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Il diodo all'ossido di rame -- Sperimentiamo e divertiamoci

Indice

Premessa e antefatto

La fede si nutre non solo del linguaggio dei profeti,
ma anche di quello dei poeti, degli artisti e degli scienziati.

Nel precedente racconto, orientato a celebrare la ricorrenza del primo aprile, a sorridere, a non far pensare ad un ottantentunenne (io) alla pandemia che corre, accennavo alla produzione di diodi rettificatori che usano come elemento semiconduttore l’ossido rameoso e mi è stato chiesto se fosse un fatto reale la possibilità di produrli e di usarli. Queste note, che riprendono alcune mie esperienze di una decina di anni fa , sono la risposta, ma anche l’occasione di dire che, nonostante l’età, non mi dispiace di essermi di nuovo seduto davanti ad una tastiera.

In origine produssi un certo numero di diodi all’ossido rameoso per una ricerca su un progetto di energy harvesting. Con queste note non credo di proporre una grande novità, ma fornire spunto, sopratutto ai più giovani, per sperimentare e studiare una fenomenologia troppo spesso oggi trascurata. Parlo di diodi, non di quelli che si trovano in tutti i cassetti degli sperimentatori ma di quelli che è possibile costruire in casa in modo che sia possibile studiarli anche alla luce delle teorie della fisica della materia e quantistica.

Energy harvesting

E' il processo mediante il quale l'energia disponibile nell'ambiente viene catturata e convertita in energia elettrica utilizzabile. Questo termine si riferisce spesso a piccoli dispositivi autonomi e sopratutto wireless, la raccolta di micro energia potrebbe essere ideale per la sostituzione di piccole batterie che sono poco pratiche, costose e pericolose da sostituire

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  • Caratteristiche di una applicazioni di energy harvesting
    • Possibilità di funzionamento a bassa corrente di standby per massimizzare l'immagazzinamento dell'energia
    • Consumo di energia più basso possibile quando in attività
    • Possibilità di accendersi e spegnersi istantaneamente
    • Funzionamento efficiente con ciclo più corto possibile dalla modalità di standby alla modalità attiva
    • Capacità di interfacciamento analogico per sensori e misurazioni
    • Capacità di operare con bassa tensione
    • Correnti di dispersione molto basse per massimizzare l'energia raccolta

Per avere una idea delle metodologie coinvolte in questa tecnologia presento questo schema. Le tecniche di energy harvesting emergono come fonti energetiche ambientali che costituiscono una promettente alternativa alle risorse energetiche esistenti. queste includono rectenna, celle solari, raccolta energia umana ed eolica. Le rectenna a GHz/THz già esistono e hanno alcune caratteristiche quali la piccola dimensione e la grande ampiezza di banda, ma hanno molti svantaggi come la dispersione di energia, una procedura di progettazione complicata e la fabbricazione ad alta tecnologia.

Semiconduttori

I materiali semiconduttori hanno livelli di conduttività elettrica compresi tra quelli dei metalli conduttori come il rame e gli isolanti non conduttori, come il vetro, sono stati studiati a partire dal 1830. Il mistero che circondava i semiconduttori ha cominciato a svelarsi nel 1874, quando il fisico tedesco Ferdinand Braun (1850-1918) ha osservato che la resistenza elettrica nei cristalli metallo-solfuro varia con la direzione del flusso della corrente. Concentrandosi sulla galena, Braun trovò che la differenza tra corrente diretta ed inversa era maggiore quando uno degli elettrodi di collegamento era un filo a punta. Con la scoperta del cosiddetto "effetto raddrizzatore del punto di contatto elettrico" Braun aveva anche inventato il primo rudimentale dispositivo semiconduttore.

