Introduzione
Scopo principale di questo articolo è la derivazione di un algoritmo per il calcolo delle funzioni di Bessel del primo tipo implementabile con facilità anche su dispositivi
aventi risorse di calcolo limitate. Nel caso specifico viene descritta l'implementazione su una calcolatrice tascabile TI-59 della Texas Instruments.
Il programma così realizzato consente di calcolare le componenti spettrali di un segnale modulato in fase o in frequenza (PM o FM) e la successiva rappresentazione grafica, per un dato
indice di modulazione m. E' necessaria la stampante PC-100C per la stampa dei risultati.
Una introduzione sui segnali modulati in frequenza, sulla definizione di indice di modulazione e l'uilizzo delle funzioni di Bessel del primo tipo per la derivazione dello spettro di un segnale FM è altresì descritta.
1 - Modulazioni di fase e di frequenza
La modulazione di frequenza (FM) è la codifica di informazioni in un’onda portante variando la frequenza istantanea dell’onda. La tecnologia è utilizzata nelle telecomunicazioni, nella radiodiffusione, nell’elaborazione del segnale e nell’informatica.
Nella modulazione di frequenza analogica, come la radiodiffusione, di un segnale audio che rappresenta voce o musica, la deviazione di frequenza istantanea, ovvero la differenza tra la frequenza della portante e la sua frequenza centrale, ha una relazione funzionale con l’ampiezza del segnale modulante.
La modulazione di frequenza e la modulazione di fase sono i due metodi principali complementari di modulazione angolare; la modulazione di fase è spesso utilizzata come passaggio intermedio per ottenere la modulazione di frequenza. Questi metodi sono in contrasto con la modulazione di ampiezza, in cui l’ampiezza dell’onda portante varia, mentre la frequenza e la fase rimangono costanti.
1.1 - Una breve premessa - la modulazione AM
Per la più semplice modulazione d’ampiezza è abbastanza facile capirne il meccanismo e la conseguente definizione di indice di modulazione. L’indice di modulazione AM è una misura basata sul rapporto tra le escursioni di modulazione del segnale RF e il livello della portante non modulata. È quindi definito come:
(1)
dove M e A sono rispettivamente le ampiezze del segnale modulante e della portante.
L’ampiezza di modulazione è il picco di variazione (positiva o negativa) dell’ampiezza della portante RF rispetto al suo valore non modulato. L’indice di modulazione è normalmente espresso in percentuale e può essere visualizzato su un indicatore collegato a un trasmettitore AM.
Quindi se m = 0,5, l’ampiezza della portante varia del 50% al di sopra (e al di sotto) del suo livello non modulato, come mostrato nella prima forma d’onda.
Per m = 1,0 varia del 100%.
Con una modulazione del 100% l’ampiezza dell’onda a volte raggiunge lo zero e questo rappresenta la modulazione completa utilizzando AM standard ed è spesso un obiettivo (per ottenere il rapporto segnale/rumore più elevato possibile) ma non deve essere superato.
L’aumento del segnale modulante oltre quel punto, noto come sovramodulazione, causa problemi a un modulatore AM standard, poiché le escursioni negative dell’inviluppo dell’onda non possono diventare inferiori a zero, con conseguente distorsione ("clipping") della modulazione ricevuta. I trasmettitori in genere incorporano un circuito limitatore per evitare la sovramodulazione e/o un circuito compressore (specialmente per le comunicazioni vocali) per avvicinarsi ancora al 100% di modulazione e ottenere il massimo rapporto S/N.
Per meglio chiarire il concetto, nella figura seguente è illustrato un segnale modulato in AM e il corrispondente spettro.
Con i valori indicati, l’indice di modulazione è
(2)
Per una modulazione al 100% (m = 1) l’ampiezza di ciascuna delle due bande laterali è la metà della portante (carrier). Ognuna delle due bande laterali è di 6dB al disotto del carrier o, altrimenti detto, ha una potenza di 1/4 della potenza della portante. Poiché la potenza della portante resta invariata, che sia modulata o meno, la potenza totale (nel caso di modulazione al 100%) è del 50% maggiore rispetto alla potenza della portante non modulata.
La modulazione AM è decisamente inefficiente: vediamone i motivi.
Uno svantaggio di tutte le tecniche di modulazione di ampiezza, non solo AM standard, è che il ricevitore amplifica e rileva rumore e interferenza elettromagnetica in proporzione uguale al segnale. Aumentare il rapporto segnale/rumore ricevuto, ad esempio, di un fattore 10 (un miglioramento di 10 decibel), richiederebbe quindi un aumento della potenza del trasmettitore di un fattore 10. Ciò è in contrasto con la modulazione di frequenza (FM) e la radio digitale in cui l’effetto di tale rumore dopo la demodulazione è fortemente ridotto fintanto che il segnale ricevuto è ben al di sopra della soglia per la ricezione. Per questo motivo la trasmissione AM non è favorita per la musica e la trasmissione ad alta fedeltà, ma piuttosto per le comunicazioni vocali e le trasmissioni (sport, notizie, ecc.).
L’AM è anche inefficiente nell’uso di energia; almeno due terzi della potenza sono concentrati nella portante, che non contiene nessuna delle informazioni originali trasmesse (voce, video, dati, ecc.). Tuttavia la presenza della portante fornisce un semplice mezzo di demodulazione usando il rilevamento dell’inviluppo per estrarre la modulazione dalle bande laterali. In alcuni sistemi di modulazione basati su AM, è richiesta una potenza di trasmissione inferiore tramite l’eliminazione parziale o totale della componente portante, tuttavia i ricevitori per questi segnali sono più complessi perché devono fornire un preciso segnale di riferimento di frequenza portante (solitamente spostato sulla frequenza intermedia) da una portante "pilota" notevolmente ridotta (nella trasmissione a portante ridotta o DSB-RC) da utilizzare nel processo di demodulazione.
