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La frequenza e la misura del tempo

Indice

Introduzione

Forse in conseguenza alla mia formazione di telecomunicazionaro, spesso mi sono domandato chi fu il primo a usare il concetto e il termine di “frequenza”, un concetto fondamentale non solo per la comunicazione. L’ho chiesto anche qui nel forum. La risposta è stata “Galileo” ed è molto probabile che sia corretta, perché ne parla nelle sue esservazioni sul moto del pendolo, che è stato il primo a fare.

Il termine “frequenza” esiste nel latino “frequentia” con significato di “evento che si ripete periodicamente”. Per noi questo non basta, perché automaticamente vi associamo il concetto di “regolarità”. Per eventi non regolari ma ripetitivi usiamo a volte il termine “frequenza media”.
Ma la regolarità ci rimanda alla accuratezza e alla precisione , cose che, sempre per noi elettrici o fisici o meccanici, rimandano alla misura a agli standard di misura, cioè a unità di misura che, possibilmente, valgano per tutti. Uno stato di cose non così banale come potrebbe sembrare. L'accuratezza si riferisce a quanto il valore misurato è vicino al valore reale, mentre la precisione indica quanto è "disperso" l'errore della misura, ossia la precisione è tanto maggiore quanto minore è la deviazione standard in una serie di misure ripetute. Le principali leggi della fisica sono state ricavate in tempi in cui tali standard non esistevano, dato che sono comparsi solo alla fine dell’800. Le leggi prescindono dalle unità di misura ma le loro applicazioni pratiche devono farci i conti.
Un altro motivo di interesse personale in questi argomenti è la musica, che si potrebbe chiamare arte del tempo e della frequenza. A entrambi si applicano regolarità (ritmo) e accuratezza e precisione (intonazione, cioè frequenza e rapporti di frequenza). Da notare che nella musica c’è anche un’idea di velocità, di suoni che si susseguono più o meno rapidamente; allora in musica la velocità è definibile grossolanamente come “numero di note al secondo”. Si parla quindi di tempo lento, tempo moderato, adagio, andante, allegro, presto, etc. (tra l’altro “allegro” in musica prescinde dallo stato d’animo e non significa “gioioso” ma “movimentato”). Queste espressioni esistono nella musica classica e quasi mai negli altri generi, dove la velocità di esecuzione è scelta molto più liberamente.
Nelle telecomunicazioni abbiamo a che fare con la frequenza ma anche con accuratezza e precisione della frequenza, che infatti gli standard internazionali fissano entro limiti sempre più ristretti, come è logico aspettarsi. Il fatto che la misura della frequenza sia strettamente legata alla misura del tempo, e viceversa, è un'acquisizione avvenuta con Galileo e costituisce la base degli standard temporali in uso dal '900 in poi.

Peraltro, la grandezza che storicamente per prima ha richiesto di essere misurata è il tempo. Una misura mai stata facile, oggetto di riflessione e di studio fin dall’antichità.
Ho voluto allora partire dalla storia di questa misura e così ho scelto di riportare, tradotto liberamente con l’aiuto di Google, un condensato dell'articolo di 66 pagine che J. Levine, professore della University of Colorado, USA, ha sapientemente fatto in “The history of time and frequency from antiquity to the present day” (“La storia del tempo e della frequenza dall’antichità ai giorni nostri”), pubblicato su The European Physical Journal H” del 21 marzo 2016.

Misura del tempo ai primordi

“Il tempo e l'intervallo di tempo hanno svolto un ruolo importante in tutte le società. Le prime definizioni di questi parametri erano basate su fenomeni astronomici, così che esiste un forte legame di lunga data tra il tempo e le osservazioni astronomiche. Questo collegamento svolge ancora un ruolo importante nel cronometraggio. Sono stati sviluppati diversi tipi di orologi, ma, inizialmente, sono stati utilizzati per misurare intervalli relativamente brevi o per interpolare le osservazioni astronomiche che definivano quel tempo con l'intervallo di tempo d’interesse.
I primi orologi, che furono usati in Egitto, India, Cina e Babilonia prima del 500 a.C., misuravano intervalli di tempo tramite l'accumulo di un flusso costante e controllato di acqua o sabbia. Gli orologi a sabbia dell'antichità erano molto simili alla clessidra, in cui la sabbia scorre da una camera superiore a quella inferiore attraverso un piccolissimo foro. L'orologio era (ed è) utile principalmente per effettuare una misurazione una tantum di un intervallo di tempo fisso, determinato dalla dimensione del foro e dalla quantità di sabbia.
Il progetto di questi orologi è un compromesso tra la risoluzione, che sarebbe favorito da un flusso rapido e quindi potenzialmente ampio di materiale, e l'intervallo di tempo massimo che potrebbe essere misurato, il quale si gioverebbe di un flusso più lento ma che richiederebbe meno materiale.
C'erano agli inizi delle civiltà diversi modelli di orologi ad acqua. Nel modello “a deflusso”, l'acqua esce da un piccolo foro vicino al fondo di un grande contenitore. I segni all'interno del contenitore mostrano l'intervallo di tempo trascorso dal momento in cui il contenitore è stato riempito e dipendono dall'altezza dell'acqua residua. Ma la portata dipende a sua volta dall'altezza del liquido e quindi i segni non possono essere esattamente equidistanti. Nel modello “ad afflusso”, una vaschetta con un piccolo foro sul fondo viene fatta galleggiare nell'acqua contenuta in una vasca più grande. L'acqua entra nella vaschetta attraverso un piccolo foro sul fondo e la vaschetta affonda gradualmente man mano che si riempie. Il livello del liquido nella vaschetta in ogni istante è una misura dell'intervallo di tempo; l'intervallo di tempo massimo è raggiunto quando la vaschetta è completamente piena.

orologio-ad-acqua-egiziano

orologio-ad-acqua-egiziano

L'intervallo di tempo misurato da questi orologi era stabile e riproducibile, ma non corrispondeva a qualsiasi definizione di un intervallo di tempo standard. Nei nostri termini, caratterizzeremmo questi orologi come stabili ma non necessariamente accurati, senza qualche forma di calibrazione.
I cinesi svilupparono un orologio ad acqua in cui il flusso dell'acqua faceva girare un meccanismo ruota che fungeva da contatore e che disaccoppiava efficacemente la risoluzione temporale dell'orologio e il tempo massimo che poteva registrare. Tuttavia, questo vantaggio era ridimensionato dalla necessità di mantenere un flusso d'acqua costante per lunghi periodi di tempo, ciò che rendeva difficile sfruttare la capacità dell'orologio di misurare in modo riproducibile lunghi intervalli di tempo. Inoltre, senza un'attenta progettazione, l'orologio non era né stabile né preciso.