Ma la scoperta di Braun non ebbe applicazione pratica fino agli inizi del 1900, quando lo scienziato americano Greenleaf Whittier Pickard (1877-1956), scoprì che i cristalli semiconduttori di galena erano in grado di rilevare i segnali radio, conoscenza che ha portato allo sviluppo dei primissimi ricevitori radio, anche noti come "apparecchi a cristallo". Questi semplici dispositivi consistevano di un'antenna, un circuito di sintonia composto da due bobine di filo posizionate concentricamente, una cuffia, e un "rivelatore". Il rivelatore era un cristallo cubico di galena di circa otto millimetri di lato. La rilevazione della parte utilizzabile del segnale radio era ottenuta toccandolo un sottile filo di rame flessibile o una punta di acciaio chiamata "baffo di gatto".

La scienza era allora all'inizio della conoscenza di ciò che realmente accade quando il cristallo di galena è attraversato dalla corrente elettrica.

La struttura chimica e il reticolo cristallino della galena è la chiave per la sua capacità di rettificare la corrente alternata. Il reticolo galena consiste di una sequenza ripetitiva di atomi di piombo e zolfo. Teoricamente, un cristallo puro di galena consiste solo di piombo e zolfo potrebbe solo fungere da debole conduttore elettrico. Ma galena non è mai pura e contiene tracce di altri elementi, come l'argento, il rame e lo zinco. Queste impurità creano sia un eccesso che una carenza di elettroni liberi in luoghi regolari nel reticolo cristallino. Questi punti di elettroni agiscono come "trappole" che permettono un movimento dominante di elettroni in una sola direzione.

  • Per puro divertimento, non certo per motivi scientifici espongo delle notizie metafisiche e spirituali sulla galena.
    • La galena è una pietra di trasformazione. E' efficace quando ci si imbarca in un viaggio spirituale personale.
    • Serve per il recupero dell'anima, è la pietra di richiamo della vita passata.
    • La galena è talvolta usata nella terapia di regressione, sul passato della vita, come guida alla visione interiore.
    • Assiste ad affrontare e superare le proprie paure più profonde.
    • La galena è una pietra di terra e come tale ha forti proprietà di messa a terra
    • Porta la forza, il coraggio e la capacità di affrontare momenti difficili.
    • Aiuta a recuperare il potere personale
    • La galena è usata dai guaritori contro le infezioni, per contrastare gli effetti negativi delle radiazioni elettromagnetiche, la polluzione, le lunghe ore davanti al computer, per il recupero dalle dipendenze.

Il rame

Il rame, insieme ad argento e oro, fa parte del gruppo della tabella periodica classificato IB, situato subito a destra della triade del nichel.

Questi tre metalli costituiscono la cosiddetta triade dei metalli da conio, in quanto sono da sempre utilizzati per la fabbricazione delle monete. Si tratta di metalli duttili, malleabili, ottimi conduttori termici ed elettrici. Appartengono inoltre, assieme ai metalli del gruppo del platino (ossia Ru , Os, Rh, Ir, Pd e Pt), ai cosiddetti metalli nobili, in quanto presentano un potenziale standard maggiore di zero: questo significa che essi non possono essere attaccati dagli acidi che non siano ossidanti. Il numero di ossidazione più frequente nei composti di tali elementi e +1, ma ci sono anche casi in cui si ha +2 (soprattutto per il rame) e +3 (soprattutto per l’oro).

Il rame viene utilizzato principalmente nell’industria elettrotecnica per via dell’ottima conducibilità elettrica, oltre che della resistenza meccanica e di quella chimica verso gli agenti atmosferici. I composti in cui il rame prende numero di ossidazione +1, detti composti rameosi, esistono solo allo stato secco, come il solfato di rame Cu;SO4, oppure, in presenza di acqua, come composti insolubili o ioni complessi: esempi sono l’ossido rameoso Cu;O e il solfuro rameoso Cu2S.

