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Premessa
L'idea per questo mio primo articolo mi è venuta in seguito a una discussione su questo forum avente come soggetto il calcolo della rete di polarizzazione per i transistor bipolari (bjt).
Sembrerebbe un argomento banale, ma in realtá mi sono accorto che sta diventando sempre più oscuro col passare degli anni: nei libri di testo è un argomento trattato spesso di sfuggita e male, e quando viene trattato in maniera abbastanza approfondita, il più delle volte lascia il lettore giunto alla fine del capitolo più perplesso e sconcertato di prima.
Indubbiamente ciò è dovuto innanzitutto alla quantità di materiale che l'ingegnere e il perito elettronico odierni si ritrovano a dover studiare: l'elettronica si è evoluta con una rapidità impressionante, direi quasi esponenziale col passare delle decadi. Se nel 1950/60 i dispositivi elettronici fondamentali erano il tubo termoionico e il transitor (con l'aggiunta di componenti esoterici come il diodo tunnel e pochi altri), negli anni '70 sono apparsi in quantità sempre più massiccia i circuiti integrati, inizavano ad essere usati diffusamente i JFET e i MOSFET, e così via.
Attualmente esiste una pletora di dispositivi elettronici tale per cui in un normale corso di ingeneria elettronica è impossibile trattarli tutti in maniera approfondita. Dato che, per ovvi motivi, i circuiti integrati, sia analogici che digitali, fanno la parte del leone, è altrettanto ovvio che ai dispositivi più °anziani° venga riservato sempre meno spazio.
Il risultato è che sempre più spesso capita che uno desideri, per i più disparati motivi, progettare e realizzare un circuito a componenti discreti, e si ritrovi letteralmente °nel pallone° perché il background necessario nei libri di testo attuali non è sufficiente.
E' ovvio che basterebbe reperire i testi opportuni. Ma quali? Pure insegnanti e docenti a volte sono carenti sotto questo aspetto della progettazione secondo i canoni "classici" con componenti discreti, e non saprebbero nemmeno loro verso quali letture indirizzare chi ne vorrebbe sapere di più, e quali libri consigliare.
Dato che io, per motivi personali e di lavoro, mi ritrovo spessissimo a mettere mano a circuiti realizzati con componenti discreti, già da tempo pensavo di mettere mano a un libro, o perlomeno una raccolta di dispense, raccogliendo tutta la mia esperienza accumulata con gli anni nel campo della progettazione elettronica analogica a componenti discreti.
Perché anche un'altra cosa ho notato: col passare del tempo, sono sempre meno le persone in grado di effettuare progetti, verifiche e riparazioni/revisioni di apparecchiature a componenti discreti. Il che è un vero peccato: è un'arte che sta andando persa, mentre persone siffatte saranno sempre necessarie, perlomeno per tramandare le conoscenze e i trucchi (diciamo così).
Io ad esempio, un po' per passatempo, un po' per lavoro, mi diletto a riparare e revisionare oscilloscopi Tektronix d'epoca, del periodo compreso da fine anni '50 fino al 1980: la quantità di cose che ho imparato studiando gli schemi e i manuali di calibrazione di tali strumenti e mettendoci poi mano, è semplicemente stupefacente. Gli ingegneri di allora realizzavano circuiti splendidi, di elevate prestazioni, il tutto con una semplicità disarmante e, diciamocelo pure, senza l'ausilio dei simulatori software in voga oggigiorno.
Ma non voglio divagare troppo. Lo scopo del presente articolo è fornire delle basi certe su cui lavorare per i neofiti che vogliano ancora °azzardarsi° a realizzare un amplificatore a transitor. La trattazione è semplice ma seria. Le basi teoriche risalgono agli anni '50/'60, sempre validissime e stracollaudate. Ma io non desidero scrivere un articolo irto di formule. Non ce n'è bisogno e questa non è la sede adatta.
Un approccio pratico
Desidero illustrare uno dei possibili procedimenti per il calcolo della rete di polarizzazione di un bjt. Dico uno dei possibili procedimenti perché ve ne sono diversi, tutti con la loro ragion d'essere, ciascuno con i suoi pro e contro, pregi e difetti. Possiamo chiamarli °variazioni sul tema°, ma il problema è che il più delle volte mandano in confusione il lettore meno smaliziato. Occorre iniziare con qualcosa di semplice, che ponga bene in evidenza i concetti fondamentali; dopo, e solo dopo, si potrà passare allo studio di metodi progettuali più raffinati.