L'orologio della scienza

Bisogna arrivare fino al XVI secolo, quando Galileo sviluppò l'idea di misurare l'intervallo di tempo per mezzo di un pendolo che generava periodici “ticchettii”. Aveva scoperto che il periodo di un pendolo era una funzione solo della sua lunghezza purché l'ampiezza dell’oscillazione fosse mantenuta piccola: in questo modo poteva essere utilizzato come periodo di riferimento per un orologio.

Fu probabilmente Huygens a costruire il primo orologio a pendolo nel 1656 circa. Da quel momento, gli orologi furono costruiti da due componenti.

Orologio del XVII secolo

Orologio del XVII secolo

Il primo componente era un dispositivo o un fenomeno naturale. Il dispositivo era solitamente un pendolo la cui lunghezza era stata attentamente controllata. Nei progetti successivi, il semplice pendolo fu sostituito da realizzazioni più complicate che compensavano la variazione della lunghezza del pendolo con la temperatura. La compensazione fu realizzata sostituendo la singola asta del pendolo con un certo numero di aste di diversa lunghezza che avevano differenti coefficienti di espansione termica. Il pendolo generava intervalli di tempo nominalmente equispaziati – quello che oggi chiameremmo uno standard di frequenza. Il periodo di un pendolo semplice dipende dalla radice quadrata della sua lunghezza. Se il tempo di un orologio a pendolo deve essere accurato entro 1 s al giorno, che corrisponde a circa 1,2 × 10−5 (ossia 1/(3600x24) la variazione di lunghezza del pendolo deve essere mantenuta costante entro il doppio di questo valore, ossia circa 2,4 × 10−5. Questo valore è paragonabile al coefficiente di dilatazione termica (variazione frazionaria di lunghezza per grado Celsius) di molti metalli comuni, e ciò implica che per realizzare la precisione di 1 s al giorno la temperatura del pendolo deve essere mantenuta costante entro circa 1 grado Celsius.
Il secondo componente era un metodo per contare il numero di intervalli che era trascorso da una qualche origine prestabilita. Il contatore era spesso realizzato da ingranaggi guidati da uno scappamento che si muoveva di un angolo fisso per ogni oscillazione del pendolo. Lo scappamento forniva anche energia per compensare l'energia persa per attrito. Gli orologi a pendolo continuarono ad essere migliorati nei secoli successivi. Nel 1921 William H. Shortt inventò un nuovo orologio a pendolo che utilizzava due pendoli: il pendolo “master” era in un contenitore sottovuoto e segnava il tempo, mentre un secondo pendolo “slave” forniva impulsi periodici al master per compensare l'energia persa per attrito. L’accuratezza era di circa 1 ms al giorno, o una precisione frazionaria di circa 10−8.

Orologio astronomico di Praga

Orologio astronomico di Praga

Questo fu uno sviluppo molto significativo perché permise di raggiungere una stabilità sufficiente per misurare le variazioni della durata del giorno astronomico, e fu l'inizio della fine delle scale temporali basate esclusivamente sulle osservazioni astronomiche. La combinazione dell'orologio e dell'origine dell'ora viene spesso definita “scala temporale”, concetto che ha subìto un'evoluzione dall'antichità ai giorni nostri. Un aspetto importante è capire come una “scala temporale standard” è definita e costruita, e come viene impostata l'ora di un singolo orologio per realizzare lo standard. Ciò porterà naturalmente a una discussione su come vengono confrontati gli orologi e soprattutto come si realizza il confronto quando gli orologi sono molto distanti.