Preparazione del rame

Per la preparazione del rame, si usa spesso la calcopirite FeCuS2: il primo passo è l’arricchimento del minerale, ossia l’eliminazione, dal minerale stesso, della maggior quantità possibile di ferro e zolfo; successivamente, c’è un arrostimento all’aria che ha lo scopo di eliminare una parte dello zolfo come SO2; a questo punto, ciò che resta viene trattato in forno ad alta temperatura in presenza di silice SiO2 e di carbone. La maggior parte del ferro passa nella scoria sotto forma di metasilicato ferroso FeSiO; mentre il rame, data la sua elevata affinità con lo zolfo, rimane sotto forma di solfuro rameoso Cu2S. Questo solfuro, alla temperatura del forno, si separa dalla scoria fusa più leggera come un liquido nero, pesante, che prende il nome di metallina. La metallina fusa viene allora convertita in rame grezzo (99% circa di rame puro), a 900-l200°C, in un dispositivo nel quale avvengono diverse reazioni.

Alla fine, il metallo grezzo così ottenuto può essere raffinato per via elettrolitica.

Raffinazione elettrolitica del rame

Un processo di raffinazione elettrolitica di un metallo é un processo di elettrolisi di una soluzione acquosa di un sale del metallo effettuato con elettrodi costituiti dal metallo stesso. Naturalmente, perché il processo sia efficace, è necessario che lo ione metallico in questione abbia un potenziale positivo o comunque non troppo minore di 0, in modo da favorirne la scarica e da impedire quella dell’idrogeno (che comunque sarebbe impedita nel caso in cui l’idrogeno presentasse, sul metallo in questione, una elevata sovratensione).

Questo processo è particolarmente usato par la raffinazione dal rame, che, nelle applicazioni elettroniche, richiede una purezza superiore al 99.9%.L’anodo è costituito da un grossa lastra dal metallo ottenuta par via metallurgica (dalla quale si vuole cioè ottenere il rama puro), mantre il catodo é costituito da una sottile lastra sempre dallo stesso metallo puro. La soluziona in cui tali elettrodi sono immersi a fatta di solfato di rame CuSO4 e di acido solforico (ai quali vengono aggiunte poi dalle sostanze in grado di garantire un deposito regolare dal metallo al catodo). La tensione da applicare a molto bassa (circa 0.3 volt), in quanto serve solo a vincere la resistenza dell’elettrolita.

Lo scopo dal processo é dunque quello di liberare dalla sua impurezza il rame grezzo che costituisce l’anodo; il principio di fondo è il seguente: E’ necessario che il rama che costituisce l’anodo sia sottoposto ad ossidazione, in modo che i suoi ioni passino in soluzione; tali ioni, quindi, devono essere a loro volta sottoposti a riduzione catodica. Naturalmente, perché ci sia la purificazione, la scarica al catodo dava interessare solo il rame a nient’altro; i casi sono allora due: o la prima possibilità è che le impurezze da cui si vuole liberare il rame, abbiano un potenziala d’elettrodo MINORE rispetto a quello dal rame (ciò accade con metalli meno nobili dal rame, come il ferro, lo zinco o il nichel): ciò implica che passino anch’essi in soluzione sotto forma dei corrispondenti ioni, par cui la soluzione contiene ancora rame impuro; tuttavia, se il potenziale della impurezza è minore, è ovvio che al catodo si ridurrà solo il rame, mentre le impurezze rimarranno in soluzione; o la seconda possibilità é che, invece, le impurezze siano costituite da elementi i cui ioni presentano potenziali di riduzione maggiori di quello dallo ione rameico (si tratta cioè di metalli più nobili dal rama): in questo caso, esse non sono soggette alla ossidazione, par cui il rame passa in soluziona gia puro poi viene ridotto.

L’ossido rameoso (Cu2O)

L'ossido di rame (I) o ossido rameoso è il composto inorganico con la formula Cu2O. È uno dei principali ossidi di rame, l'altro è ossido di rame (II) o ossido rameico (CuO). Questo solido di colore rosso è un componente di alcune vernici antivegetative. Il composto può apparire giallo o rosso, a seconda della dimensione delle particelle. L'ossido di rame (I) si trova come minerale cuprite di colore rossastro.