Le conoscenze propedeutiche necessarie per la comprensione sono: i teoremi fondamentali delle reti, i principi di funzionamento del bjt e il concetto di retta di carico
Amplificatore a emettitore comune (CE)
Per iniziare cosa vi è di più semplice del classico e arcinoto amplificatore a bjt in configurazione a emettitore comune (CE) come quello visibile nell'immagine sottostante?
Nello schema sono visibili i due condensatori di disaccoppiamento per il segnale d'ingresso e di bypass per la resistenza di emettitore Re che per ora non ci interessano, dato che stiamo studiando il circuito in regime statico (DC analysis).
Curve caratteristiche e retta di carico
L'analisi di tale amplificatore mediante i grafici delle curve caratteristiche con sovraimpressa la retta di carico evidenzia molto meglio di mille parole perché un tale circuito è denominato amplificatore. Tale tipo di analisi è sempre più snobbato e anzi, molti tecnici odierni nemmeno sanno sfruttarla (quando addirittura nemmeno l'hanno mai visto). In realtà è un metodo utilissimo, almeno per i primi approcci progettuali, e consente di individuare molto bene le entità del circuito sulle quali operare.
Addirittura, per alcuni tipi di circuiti, è l'unico modo di analizzarne il suo comportamento in maniera semplice e senza calcoli complicati; l'alternativa sarebbe per forza di cose un simulatore tipo SPICE oppure la tediosa risoluzione di sistemi di equazioni non lineari. Io l'ho "riscoperto", per così dire, studiando delle note applicative della Tektronix sui diodi tunnel e, tanto per cambiare, non ne ho trovato cenno in quasi nessuno dei miei testi, salvo uno, dimodoché ho dovuto rimboccarmi le maniche e tracciarmi un sacco di diagrammi su carta millimetrata per sperimentare e capire a fondo il procedimento che utilizzavano gli ingegneri Tek nel 1967. Per poi esclamare, al termine di tutto questo traffico, che era il classico uovo di Colombo... ma anche un'altra tecnica caduta nel dimenticatoio quando invece sarebbe utilissima ancora oggi.
Il metodo della retta di carico è in realtà un caso particolare (il più semplice) di un metodo generalizzato che si chiamerebbe delle linee (o curve) di carico. Quando ne avrò il tempo ve lo illustrerò in un futuro articolo.
Ecco la rappresentazione grafica del funzionamento del nostro amplificatore monostadio a bjt in configurazione CE:
I valori indicati sono puramente di esempio; alle curve caratteristiche d'uscita del bjt è sovrapposta la retta di carico, che è la rappresentazione grafica della KVL (Kirchoff Voltage Law) applicata alla maglia d'uscita:
Vcc = RcIc + Vce + ReIe = (Rc + Re)Ic + ReIb + Vce
Se la caduta di tensione ai capi di Re dovuta a Ib è trascurabile rispetto a quella dovuta a Ic, l'equazione che lega Ic e Vce è rappresentata da una retta di pendenza − (Rc + Re) e che interseca gli assi nei punti:
Vcc / (Rc + Re) , Vcc
Il punto Q individua il cosiddetto punto di riposo (quiescent point) del bjt, cioè i valori di Ib, Ic e Vce di funzionamento del transistor in condizioni statiche, cioè senza segnale applicato in ingresso. Tale punto di riposo viene scelto in base a daterminati requisiti imposti in sede di progetto, che possono essere ad esempio la stabilità in temperatura nei confronti del β e della Vbe, la costanza del punto di riposo nei confronti della dispersione delle caratteristiche (β), la dinamica del segnale richiesta, le resistenze di ingresso e uscita, e via dicendo.
Per non complicare troppo la vita a chi inizia a studiare il progetto di una rete di polarizzazione, esistono formule pratiche semplificate che consentono di ottenere buoni risultati senza addentrarsi in eccessivi dettagli che potrebbero risultare ostici ai più. Nulla vieta ovviamente, per chi volesse saperne di più, approfondire successivamente l'argomento consultando i testi specializzati su tali argomenti.
