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Articolo realizzato con la collaborazione grafica di ADMIN
Il silenzio non è vuoto. È ciò che resta dopo.
Riflessioni di Ivo – ottobre 2025
Premessa
Ho atteso. Non per esitazione, ma per osservazione. Il thread è stato chiuso in data 11 settembre 2025. Da allora è passato quasi un mese. Non ho pubblicato subito questo articolo perché volevo vedere cosa sarebbe accaduto dopo la chiusura. Nonostante il thread sia precipitato in fondo al Forum, visibile solo se incluso tra i preferiti o cercato per parola chiave, qualcosa continuava a muoversi. Il contatore saliva. Il silenzio si consolidava. E la memoria, quella sì, si stava formando.
Ecco perché questo testo arriva ora. Non per rincorrere l’evento. Ma per documentare la persistenza.
(Questo articolo si riferisce al thread pubblicato su ElectroYou il 31 luglio 2025, disponibile:Quì)
1.Introduzione
Un forum tecnico. Un progetto con errori. Una domanda: cosa accade quando qualcuno sbaglia pubblicamente? Chi lo aiuta? Chi lo corregge? Chi lo deride? Chi lo cancella?
Una domanda tutt’altro che astratta. È il punto di partenza di un esperimento: un circuito pubblicato con un errore palese e altri che, più che errori, erano approssimazioni da bozza. Un thread aperto senza pretese di perfezione. Un progetto volutamente imperfetto, lasciato lì come esca e come opportunità, non per gioco, non solo per osservare la cultura della relazione e della reazione, ma anche per offrire un’occasione concreta di collaborazione a chi lo desiderava.
Il circuito pubblicato non funzionava. Ma poteva funzionare. Bastava volerlo. Non si è voluto collaborare? Va bene. E allora perché bloccarlo? Bastava ignorarlo, no? E la lavorazione avrebbe avuto un seguito.
Il test, invece, ha funzionato benissimo. E subito. E ciò che è emerso non riguarda la tecnica. Riguarda il comportamento. La ritualità della chiusura. La gerarchia della correzione. La gestione del dissenso.
Questo articolo non è una difesa. È una lente. E chi si è affrettato a chiudere, correggere, spostare, moderare, ha già firmato la diagnosi.
E l’indole.
2. Il test
Il primo schema non conteneva errori grossolani. Al massimo richiedeva miglioramenti: nulla di strano, nulla di grave per una base, un esordio. La discussione si è aperta con osservazioni, domande tecniche, curiosità. Il tono era interlocutorio, non ancora rituale. La tensione non era esplosa, ma si avvertiva un’attesa. La prima pagina si chiude con un intervento monumentale di Mario_Maggi.
Poi arrivano gli altri schemi. Tutti imperfetti. Non per caso. Per scelta. Un inverter con un errore palese, una configurazione fragile, un circuito che non poteva funzionare così com’era.
Non per dimostrare incompetenza. Non per osservare la competenza altrui. Ma per osservare la reazione. E per verificare se, nonostante l’imperfezione, qualcuno avrebbe scelto di collaborare.
Il test era semplice:
• Pubblicare un circuito imperfetto
• Attendere le reazioni
• Documentare ogni gesto: correzioni, sarcasmi, chiusure, spostamenti, silenzi
E le reazioni sono arrivate. Non tutte tecniche. Molte rituali. Alcune isteriche. Altre strategiche. Qualcuna giusta.
Eppure gli indizi c’erano, per insospettirsi e “mangiare la foglia”. Lo schema iniziale era diverso. Qualcuno lo ha notato, fugacemente, ma non gli ha dato peso. Nessuno ha dato peso alle PCB già realizzate, come se fossero state prodotte en passant, senza alcuna prova preventiva di funzionamento. Ho detto PCB, non breadboard.
Anche le foto relative alla demolizione di un alimentatore da 800W, per recuperare dissipatori a basso profilo, avrebbero dovuto sibilare che delle attività concrete c’erano state.
Ma nel thread ho seminato anche altri indizi che evidentemente erano troppo sfumati e non sono stati colti come tali…
Dopo di che, la mia difesa dalle critiche più feroci verso il progetto errato ha scatenato il finimondo.
Tecnicamente avevano ragione. Non era indubbio: era ovvio. Ma mi sarei aspettato un minimo di circospezione. Un sospetto. Perché assumere con sicumera da vice dio che chi difende un progetto errato, con ostinazione e dovizia di motivazioni, sia necessariamente uno stolto, è uncriterio tanto azzardato quanto comodo. Comodo per squalificare chiunque osi un gesto fuori norma, senza sospettare nemmeno per un istante che l’errore possa essere intenzionale. Certi errori, in effetti, erano troppo evidenti per essere veri.