L'ossido di rame (I) può essere prodotto con diversi metodi, il più semplice deriva dall'ossidazione del rame metallico:

    • 4 Cu + O2 → 2 Cu2O

Additivi come acqua e acidi influenzano la velocità di questa reazione e l'ulteriore ossidazione a ossidi di rame (II). Viene anche prodotto commercialmente mediante riduzione di soluzioni di rame (II) con anidride solforosa. Le soluzioni acquose di cloruro rameoso reagiscono con la base per dare lo stesso materiale. In tutti i casi, il colore è altamente sensibile ai dettagli procedurali.

L'ossido rameoso (Cu2O) è un interessante semiconduttore di tipo p, a causa delle vacanze di ioni Cu presenti nel reticolo cristallino, con un intervallo di banda di 2eV adatto anche per applicazioni di celle solari. La deposizione di film sottili di Cu2O mediante elettrodeposizione da soluzioni acquose è una tecnica a bassa temperatura e poco costosa, film sottili di Cu2O sono stati depositati catodicamente su substrati di vetro rivestiti di rame e ossido di stagno mediante riduzione catodica della soluzione di lattato di rame (II).

Le condizioni di deposizione ottimizzate per sintetizzare film sottili di ossido rameoso sono state identificate sperimentalmente come; Potenziale di deposito: -0,555 V rispetto a SCE, pH: 9,0 ± 0,1, temperatura del bagno: 70 ° C. Studi di diffrazione a raggi X hanno rivelato la formazione di pellicole di Cu2O cubiche monofase. Viene studiato l'effetto della ricottura sulla struttura e la morfologia dei film sottili di Cu2O.

Sono state costruite celle solari fotoelettrochimiche basate su pellicole di p-Cu2O. Gli studi sulla risposta spettrale indicano un picco nella densità della foto corrente di circa 600 nm corrispondente al band gap dei film sottili di Cu2O. Film di ossido rameoso semiconduttore sono stati preparati mediante elettrodeposizione su vetro conduttore commerciale rivestito con ossido di indio e stagno depositato mediante tecnica di spruzzatura. I film di ossido rameoso (Cu2O) sono stati depositati utilizzando un metodo galvanostatico da un bagno CuSO4 alcalino contenente acido lattico e idrossido di sodio ad una temperatura di 60 ° C. Lo spessore del film è di circa 4-6 µm.

Il diodo all’ossido rameoso

Questo tipo di diodo a ossido di metallo è stato inventato intorno al 1922 da Lars Grondahl e Paul Geiger (nel 1927 il brevetto statunitense 1640335 riporta solo il nome del primo); occorre notare che a quei tempi la parola "diodo" era riservata alle valvole a vuoto.

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Sono realizzati mediante lastra di rame fortemente ossidante su un lato, in modo da formare ossido rameico nero (CuO, chiamato tenorite in forma minerale). Il successivo trattamento termico (ricottura) provoca la formazione di ossido rameoso rosso (Cu 2 O, detto cuprite in forma minerale) tra il rame e l'ossido rameico. Quest'ultimo viene attaccato, lasciando una giunzione PN a semiconduttore di Cu 2 O e Cu.

Questi sono abbastanza adatti per costruire dei rivelatori: hanno una tensione diretta (nota anche come tensione "ginocchio" o "accensione") di soli 0,3 V. Di dimensioni maggiori, sono stati utilizzati anche per raddrizzatori nella alimentazioni delle radio, e in applicazioni ad alta potenza.

Ho già detto che la conducibilità asimmetrica era già stata scoperta nel solfuro di piombo circa 50 anni prima, da Ferdinand Braun. Dall'inizio del 1900 in poi, questo è stato utilizzato per i rilevatori di segnali "baffi di gatto" nelle radio con set di cristalli. Braun ha anche inventato il tubo a raggi catodici.