Per ora, prendete le formule e assunzioni semplificative che seguiranno come una "verità di fede°, se vogliamo chiamarla così: sono in ogni caso utilizzate da decenni e stra-collaudate. Nella maggior parte dei casi, la differenza tra uno studio completo e preciso della polarizzazione e uno progetto effettuato con le espressioni semplificate porta in genere a risultati che differiscono per non più del 10-20%, ma nel secondo caso i calcoli sono molto più semplici.
Supponiamo di non avere particolari requisti imposti sul progetto: desideriamo costruirci un semplice amplificatore in configurazione CE, con un guadagno di 50, impedenze di ingresso e uscita non troppo alte (da qualche centinaio di Ω a 1 kΩ.
Altri dati non ve ne sono. Come scegliamo la corrente di base? E quella di collettore? E la Vce? Scelgo prima dei valori più o meno plausibili per le resistenze e poi per tentativi mi aggiusto il tutto? Oppure mi scelgo prima una corrente di collettore? Ma quale valore? Ho calcolato le correnti e le tensioni, ho ricavato i valori delle resistenze, ma sono troppo bassi, mi serve una resistenza di ingresso/uscita di almeno qualche kohm!
E alla fine sorge inevitabile la domanda: ma non esiste un procedimento standard e soprattutto semplice per polarizzare 'sto benedetto transistor ?
La risposta è: si e no. Esiste tutto un insieme di formule ed equazioni che, applicate in maniera adeguata e soprattutto con i dati giusti, forniscono i valori desiderati di correnti, tensioni e resistenze. Il problema che sorge è che a volte i dati di partenza di progetto sono incompleti o parziali (ad esempio assenza delle curve caratteristiche del transistor sul datasheet, mancanza parziale o totale dei parametri ibridi h, beta non completamente specificato eccetera). Occorre quindi "inventarseli", basandosi sull'esperienza pregressa, o desumerli con scaltrezza per via indiretta da altri parametri disponibili, la qual cosa non è in genere alla portata dei neofiti.
Inoltre occorre tenere presente che una volta calcolati i valori con la migliore precisione possibile, ci ritroviamo a fare i conti con la realtà: i valori di resitori e condensatori sono standard, con una certa tolleranza (10%, 5%, 2% ecc.) e quindi non avrebbe senso calcolare a puntino una rete di polarizzazione che prevede resistenze da 12.345 ohm o condensatori da 22345 nF. Insomma vi è tutta una serie di fattori (tra i quali vanno inclusi la temperatura di funzionamento, la qualità del montaggio e cablaggio per citarne altri) che fanno sì che poi il punto di riposo ottenuto per quel transitor, una volta montato fisicamente un prototipo, si discosti dal valore previsto per diversi %. Se è tassativamente richiesta una precisione assoluta, si procederà allora a ritocchi e aggiustamenti al banco, sul prototipo fisico, fino a giungere al risultato desiderato.
Ma per le normali applicazioni commerciali una simile mole di lavoro è inutile e controproducente; si risparmia invece tempo e denaro utilizzando varie approssimazioni in sede di progetto che, come già detto, consentono di ottenere risultati comunque funzionali allo scopo.
Un procedimento rapido e semplice
Come già detto, non abbiamo dati di progetto particolari, eccetto che il nostro amplificatore sarà alimentato con una tensione di 12 V, dovrà avere un guadagno di tensione di almeno 50, senza particolari restrizioni su resistenze di ingresso e uscita non troppo basse.
Vediamo come procedere.
Scegliamo come °cavia° il transistor 2N2222. Il datasheet in mio possesso, della Philips, mi fornisce solamente il valore minimo del guadagno statico, β (o hFE, da non confondersi con hfe: il primo è il guadagno di corrente statico, il secondo è il guadagno di corrente dinamico=, che per una corrente di collettore di 1 mA vale 50, e per 10 mA vale 75. Non è fornito un valore tipico. In prima approssimazione, la dispersione tipicadel beta è di circa 3, ovvero se βmin = 50 allora βmax = 150. Assumiamo allora βtyp = 100 come valore tipico del beta per i nostri calcoli, prevedendo di polarizzare il 2N2222 con una corrente di collettore di 1 mA.