Anche con la portante eliminata nella trasmissione a portante soppressa a doppia banda laterale, la rigenerazione della portante è possibile usando un anello Costas ad aggancio di fase. Questo non funziona per la trasmissione a portante soppressa a banda laterale singola (SSB-SC), portando al caratteristico suono "Paperino" da tali ricevitori quando leggermente disaccordati. L’AM a banda laterale singola è comunque ampiamente utilizzato nella radio amatoriale e in altre comunicazioni vocali perché ha potenza ed efficienza di larghezza di banda (dimezzando la larghezza di banda RF rispetto all’AM standard).
D’altro canto, nella trasmissione a onde medie e corte, l’AM standard con la portante completa consente la ricezione tramite ricevitori poco costosi. L’emittente compensa il costo della potenza extra aumentando i potenziali ascoltatori.
2 - La modulazione di fase e di frequenza
Nel caso della modulazione di fase o di frequenza le cose si fanno un po’ più complicate: come vedremo, l’indice di modulazione è definito in maniera molto differente rispetto a quanto visto per la modulazone AM, e anche i relativi spettri sono molto più complicati.
Chi utilizza abitualmente un analizzatore di spettro sa di cosa parlo. Addirittura, in certi casi lo spettro di un segnale modulato FM assomiglia in tutto e per tutto allo spettro di un segnale AM; in tali casi occorre prima eseguire una procedura (che non descrivo qui per non esulare troppo dall’argomento principale) per accertarsi che lo spettro visualizzato sia proprio quello di un segnale FM piuttosto che AM affinché le successive misurazioni (ampiezza, frequenza, ecc..) non siano completamente errate.
2.1 - La modulazione di frequenza
Per poter spiegare meglio come venga originato un segnale FM ho pensato di introdurre il seguente schema a blocchi, iper-semplificato, per illustrare passo-passo con chiarezza i passaggi che conducono all’espressione matematica finale di un segnale modulato in frequenza: Nello schema a blocchi:
- VPOWER imposta l’ampiezza (la potenza) del segnale in uscita verso l’antenna.
- VDC imposta la frequenza nominale della portante (carrier).
- vm(t) è il segnale modulante.
- vFM(t) è il segnale trasmesso.
E’ importante innanzitutto sottolineare che ω rappresenta una velocità angolare (o pulsazione) e non la frequenza. Matematicamente:
(3)
Se vm(t) = 0 in uscita si avrà solamente la portante non modulata (carrier), un segnale sinusoidale di frequenza fc, ωc è costante:
(4)
La pulsazione della portante è fissata dalla costante di modulazione Kω:
ωc = KωvDC (5)
Se vm(t) varia sopra e sotto zero volt (non necessariamente in modo sinusoidale) la frequenza dell’onda trasmessa varierà di conseguenza, sopra e sotto la frequenza della portante.
In altre parole, poiché il segnale di ingresso devia al di sopra e al di sotto dello zero, così la frequenza dell’onda trasmessa devierà al di sopra e al di sotto della frequenza della portante.
Questo è il significato di deviazione di frequenza: è l’ampiezza della deviazione della frequenza trasmessa rispetto alla frequenza della portante e questa è la corretta definizione che dovrebbe essere usata.
Per giungere passo dopo passo all’espressione finale di un segnale modulato in frequenza, partiamo dal segnale trasmesso:
vFM(t) = Vccos(θ(t)) (6)
Se non vi è modulazione, θ(t) = θc = ωct. Se invece vi è un segnale modulante, θ(t) non è più costante. Riprendiamo l’espressione 3 e ricaviamo θ(t):
(7)
ω(τ) è la velocità angolare (pulsazione) istantanea di vFM(t). Sostituendo nella [ 6 ] otteniamo:
(8)
Essendo
(9)
si ricava:
(10)
L’integrando nell’argomento del coseno è la deviazione in frequenza dalla portante. vm(t) è spesso una funzione arbitraria (come nel caso di segnali audio), quindi per semplicità utilizziamo un semplice segnale sinusoidale:
(11)
In tal modo otteniamo:
(12)
ed infine, integando:
(13)
Il termine
(14)
è la deviazione angolare (o fase se si preferisce) istantanea dell’onda tramessa rispetto alla fase della portante.
Il termine KωVm rappresenta la massima deviazione; la definiamo col simbolo:
(15)
Se è la massima frequenza del segnale modulante, si definisce l’indice di modulazione come:
(16)
Dove Δfp è la massima (di picco) deviazione di frequenza rispetto alla frequenza della portante, mentre fm indica la massima frequenza utilizzata dal segnale modulante.
È importante rendersi conto che questo processo di integrazione della frequenza istantanea per creare una fase istantanea è molto diverso da ciò che il termine "modulazione di frequenza" implica ingenuamente, vale a dire l’aggiunta diretta del segnale modulante alla frequenza portante:
(17)
che darebbe luogo a un segnale modulato con minimi e massimi locali spuri che non corrispondono a quelli della portante.
2.2 - La modulazione di fase
E’ istruttivo esaminare brevemente l’altro tipo di modulazione di cui si era accennato in precedenza: la modulazione di fase. Come il nome suggerisce, in questo caso è la fase istantanea della portante che viene modulata dal segnale vm. Con la simbologia adottata fin qui, una possibile espresssione per una modulazione di fase sarebbe:
(18)
Il termine è chiamata deviazione di fase. In pratica, nella modulazione di fase, PM, la fase della portante varia seguendo il segnale modulante.
L’indice di modulazione in questo caso è definito come:
m = Δθp (19)
dove θp = KωVm è la deviazione di picco massima della fase.
Vale la pena notare che le equazioni (13) e (18) sono della stessa forma, eccettuato il termine 1 / ωm che compare nella (13). La principale differenza tra PM e FM è che che la PM, per frequenze della modulante relativamente alte, ha una deviazione maggiore se comparata alla FM.
