..............................2003, novembre..........................
Sono sotto la doccia, alle otto di sera dopo i tre chilometri di walking con Billy: ponte della stazione, ritorno lungo l’Adigetto, e puntatina in piazzale Santa Sofia. Ma sono particolari ininfluenti, almeno credo, con la telefonata ricevuta nel frattempo da Marco.
“E’ un collega del papà” lo sento dire, “Alberto. Richiamerà più tardi”.
Non ricevo molte telefonate e, quando capita, curiosità, timore ed anche, chissà perché, speranza, si mescolano. Se, come in questo caso, devo aspettare, cerco di indovinare quale ne sarà il contenuto. “Però è strano” penso mentre mi sto asciugando. “Cosa mai avrà da dirmi Alberto, che nei quasi vent’anni che ci conosciamo, sarà la terza volta che mi telefona?”
“Vorrà chiederti se domani lo sostituisci” dice Giovanna, che semplifica sempre, mentre sto cenando da solo. Marco e Nicolò hanno già esaurito il tempo concesso per la cena, ed io, oltre che per il pressing di Giovanna, desiderosa di sbrigare la pratica in tempo record e riprendere le partite lampo di Go-moku ed Hearts nel sito internet playsite, sto anche affrettandomi per essere pronto quando Alberto richiamerà.
Ecco, il telefono squilla.
Ho appena finito i cavolfiori e la cotoletta vegetale della ditta Baule Volante che, insieme ad altri prodotti che acquisto da circa un anno nel negozio biologico “Madre Natura”, suscitano l’ilarità di Giovanna.
“Oh, eco el papà che l’è rivà co i so sbròdeghi”1 dice a Nicolò quando mi vede aprire la porta.
'“Vedemo cossa ch'al ga tolto staòlta..."2 aggiunge, sbirciando nella sportina appoggiata sulla tavola, alla caccia dei prezzi che prudenzialmente elimino dalle confezioni, con una sosta su una panchina intorno alla fontana del parco Giusberti.
“Ma ghe va qualche altro oltre a ti ?”3 mi chiede ridendo e strizzando l’occhio a Marco e Nicolò.
“O ei là ch'i t’aspeta ti par non saràre... Oh, eco ch’el riva, i dirà, co i te vede!”4.
Devo dire che non c’è mai ressa. Però sto ritrovando il piacere della piccola bottega dopo l’indigestione di centri commerciali, affollati, anonimi, indifferenti, uguali. Tutti ugualmente insensibili. Inquinatori di luoghi e di pensieri. Discariche di gitanti senza idee.
Ma sto divagando. La telefonata è arrivata. Ora saprò di che si tratta.
“Ciao. Scusami se ti disturbo a quest’ora. Volevo da te un’informazione, se me la puoi, se vuoi ovviamente, dare”.
“Certamente” rispondo, un avverbio che uso spesso, mi accorgo, forse per contrastare le mie incertezze.“... Se sono in grado di fornirtela...” proseguo, per non apparire troppo sicuro.
“Quale informazione avrò mai che possa servirgli?” penso. Ripasso mentalmente i campi di competenza che ci sono comuni.
“Elettrotecnica? Fisica? Didattica? Rapporto con gli studenti? Rapporti con i colleghi? Progetti del... “ (stavo per dire POF: Piano Offerta Formativa, non quello che si potrebbe pensare ;) ).
Be', niente di tutto questo.
“Ti telefono perché tu dovresti conoscere bene Pierangelo V. visto che sei originario del suo stesso paese”
“Si” dico “ un amico di fanciullezza e adolescenza. Però ci siamo persi di vista”.
“Non è il solo del resto”, penso. Ed il passato, appallottolato come carta in un cestino, mi cancella un iniziale sorriso.
“Dai tempi dell’Università. Fine anni sessanta del secolo scorso, un bel po’“ aggiungo, affrettandomi come in un risveglio. “Qualche volta ci siamo incontrati, l’ultima circa quindici anni fa. Era sindaco e sono stato in Comune un paio di volte”.
Non lo dico, ma una sera l’ho anche intravisto in città. Ad un centinaio di metri. Entrava nel negozio di telefonini Tim-Telecom. Non ho fatto nulla per avvicinarmi. Se accorgendosi di me mi avesse riconosciuto, non so se si sarebbe fermato o se, per motivi diversi dai miei, mi avrebbe evitato.