Il tempo astronomico dell’antichità

Gli intervalli di tempo più comunemente usati nell'antichità erano:
- le durate del giorno solare apparente (da tramonto a tramonto, per esempio),
- il mese lunare (dall'osservazione di una luna crescente all'osservazione della successiva),
- l'anno solare, che era importante per programmare sia i riti religiosi che gli eventi agricoli secolari.
L'anno solare era spesso definito come l'intervallo tra equinozi consecutivi (di primavera o di autunno, quando il Sole è direttamente sopra l'equatore come mostrato in Fig. 1), ma sono state utilizzate anche le osservazioni dei solstizi (dove il Sole sembra “fermarsi”) o della prima comparsa all'alba sopra l'orizzonte di una stella come Sirio (la levata "eliaca").
Determinare la data del solstizio ha il vantaggio di non richiedere la conoscenza della latitudine del punto di osservazione, ma ha lo svantaggio che la posizione del Sole (e quindi la posizione dell'ombra di un oggetto o apertura) cambia molto lentamente in quel periodo dell'anno, cosicché una determinazione precisa è difficile. È possibile che una funzione importante di Stonehenge fosse quella di determinare la data del solstizio d'estate, quando il Sole sorge sopra la pietra del tallone visto dal centro del cerchio di pietre.
In epoca babilonese, le date erano gli equinozi di primavera e autunno della levata eliaca (il “primo” punto) delle stelle nelle costellazioni dell'Ariete e Bilancia, rispettivamente, ma questo allineamento ora non è più corretto a causa della precessione degli equinozi (la rotazione della linea che congiunge i due punti equinoziali rispetto alle stelle lontane), e il Sole in quegli istanti sembra essere "nelle" costellazioni dei Pesci e della Vergine, rispettivamente.
Il tempo veniva calcolato contando il numero di intervalli trascorsi a partire da qualche origine; l'origine è stata spesso scelta per essere sufficientemente lontana nel passato in modo che quasi tutti i tempi erano positivi.
Ad esempio, l'origine del calendario romano è stata fissata alla fondazione di Roma, che si riteneva (forse erroneamente) avvenuta nel 753 a.C.
Il calendario ebraico conta gli anni dalla creazione descritta nella Bibbia: il calcolo nel Talmud colloca questo evento nell'anno 1, che corrisponde al 3760 a.C.
Il ciclo giuliano, utilizzato dagli astronomi e (in una versione troncata) dalla comunità moderna per il tempo e la frequenza, definisce l'anno 1 come equivalente a 713 a.C.
Tutti questi valori sono ambigui perché sono tutti basati su estrapolazioni all'indietro calcolate molto tempo dopo l'epoca di origine, e tutte usano definizioni diverse per la durata di un anno. Molte società hanno utilizzato tutti questi intervalli di tempo per scopi diversi. Il conteggio è complicato in pratica, perché il giorno solare apparente, quello lunare il mese e l'anno solare non sono commisurati; non ci sono numeri interi di giorni solari in un mese lunare o di mesi lunari in un anno solare.
Ogni gruppo ha prodotto un calendario che ha affrontato in qualche modo queste difficoltà e il risultato è stato che i calendari erano spesso piuttosto complessi. Mi limiterò a descrivere la definizione del giorno e come è suddiviso, in modo che le peculiarità e le complessità dei molti calendari diversi sono al di fuori dello scopo di questa discussione; il giorno solare e l'anno solare continua a svolgere un ruolo importante nel cronometraggio. Discuterò di questi intervalli da una prospettiva astronomica, che è indipendente da ogni particolare calendario.

La base 60

I Babilonesi furono probabilmente i primi a utilizzare un sistema di numerazione in base 60, forse perché 60 ha molti fattori interi, e ai giorni nostri combiniamo ancora il conteggio in base 60 con il sistema egiziano di divisione del giorno in 24 h, ciascuna delle quali ha 60 minuti, con ogni minuto di 60 secondi. La definizione della durata di un giorno definisce quindi implicitamente la durata di un secondo, e viceversa. Questa non è solo una considerazione accademica. Il legame tra le durate del giorno e del secondo è stata una considerazione importante nella definizione della scala temporale internazionale, UTC (Coordinated Universal Time), e c'è stato un lungo dibattito sulla questione della modifica di questo legame.

base 60

base 60

Supponiamo che io voglia costruire un orologio basato su un dispositivo che produce un segnale ogni secondo, e che questi eventi periodici vengano conteggiati per calcolare il tempo trascorso. Gli eventi periodici possono anche essere considerati come la realizzazione di un intervallo di tempo, che ha come unità di misura il secondo per evento e visti nell’insieme mostrerebbero una frequenza, che ha come unità di misura “eventi al secondo” [che è la definizione di “Hertz”, ndr]. A seconda dell'applicazione, lo stesso dispositivo fornirebbe una “realizzazione” di:

- tempo

- intervallo di tempo

- frequenza

Questi tre parametri sono strettamente interconnessi, nel senso che la realizzazione di ognuno di essi realizza implicitamente gli altri. Questo legame ha svolto un ruolo sempre più importante nei tempi moderni contribuendo in modo significativo alla complessità della definizione delle scale temporali moderne, che tentano di soddisfare le esigenze delle diverse comunità di utenti, spesso incompatibili.

Se la definizione di intervallo di tempo si basa su un'osservazione astronomica, allora il segnale di riferimento che guida il clock non è uno standard di frequenza primario, ma piuttosto è un interpolatore tra osservazioni astronomiche consecutive; quindi l'intervallo tra i suoi "ticchettii" deve essere regolato in modo che un intervallo di tempo misurato dall'orologio concordi con l'intervallo di tempo definito dall'astronomia. La versione più estrema di questo principio è la definizione delle “ore” canoniche o ecclesiastiche, che dividono l’intervallo tra l'alba e il tramonto in dodici parti uguali, con preghiere speciali o rituali associati alla terza, alla sesta e alla nona ora del giorno. Queste "ore" sono ovviamente più lunghe in estate che in inverno e lo sono anche una funzione della latitudine: sarebbe difficile progettare un orologio la cui frequenza di riferimento riproduca questa variazione.

Definire la durata del giorno esattamente come dodici ore canoniche aveva un significato mistico nell'individuare tempi particolarmente propizi per preghiere e riti, e rendeva più facile dividere la giornata in quarti per questi scopi. Tuttavia aveva la semplicità di contare l'ora senza strumenti sofisticati e senza necessità di un metodo formale di trasferimento delle informazioni temporali, che erano due dei vantaggi di tutte le scale temporali basate su fenomeni astronomici visibili. La tensione tra fenomeni astronomici visibili, che giocano un ruolo centrale nella vita di tutti i giorni, e le definizioni del tempo che derivano da altre considerazioni è una costante della storia della misura del tempo.

Il tempo solare medio

Pur senza la variazione che deriva dalle ore ecclesiastiche, la forma ellittica dell'orbita della Terra introduce una variazione annuale nella durata del giorno solare apparente, misurato come l'intervallo di tempo tra due mezzogiorni solari consecutivi, per esempio. Il mezzogiorno solare apparente è l'istante in cui il sole attraversa il meridiano locale ed è quindi precisamente a nord o a sud dell'osservatore. L'elevazione del sole è al massimo in quel momento, in modo che l'ombra proiettata da un oggetto abbia la lunghezza minima. L'ombra punterà direttamente a nord nella maggior parte delle località dell'emisfero settentrionale). [Questo principio troverà applicazione nella meridiana, ndr].