La figura che segue mostra come apparirebbero i segnali per i due tipi di modulazione; si noti che la la forma d’onda modulata in fase appare come una modulazione di frequenza dell’integrale del segnale modulante. Ciò discende dal fatto che la pulsazione istantanea è la derivata della fase (eq. 3) o, viceversa, la fase è l’integrale della pulsazione istantanea (eq.7). Dato che per segnali di tipo seno o coseno l’integrazione o la derivazione implicano semplicemente uno sfasamento della forma d’onda, i segnali PM o FM sono identici, salvo che la deviazione appare in tempi differenti.
- Rappresentazione nel dominio del tempo delle modulazioni PM e FM
Va infine fatto notare che i termini pulsazione istantanea, frequenza istantanea, sin qui usati, non sono la stessa cosa della frequenza in una rappresentazione dello spettro del segnale, che mostra invece le singole componenti spettrali sull’asse delle ascisse.
2.3 - Indici di modulazione PM e FM
Confrontando le definizioni degli indici di modulazione per PM e FM, diviene evidente il fatto che per la modulazione di fase, la deviazione (e quindi l’indice di modulazione) è proporzionale all’ampiezza del segnale modulante, mentre per la modulazione di frequenza l’indice di modulazione è direttamente proporzionale all’ampiezza della modulante e inversamente proporzionale alla frequenza della stessa.
Ricapitoliamo per meglio mettere a fuoco i concetti fin qui espost; cambiamo la notazione per avere maggiore concisione e consentire al lettore di riflettere ulteriormente.
Dato un segnale con inviluppo costante e fase variabile nel tempo:
(20)
Definiamo l’angolo totale istantaneo come:
(21)
possiamo allora riscrivere la (20) in questo modo, più compatto:
(22)
e possiamo dire che se θc(t) contiene l’informazione di un generico segnale modulante vm(t), abbiamo un processo che si chiama modulazione d’angolo o esponenziale.
Per un generico segnale modulante vm(t) possiamo avere modulazione di fase, così definita:
(23)
e di conseguenza otteniamo il segnale modulato:
(24)
L’ultima espressione mostra chiaramente che la fase istantanea varia in proporzione al segnale modulante; la costante φΔ rappresenta la massima deviazione di fase prodotta dal segnale vm(t), assumendo che sia sempre . La limitazione che sia
è analoga alla restrizione
per la modulazione d’ampiezza.
Se invece riprendiamo l’espressione (21) possiamo definire una frequenza istantanea così:
(25)
e di conseguenza definire la modulazione di frequenza in tal modo:
(26)
dimodoché la frequenza istantaea varia in modo proporzionale al segnale modulante vm(t). fΔ è una costante di proporzionalità, chiamata deviazione di frequenza e rappresenta il massimo scostamento di f(t) rispetto alla frequenza della portante e non è altro che l’espressione (15) scritta in forma diversa.
Si noti che, nonostante la nomenclatura usuale, PM e la FM hanno entrambe fase e frequenza variabili (nel tempo), come evidenziato dalla [Tabella 1]. Ciò implica che, tramite l’utilizzo di reti integratrici e derivatrici, un modulatore di fase può generare una modulazione di frequenza e viceversa.
Fase istantanea | Frequenza istantanea | |
φ(t) | f(t) | |
PM | φΔvm(t) | ![]() |
FM | ![]() | fc + fΔvm(t) |
[Tabella 1]
Di fatto, nel caso di una modulazione con un semplice tono sinusoidale, risulta praticamente impossibile distinguere una modulazione PM da una FM.
3 - Rappresentazione nel dominio delle frequenze di un segnale FM
3.1 - Le funzioni di Bessel
A questo punto si impone una breve digressione per introdurre le funzioni di Bessel, necessarie per la susseguente discussione sullo spettro di un segnale FM. E’ generalmente risaputo che le funzioni trigonometriche sinθ e cosθ sono soluzioni dell’equazione differenziale:
(27)
In maniera simile, le funzioni di Bessel sono soluzioni dell’equazione differenziale del tipo:
(28)
dove p è una costante.
Mentre le sinusoidi ci appaiono semplici e ben conosciute, le funzioni di Bessel possono apparire alquanto misteriose. Non è così, come vedremo, e anche se non spiegheremo la loro origine e derivazione, una discussione sul loro significato e terminologia risulterà molto utile.
Cone la soluzione dell’equazione (27) consiste in due funzioni, seno e coseno, così la soluzione dell’equazione (28) consiste in due funzioni, chiamate appunto funzioni di Bessel del primo tipo e del secondo tipo. A noi per ora interessano le funzioni di Bessel del primo tipo, usualmente designate con la lettera J (quelle del secondo tipo sono designate con la lettera Y); è un po’ come dire, per le funzioni trigonometriche, che noi siamo interessati solo ai coseni.
Con il coseno siamo abituati ad avere due parametri associati, ω e t. Analogamente vi sono due parametri, chiamati ordine e argomento, associati alle funzioni di Bessel. Nel linguaggio usato quando si parla di funzioni di Bessel, cosωt si chiamerebbe funzione trigonometrica circolare del primo tipo di ordine ω e argomento t; sinωt sarebbe una funzione trigonometrica del secondo tipo di ordine ω e argomento t.
Mentre nelle funzioni trigonometriche circolari l’ordine e l’argomento compaiono come prodotto, nelle funzioni di Bessel essi sono separati come segue: Jp(t) significa funzione di Bessel del primo tipo di ordine p e argomento t. Come per le funzioni circolari, non c’è limite al valore che può assumere l’ordine e inoltre non è ristretto ai soli valori interi, anche se comunque per la nostra specifica analisi della modulazione FM ci interesseranno solo valori multipli interi dell’ordine p.