Walter Schottky (1886-1976) era a capo dei laboratori di ricerca sui semiconduttori Siemens-Halsk e intorno al 1930 e fu il fondatore della teoria dei semiconduttori dello strato barriera (circa 1938), scopritore dello “shot noise” e dell'effetto Schottky e inventore della griglia-schermo delle valvole, del tetrodo e del ricevitore supereterodina (Schottky depositò il brevetto associato a metà del 1918 , circa sei mesi prima di Edwin Armstrong negli Stati Uniti, che lo sviluppò in modo indipendente e al quale è solitamente - ma erroneamente – attribuito).

Io vidi per la prima volta i diodi all’ossido di rame nella apparecchiatura Hellschreiber (una particolare telescrivente usata nel campo amatoriale nel secolo scorso).

Questi diodi sono contrassegnati "Sirutor", abbreviazione di "Si emens Ru ndfunk Detek tor", un "Kupferoxydul-Pillengleichrichter". Siemens-Halske iniziò a produrre questi diodi rivelatori di piccoli segnali intorno al 1930. Il prezzo di listino del 1940 era di 3,75 Reichsmark a pezzo; che è approssimativamente equivalente a una stima di 1,95 euro (± 2,80 US $ nel 2020). Questo diodo comprende un piccolo tubo di plastica in cui sono impilate diverse "pillole" di ossido rameoso su rame (2 mm di diametro). I diodi sono stati realizzati da 1 a 10 o anche 15 pillole. Il diodo standard ha 5 pastiglie e il tubo è contrassegnato di conseguenza con un "5" (o "5b"), nell'Hellschreiber ne sono montati due. Piccoli dischi di rame vengono aggiunti, se necessario, a entrambe le estremità del diodo come riempitivi, un'estremità della pila ha una molla di contatto, l'altra una piccola asta di riempimento. Le estremità del tubo di plastica sono filettate; a queste estremità sono montati tappi terminali filettati.

Siemens-Halske ha anche prodotto i diodi Sirutor per tensioni più elevate ed erano contrassegnati da una banda gialla ("Kennstreifen").

Poiché i Sirutor erano più robusti, molto più leggeri e più piccoli dei diodi a valvole, furono utilizzati anche nei tre modulatori ad anello del computer di controllo e guida del missile "V ergeltungswaffe 2", meglio conosciuti come V2, a partire dall'autunno del 1944.

ll mio esperimento con il diodo all’ossido di rame

Nella ricerca che feci sui sistemi di energy harvesting usai anche il diodo all’ossido di rame per la sua bassa tensione diretta (nota anche come tensione "ginocchio" o "accensione") di soli 0,3 V.

Nella foto illustro l'esperimento: L'oscillatore modulato, EICO 315, mi fornisce onde modulate a frequenze determinate, l'oscilloscopio mi permette di misurare la tensione dell'onda radio e la sua forma, la breadboard contiene i collegamenti ed i punti di misura.

Ho fatto misure a diverse frequenze che riporto nella tabella successiva e usando diversi diodi per avere un raffronto tra varie tecnologie.

Non riuscii a trovare in commercio diodi all’ossido rameoso, cosi’ decisi di costruirli. Questo mi permise di realizzare anche delle piastre fotovoltaiche che funzionarono perfettamente e che sono ancora in funzione a distanza di dieci anni, anche se il loro rendimento e’ nettamente inferiore a quelle al silicio.

La realizzazione del mio diodo all’ossido di rame

Il materiale necessario per la costruzione sono rondelle di rame, lastra di piombo, rondelle isolanti, connettori dadi e bulloni di plastica.

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Ho realizzato diodi all'ossido di rame procedendo per tentativi. Per prima cosa ho provato per via elettrolitica, cercando di depositare, come descritto in letteratura, uno strato di CU2O, ma non ho ottenuto risultati apprezzabili. Ho ottenuto invece ottimi diodi, come illustrerò nel paragrafo successivo, seguendo questo procedimento.

Ho raffinato in modo elettrolitico del rame commerciale con tre passaggi fino a ottenere una barra di rame di quasi 500 grammi.