“Si, immagino” dice Alberto, “ma per ciò che desidero sapere può bastare. Senti un po’ cosa mi hanno raccontato oggi...”
“Sentiamo” dico, non senza curiosità.
“Lui, come sai è assessore...”
“E’ vero”, dico, "lo so".
Alberto prosegue.
“Siamo in un periodo in cui le scuole sono impegnate ad apparire, più che a potenziare i loro contenuti reali ... ma lo sai meglio di me. Insomma, per farla breve, questo qui è stato presentato come esperto di non so che, ha parlato di non so che ( io non c’ero, mi è stato riferito ), e ad un certo punto si è messo a blaterare di fatti suoi. Ha detto di aver frequentato l’Università e di essere diventato ... Fi-si-co Nu-cle-à-re ! Io invece ero convinto che avesse solo il diploma di perito ... “ (Alberto ne è più che convinto); “...poi avrebbe dovuto emigrare in America per lavorare. Sai, la fuga di cervelli, e tutte quelle balle lì. Magari se lo fossero preso e tenuto! Be', lasciamo perdere. Lui nel frattempo, così ha raccontato ai poveri allievi delle medie inferiori, si era dedicato alla politica e, ...PER RAGIONI POLITICHE..., non ha potuto trasferirsi in America. Non lo volevano perché di idee di sinistra...
Purtròp par nuàltar, ma quést a gal zonti mi“5.
Quando vuole sottolineare un concetto Alberto usa il dialetto.
“Così ha abbandonato la fisica” prosegue.” Una fortuna, devo dire, per la fisica, e si è interamente dedicato alla politica. La fisica la s’è salvàda, ma la pulìtica no! al digh sémpar mi6. Non è stato il solo, non ad essere rifiutato o ignorato dall’America, cosa che sarebbe successa, ne sono sicuro, anche se fosse stato di destra, vist la testa ch’al ga7 , è una mia opinione si capisce, ma a dedicarsi alla politica. Che è, per i tipi come lui, una scalata a mini e maxi posti di potere e ale palànche su le scaràne8. Tu sai cosa prendiamo come insegnanti e, se vuoi, pròa a dar n’ucià ai stipendi di nòstar pulìtich e asesòr 9...”
Non dico nulla, ma automaticamente penso a chi ha avuto un’affermazione socio-economica migliore della mia. Un po' come quando in "Io e Annie", Alvin si chiede cosa stanno facendo i suoi compagni di scuola. Ecco quello che, con pizzico di troppo di boria, dice: “Dirigo una florida società di confezioni”; quindi un altro: “Io sono il presidente di una società di impianti idraulici”. Ma concludono altri due compagni. Il primo: “Io prima sono stato eroinomane, ora sono morfinomane”; la seconda: “Io batto il centro”. "Io faccio lo sconosciuto insegnante in una scuola secondaria di un anonimo paese di una provincia dimenticata", direi io. Una condizione raggiunta per necessità genetiche, penso, oltre che per una modesta tradizione famigliare. Ma per fortuna Epicuro insegnava che per essere felici bisogna vivere nascosti: “λάθε βιώσας” 10. Ed ammoniva il suo discepolo: “Se vuoi rendere felice Pitòcle non aumentarne gli averi, ma diminuiscine i desideri”. Con le parole si può sagomare qualsiasi concetto per giustificare filosoficamente quello che si è, finché se ne ha la forza.
Nelle parole di Alberto, non bisogna essere grandi psicologi per accorgersene, c’è un’indignazione vera, della quale intimamente gode come di una conferma delle proprie idee.
E’ nato, cresciuto e vive in un paese dove, da oltre cinquant’anni, comanda, nel suo piccolo, la sinistra. Per questo lui è di destra. Ha conosciuto uomini di sinistra o sedicenti tali, e si è accorto, a volte può essere andato oltre, ma non sempre, che tutti cercano “l’utile particulare” più che il bene generale.