Le funzioni di Bessel hanno un andamento ondulatorio ma, rispetto alle comuni funzioni trigonometriche circolari, il periodo, misurato tra gli attraversamenti dello zero, non è costante, così come non è costante la loro ampiezza. Il grafico che segue mostra l’andamento dei primi cinque ordini delle funzioni di Bessel del primo tipo.
- Figura 4 - Funzioni di Bessel del primo tipo.
I valori delle funzioni di Bessel sono molto più complessi da calcolare rispetto alle comuni funzioni trigonometriche: il risultato è generalmente ottenuto tramite una sommatoria di infiniti termini
(29)
Le fuzioni di Bessel e le funzioni trigonometriche sono intimamente correlate; ad esempio, per valori molto grandi dell’argomento t,
(30)
cioè più grande è l’argomento t più le funzioni di Bessel rassomigliano a una funzione circolare. Ma le funzioni di Bessel e quelle circolari trigonometriche sono anche intimamente correlate l’una con l’altra, dato che esistono le fondamentali relazioni:
(31)
(32)
3.2 - Funzioni di Bessel e spettro FM
Nel nostro particolare caso di analisi di una modulazione in frequenza (FM) è rilevante il fatto che una sinusoide con un angolo di fase modulato sinusoidalmente si può espandere come una sommatoria di cosinusoidi con coefficiente le funzioni di Bessel:
(33)
(34)
(35)
(36)
Ritornando alla modulazione di frequenza, riscriviamo l’espressione per una modulazione FM:
(37)
Applicando le precedenti 4 equazioni e dopo svariate manipolazioni algebrico-trigonometriche, si può ottenere la rappresentazione dell’espressione(37) come una serie infinita di sinusoidi con coefficienti di Bessel:
(38)
Esaminando l’equazione(38) risultano evidenti alcune peculiarità:
- Lo spettro di un segnale FM è costituito da una serie discreta di sinusoidi.
- Tali sinusoidi compaiono alla frequenza fc della portante più bande laterali a sinistra e a destra di fc regolarmente spaziate della quantità fm, la frequenza del segnale modulante.
- Le bande laterali si estendono all’infinito, cioè lo spettro di un segnale FM ha una distribuzione di frequenze infinita.
- L’ampiezza della portante e quella delle varie bande laterali sono determinate dal prodotto dell’ampiezza originaria della portante Vc e un valore della funzione di Bessel. L’ordine della funzione di Bessel corrisponde al numero della banda laterale, con la portante avente il numero zero. L’argomento delle funzioni di Bessel è l’indice di modulazione
- Poiché l’ampiezza della portante è moltiplicata per il fattore J0(m) ne consegue che l’ampiezza della portante modulata è più piccola di quella di una portante non modulata. Di fatto l’ampiezza della portante può ridursi fino ad annullarsi: in gergo viene chiamato carrier null e si verifica per quei valori per cui J0(m) = 0. Il primo nullo della portante si ha per m = 2.4, come si può desumere dal primo zero crossing in figura 4. Questi punti di null sono di grande utilità durante le misure di uno spettro FM (con un analizzatore di spettro), ad esempio per determinare la massima deviazione.
Va fatto notare che la FM è un processo ad energia costante: l’energia viene sottratta alla portante per essere fornita alle bande laterali; detto altrimenti, l’energia di un segnale FM è costante, indipendentemente dall’indice di modulazione. Per confronto, in una modulazione AM, l’ampiezza della portante è costante e il processo di modulazione aggiunge energia al segnale finale.
La figura 5 mostra un tipico spettro FM. Vi sono due punti importanti da notare: primo, poiché un analizzatore di spettro non rileva la fase delle componenti del segnale ad esso applicato, lo spettro del segnale stesso appare come in figura 5-(B), mentre lo spettro reale sarebbe come in figura 5-(A). Si noti infatti che le bande laterali inferiori dispari sono negative, indicando uno sfasamento di ; ciò è in accordo con l’equazione 38 dove si nota l’alternanza dei segni - e + associati alle bande laterali dispari.
3.3 - Occupazione di banda di un segnale FM
Nella pratica lo spettro di un segnale FM non è infinito: le bande laterali, oltre un certo limite, divengono trascurabili, dipendentemente dal valore di m. Possiamo determinare la banda necessaria contato il numero di bande laterali significative; con significative intendiamo le bande laterali che abbiano un’ampiezza di tensione pari o superiore all’1 % () della portante non modulata o, equivalentemente, una potenza pari o superiore allo 0.01 % di quella della portante non modulata.
Dato che per la modulazione di frequenza l’indice di modulazione m dipende sia dall’ampiezza che dalla frequenza del segnale modulante, è istruttivo comparare le due figure seguenti:
- Figura 6 - Spettro FM (segnale modulante di frequenza fissa fm, ampiezza della modulante variabile). (a) m = 0.2; (b) m = 1;(c) m = 5;(d) m = 10
- Figura 7 - Spettro FM (segnale modulante con Δfc fissa, fm decrescente). (a) m = 5; (b) m = 10;(c) m = 15;(d)
Dalle due figure si possono dedurre due importanti fatti:
- Per indici di modulazione molto piccoli (m < 0.2) si ottengono due sole bande laterali significative (una a destra e una a sinistra); lo spettro è simile a quello di un segnale modulato AM e la largezza di banda occupata è 2fm.
- Per indici di modulazione molto grandi (m > 100) la banda occupata è
.
Per i casi intermedi occorre contare le bande laterali significative. É interessante confrontare la figura 6-c con la figura 7-a: l’indice di modulazione è lo stesso e apparentemente sembrano identiche; di fatto la differenza risiede nella diversa frequenza di modulazione, fm. Si può cioé ottenere lo stesso andamento spettrale (si noti bene, non lo stesso spettro) variando Δf oppure fm. Le due figure seguenti mostrano due schermate di analizzatore di spettro, la prima con m = 0.2, la seconda con m = 95.