La scelta della corrente di collettore dipende da vari parametri, in primis la resistenza di uscita desiderata. Dato che non abbiamo particolari requisiti al riguardo, possiamo prevedere una Ic piccola, per mantenere bassa la dissipazione in condizioni statiche. Va detto però che il beta del transistor (e la sua transconduttanza, gm) dipendono dalla corrente di collettore, e generalmente aumentano all'aumentare di Ic.
Nei datasheet dovrebbe infatti anche essere fornita la curva che mostra la variazione di β al variare della corrente di collettore Ic, ma non sempre tale dato è presente.
In sua mancanza, desiderando massimizzare il beta, si assume allora una corrente pari a un decimo della corrente massima tollerabile dal transitor (altro dato facilmente desumibile dal datasheet). Nel nostro caso, per il 2N2222 viene fornito .
Una buona scelta potrebbe essere , per non dissipare inutilmente energia in condizioni statiche.
Per ottenere una decente stabilità del punto di riposo nei confronti delle variazioni causate da temperatura e dispersione dei parametri, imponiamo
Ciò assicura una buona stabilizzazione nei confronti della Vbe. Normalmente la caduta di tensione su Re è compresa tra 1 e 3 V.
Avendo scelto in precedenza abbiamo che:
(si è fatta l'approssimazione
).
Resta da definire il valore di Vce. Per meglio capire cosa avviene, ridisegniamo nuovamente le curve caratteristiche del bjt, con sovraimpresse due rette di carico: quella statica e quella dinamica.
La retta di carico statica è quella che si ottiene dalla KVL del circuito di collettore, e cioé:
Vcc = RcIc + Vce + ReIc (assumendo )
La retta di carico dinamica è invece quella che si ottiene riscrivendo la KVL sul circuito di uscita, ma tenendo conto stavolta del fatto che alle medie frequenze la capacità in parallelo a Re diviene praticamente un cortocircuito, quindi la KVL va riscritta così:
Vcc = RcIc + Vce
La retta di carico dinamica ha una pendenza maggiore, ma passa ovviamente sempre attraverso il punto di riposo Q. Ignoriamo per il momento il punto Q' nella parte sinistra del grafico, il cui significato sarà chiarito più avanti.
Per individuare completamente il punto Q ci occorre ancora da definire il valore di Vce. Per consentire la massima escursione - simmetrica - possibile del segnale in uscita, si vede come il valore ottimale sarebbe circa a metà tra 0.2-0.3 V (la tensione tipica di saturazione per bjt per piccolo segnale) e 12 V (la tensione di alimentazione). In questo modo la tensione sul collettore potrà avere escursioni comprese tra 0.3 V e 12 V.
Sfortunatamente la soluzione non è così semplice: anche se noi decidiamo di posizionare il punto Q piò o meno al centro della retta di carico statica, durante il funzionamento dinamico il punto di lavoro si sposta sulla retta di carico dinamica, che ha una pendenza maggiore.
Osservando di nuovo il grafico di Fig.3, si nota come l'escursione massima della Vce, indicata con VuM, è in realtà molto minore di quella prevista: spostandosi il punto verso il basso sulla retta dinamica, la Vce tende ad aumentare verso il valore limite di 12 V, ma la corrente di collettore diminuisce molto rapidamente, tendendo a zero e portando il transistor in interdizione.
Per tenere conto di ciò, si potrebbe pensare di posizionare il punto di riposo Q un po' più a sinistra sulla retta di carico statica, diciamo un punto intermedio tra Q e Q'.
Sfortunatamente facendo ciò potremmo incorrere in un altro problema: il punto di riposo statico Q può spostarsi a causa di variazioni della temperatura, e potrebbe ad esempio risalire lentamente lungo la retta di carico statica fino a posizionarsi in Q'. Vediamo allora che la massima variazione della Vce, lungo la retta di carico dinamica, è limitata verso sinistra dal fatto che il transistor si trova a lavorare troppo vicino alla zona di saturazione.
Come si sarà capito, la scelta della Vce dipende da diversi fattori. Sta al progettista scegliere il valore più opportuno in base alle esigenze di progetto. Per ora noi ci limitiamo a una scelta molto semplice e posizioniamo il punto Q all'incirca a metà sulla retta di carico statica, scegliendo pertanto una Vce di 6 V.