Con questo rame così purificato ho ricoperto, sempre per via elettrolitica, delle rondelle di rame, acquistate in un negozio di ricambi auto, facendone aumentare il peso di circa 0,5 grammi, non so quanto spessore ma superiore a 2 decimi di millimetro.

Ho ottenuto cinquanta rondelle così ricoperte e ho reso la loro superficie lucida utilizzando della carta abrasiva con titolo 1000 e 1200. Ho messo le rondelle, lavate in acetone per eliminare i grassi, su una retina di ferro facendo attenzione che non avessero alcuna contaminazione da grassi o altre sostanze,

Ho utilizzato un piccolo vaso da fiori di coccio come forno che ho riscaldato per circa un'ora su un fornello a gas. Il risultato e' quello visibile in figura. Dopo aver asportato meccanicamente l'ossido di colore nero ho lavato le rondelle ossidate con acido cloridrico diluito per una pulizia completa dell'ossido CUO.

La cosa più difficile, almeno per me è stata la realizzazione delle rondelle di piombo dello spessore di 0,2 mm. Sono partito dalla lastra di spessore di 2 mm, ne ho tagliato delle strisce di circa 1 cm e poi ho usato la macchina per fare le tagliatelle riducendo mano a mano lo spessore, non senza aver convinto la mia professionista della cucina della assoluta necessità di questo lavoro. Ho così preparato delle rondelle di piombo e dei contatti saldabili di ottone.

I dischetti vanno uniti assieme a mezzo di una vite con dadini in modo che la superficie ossidata del rame venga a contatto col disco di piombo; i due dischi di rame più spessi servono semplicemente per tenere bene a contatto le superfici e vanno quindi messi al1’esterno. Si deve provvedere mediante un paio di ranelle isolanti che mantengano isolata il disco di rame da quello di piombo. La tensione massima che si può applicare ad uri elemento simile sarebbe di 4 volt ma è consigliabile non superare i 2 volt. Per raddrizzare con tensioni più elevate conviene aumentare il numero degli elementi, collegandoli in serie.

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  • Nella foto CU01 visualizzo i componenti usati. Si notano le rondelle di piombo, il dado il bullone e la rondella di nylon, le rondelle di rame dopo la galvanizzazione e la lucidatura.
  • La temperatura a cui devono essere sottoposte le rondelle di rame è tra 600 e 800 gradi in atmosfera ossidante per un tempo da 30 a 60 minuti. Io ho usato un vaso di ceramica cotta che ho usato come forno. (Foto CU02)
  • Questo accrocchio lo ho tenuto sul fornello della cucina a gas per circa 60 minuti (Foto CU03).
  • Nella foto CU04 evidenzio due dei diodi realizzati.

I risultati

Lo scopo di questo lavoro e' stato la preparazione e lo studio di esperimenti di "energy harvesting", con una indagine sui prodotti disponibili.

Anche in questo caso ho fatto misure a varie frequenze radio misurando il valore della tensione utilizzabile per lo scopo della ricerca.

Purtroppo debbo dire che il diodo all'ossido di rame non e' il piu' adatto per la ricerca che feci..

Misure in millvolt
Frequenza Galena Ossido rameoso OA95 1N963 1N4004
100Khz 19 20.4 298 1550 1670
300Khz 19 25.5 356 1362 1755
500Khz 18 14.0 383 1360 1900
1Mhz 13 5.1 340 1403 1740
10Mhz 5 0.0 202 1380 1702
100Mhz 2 0.0 129 1340 1631

Considerazioni finali.

cu06x.png

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Ho provato sia la galena che il diodo al Cu2O in circuiti di radioricezione semplice con risultati soddisfacenti, la galena ha una resa di circa la metà del diodo all'ossido, ma ambedue sono molto lontani dalla qualità di un ricevitore con diodo al silicio. Con una eccezione per i segnali molto deboli (Figura CU06). Riporto senza commenti, non sono necessari, la curva caratteristica da me rilevata del diodo in analisi rispetto ad uno generico al silicio.

