“Quando il maiale capisce che verrà ucciso, è già troppo tardi. E noi europei? Ancora intenti a lucidare la gabbia dorata.”
Viviamo in un’epoca in cui la lucidità è un lusso e la dignità una moneta fuori corso. Il popolo ucraino ha già pagato il prezzo: vite spezzate, città distrutte, una ricostruzione già impacchettata e spedita verso gli “U S A”. E mentre loro protestano, i nostri media si esercitano nell’arte del silenzio selettivo. La narrazione ufficiale è chiara: non disturbare il manovratore.
Ma il manovratore, si sa, non guida per altruismo. L’economia “U S A” ha bisogno di guerre come un SUV ha bisogno di benzina. E noi, europei ben pasciuti, siamo il prossimo pieno.
Indice |
Il sacrificio ucraino: cronaca di una svendita
L’Ucraina è stata presentata come baluardo della democrazia, ma trattata come merce di scambio. I suoi cittadini hanno perso tutto, tranne la consapevolezza di essere stati usati. I loro rappresentanti politici? Broker del dolore, venditori di patria a buon prezzo. E mentre le piazze si riempiono, le telecamere si girano altrove.
La ricostruzione? Già decisa, già pagata, già “U S A”. Un affare perfetto: distruggi, ricostruisci, incassa.
Come fu per l’Europa nel dopoguerra. Solo che allora si chiamava Piano Marshall, oggi è business geopolitico. Cambiano i nomi, non le logiche.
Europa: il prossimo cliente
Non illudiamoci. Anche noi siamo in saldo. La nostra funzione è semplice: sostenere un’economia che si regge su debito, armi e storytelling. Ci raccontano favole in cui l’invasore è il salvatore, e noi applaudiamo, convinti di essere i protagonisti.
Dal 1823, con la dottrina Monroe, gli “U S A” si sono arrogati il diritto di intervenire ovunque, purché serva ai propri interessi. Oggi non lo chiamano più “intervento”, ma “supporto strategico”. Il risultato è lo stesso: destabilizzazione, controllo, profitto.
Ma siamo comparse. Vassalli ben nutriti, paralizzati dalla paura di perdere il superfluo: ville, conti, status. Ci tengono per i cosiddetti, ma con guanti di seta. Ci hanno sedati con comfort e bonus, e ora ci conducono al macello con il sorriso.
Il porco europeo e la gabbia dorata
La metafora è cruda, ma efficace. Il maiale ingrassato, coccolato, nutrito… e poi ucciso. Così sarà per noi. Quando ci sveglieremo, correremo, grideremo. Ma i cancelli saranno già chiusi. E la mattanza sarà servita, con contorno di rimpianti.
Nel 2008, per salvare le banche “U S A”, milioni di cittadini persero casa, lavoro, futuro. Oggi, per salvare l’economia “U S A”, interi popoli vengono sacrificati. Il meccanismo è identico: privatizzare i profitti, socializzare le perdite. Solo che stavolta, la perdita è la nostra.
La narrazione rovesciata e il silenzio mediatico
Ricordate la Libia? Intervento “umanitario”, bombardamenti, caos. Oggi è un paese smembrato, senza sovranità, senza pace.
La primavera araba doveva portare democrazia. Ha portato solo deserti di macerie. Eppure continuiamo a credere che l’invasore venga per salvarci.
La favola è rovesciata. E noi siamo i nani che applaudono il drago.
Il Nepal e la lezione dimenticata
Eppure c’è chi ha reagito. Il Nepal, dimenticato dai radar geopolitici, ha mostrato che la dignità non dipende dal PIL. Il popolo si è unito, ha detto no, ha mosso il culo. Senza SUV, senza brunch, senza paura.
Nel 2006, il Nepal rovesciò la monarchia con una rivolta popolare. Senza armi, senza sponsor, solo con la forza della massa cosciente. Un popolo povero, ma sveglio. Noi, invece, siamo ricchi e addormentati. E aspettiamo che qualcuno ci dia il permesso di reagire.
La differenza? Loro non avevano nulla da perdere. Noi abbiamo tutto da perdere, tranne la libertà.
Conclusione: ora o mai più
Abbiamo già visto popoli sacrificati sull’altare della democrazia esportata: il Vietnam ne è l’esempio più tragico. Decenni di guerra, milioni di morti, e alla fine? Una ritirata frettolosa e una nazione lasciata a ricucirsi da sola.
Ma tranquilli: anche lì c’era una narrazione nobile.
Ora che tutto è chiaro, ora che non possiamo più fingere di non vedere, la domanda è semplice: Vogliamo davvero fare questa fine per conto terzi? Oppure ci resta ancora quel minimo di lucidità che ci rese culla di civiltà?
Che la dignità insorta in Nepal insorga anche qui. Prima che sia troppo tardi. Prima che anche noi diventiamo carne da export, ben confezionata e pronta all’uso.
“Come per i maiali: non si butta via niente.”

Elettrotecnica e non solo (admin)
Un gatto tra gli elettroni (IsidoroKZ)
Esperienza e simulazioni (g.schgor)
Moleskine di un idraulico (RenzoDF)
Il Blog di ElectroYou (webmaster)
Idee microcontrollate (TardoFreak)
PICcoli grandi PICMicro (Paolino)
Il blog elettrico di carloc (carloc)
DirtEYblooog (dirtydeeds)
Di tutto... un po' (jordan20)
AK47 (lillo)
Esperienze elettroniche (marco438)
Telecomunicazioni musicali (clavicordo)
Automazione ed Elettronica (gustavo)
Direttive per la sicurezza (ErnestoCappelletti)
EYnfo dall'Alaska (mir)
Apriamo il quadro! (attilio)
H7-25 (asdf)
Passione Elettrica (massimob)
Elettroni a spasso (guidob)
Bloguerra (guerra)