- Figura 8 - 50 MHz carrier modulata con
. 10 kHz/div, 10 dB/div, resolution bandwidth B = 1 kHz.
- Figura 9 - 50 MHz carrier modulata con
. 50 kHz/div, 10 dB/div, resolution bandwidth B = 100 Hz.
La figura 10 mostra graficamente la banda necessaria per trasmettere un segnale FM con bassa distorsione in funzione dell’indice di modulazione m.
- Figura 10 - Occupazione di banda in funzione dell'indice di modulazione m
Per trasmissioni puramente vocali, una banda audio più stretta e un maggior grado di distorsione sono tolllerati: si possono trascurare tutte le bande lateriali con meno del 10% (-20 dB) di ampiezza di tensione rispetto alla portante. La banda necessaria può essere calcolata approssimativamente con la seguente formula , :
(39)
conosciuta anche come Regola di Carson che però è da ritenersi sufficientemente valida solo se oppure
. Sfortunatamente la maggior parte delle trasmissioni FM hanno 2 < m < 10 avendo come conseguenza che la regola di Carson fornisce un valore di banda sottostimato. In questo caso un’approssimazione migliore è data da :
(40)
Tutte le discussioni fatte sin qui riguardo allo spettro FM e l’occupazione di banda si sono basate sull’assunzione di una modulazione a tono singolo; l’estensione dell’analisi con segnali modulanti più complessi e realistici richiederebbe una trattazione enormemente più complessa. Comunque l’analisi con tono singolo fornisce ugualmente informazioni utili, come si può vedere dall’esempio che segue.
3.3.1 - Un esempio pratico
Una stazione commerciale FM ha una ΔfPEAK (determinata dall’ampiezza del segnale modulante) di 75 kHz; la massima frequenza modulante è di 15 kHz.
Con questi dati abbiamo che l’indice di modulazione m è pari a 5 e lo spettro risultante avrà 8 (coppie di) bande laterali significative; si può quindi calcolare la banda di trasmissione necessaria così: . Per frequenze di modulazione inferiori a 15 kHz (assumendone invariata l’ampiezza) l’indice di modulazione aumenta oltre 5 e la banda richiesta tende a raggiungere il valore 2ΔfPEAK = 150kHz (si veda il grafico in figura 10) per frequenze di modulazione molto basse.
3.4 La FM commerciale in pratica
200 kHz è la larghezza di banda del canale per le stazioni FM commerciali, che include due bande di guardia da 25 kHz, una nella parte alta e l’altra nella parte bassa del canale. Al trasmettitore non è consentito variare di più di +/- 75 kHz, per una larghezza di banda di 150 kHz. Tuttavia, la FM a banda larga produce infinite bande laterali ma fortunatamente solo le prime 6-8 bande laterali hanno una potenza sufficiente a causare interferenze. Lo spostamento della frequenza portante è determinato dal livello della modulazione (segnale audio).
La massima frequenza audio che può essere trasmessa in FM commerciale è 15 kHz e la massima variazione di frequenza della portante è 75 KHz per un indice di modulazione di 5 (definito come variazione della frequenza portante/frequenza modulante = 75 kHz/15 kHz).
Un indice di modulazione di 5 produce 7 bande laterali superiori e inferiori significative; 7 bande laterali superiori e inferiori significano che la larghezza di banda del canale dovrebbe essere 210 kHz (). Poiché la maggior parte dell’audio non avrà mai una grande componente di 15 kHz, un canale da 200 kHz è stato ritenuto sufficiente.
4 - Due differenti punti di vista
Molte persone hanno difficoltà ad accettare la validità dei risultati derivati dall’anali spettrale perché molti di questi risultati sembrano contrari al senso comune; vale la pena trattare il caso specifico della FM, di particolare interesse perché maggiormente si evidenzia il paradosso tra la distribuzione spettrale e il senso comune. Si consideri la modulazione di frequenza lineare come quella ottenuta da una portante sinusoidale modulata con un segnale a dente di sega. La relazione tempo/frequenza per il segnale FM è mostrata nella figura 11-A sottostante
- Figura 11 - Spettro tipico di un segnale FM
La portante avente frequenza F è fatta variare la sua frequenza in modo lineare da F − ΔF a F + ΔF, dove ΔF è ciò che normalmente chiamiamo la deviazione di picco. Questo processo viene ripetuto ogni T secondi o, detto altrimenti, con frequenza f = 1 / T.
Non è richiesta alcuna conoscenza della teoria FM per concludere che durante l’intervallo di tempo T il segnale FM attraversa ogni frequenza tra F − ΔF e F + ΔF. Inoltre, è evidente dalla figura 11-A che non ci sono componenti di frequenza al di fuori dell’intervallo F − ΔF F + ΔF. Questa logica è alla base della tecnica rilevazione della risposta in frequenza mediante un segnale di sweep, utilizzando un oscilloscopio oppure un analizzatore di spettro. Con questa procedura le caratteristiche di trasferimento dei circuiti, come i filtri, vengono ottenute immettendo un segnale FM di ampiezza costante nel circuito in prova e osservandone la risposta in uscita. Poiché si presume che tutte le componenti di frequenza siano ugualmente presenti all’ingresso del circuito entro i limiti della deviazione FM, ne consegue che qualsiasi variazione nell’ampiezza di uscita è dovuta al circuito. Quindi, la curva di risposta caratteristica del circuito è facilmente ottenibile.
Consideriamo ora un’analisi tipica nel dominio della frequenza dello stesso segnale FM. Questo risultato è mostrato nella figura 11-B. Qui, la teoria ci dice che l’onda FM è composta da specifiche componenti di frequenza e niente nel mezzo. Queste sinusoidi, che compongono l’onda FM, sono costituite da una componente portante e da bande laterali distanziate su entrambi i lati della portante con una spaziatura di frequenza f = 1 / T.