Dalla KVL del circuito di collettore, sempre assumendo :
Vcc = RcIc + Vce + ReIc
si ricava
Il transistor giunge all'interdizione per un valore della tensione di uscita che vale:
perchè la corrente di collettore può diminuire da IcQ fino a zero e non oltre. Nel nostro caso il valore massimo ottenibile del segnale in uscita sarà:
Restano ora da determinare le resistenze del partitore di base, R1 e R2.
Per meglio focalizzare il problema, conviene rappresentare la rete di polarizzazione sostituendo al partitore R1 e R2 il suo equivalente di Thévenin:
Si ottiene la rete a due maglie di Fig.4b, in cui
La scelta del valore di Rb è determinata dalle prestazioni richieste in termini di stabilità del punto di riposo in funzione delle variazioni di Ico,β e VBE dovute a variazioni di temperatura o dispersione delle caratteristiche.
Anche qui, per evitare di addentrarci in calcoli inutilmente complessi, possiamo innanzitutto basarci sul fatto che la corrente Ico, che è la corrente inversa di saturazione della giunzione base-collettore, è praticamente trascurabile per i bjt al silicio, essendo dell'ordine dei nA (non lo è invece per i transistor al germanio, che hanno valori di Ico di almeno un ordine di grandezza superiore, dell'ordine dei μA).
Restano quindi gli effetti della variazione della VBE, dovuti alla temperatura, e del β, dovuti sia alla temperatura che alla dispersione delle caratteristiche.
Relativamente alle variazioni del β dovute alla dispersione delle caratteristiche, detto β1 il valore minimo e β2 il valore massimo, nel caso sia , si ottengono risultati soddisfacenti se si impone
da cui segue, trascurando l'unità rispetto a 0.1β1,
e tale relazione consente di contenere le variazioni di Ic entro il 10%.
Se invece in sede di progetto è preminente la preoccupazione delle variazioni del β nei riguardi della temperatura, prevedendo che il β di un bjt possa ragionevolmente variare non oltre il 50% (ma per verificarlo occorrono le curve presenti sul datasheet, se ci sono) vale a dire , si può assumere allora
Tale formula pratica assicura una variazione di Ic inferiore al 15%, purché sia e
.
Tutte le formule pratiche appena esposte sono derivate tramite semplificazioni delle formule che si ottengono con un'analisi completa della stabilità del punto di riposo dei bjt, analisi che occuperebbe svariate pagine di un libro, ma che ai fini pratici risulterebbero inutilmente complesse per chi desideri invece arrivare il più rapidamente possibile allo scopo, ovvero progettare e costruire una rete di polarizzazione funzionante.
Per chi fosse curioso e volesse conoscere anche qualche formula che tenga invece conto invece della stabilità nei riguardi delle variazioni della VBE, basti sapere che una variazione del 5-10% di Ic dovuta alla variazione della VBE è normalmente del tutto accettabile, e ciò è verificato se si impone che:
Se si avrà un
; se
si avrà un
.
Questa espressione consente di scegliere un valore per Re tale da poter considerare piccola, se non trascurabile, l'influenza di ΔVBE. Ricordo che per un bjt la VBE diminuisce al crescere della temperatura, e precisamente il coefficiente di temperatura è (si noti il segno meno).
Nel nostro particolare caso, avevamo ottenuto precedentemente un valore per Re di utilizzando il metodo ultrasemplificato di assumere
.
Proviamo ora a ricalcolarla, assumendo questa volta che il bjt debba lavorare nell'intervallo di temperatura compreso tra 20 °C e 45 °C.
Si ha ΔT = 25 e ; con una corrente di collettore di 10 mA, e desiderando una variazione di essa di non più del 5%, utilizzando la formula appena esposta otteniamo
da cui
Valore praticamente coincidente con quello calcolato all'inizio del progetto. Se ci accontentassimo di una stabilità minore, tollerando ad esempio una variazione di Ic di anche il 10%, la Re varrebbe .
Ritorniamo ora alla determinazione di Rb e Vb per la polarizzazione di base. Poiché il transistor scelto, il 2N2222 sembra avere una dispersione del β compreso tra 75 e 150, e se non ci preoccupa eccessivamente la sua variazione con la temperatura possiamo utilizzare la formula , che fornisce per Rb un valore di
.