Meridiana bifilare in acciaio inox a Trento

Meridiana bifilare in acciaio inox a Trento

Per comprendere il problema è utile ricordare la finzione tolemaica che la Terra è fissa e che il Sole sia in orbita attorno ad essa (vedi sotto, Fig. 1).
Il percorso dell'orbita è l’eclittica, e il requisito della conservazione del momento angolare orbitale richiede che l'eclittica sia quasi un piano. Il piano dell'eclittica è inclinato di circa 23,452 gradi rispetto al piano equatoriale proiettato nel cielo, e i due piani si intersecano in una linea che punta nella direzione degli equinozi primaverili e autunnali. È comune nell'uso astronomico misurare gli angoli (sia lungo l'eclittica che lungo i piani equatoriali) da questa linea come direzione di riferimento. L'angolo dall’equinozio autunnale lungo il piano equatoriale verso est è chiamato ascensione retta, è tipicamente espresso in ore anziché in gradi, dove 1 ora corrisponde a 15 gradi.
Durante l'intervallo in cui la Terra ha compiuto una rivoluzione attorno al suo asse, il Sole si è anche spostato lungo l'eclittica, in modo che il tempo tra due mezzogiorni solari successivi, ad esempio, è un po' più lungo del tempo impiegato dalla Terra a ruotare di 360 gradi (in linea di principio, questo periodo di rotazione potrebbe essere misurato facilmente rispetto alle stelle fisse molto distanti, ma queste misurazioni sono complicate dal piccolo moto dell'equinozio, che è il riferimento per le posizioni tabulate delle stelle e dalla precessione e nutazione della Terra stessa. Almeno inizialmente, è conveniente ignorare tutte queste complessità).

Dal momento che il periodo orbitale del Sole attorno alla Terra è circa di 365,25 giorni, in un giorno il Sole si è spostato circa 360/365,25 gradi lungo l'eclittica. Se il periodo di rotazione della Terra è considerato come 24 h (86400 s), il moto del Sole aumenta la durata del giorno solare apparente del prodotto ottenuto moltiplicando i secondi di tempo trascorso per ogni grado di rotazione della Terra per l'avanzamento del sole (in gradi) in un giorno, cioè (86 400/360) × (360/365,25) = 236 s ossia circa 4 minuti.
Tuttavia, il valore effettivo varia durante l'anno solare. Il principio di conservazione del momento angolare richiede che il vettore tra il Sole e la Terra percorra aree uguali in tempi uguali. Dal momento che l'orbita è un'ellisse con il Sole in un fuoco, la lunghezza del vettore varia nel corso dell'anno, e la velocità angolare misurata lungo l'eclittica rispetto all'equinozio deve variare anche per soddisfare il requisito di conservazione del momento angolare. Il momento angolare orbitale è proporzionale a r2ω, dove r è la lunghezza del vettore dal Sole alla Terra e ω è la velocità angolare rispetto a questo vettore all'equinozio.
La variazione annuale dei termini che compongono questo prodotto risulta in una variazione annuale del contributo del moto orbitale del Sole alla lunghezza del giorno solare apparente. Il raggio vettore è più corto in inverno nel nord Emisfero (ottobre, novembre e dicembre), il moto angolare del Sole è corrispondentemente più veloce durante questo periodo e il giorno solare apparente è più lungo. L’effetto opposto avviene nei mesi di giugno, luglio, agosto.

La variazione della lunghezza del giorno solare apparente

Tale variazione era già nota agli antichi. Gli astronomi babilonesi e Tolomeo lavorarono per costruire una scala temporale uniforme che poteva usare per le tabelle della posizione del Sole intorno all'anno 100 d.C. Nel suo modello la terra è il centro del sistema solare (e dell'intero Universo), e tutte le orbite sono perfettamente circolari. Ha modellato il moto apparente verso est del Sole rispetto alle stelle fisse lontane, e la variazione della lunghezza del giorno solare apparente, a causa del fatto che sebbene l'orbita del Sole fosse un cerchio, la Terra non era esattamente al centro, ma era compensato da una quantità detta “eccentrica”. Con qualche aggiustamento, questo modello può assomigliare molto alla configurazione in Figura 1, e non sorprende che il modello di Tolomeo fosse l'immagine accettata del sistema solare da oltre 1300 anni.

                           Fig.   1 - Piano dell'eclittica

La soluzione alla variazione della lunghezza del giorno solare apparente, che era già utilizzato dagli astronomi babilonesi nel I secolo d.C., era definire il tempo solare medio, che immagina un sole fittizio che si muove a velocità uniforme sull'equatore (non sull'eclittica) e che concorda altrettanto il più possibile con il movimento effettivo del sole lungo l'eclittica mediato su un anno. Questa definizione di tempo solare medio comprende due effetti del moto del reale sole e la conseguente variazione annuale della lunghezza del giorno solare apparente: (1) la variazione della velocità angolare del sole descritta sopra e (2) il moto apparente Nord-Sud del Sole perché il suo moto effettivo è lungo l'eclittica inclinata e non lungo l'equatore come nel modello. La differenza tra il tempo solare medio e quello apparente è detta “l’equazione del Tempo”, ed è spesso visualizzato sulle meridiane (vedi Fig. 2).