Le due descrizioni dell’onda FM fornite nelle figure 11-A e 11-B sembrano essere in conflitto in due punti:
1) La figura 11-A indica che tutte le frequenze tra F − ΔF e F + ΔF sono presenti, la figura 11-B indica che c’è energia solo a frequenze ben definite e niente altrove.
2) Per contro, mentre è chiaro dalla figura 11-A che non esiste energia al di fuori dell’intervallo tra tra F − ΔF e F + ΔF, è altrettanto ovvio dalla teoria FM vista in precedenza che le bande laterali possono estendersi indefinitivamente.
Abbiamo quindi il paradosso che l’analizzatore di spettro sembra indicare che non c’è nulla dove la logica dice che dovrebbe esserci qualcosa e, al contrario, l’analizzatore di spettro indica energia a frequenze dove logicamente non dovrebbe esserci nulla. In realtà, entrambe le interpretazioni sono corrette perché si applicano a circostanze diverse. Innanzitutto, si dovrebbe riconoscere che per una discussione costruttiva è necessario considerare il comportamento circuitale perché, in ultima analisi, c’è solo un modo per determinare se c’è o non c’è energia a una frequenza specifica e questo è tramite una misurazione utilizzando apparecchiature reali composte da circuiti fisici.
La domanda da porci è: qual è la differenza tra i circuiti impliciti nei due approcci mostrati nelle figure 11-A e 11-B e perché questi diversi circuiti forniscono risultati diversi nel dominio della frequenza per FM?
C’è un solo modo con cui un analizzatore di spettro (analogico) è fatto per risolvere o visualizzare individualmente le componenti di frequenza separati di un segnale: rendendo la larghezza di banda di risoluzione del suo filtro interno (resolution bandwidth) più stretta della separazione di frequenza tra le varie componenti spettrali del segnale. Quindi, la differenza è che la figura 11-A implica un circuito a banda relativamente larga mentre la figura 11-B implica un circuito a banda relativamente stretta. Questi circuiti danno risultati diversi perché in un caso la risposta transitoria è trascurabile mentre nell’altro caso gran parte dell’output è dovuta esclusivamente al transitorio. Una risposta transitoria non necessariamente ha breve durata. Quando si ha a che fare con circuiti a banda stretta ed alto Q, la durata del transitorio può essere piuttosto lunga. Quindi, è logico che la risposta transitoria di un filtro a banda stretta dovrebbe contribuire di più al segnale totale in uscita rispetto a un filtro a banda larga.
Ora, consideriamo il fatto che lo stimolo al filtro venga ripetuto ogni T secondi: ciò implica che la risposta transitoria, qualunque siano le sue caratteristiche, venga ripetuta a intervalli di T secondi. Se il filtro ha una costante di tempo tale che la risposta transitoria non si attenui troppo in T secondi, ne consegue che l’output transitorio non scompare mai poiché viene rigenerato in un intervallo di tempo più breve di quello necessario per estinguersi.
Le costanti di tempo dei filtri fondamentalmente sono inversamente proporzionali alla larghezza di banda. Quindi, se la larghezza di banda del filtro è sufficientemente stretta da separare le diverse componenti di frequenza - il che significa che la larghezza di banda è inferiore al tasso di variazione della frequenza FM, f - ne consegue che la costante di tempo è dell’ordine di T e il transitorio viene ricostituito più velocemente di quanto tenda ad esaurirsi.
Senza addentrarci nei particolari, l’uscita di un filtro a banda stretta con un ingresso FM ha energia solo a frequenze discrete. Mentre l’ingresso è costituito da un segnale variabile nel tempo che attraversa tutte le frequenze tra F − ΔF e F + ΔF l’uscita di un filtro a banda stretta, costituito dalla risposta combinata del transistorio e dello stato a regime, mediata su un ciclo FM dell’intervallo T, non contiene energia se non alle frequenze indicate dalla teoria dei segnali FM.
A tutte le frequenze, tranne quelle "particolari”, le correnti scorrono nel filtro in modo tale che in media non vi sia alcun trasferimento di energia. Inoltre, se il filtro a banda stretta è al di fuori dell’intervallo di frequenza dell’ingresso, è comunque possibile ottenere un segnale in uscita. Questo perché un filtro risponderà con un transitorio a un ingresso al di fuori del suo intervallo di frequenza. Normalmente, il transitorio si attenua molto rapidamente e può essere ignorato. Tuttavia, se lo stimolo viene ripetuto con una frequenza sufficientemente elevata e vicina alla frequenza del filtro, si ottiene ciò che sembra un input continuo. Ciò è analogo a un’oscillazione stimolata in sincronismo con la frequenza naturale del filtro, che determina oscillazioni continue di grandi dimensioni. Quando la larghezza di banda del filtro è ampia, rispetto alla frequenza FM, la risposta transitoria è trascurabile, quindi l’uscita ha le stesse caratteristiche di frequenza dell’ingresso. Non è nostra intenzione risolvere la questione se le componenti spettrali siano una parte del segnale o siano generate dal circuito. La cosa importante da ricordare è che i circuiti reali, fisicamente realizzabili, lineari e tempo-invarianti (LTI) si comportano come se le componenti spettrali esistessero, e questo è ciò che vogliamo che l’analizzatore di spettro mostri.