A me non sembra una grande scoperta, e penso che bisogna meravigliarsi solo del contrario. Molti sedicenti di sinistra dove la sinistra comanda, sono i sedicenti di destra dove comanda la destra. Alberto è uno di destra dove comanda la sinistra e, forse, sarebbe di sinistra se comandasse la destra. Sa di essere un bastian contrario, come ha voluto ricordare in un intervento ad uno degli ultimi collegi docenti ( e nessuno, su quell’affermazione, l’ha contraddetto). Lui in testa ha una banderuola che si orienta come quella delle Caravelle di una serie di cinquecento lire d’argento degli anni sessanta: controvento. Parlare in un modo e razzolare in un altro, parlare del bene comune e pensare a se stessi, è pratica diffusa. A lui non va, a nessuno del resto, a parole. Ma i coerenti puri sono pochi e forse non esistono. Esistono approssimazioni, ma la totale corrispondenza tra ideali dichiarati e comportamento è quasi sempre un’utopia. Che le idee non corrispondano esattamente alla realtà è anche una caratteristica del pensiero scientifico. In politica c’è però chi ne approfitta troppo. Per Alberto chi si professa di sinistra è naturalmente predisposto a parlare in un modo e comportarsi in un altro. Io penso che le idee della sinistra siano più “umane” o, per lo meno, si siano sviluppate per rendere più solidali gli uomini. Si pongono l’obiettivo di aiutare i deboli. Cosa che la natura non fa spontaneamente. I più deboli devono soccombere: la natura è di destra. Ma l’essere di sinistra non è né una garanzia di maggiore umanità, come io auspicherei, né un inganno inevitabile, come pensa Alberto. L’uomo è una macchina strana e nulla, a priori, ne definisce univocamente i comportamenti.
Alberto sta ancora parlando, mentre io mi disperdo nelle solite considerazioni attorcigliate ed inconcludenti. Nella testa mi svolazzano pensieri di ogni sorta e devo ordinarmi di stare attento. Ora sta dicendo: ”...a me non sta bene che qualcuno vada a raccontare i fatti personali a dei ragazzini che possono anche credere alle fandonie dette, tra l’altro pagate con i nostri soldi”.
L’indignazione per quel millantato credito lo gratifica in un certo senso, perché gli conferma l’idea della disonestà intellettuale della parte politica che lui avversa.
Ora tace ed aspetta una mia risposta.
“Non ho mai saputo di una sua laurea in fisica nucleare” dico. ”Dopo il diploma, si era iscritto a chimica. Può darsi sia poi passato a fisica. Ma era il sessantotto e la politica, specie le idee di sinistra, lo affascinavano più delle lezioni di chimica. Contestavano “il sistema”, e ne evidenziavano contraddizioni e ingiustizie. C’era aria di unità tra deboli, speranza di libertà ed uguaglianza. Per alcuni essere di sinistra era una diretta conseguenza della loro condizione socio-economica, ma molti lo erano per moda. Alcuni seguirono strade assurde che portavano ad un male peggiore, molto, di quello che volevano combattere. In ogni campo, in ogni tempo, in ogni luogo, gli esaltati esistono. Altri, finita l’illusione, si sentirono emarginati; altri si adattarono ai canali tradizionali, accettando ciò che prima combattevano, chi a sinistra chi a destra.
Piero ha seguito la sinistra, rimanendo, almeno nominalmente, coerente. Che sia una strada che porta nella stessa piazza della strada percorsa da uno di destra, può darsi. Nella maggioranza prevale il tornaconto personale, razionalizzato, ma sempre ‘utile particulare’. E’ difficile distinguere, quando fare politica diventa un mestiere. Chi fa il meccanico e facendolo vive, magari anche discretamente, non cambia radicalmente lavoro. Ci sarà chi lo fa anche, per inseguire nuovi obiettivi. Statisticamente però la maggioranza continua la strada intrapresa e cerca di farsela piacere. Comportarsi così nei mestieri che, tradizionalmente, si fanno per guadagnarsi da vivere è, direi, normale.
La politica dovrebbe rispondere ad esigenze diverse. Nasce da idee, valori e sentimenti di giustizia sociale per i quali si lavora senza la prospettiva di un immediato guadagno materiale. Non nasce come mestiere, però lo diventa. Il tempo trasforma ed istituzionalizza le idee e l’attività correlata perde forza, diventa un lavoro come un altro. Tralasciando chi vi entra per puro interesse ( ci sono, e sono in aumento), si può entrare in politica per degli ideali, ma vi si rimane spesso per comodità. Gli ideali, come dire, evaporano. Rimangono, se rimangono, come substrato antico, ma prevale la concretezza del mestiere. Il loro grado di permanenza, potrebbe essere valutato solo in percentuale.