EQUAZIONE del TEMPO

EQUAZIONE del TEMPO

Come discusso sopra, il giorno solare apparente è più lungo nei mesi invernali dell'emisfero settentrionale, in modo che il sole apparente è sempre più dietro il sole durante questo periodo. Ogni giorno solare apparente è quasi 30 secondi più lungo della media durante questo periodo, e la differenza di tempo minima integrata è di circa –14 minuti, raggiunta all'inizio di febbraio. La massima differenza di tempo integrata è di circa 16 minuti e viene raggiunta all’inizio di novembre. Ogni giorno solare apparente è di circa 20 secondi più breve della media, durante questo periodo. In pratica, il tempo solare medio è stato determinato osservando le stelle lontane (stelle fisse) piuttosto che il sole stesso; queste osservazioni sono state poi convertite nella posizione del sole fittizio. Ad esempio, un orologio sincronizzato con il tempo solare apparente (utilizzando una meridiana per rilevare i mezzogiorni solari apparenti consecutivi, per esempio) potrebbe essere utilizzato per registrare l'ora del transito meridiano di una particolare costellazione a mezzanotte del tempo solare apparente.
L'equazione del tempo, in forma grafica, dà la differenza tra il tempo solare apparente e quello medio in funzione del giorno dell'anno. mezzanotte ora solare apparente.
Il Sole sarebbe "nella" costellazione nel lato opposto della Terra in quell'istante. Il moto angolare apparente della costellazione in notti consecutive darebbe una misura della lunghezza del giorno solare apparente. Una conversione accurata è alquanto complicata dai movimenti della direzione dell’equinozio, tipicamente usata come direzione di riferimento per queste posizioni angolari.
Il tempo solare medio è stato misurato da mezzogiorno prima dell’inizio dell’anno 1925 e il giorno che iniziava da mezzogiorno del 1° Gennaio 1925 fu nominato "giorno astronomico". Il Greenwich Mean Time è stato definito come orario solare medio (a partire da mezzogiorno) e misurato sul meridiano di Greenwich. L'inizio di ogni giorno è stato cambiato alla mezzanotte del 1 gennaio 1925 e il Greenwich Mean Time (GMT) è stato utilizzato per identificare il tempo da questa nuova origine. Il tempo a cui si fa riferimento mezzogiorno era indicato come Greenwich Mean Astronomical Time (GMAT). Per evitare il confusione del cambiamento nell'origine, nel 1928 l'Unione Astronomica Internazionale ha raccomandato di sostituire il termine Greenwich Mean Time con Universal Time, che è stato definito come l'ora solare media sul meridiano di Greenwich con l'inizio del giorno a mezzanotte. Tuttavia, il nome Greenwich Mean Time continua ad essere utilizzato oggi, soprattutto nel Regno Unito dove è la scala temporale ufficiale. Inoltre, il nome GMT è spesso usato (erroneamente, in linea di principio) per riferirsi a Coordinated Universal Time (UTC).
La definizione del tempo solare medio è il primo di molti compromessi mirati mantenere il collegamento tra la scala temporale tecnica, che ha enfatizzato il tempo uniforme intervalli e la nozione quotidiana del tempo basata sulla durata del giorno solare apparente. Anche quando la differenza tra tempo solare medio e tempo solare apparente è più grande, è ancora più piccola della larghezza di un fuso orario contemporaneo (± 30 min in ora o 15 gradi di latitudine) e lo scostamento orario introdotto dall'ora legale, in modo che non sia significativo nel cronometraggio quotidiano.

Tempo universale UTC e standard di frequenza del cesio

Sebbene il tempo universale sia stato definito come tempo solare medio, in realtà è stato determinato dalle osservazioni astronomiche della Luna o delle stelle. La rotazione dell'angolo della Terra è stato calcolato cronometrando il transito meridiano di un gruppo selezionato di stelle (che in realtà è il tempo siderale locale) e questo è stato combinato con la longitudine della stazione di osservazione per determinare l'ora siderale di Greenwich. La conversione tra GMST (Greenwich Mean Sideral Time) e il tempo universale (UT Universal Time, corrispondente al tempo solare medio) è stata calcolata basandosi sulla posizione del Sole specificata da un'espressione matematica (Equazione (1)) derivata dalle Tavole del Sole di Newcomb

UT = GMST − (18:38:45.836 + 8640184.542T + 0.0929T2) − 12:00:00 UT = GMST − (6:38:45.836 + 8640184.542T + 0.0929T2)
dove T è il numero di secoli giuliani di 36525 giorni trascorsi dall'ora di origine, che è 12:00:00 Universal Time (mezzogiorno di Greenwich) del 1900, Gennaio, ora 0.
I coefficienti dei termini dipendenti dal tempo sono in unità di secondi di tempo universale. La durata del giorno universale è 24 × 60 × 60 = 86400 s. La differenza nella lunghezza del giorno siderale e del giorno universale è approssimativamente data dal secondo termine nell'Equazione (1).
I dati grezzi (chiamati UT0) provenienti da diverse stazioni situate approssimativamente alla stessa latitudine sono stati confrontati per stimare il moto del polo dell'asse di rotazione del Terra e la scala temporale risultante, che era indipendente dai dati da qualsiasi stazione singola in linea di principio, che è stata chiamata UT1.

Negli anni '30, gli orologi erano migliorati abbastanza da rilevare una variazione annuale nella posizione della Terra come previsto dalla scala temporale UT1. La variazione annuale aveva un'ampiezza di decine di millisecondi, variazione che è stata attribuita alla variazione annuale del momento di inerzia della Terra prodotto da effetti come il movimento stagionale di acqua dagli oceani alle montagne dell'emisfero settentrionale.
La scala detta UT2 è stata definita per correggere questa variazione annuale ed è stata considerata la scala temporale astronomica più stabile negli anni '50 e '60.

Standard di frequenza al cesio

Uno standard di frequenza al cesio è un oscillatore elettronico agganciato sulla transizione iperfine nello stato fondamentale del cesio (una transizione iperfine è un cambiamento nello spin totale momento angolare del nucleo e dell'elettrone di valenza più esterno. Lo stato fondamentale del cesio è uno stato S, quindi non c'è momento angolare orbitale netto). Il valore attualmente definito per la frequenza di questa transizione è 9.192.631.770 Hz, ma il punto importante per la discussione attuale è che la frequenza del dispositivo, e gli intervalli di tempo che sono stati determinati contando i cicli di questa frequenza, era molto più stabile di qualsiasi cosa fosse venuta prima.
Il primo standard di cesio operativo è stato costruito da Louis Essen e Jack Parry presso il National Physical Laboratory nel Regno Unito. La descrizione del suo funzionamento fu pubblicata nell'agosto 1955. La stabilità della frequenza frazionaria iniziale era di circa 10−9, e questo è stato successivamente migliorato di circa un ordine di grandezza.