5 - Calcolo numerico delle funzioni di Bessel
5.1 - Bessel function identity e formula ricorsiva
Una importante relazione per le funzioni di Bessel del primo tipo è:
(41)
La sommatoria può essere spezzata in due parti e riarrangiando i termini si ottiene:
(42)
Ne consegue che, se le ampiezze delle prime n bande laterali sono note, si può ricavare la potenza nelle rimanenti bande laterali, poiché la potenza è proporzionale al quadrato dell’ampiezza. La funzione di Bessel del primo tipo può essere calcolata mediante la sommatoria di infiniti termini:
(43)
sembrerebbe quindi abbastanza facile implementare direttamente tale calcolo mediante computer o calcolatore programmabile. In realtà, per valori di m maggiori di 10, sorgono problemi di calcolo a causa delle piccole differenze tra grandi numeri che ricorrono se si usa l’espressione 43. Nella tabella in figura 7 si può osservare l’andamento del calcolo dei coefficienti Ti per n = 0 e m = 20.
- Figura 7 - Calcolo dei coefficienti Tn.
Come si può vedere, all’aumentare di n i coefficienti Ti divengono via via più piccoli, con sempre meno cifre significative. Rifacendo i calcoli utilizzando la notazione scientifica non migliora le cose (in un calcolatore la rappresentazione interna di un numero in floating point è già con mantissa ed esponente) e il problema rimane: a causa degli errori di arrotondamento che si accumulano durante la sommatoria, non è possibile scendere al disotto di un limite per Ti per il quale le cifre significative siano sufficienti. Utilizzando il metodo diretto della sommatoria si ottiene per J0(20) il valore di 0.166021646. La risposta corretta sarebbe 0.1670246646, calcolata con un metodo meno veloce e meno diretto mostrato di seguito . La relazione di ricorsione per le funzioni di Bessel del primo tipo è:
(44)
Tutte le funzioni di Bessel tendono asintoticamente a zero per ordini (n) grandi e si può sfruttare tale caratteristica per facilitare i calcoli. Se si pone Ti + 2(m) = 0 e Ti + 1(m) = 10 − 9 la relazione di ricorsione può essere eseguita a ritroso per giungere a un risultato proporzionale a J0(m).
Abramowitz e Stegun [1,2] , hanno ricavato un’espressione per calcolare l’indice minimo da cui partire a ritroso e la costante di proporzionalità per J0(m) cioè dato
(45)
allora l’indice minimo di partenza è
(46)
che per n = 0 si può ridurre a:
(47)
dove
(48)
e int() significa la parte intera dell’espressione.
La costante di proporzionalità è data da:
(49)
I primi due valori delle funzioni di Bessel sono dati da:
(50)
(51)
Noti J0(m) e J1(m) si può applicare la formula di ricorsione 44 e calcolare tutti i valori delle funzioni di Bessel di ordine superiore desiderati.
6 - Programma per la TI-59
Occorre dapprima ripartizionare la memoria, così: [5] [2nd] [Op] [1] [7] ; sul display apparirà ”559.49” che indica che ora sono disponibili 560 passi di programma e 50 registri dati.
6.1 - Listato del programma
Dopo aver inserito il programma e aver verificato il suo corretto funzionamento, lo si può salvare su schede magnetiche; il programma occupa 3 banchi di memoria, quindi occorreranno due schede magnetiche (ogni scheda può registrare due banchi di memoria). Occorre dapprima ripartizionare la memoria nella sua condizione di default all’accensione, ovvero 479.59 , così: [6] [2nd] [Op] [1] [7]; sul display apparirà ”479.59”. Si digita [1],quindi [2nd] [Write]e si inserisce la scheda; dopo la scrittura sul display deve comparire ”1”; se compare un altro valore oppure il display lampeggia significa che si è verificato un errore di scrittura e la procedura va ripetuta. Ripetere l’operazione per i banchi 2 e 3. NOTA: per una corretta scrittura delle schede magnetiche è importante disabilitare il numero fisso di decimali dopo la virgola e la notazione esponenziale ingegneristica; si prema [INV] [2nd] [Fix] [INV] [2nd] [Eng]prima di procedere.
6.2 - Registri utilizzati
Registro | Utilizzo | Registro | Utilizzo | Registro | Utilizzo |
---|---|---|---|---|---|
R00 | Ti | R01 | Ti + 1 | R02 | Ti + 2 |
R03 | indice, i oppure n | R04 | ![]() | R05 | k |
R06 | 2 / m | R07 | 3m / 2 | R08 | Usato |
R09 | Copia di R08 | R10 | Jn | R11 | J(n − 1) |
R12 | J(n − 2) | R13 | ![]() | R14 | ![]() |
R15 | Usato dalla routine di stampa spettro | R16 | Usato dalla routine di arrotondamento a intero | R17 | max(Jn) |
R18 | Non usato | R19 | Non usato | R20 | J0(m) |
R21..Rnn | valori da J1 a ![]() |
6.3 - Uso
Dopo aver caricato il programma (eventualmente leggendolo da schede magnetiche) esso va dapprima inizializzato premendo il tasto [E]; si digita quindi il valore dell’indice di modulazione m e si preme [A].
Viene dapprima stampato il valore dell’indice di modulazione inserito, seguito dalla scritta ”MIDX’ a destra; dopodiché il programma inizia la procedura di calcolo a ritroso descritta in precedenza, quindi procede a calcolare e stampare i coefficienti Jn(m).
Per J0(m) viene stampato ”0.00”, il valore di J0(m) e il valore di ; di seguito vengono stampati in successione l’ordine n, ll valore di Jn(m) e la potenza residua nelle bande laterali successive (in dB).
Il programma termina quando una delle due seguenti condizioni è verificata:
a) la potenza residua è oppure
b) viene raggiunto il massimo ordine n calcolabile (nMAX = 29).
In quest’ultimo caso il limite è imposto dal numero di registri dati disponibili: J0 è memorizzato in R20 e via via procede fino a raggiungere J29 che è memorizzato nel registro R49.
Se si desidera anche la stampa della distribuzione spettrale, si prema [R/S] dopo che il programma, terminata la stampa dei valori di Jn, si è arrestato.