In una finta intervista Benigni parla di un suo fratello prete con il quale ha accese discussioni. “Perché lei non è un credente?” gli chiede l’intervistatore. “No, non io”, gli risponde Benigni. “Come?” gli chiede meravigliato l’intervistatore “lei non è il prete!” “Cosa c’entra, ” ribatte Benigni, ”mio fratello è prete da tanto tempo, e facendolo si guadagna da vivere. Non può mica, ora che ha una certa età, abbandonare di colpo tutto perché non crede più! Cosa farebbe? Lui sa dire messe, insegnare dottrina. Non può buttar via l’esperienza acquisita perché non crede! No, no, sono io che credo, io che non ho mai fatto il prete!".
Così la politica, anche per Piero, è diventata il suo mestiere.”
Alberto ha ascoltato, a volte sorridendo.
Io non so se credere o non credere alla verità del fatto da lui raccontato: spacciarsi per fisico nucleare senza esserlo, di fronte a dei ragazzini che non possono controllarne le affermazioni, ma che nemmeno ne sentono la necessità. Dico comunque ad Alberto che sono sorpreso ed abbastanza incredulo. Lui, del resto, non ne è un testimone diretto. Gli hanno riferito l’episodio, e nel racconto i fatti si modificano; possono assomigliare, ma sono un’altra cosa. I fatti si ricostruiscono in modo più o meno simile a come sono stati percepiti e, nel caso specifico, lo penso ma non lo dico, ci può essere stato qualcuno un po’ perfido, che sa che ad Alberto piace sentirsi raccontare episodi che ne eccitano l’indignazione; gli confermano le sue idee, quasi liberandolo dai pregiudizi che a volte teme di avere.
Ma mentre gli sto chiedendo: “Sei proprio sicuro che abbia affermato di essere laureato in Fisica nucleare? Potrebbe avere detto che avrebbe voluto laurearsi, ma che la politica è stata una passione più coinvolgente, magari anche più facile della fisica nucleare”, mi accorgo che forse penso che tutto sia avvenuto com’è stato riferito ad Alberto. Non so, mi sembra di voler scoprire in ogni evento il segno di un inevitabile debolezza che colpisce tutti.
“Ma dai, vedila così Alberto” continuo con un tono un po’ scherzoso, “non cercare un indottrinamento malizioso progettato da un uomo di sinistra. Pensa piuttosto ad una debolezza provocata da un sogno sfuggito, che i giovani sguardi pieni di futuro, hanno in lui rievocato. Un sogno di cui ha ricercato l’ebbrezza mai vissuta, forse a lungo fantasticata nei colloqui con se stesso, quando non era obbligato a dimenticare i compromessi accettati. Un abbandono alla nostalgia, credere per un attimo che una vita potesse ricominciare.”
“Va bene, capisco. Mettiamo pure che sia così” dice Alberto senza crederci.
Un attimo di silenzio, poi con una risatina un po’ ironica mi saluta: “Beh, grazie comunque. Ci vediamo domani. Ciao”
“Ciao” dico anch’io “A domani”.
Al click che interrompe la comunicazione, appoggio anche la mia cornetta.
La telefonata è finita. Ritorno a tavola per concludere la cena.
Sbuccio l’arancia nel silenzio della luce alogena del bianco lampadario metallico.
E quando mi dirigo verso il divano per osservare senza alcun interesse la televisione, partono i ricordi.
Note
- Oh, ecco il papà che è arrivato con le sue schifezze!
- Vediamo cos'ha comprato questa volta!
- Ma ci va qualche altro oltre a te?
- O sono là che aspettano te per non chiudere....Oh ecco che arriva, diranno quando ti vedono
- Purtroppo per noi, ma questo lo aggiungo io.
- La fisica si è salvata, ma la politica no!Lo dico sempre io
- visto la testa che ha
- ai soldi ed alle sedie
- prova a dare un'occhiata allo stipendio dei nostri politici ed assessori
- Vivi nascosto
- La scena del film IO e Annie citata
- Le cinquecento lire con bandiera controvento
Libro
il racconto è inserito anche in questo libro cartaceo