Orologio al cesio

Orologio al cesio

I dati hanno mostrato che la durata del giorno secondo la scala UT2 aumentava di circa 1,3 ms all'anno (un aumento frazionario della lunghezza del giorno di circa 1,5 × 10−8 all'anno), o un aumento totale della lunghezza del giorno di poco inferiore a 4 ms rispetto alla durata dell'esperimento. Per mettere in prospettiva questi valori, un costante aumento della lunghezza del giorno di 1,3 millisecondi all'anno comporterebbe una dispersione temporale di circa 0,5×365×1,3×10−3 = 0,24 s dopo il primo anno (si noti che questo è molto più grande rispetto al contributo del termine di accelerazione nell'Equazione (1) di cui sopra, che non include l'eventuale contributo dovuto alla variazione del periodo di rotazione della Terra).

Prima del cesio

La variazione della durata della giornata UT2 si è rivelata irregolare e non del tutto prevedibile, e la proposta successiva è stata quella di definire una scala temporale basata sulla effemeridi (tabelle che contengono valori calcolati, nel corso di un particolare intervallo di tempo, di diverse grandezze astronomiche) della Luna e dei pianeti, il che equivale a una definizione basata sull'anno piuttosto che sul giorno.
Il tempo così definito sarebbe la variabile indipendente delle equazioni del moto, e sarebbe così definita la posizione osservata che corrisponderebbe alla posizione prevista dall'equazione per un certo valore del parametro temporale indipendente. La proposta iniziale era di utilizzare l'equazione per la posizione del Sole data da Newcomb e di definire il secondo in base alla lunghezza siderale dell’anno 1900 . Questa proposta è stata adottata dall'Unione Astronomica Internazionale nel 1952, e la definizione fu successivamente cambiata in anno tropicale (l'anno misurato dal moto periodico del sole, cioè l'intervallo di tempo tra passaggi consecutivi del sole per lo stesso punto sull'eclittica).
Il tempo delle effemeridi era completamente uniforme in linea di principio ed era indipendente dalla variazione irregolare nella rotazione della Terra. Tuttavia, aveva il grande svantaggio che misurarlo richiedeva lunghe osservazioni spesso distribuite su diversi anni. Inoltre, il tempo delle effemeridi è stato definito come l'argomento indipendente delle equazioni del moto della Luna o del Sole, e non c'era orologio che realizzasse le effemeridi tempo. Aveva la stessa difficoltà di base della definizione della lunghezza del metro come frazione della circonferenza del Terra. In entrambi i casi, lo standard primario della definizione non era realmente osservabile, e la metrologia pratica doveva essere basata su un artefatto derivato dallo standard (come per il metro) o su qualche estrapolazione (nel caso del secondo).

Organismi nazionali e internazionali

La misurazione precisa di molti parametri fisici gioca un ruolo centrale in ambito di commercio nazionale e internazionale, telecomunicazioni e collaborazioni scientifiche. Con l'inizio della rivoluzione industriale nel 19° secolo, divenne presto necessario essere in grado di confrontare le misurazioni effettuate in un laboratorio o in un paese con misure effettuate da qualche altra parte. Questo requisito è stato la motivazione per nascita della Convention du Mètre (Trattato del metro) nel 1875 in Francia, che aveva lo scopo di razionalizzare gli standard e le pratiche di misurazione a livello internazionale. Questo organismo è poi divenuto nel 1878 il Bureau International des Poids et Mesures (BIPM).

Il ruolo iniziale del BIPM era focalizzato sugli standard internazionali di massa e lunghezza, ed era il deposito del metro standard e del chilogrammo. Ha anche partecipato a confronti degli standard primari di queste quantità con copie dei campioni che sono state distribuite agli Stati membri. Tuttavia, il BIPM ora svolge un ruolo centrale ruolo nel calcolo sia del tempo atomico che del tempo universale coordinato.
Prima dell’oscillatore al cesio erano state istituite altre fonti di riferimento. Era stato creato nel 1912 il Bureau International de l’Heure (BIH), che però entrò in funzione solo nel 1920, ed operava con 4 orologi a pendolo calibrati secondo il tempo siderale locale. Il tempo veniva trasmesso agganciando il pendolo a un trasmettitore radio. Ce n’era uno sulla Tour Eiffel che trasmetteva sinusoidi smorzate a circa 150 KHz, ripetute a un ritmo di 50 Hz (la frequenza di rete) e “codificate” a rappresentare segnali punto - linea. La potenza trasmessa era 150 kW.
Negli USA furono istituite più stazioni trasmittenti. A una di esse, forse la più conosciuta, fu assegnato il nome WWV dal NIST (National Institute of Standards and Technology, precedentemente chiamato NBS National Bureau of Standards) che operò a partire dal 1923, prima a Washington D.C e poi a Beltsville nel Maryland. Il riferimento era un oscillatore al quarzo che fu migliorato successivamente ottenendo un incremento di accuratezza nella frequenza da 3x!0-3 a 2x10-5 . Trasmetteva con una potenza di 100 kW.
Un’altra importante stazione fu la NAA situata a Arlington in Virginia, attiva dal 1905 e gestita dalla Western Union Company (Società di telegrafia dal 1865), controllata da un interruttore collegato tramite una ruota dentata a un pendolo. Il trasmettitore era simile a quello della Tour Eiffel.

Dagli anni ’20 del ‘900 si diffusero stazioni simili anche in Europa, ossia in inghilterra, Francia, Italia e Germania. I laboratori dedicati eseguivano continuamente numerose campagne di misure comparative elaborando metodi sempre più sofisticati.
Un altro contributo al miglioramento standard temporali veniva dalle agenzie navali, in particolare dal US Naval Observatory, che si servivano di trasmettitori LORAN-C (LOng RAnge Navigation versione C), ormai in declino.

Nel caso della definizione del secondo, ciò che era osservabile era la frequenza di un orologio atomico, e la prima domanda era come mettere d’accordo la durata del secondo osservata in senso astronomico dalle effemeridi con la durata basata sulla frequenza di una transizione atomica (quella del cesio).
Le definizioni di tempo e intervallo di tempo in termini di tempo astronomico e poi di tempo atomico non hanno rimosso la variabilità intrinseca di queste quantità temporali. Il risultato è stato un'inevitabile e prevedibile tensione tra le definizioni fisiche basate sul cesio e gli usi ordinari di questi parametri, inclusi i calcoli di astronomia e orbite, che di solito usano UT1 come misura del tempo, cioè il tempo astronomico.