Tale valore, accettabile dal punto di vista della stabilità del punto di riposo statico, può però non esserlo se andiamo a valutare in seguito le prestazioni dell'amplificatore nel funzionamento dinamico: il valore di 900 ohm per Rb si ritroverebbe in parallelo alla resistenza d'ingresso del transistor, che per un emettitore comune è dell'ordine del kΩ, dando origine a una resistenza di ingresso che potrebbe risultare troppo bassa per determinate applicazioni.
Se il rapporto Rb / Re è minore di 10, conviene scegliere un valore per Rb più elevato, utilizzando eventualmente la relazione che assicura una buona stabilità nei confronti della temperatura.
Nel nostro caso otterremmo per Rb un valore di
, decisamente più accettabile.
Resta ancora da calcolare il valore di Vb e infine i valori di R1 e R2.
Per il calcolo di Vb, riferendoci alla Fig.4b, possiamo ricavare Vb come:
Da cui si ricava un valore per Vb di 2.16 V avendo assunto VBE = 0.6V.
Sempre riferendoci alla Fig.4b e alle due formule che la seguono, possiamo riscrivere così l'espressione per Vb:
Da cui otteniamo e infine
Spesso il partitore R1R2 viene calcolato molto più "brutalmente" assumendo che nella resistenza R1 circoli una corrente pari a 0.1Ic cioè, nel nostro caso specifico, di 1 mA.
Utilizzando tale metodo allora si procede come segue: se la corrente in R1 è pari a 0.1Ic, si può trascurare in prima approssimazione la corrente Ib (). In tal caso scorre la stessa corrente I' in R1 e R2 e applicando la KVL al circuito di base si può semplicemente scrivere:
essendo anche:
Si ottiene: e infine
. I valori di R1 e R2 così ottenuti corrispondono a una Rb Thévenin di
, valore all'incirca intermedio tra i due ottenuti precedentemente con gli altri metodi.
Analisi dei risultati
Riepilogando, utilizzando le formule pratiche descritte in precedenza, senza complicarci troppo la vita, abbiamo ottenuto i seguenti risultati:
Transistor bipolare NPN tipo 2N2222A.
Dati di progetto:
- Polarizzazione:
- Guadagno: di almeno 50 in tensione
- Resistenza di ingresso: non specificata
- Resistenza di uscita: non specificata
- Banda passante: non specificata
Si sono ottenuti i seguenti valori per le resistenze di polarizzazione: ,
,
,
.
Utilizzeremo i seguenti valori normalizzati:,
,
,
.
Possiamo stimare il guadagno in tensione alle medie frequenze e le resistenze di ingresso e uscita comunque ottenute.
Ho reperito un datasheet Motorola, molto più dettagliato di quello della Philips; si sono desunti i seguenti parametri:
(noi abbiamo usato β = 100, quindi il guadagno ottenuto sarà più alto).
Parametri h per il circuito equivalente alle medie frequenze:
min | max | unit | |
---|---|---|---|
hie | .25 | 1.25 | kohm |
hfe | 75 | 375 | - |
hoe | 25 | 200 | μS |
hre | - | 4e-4 | - |
Nei restanti calcoli utilizzeremo i seguenti valori: .
Con questi parametri è possibile prevedere un guadagno di tensione:
La resistenza di ingresso sarà approssimativamente: per le componenti alternate (media frequenza).
In continua o comunque a frequenze molto basse (senza quindi l'effetto di bypass del condensatore di emettitore Ce) si avrebbe una resistenza di ingresso pari invece a:
Considerato il valore assunto da hoe, lo possiamo trascurare rispetto a Rc e prevedere una resistenza di uscita pari alla resistenza di collettore, cioè di circa .
Simulazione con PSPICE
E' sicuramente interessante vedere che risultati si ottengono provando a simulare il nostro circuito appena progettato con PSPICE.
Disegniamo velocemente il circuito ed eseguiamo una analisi in DC, calcolando correnti e tensioni di polarizzazione.Il risultato è visibile nell'immagine che segue.
Come si può vedere, i risultati ottenuti sono in ottimo accordo con quelli calcolati in precedenza usando, lo ricordo, formule semplicissime. Si noti il condensatore da 470 uF aggiunto in parallelo alla resistenza di emettitore, necessario per la successiva simulazione in AC.
Con PSPICE possiamo determinare molto facilmente il guadagno in continua (DC) e le resistenze di ingresso e uscita (sempre in DC), utilizzando la funzione .TF (Transfer Function).