Invece di approfondire e correggere concretamente, cosa che sarebbe stata non solo possibile, ma auspicata, hanno preferito infierire. A dispetto dell’indispensabile Fidocadj, sempre focosamente raccomandato per produrre modifiche che, se fossero state almeno abbozzate, anche per sommi capi o a segmenti, sarei stato felice di confrontare, verificare e testare personalmente.
Un po’ alla volta si sarebbe potuto procedere. Tutto è migliorabile. Perché (qualora non fosse ancora chiaro) l’unica sezione che appariva mai testata (non ancora, almeno ufficialmente) è quella inerente alla regolazione di potenza in ingresso, che richiedeva la ristrutturazione della porzione di schema e della PCB.
Certo, alcuni interventi furono costruttivi, ma non bastarono a spegnere le reazioni. Altri furono offensivi, privi di moderazione. Le peggiori? Provenivano proprio da alcuni “colori dominanti”. Ma recita a parte, nulla da dire: tutto legittimo. Ma non ideale.
Ciò che ha sorpreso è che non si trattava di correggere un prodotto. Si trattava di collaborare ad un processo. Il progetto era imperfetto, certo, ma non chiuso. Bastava volerlo.
Anche la realizzazione del low battery detection circuit (definizione poi modificata in “protezione undervoltage”) poteva dimostrarlo, se l’atteggiamento amministrativo fosse stato più garantista, senza l’intenzione recondita di chiudere con una motivazione priva di senso. Prima della pubblicazione avevo già realizzato diversi esemplari funzionanti, che avrei potuto esporre se le condizioni lo avessero favorito prima che consentito: uno con LM358 e transistor d’uscita (che lo rendeva simile ad un open collector), uno con LMC555, un altro con TLC555, uno con LM393, e infine il comparatore TLC3702, ancora più pratico dello LM393, in quanto non essendo di tipo open collector non richiede il pull-up.
Tuttavia, per democrazia da Forum, avendo notato una certa preferenza per lo LM393, alla fine avrei pubblicato il circuito di gradimento, se il thread non fosse stato chiuso. E sarei pronto a farlo, e a far sul serio, se il thread venisse riaperto, come sarebbe di dovere, anche solo per dimostrare che il circuito potrebbe funzionare. Ha funzionato! Hanno funzionato!
Purtroppo, il thread è stato chiuso. E probabilmente così rimarrà. Non perché fosse concluso. Ma perché disturbava. Non il funzionamento del circuito, ma la suscettibilità di un gruppetto che confabulava credendo di essere protetto dalla segretazione di una discussione.
3. La reazione
Eppure l’errore era lì, visibile. Difeso, ma non nascosto. E invece di generare dialogo, ha generato gesti. Non risposte, ma riflessi. Non confronto, ma mero esame abilitativo.
La reazione degli “Esperti” non è stata tecnica. È stata rituale. Come se l’errore non fosse una normale occasione di chiarimento, ma una minaccia all’ordine e al rigore tecnico costituito.
Ecco cosa è accaduto:
• Chiusura del thread: non perché il progetto fosse concluso, ma perché “non funzionava”. Come se un circuito in lavorazione dovesse essere già perfetto, pena la cassazione.
• Spostamento forzato: “apri un altro thread per discutere di…” (non un invito, ma un esilio).
• Commenti assertivi: non analisi, ma sentenze. Minime spiegazioni, proposte pratiche quasi assenti.
• Silenzio selettivo: alcuni utenti hanno ignorato il merito del contenuto, ma non hanno ignorato l’autore. La reazione non era rivolta al circuito, ma a chi lo aveva pubblicato.
• Thread segretato: dove certi moderatori si scambiano strategie, si co-celebrano per le chiusure, e trasformano la moderazione in gioco di ruolo. Non si discute realmente il progetto: si officia la gestione.
Ogni gesto è stato documentato. Ogni frase, archiviata. Ogni chiusura, trasformata in materiale di analisi.
E chi ha reagito male, non ha moderato un errore. Ha rivelato sé stesso.
4. La rivelazione
Nel frattempo, ho notato un dettaglio tutt’altro che irrilevante: in un mese, il thread ha totalizzato 1.387.233 visualizzazioni. E a 18 giorni dal blocco, il contatore ha raggiunto quota 1.549.868.
Ma non si è fermato lì. A distanza di quasi un mese dalla chiusura, mentre il thread giace in fondo al Forum, visibile solo se incluso tra i preferiti o cercato per parola chiave, il contatore continua a salire. Al momento in cui scrivo, ha raggiunto 1.646.626 visualizzazioni.
Un incremento lento, ma costante, segno che la consultazione continua, nonostante la chiusura. Questo dato, non solo rafforza la tesi della rilevanza del progetto, ma smaschera l’inefficacia del gesto censorio.