Un elenco di documenti (da cercare in rete)

    • PDF Kupferoxydul-Détekfor Sirut0r
    • PDF Kupferoxydul-Vorschaltgleichrichter
    • PDF Kupferoxydul-Gleichrichtcr fur NieBzwacke
    • PDF Cupmus Oxide Indian patent Nos. 52394, 56532, and 58352
    • PDF JOURNAL OF CHEMICAL PHYSICS VOLUME 121, NUMBER 19 15 NOVEMBE interfacial stability of electrodeposition of cuprous oxide films
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Commenti e note

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di ,

Non mi era mai venuto in mente che fosse possibile costruire in casa un diodo, a quando un triodo? Una domanda: come si fa a conoscere prima la tensione di ginocchio, volendo una V=0,4V che componenti dovrei usare? Una domanda teorica ovviamente.

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di ,

Finalmente sono entrato nel fascino della storia,come sono nati i diodi.

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di ,

Articolo 10 e lode! Complimenti!

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di ,

Effettivamente il particolare uso della lametta è per me una novità su cui farò ulteriori pensieri ma resta il mistero dei condensatori .... se era fisso e la bobina variabile o avevano trovato il modo di variare la capacità su chilosà quale dielettrico. Adesso sono venute fuori le memorie di un' altra radio nei campi di concentramento: Radio Caterina !... ma è una cosa molto "sospetta" perchè secondo le memorie (e le foto !) si trattava nientemeno che di un ricevitore a reazione con una valvola militare trafugata e la medesima problematica di bobine e condensatori .... quello che è difficile accettare è che i tedeschi non abbiano sentito il fischio della reazione ... e per di più in banda broadcast ... mah ! Questo rx è in esposizione in un Museo della Resistenza.

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di ,

Sulla parte tagliente della lametta, in fase di tempera, si formano microcristalli di carburo di ferro, composto che è un semiconduttore, poco efficente ma rettifica segnali radio modulati in ampiezza se sono di discreta potenza. La spilla da balia agisce come una punta e come una molla. I vecchi come me ricordano i rettificatori a CARBORUNDUM. Occorre molta pazienza ed un supporto che tenga ben ferma sia la lametta che la spilla da balia, ma il sistema nel suo insieme funziona (garantito perchè provato). Il problema e' la selettivita', non e' facile costruirsi una bobina ed un condensatore per realizzare un circuito oscillante. Se avro' tempo pubblichero' qualche cosa su sistemi completamente autocostruiti. Ho diversi oggetti in quello che chiamo pomposamente museo, anche se in realta' e' uno scaffale di oggetti curiosi.

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di ,

"Sembra" che durante la guerra prigionieri italiani nei campi inglesi in Kenia abbiano realizzato ricevitori che utilizzavano come "rilevatore" una vecchia lametta da barba tipo Gilette e una spilla da balia come "baffo di gatto" ... era forse la ruggine che forniva l'impurità "rettificante" ? Personalmente i miei ricevitori più performanti realizzati negli anni '50 erano a calare: diodo Sylvania OA81/galena (bisognava cercare il punto migliore)/diodo termoionico (tubo a piacere). Il mitico "sirutor" al selenio venne molto adoperato per la sua economicità ma presto abbandonato dopo la guerra per raddrizzatori più efficienti (germanio ?).

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di ,

Del diodo a baffo di gatto parlava anche il compianto prof. Emilio Gatti a lezione, le sue prime esperimentazioni da giovane erano appunto su questo dispositivo.

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di ,

Complimenti per l'articolo Carlo. Mi hai fatto ricordare il mio prof di Microonde, G.B.Stracca, che alla fine degli anni 80 ci parlava a lezione di progetti e dispositivi per noi vecchi e superati, ma che avevano un fascino antico. Il diodo a baffo di gatto mi era rimasto simpaticamente in memoria, ora so dove venivano usati. Grazie!

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