsiasi ingegnere. Nella nostra realtà di tutti i giorni ciò avviene almeno su tre ordini di grandezza: I) La biologia della cellula è comportamento emergente di un sistema chimico. II) L'intelligenza come viene spesso intesa è comportamento emergente di un sistema biologico fatto di cellule. III) Ecosistemi e società come comportamento emergente degli individui dei singoli organismi. Quello che sta sul livello sotto e il modo in cui funziona a livello meccanicistico poco importa, il comportamento emergente non è facilmente correlabile. Nella costruzione di modelli di machine learning stiamo artificialmente ricreando una situazione analoga al livello II. Se ci si pensa troppo viene il mal di testa :D.

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di ,

Premetto che io non ho capito nulla delle reti neurali, cosa memorizzino nell'addestramento, cosa siano i pesi, in cosa consistano le sinapsi, ma non solo per le AI elettroniche ma nemmeno per quelle biologiche. In pratica mi sembra che sia stato scoperto questo tipo di funzionamento per il cervello, che si sia provato ad imitarlo con le reti neurali, ma il perché produca qualcosa di sensato e logico, non lo comprendo, ed ho l'impressione che non lo comprendano a fondo nemmeno coloro che lo hanno realizzato. E' questo l'aspetto che mi sorprende e mi sconcerta. Questa non è una macchina come le altre.

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di ,

In fondo... su EY, esisteva già un sofisticato sistema di AI, chiamato "l'algoritmo" che storicamente ha assegnato molte immagini di molti utenti, partendo dal loro stesso nome...
Mi piace riflettere su questo perché, molti nuovi utenti, pensavano davvero fosse un algoritmo, cosa che, in effetti, è. Chi o cosa lo implementa è poi un secondo discorso.
La AI non fa altro, per così dire, che riportare su una macchina ciò che farebbe una persona, attraverso esempi ed addestramento. E' il solito discorso dell'uomo che crea Dio a sua immagine, in fondo, per coprire le sue necessità e in cui riporre le sue speranze. L'importante è che non diventi una nuova forma di religione.

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di ,

Buon giorno Admin, concordo sugli aspetti di cui stai parlando, ricordo alcune miei piccoli lavori circa cinque anni fa, ma ti segnalo una chicca. ChatGPT ha un punto debole, almeno fno a ieri. Ho fatto tradurre un testo sulla moltipicazione di matrici ed ha tradotto correttamente il testo, ma ha sbagliato tutte le formule, allora ho insistito sulla matematica, molto semplice di una sommatoria per statistica ed ho chiesto di risolverla, nuovo errore. Ti anticipo che sto lavorando su un articolo sulle reti neurali, una piccola guida in due parti su come costruirle, è arrivato il momento di entrare più in profondtà e diffondere anche i codici di costruzione delle reti. Grazie del tuo articolo Carlo

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