Non male per un progetto definito “inutile”, “improponibile”, “un passo più lungo della gamba”, “una cazzata”, da chi si autoproclama (o viene proclamato) custode del rigore tecnico. Talmente bravo a custodirlo che non si sa nemmeno se lo conserva a vantaggio dei Sodali, o sesemplicemente se lo tiene tutto per sé, come esibizione personale di sapienza o, perché no?
Potenza.
In barba allo spirito di gruppo e collaborazione che, almeno in teoria, dovrebbe essere il fondamento di qualsiasi sodalizio.
Eppure, mentre il contatore saliva minuto dopo minuto, il Forum, quello serio, quello che blocca, ingiallisce e cancella con zelo chirurgico, ha scelto il silenzio. Nessun incoraggiamento vero. Nessun supporto concreto. Solo critiche feroci. Ma anche qualche intervento individuale, da parte di utenti che han cercato di aiutare pur rimanendo fuori dalle dinamiche rituali, e che ringrazio con rispetto. Il resto? Finta collaborazione. Dispetto.
Se l’Amministrazione e i suoi assistenti avessero anche solo un briciolo di attenzione verso ciò che accade oltre il perimetro consueto delle loro interazioni, forse si accorgerebbero che un progetto capace di generare interesse e curiosità non è una minaccia. È un’opportunità. Lo dico nell’interesse del Forum, non certo nel mio, che da anni, qui, rappresento “il Grillo parlante” di Collodiana memoria.
E infatti, qui si è appurato che si preferisce punire chi prova. Chi crea. Chi propone. Chi osa. Perché pensare è pericoloso. E pensare diversamente, poi, è intollerabile.
Forse il problema non era il circuito. Forse il problema era che il thread, sì, ho detto thread, poteva funzionare ugualmente. Senza l’intervento dei Notabili. Senza l’approvazione dei Super Esperti. Senza il timbro dell’ortodossia. Ma intervenendo loro hanno scoraggiato il consueto intervento di altri utenti, meno notabili, ma NON meno esperti…
E vuoi vedere che forse erano proprio quelle 1.387.233 visualizzazioni, in costante aumento, nonostante il blocco, a preoccupare alcuni, al punto da chiudere il thread e sprofondarlo nell’Ade del Forum?
Il circuito era un progetto utilizzato per un esperimento bivalente ma poteva funzionare, se qualcuno avesse voluto collaborare, non era impossibile. Ma l’errore, lungi dall’essere una svista, era il meccanismo che ha permesso di vedere.
Il thread cercava anche soluzioni. Ma ha trovato reazioni. In un caso emblematico, ha trovato un Notabile più attento alla grafica dei collegamenti che alla logica del circuito. Un’osservazione non errata, ma non necessaria, trasformata in questione di stile, come se la forma valesse più della sostanza.
Chi si è astenuto o ha corretto con rispetto, ha superato il test. Chi ha chiuso, spostato, deriso, ignorato, ha rivelato il meccanismo. Non tecnico. Ma rituale. Non collaborativo. Ma gerarchico.
Ci sono personaggi, sul pianeta, che proprio non resistono all’uso dei gomiti, all’esercizio del comando, al richiamo del potere ricevuto, all’istinto di sopraffazione; non è una colpa, è natura, non ce la fanno proprio a contenersi, devono esibirsi per forza, sono promotori di sé stessi prima che del servizio.
4.5. Nota metodologica
Quindi va precisato che questo test non è stato una presa in giro. Non è nato per deridere, né per provocare gratuitamente. È stato un esperimento inedito, condotto con rigore e pazienza, per osservare le dinamiche di reazione, collaborazione e moderazione, nonché per disinnescare (si spera) l’alibi dell’estinzione facile.
Il circuito era imperfetto, certo. Ma il gesto era autentico. E l’intento, quello sì, era costruttivo.
Chi lo interpreta come dispetto, lo fa per comodità. Ma chi lo legge con attenzione, capisce che qui non si è cercato lo scontro.
5. Conclusione
Il circuito, così com’era, non poteva funzionare. Ma il test sì. E ciò che ha funzionato non è la simulazione. È la rivelazione.
Questo articolo non è una rivalsa. È una diagnosi. E chi lo legge, se ha partecipato, non potrà più dire “non sapevo”. Potrà solo dire: “mi hanno osservato”.
La cultura tecnica non si misura in chiusure. Si misura in apertura. E quando un errore diventa occasione per escludere, non è più tecnica. È rituale. È teatralità.
Il circuito era fragile, certo. Ma aperto. E il meccanismo che ha rivelato, invece, è solido. E ora è documentato.
Non per condannare. Ma per ricordare che la competenza non si impone: si dimostra. E che l’intento, quando è vivo, non si modera.
Non si blocca.
Non si cancella.
S’incoraggia.
Si tramanda.

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