Per iniziare un nuovo calcolo con un differente valore di m, digitare il nuovo valore e premere [A].
Il programma può essere arrestato in qualsiasi momento premendo semplicemente [R/S]; in tal caso non sarà però possibile la stampa del grafico e il programma va reinizializzato inserendo un nuovo valore per m e quindi premendo [A]. Il semplice riavvio tramite [R/S] può non dare risultati corretti.
Si tenga presente che il programma utilizza la notazione esponenziale ingegneristica e il fissaggio a due decimali dopo la virgola; tali impostazioni permangono anche una volta terminato il programma. Se si desidera eliminarle, si usi la sequenza [INV] [2nd] [Fix] [INV] [2nd] [Eng] (si veda anche il paragrafo sulla scrittura delle schede magnetiche).
6.4 - Esempi
6.4.1 - Modulazione di fase
La portante a 400 MHz di un sistema satellitare è modulata in fase con un segnale sinusoidale di 400 Hz, avendo come effetto una devizione di fase di picco di 60 gradi. Determinare l’indice di modulazione e l’ampiezza delle bande laterali.
L’indice di modulazione è la modulazione di fase di picco espressa in radianti: Inserendo tale valore nel programma si ottiene il seguente risultato:
Si può vedere come il della potenza sia contenuta nella portante e nelle prime due bande laterali, la rimanente potenza nelle restanti bande laterali essendo
pari a circa lo
.
6.4.2 - Modulazione di frequenza
Determinare le componenti spettrali di una trasmissione commerciale FM che trasmette un segnale di 15 kHz, con una deviazione di frequenza massima di 75 kHz.
L’indice di modulazione è
Si ottiene la stampa seguente:
In questo caso metà della potenza è impegnata nelle prime 3 bande laterali (si esamini la stampa di J3: la potenza residua da J4 in avanti è ) mentre il
della potenza è contenuta nella portante e nelle prime 6 bande laterali.
Per la determinazione della massima occupazione di banda, riprendendo i concetti esposti al paragrafo 3.3, possiamo agevolmente osservare che le bande laterali significative sono le prime otto (coppie), dato che il termine J8 riporta -41.7 dB per la potenza nelle bande laterali residue.
Appendice - un semplice programma in BASIC
Per chi non possieda una calcolatrice TI-59, riporto di seguito una semplice implementazione dell'algoritmo discusso in precedenza. Il programma è stato scritto e provato utilizzando il QuickBasic 4.5 della Microsoft, giusto per restare in tema di retrocomputing..
DECLARE FUNCTION Log10# (x#) DEFINT I DEFDBL A-Z CLS ' ti1 is ti+1, ti2 is ti+2 ' jn,jn1 nd jn2 are Jn, Jn-1 and Jn-2 respectively ti# = 0 ti1# = 1E-09 ti2# = 0 t2j# = 0 INPUT "Enter modulation index: ", m TwoOverM = 2# / m z = m * 1.5 ' calculate imin imin = INT((z ^ 2 + 17 * z + 12) / 2 / (z + 2)) * 2 PRINT "imin = ", imin FOR i = imin TO 0 STEP -1 ti = ti1 * (i + 1) * TwoOverM - ti2 IF i <> 0 AND (i MOD 2) = 0 THEN t2j = t2j + ti END IF ti2 = ti1 ti1 = ti NEXT i ' ti ora contiene t0 k = t2j * 2 + ti jminus2 = ti / k jminus1 = ti2 / k halfpower = (1 - jminus2 ^ 2) / 2 sumjnsquared = jminus1 ^ 2 PRINT PRINT USING "J0 = ###.##^^^^"; jminus2 PRINT USING "(1-J0^2)/2 = ###.##^^^^"; halfpower PRINT PRINT USING "J1 = ###.##^^^^"; jminus1 residualpower = Log10((halfpower - sumjnsquared) / halfpower) * 10 PRINT USING "####.## dB"; residualpower PRINT FOR i = 2 TO 100 jn = TwoOverM * (i - 1) * jminus1 - jminus2 sumjnsquared = sumjnsquared + jn ^ 2 residualpower = Log10((halfpower - sumjnsquared) / halfpower) * 10 IF ABS(residualpower) >= 90 THEN STOP IF i < 10 THEN PRINT USING "J#"; i ELSE PRINT USING "J##"; i END IF PRINT USING "###.##^^^^"; jn PRINT USING "####.## dB"; residualpower PRINT jminus2 = jminus1 jminus1 = jn NEXT i STOP END FUNCTION Log10 (x) STATIC Log10 = LOG(x) / LOG(10) END FUNCTION
Bibliografia
[1] Stegun, I.A., and Abramowitz, M.: Generation of Bessel functions on computers. Math.Tables Aids Comput. AMS Math Comp. vol.11, 255–257, 1957
[2] Stegun, I.A., and Abramowitz, M.: Handbook of Mathematical Functions, National Bureau of Standards, 10th edition, 1972
[3] A. Bruce Carlson: Communication Systems, McGraw-Hill, 3rd edition, 1987
[4] Engelson M.: Spectrum Analyzer Measurements - Theory and Practice, Tektronix Measurements Concept series 062-1334-00, 1971
[5] Murdock, Bruce K.: Handbook of Electronic Design and Analysis Procedures Using Programmable Calculators - Van Nostrand Reinhold, 1979
[6] TI-58/59 Personal Programming Manual - Texas Instruments 1977
[7] Dwight E. B. - Tables of Integrals and Other Mathematical Data - Mac Millan Publishing Co. Ltd. 1979
[8] Hewlett-Packard Application Note AN 150-1: Spectrum Analysis, Amplitude and Frequency Modulation, Hewlett-Packard, 1971
[9] Kicheloe,W.R. Jr.: The Measurement of Frequency with Scanning Spectrum Analyzers, Report SEL-62-098, Stanford Electronics Laboratories, 1962