Questa tensione continua ai giorni nostri, ed è alla base delle varie proposte di modifica della definizione di Coordinated Universal Time (UTC, sigla ottenuta da un compromesso tra l'inglese Coordinated Universal Time e il francese Temps Universel Coordonné ), che si basa sul secondo definito tramite il cesio.
Nel corso degli anni sono stati sviluppati metodi per il miglioramento del confronto tra diversi modi di produrre standard temporali basati sul cesio.

Si è constatato che si dovevano apportare diverse correzioni, a causa di fattori influenzanti quali lo shift di frequenza relativistica, la radiazione del corpo nero, l’interazione magneto-elastica di Zeeman, riassunti nella tabella sottostante".

La messa a disposizione dei valori di tempo e di frequenza nella pratica

I segnali trasmessi dai satelliti GPS hanno reso possibile un aumento significativo della precisione della distribuzione di segnali di tempo e di frequenza ma un confronto con il passato piò essere interessante.

"Uno dei vantaggi degli standard temporali dell'antichità derivati dal tempo solare apparente (o da qualsiasi altro evento astronomico osservato) era che non esisteva alcuna necessità di un'infrastruttura per trasmettere informazioni su tempo e frequenza. Un evento che è collegato a una specifica osservabilità astronomica (l'alba locale, per esempio), si verificherà in momenti diversi in luoghi diversi, ma può essere ampiamente osservato senza strumentazione sofisticata. Il fatto che l'evento si sarebbe verificato in momenti diversi a collocazione diversa non era un problema nell'antichità e, ancora oggi, le autorità religiose preparano tabelle che riportano l'ora civile locale corrispondente all'ora solare apparente per le osservanze religiose così definite.

Anche se l’ora solare apparente gioca ancora un ruolo importante nella vita di tutti i giorni, il tempo e la frequenza sono stati definiti con metodi più complicati e meno ovvi e la necessità della loro condivisione globale richiede la loro trasmissione per via elettromagnetica, soprattutto radio.


Le fluttuazioni della rifrazione atmosferica e la variazione dell'effettivo percorso fisico intrapreso da un segnale radio limitano l'accuratezza delle trasmissioni di tempo a un livello inaccettabile e si è reso necessario introdurre correzioni al ritardo del percorso.

Il ritardo di propagazione attraverso l'atmosfera dei segnali a bassa frequenza (generalmente meno di 100 kHz) è molto più stabile rispetto ai segnali a frequenza più alta che erano utilizzati inizialmente, specialmente quando il percorso è sull'acqua.

Tuttavia, i segnali a bassa frequenza non possono essere utilizzati dall’UTC da quando l'accuratezza richiesta si avvicina a 1 μs. Per poter utilizzare la trasmissione a frequenze elevate occorre fronteggiare una serie di problemi, quali la variazione del ritardo di propagazione, la variazione dell’indice di rifrazione, il multipath, l’influenza delle variazioni di temperatura. Sono necessari metodi più sofisticati, soprattutto per trasmissione degli standard via satellite.

I metodi utilizzati sono i seguenti:

One-way mode

La tecnica GPS unidirezionale utilizza i segnali ottenuti da un ricevitore GPS come riferimento per una calibrazione. I segnali GPS vengono utilizzati in tempo reale per sincronizzare l'orologio locale e l'ora GPS o UTC (USNO).

Common View Mode

Questo metodo è un modo semplice ma elegante per confrontare due orologi o oscillatori situati in luoghi diversi. A differenza delle misurazioni unidirezionali che confrontano un orologio o un oscillatore con il GPS, una misurazione Common View confronta tra loro due clock o oscillatori.

Melting-Pot Mode

La modalità Melting-Pot, nota anche come modalità All in view, può essere utilizzata per sincronizzare gli orologi su distanze molto diverse. A differenza della Common view, la modalità Melting-Pot non richiede simultaneità nelle osservazioni di entrambe le stazioni, ma solo che ciascuna stazione durante il giorno osservi il maggior numero possibile di satelliti che il suo ricevitore può tracciare.

Carrier-Phase Mode

Tutti i satelliti GPS trasmettono su almeno due frequenze portanti: L1, a 1575,42 MHz, e L2, a 1227,6 MHz (i satelliti più recenti trasmettono anche su L5 a 1176 MHz). Questa tecnica utilizza entrambe le frequenze portanti L1 e L2 invece dei codici trasmessi dai satelliti. È importante notare che le misurazioni della fase portante possono essere misurazioni unidirezionali effettuate in tempo reale o misurazioni di visualizzazione comune post-elaborate. Poiché la frequenza portante è più di 1000 volte superiore alla frequenza del codice C/A (Coarse/Acquisition), la risoluzione potenziale è molto più elevata.


Sebbene il sistema GPS sia stato il primo sistema globale di navigazione satellitare, altri sistemi possono essere utilizzati per distribuire il tempo e la frequenza. Il sistema GLONASS russo, quello europeo Il sistema GALILEO e il sistema cinese BeiDou sono ora operativi o lo saranno nei prossimi anni. In linea di principio, tutti i sistemi possono fornire precisioni comparabili, sebbene i design dei sistemi differiscano in un certo numero di importanti dettagli tecnici e queste differenze possono influire sulla precisione dei confronti temporali.

Scambi di messaggi bidirezionali che utilizzano transponder sui satelliti per comunicazioni come parte del percorso di trasmissione supportano abitualmente le precisioni dell'ordine di 0,2 ns. I servizi orari basati su Internet sono ampiamente utilizzati quando la precisione richiesta è solo moderata, dell'ordine di millisecondi. I router e gli switch nelle reti digitali spesso danno un significativo contributo alle fluttuazioni del ritardo e l'hardware ausiliario ("boundary clocks”) ha lo scopo di stimare e rimuovere queste variazioni.


Circuiti di comunicazione basati su fibre ottiche dedicate possono supportare una distribuzione molto accurata delle informazioni di tempo e frequenza utilizzando il metodo bidirezionale standard. L'alta precisione è resa possibile dalla stabilità e dalla simmetria del ritardo del percorso

Sommario

Le definizioni di tempo e frequenza si sono evolute da una definizione di tempo e intervallo di tempo basato su osservazioni astronomiche come il tempo solare apparente, ad una definizione di frequenza basata sulle proprietà degli atomi che definivano il tempo e l’intervallo di tempo come quantità derivate dallo standard primario di frequenza. Il rapporto tra le due definizioni è stato conservato nell'attuale definizione di UTC, che combina i dati standard di frequenza con le osservazioni della scala temporale astronomica UT1. I dettagli di questa connessione hanno sia vantaggi che problemi, ed è possibile che la connessione tra tempo atomico e tempo astronomico verrà modificata in futuro.

Questo completerà la transizione dalle definizioni odierne di tempo e intervallo di tempo a una definizione più uniforme ma più astratta, in cui le applicazioni dipendono da frequenze e intervalli di tempo stabili e svolgono un ruolo più fondamentale del tempo stesso. Se il collegamento tra UTC e UT1 viene completamente eliminato, i tempi delle due scale divergeranno lentamente. Attualmente (2016), il tasso di divergenza è leggermente inferiore a un minuto per secolo.

Conclusione

Un’analogia


Se pensiamo alla “freccia del tempo” come uno svolgersi lineare del tempo, prescindendo da ogni considerazione quantistica o da ipotesi fisiche contemporanee, possiamo rappresentarlo in un modellino come un segmento che ha un’estremità in un'origine sconosciuta (Big Bang?) fissa e ha l'altra estremità che si sposta a velocità costante con moto rettilineo uniforme. Per misurarlo possiamo immaginare una rotella tipo taglia-pizza che, dotata di un proprio motore autonomo, vi rotola sopra, come fa la ruota di una bicicletta sulla strada, e il suo centro si muove alla stessa velocità dell’estremità mobile, ossia alla velocità del tempo universale esterno, velocità “oggettiva” che non conosciamo ma che, nei limiti relativistici, supponiamo costante, mentre tutti sappiamo che il tempo soggettivo interno è ben lontano dallo scorrere costante: a volte non passa mai! Se poi avessimo disegnato un punto rosso sul bordo della rotella lo vedremmo a contatto col segmento ogni volta che la rotella fa un giro completo. La curva che un punto della rotella descrive si chiama “cicloide” ed è periodica, naturalmente.

Allora potremmo prendere come riferimento di misura temporale un certo numero di giri che la rotella fa. La frequenza sarebbe tanto più alta quanto più corto fosse il diametro della rotella (il nostro riferimento sarebbe tanto più stabile quanto più piccola fosse la variazione del diametro nel tempo ). Quella descritta è una possibile concatenazione tra tempo lineare e tempo circolare. Un’altra è rappresentata dalla spirale, ma forse quella più diffusa nei libri è quella che ricava la sinusoide come proiezione di un punto che si muove su una circonferenza: se il punto si muove a velocità angolare costante anche la frequenza, che è una visualizzazione particolare della velocità angolare, è costante.

Possiamo anche dire che un orologio è un integratore. Gli orologi antichi svolgevano un integrale pseudo-continuo (acqua, sabbia), mentre da Huygens (1656) in poi l'integrale è diventato "discreto", presupponendo quindi un'unità di misura, ottenuta da un processo ripetitivo (moto del pendolo). Si era capito che per misurare il tempo era conveniente partire dalla frequenza.


Commenti e critiche al presente articolo sarebbero molto graditi al suo autore

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Commenti e note

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di ,

Grazie Venanzio! Il tempo è sempre stato un rompicapo per i filosofi e ultimamente anche per i fisici, dopo Einstein. Si è cominciato a capire che nessuna grandezza può essere considerata "assoluta". Ma non si può nemmeno dire che "tutto è relativo", perchè, come sottolineò B. Russell in un suo libro sulla Relatività einsteiniana, "se tutto fosse relativo non si potrebbe parlare di niente". Quindi? Quindi bisogna accettare che se ci basiamo solo sulla razionalità rischiamo di vivere in un paradosso continuo. Questo limite della razionalità cominciò a emergere a metà '800, finchè Goedel lo ha sancito in modo definitivo con il suo teorema nel 1931. Sugli standard è vero quello che dici tu, sono una conseguenza dell'economia mondiale sempre più globalizzata e sono diventati la base della comunicazione, paventando, come effetto collaterale, lo spettro della morte della pluralità le lingue, che invece per fortuna sopravvivono e cambiano nel tempo (qualcuna forse in peggio, come a noi appare l'Italiano).

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di ,

cavolo che articolone, molto bello. Vorrei dire due cose, che possono essere uno spunto di riflessione. La prima è relativa al tempo... e consiglio di leggere Steven Hawkings (dal big bang ai buchi neri) che parla proprio del fatto se il tempo sia sempre esistito o sia "partito" nel momento del big bang. La seconda è una consideraizone sugli standard... prima della rivoluzione industriale le macchine (orologi inclusi) erano fatte artigianalmente ed erano pezzi unici. In seguito con le macchine utensili (tornio per primo) cambia tutto e nascono gli standard... perchè prima magari nello stesso dispositivo... non dico che non avevi compatibilità tra un vite e l'altra ma poco ci mancava... dopo la rivoluzione industriale tu puoi comprare una vite M6 ed essere sicuto che si avvita nel dado M6. E' l'intercambiabilità delle parti che ha cambiato tutto.

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di ,

Ho visto che ieri qualcuno ha dato un voto negativo a questo articolo. Naturalmente ognuno è libero di fare le proprie valutazioni. Mi piacerebbe comunque conoscerne le motivazioni, che mi aiuterebbero a migliorare.

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