Prima di procedere è però necessario aggiungere un generatore (V2 nello schema che segue) che abbia un valore in DC pari al valore presente sul nodo di base (per non alterare la polarizzazione) e un valore in AC di ampiezza realistica, nel nostro caso 10 mV, per la successiva simulazione per la risposta in frequenza.
Il circuito viene modificato come segue:
Diamo un'occhiata ai risultati in output:
I risultati che ci interessano sono nella sezione titolata "Small Signal Characteristics": la resistenza di ingresso risulta di 3.3 kΩ (contro il nostro valore previsto di 3.4 kΩ), la resistenza di uscita di 469 Ω (avevamo previsto 470) e il guadagno in tensione risulta essere di -3.8.
Chi fosse sorpreso da quest'ultimo risultato, ricordo che esso è il guadagno in continua, per piccolo segnale, non il guadagno classico alle medie frequenze che siamo abituati a considerare.
Se ricordiamo che la capacità in parallelo alla resistenza di emettitore alle bassissime frequenze e in continua è da considerarsi praticamente un circuito aperto, il guadagno risulta essere dato, molto velocemente, dal rapporto Rc/Re, nel nostro caso 470 / 120 = 3.9, in ottimo accordo col valore proposto da PSPICE.
A voler cercare il pelo nell'uovo, possiamo utilizzare la formula esatta per il guadagno di un amplificatore con doppio carico (detto anche a emettitore comune con Re). In tal caso la formula da utilizzare è:
Risultato praticamente coincidente con quello calcolato da PSPICE.
La resistenza d'ingresso appena calcolata con PSPICE non è quella che abitualmente si considera, ovvero quella in funzionamento dinamico alle medie frequenze. Quest'ultima infatti l'abbiamo calcolata essere di 660 Ώ, ed è un valore che ci si aspetterebbe per un amplificatore in configurazione CE.
Per ottenere tale dato con PSPICE dobbiamo eseguire stavolta una simulazione in AC e successivamente ricavare il valore di impedenza di ingresso come rapporto tra una tensione e una corrente. Approfittiamo di questo fatto per verificare anche la risposta in frequenza, e verificare la frequenza di taglio inferiore dovuta alla presenza del condensatore sull'emettitore.
Senza entrare nei dettagli, posso stimare velocemente una frequenza di taglio inferiore intorno ai 100 Hz. Vedremo PSPICE che risultato ci darà.
Uno sweep logaritmico in AC da 1 Hz a 10 KHz restituisce il seguente risultato:
La frequenza di taglio risulta essere di 120 Hz. Il guadagno di tensione in banda passante è di 44 dB, equivalenti a un guadagno di tensione AV di 158 contro il valore di 132 calcolato manualmente.
Per quanto riguarda l'impedenza d'ingresso (impedenza e non resistenza, perchè stiamo analizzando il circuito in AC, e la presenza del condensatore di emettitore si riflette nel circuito di base appunto come un'impedenza), facendo disegnare a PSPICE il rapporto tra la tensione V(1) al nodo 1 e la corrente circolante nel generatore V2 otteniamo il seguente grafico:
Non sorprendentemente, l'impedenza di ingresso è di circa 3.4 kΩ a 1 Hz, per poi decrescere e stabilizzarsi asintoticamente su 468 Ω oltre 1 kHz. Noi avevamo stimato 660 Ω, ma abbiamo utilizzato nei nostri calcoli un valore di hie di 800 Ω. Semplicemente PSPICE utilizza un valore lievemente più basso nel suo modello di libreria, e questo spiega anche la differenza tra il nostro valore di AV e quello di PSPICE.
Considerazioni conclusive
Come si è visto, il progetto di una rete di polarizzazione è tutto sommato facile, ma nella mia esposizione ho fatto in modo di mettere in luce molti punti che nelle trattazioni scolastiche e accademiche restano spesso oscuri.
Con l'utilizzo del simulatore PSPICE ho voluto mostrare come si possano ottenere risultati più che dignitosi pur utilizzando formule semplicissime e della semplice algebra spicciola. Le differenze tra i calcoli esatti, che si presume PSPICE sappia fare bene (in realtà non sempre lo fa, ma questo è un altro discorso), e i nostri calcoli approssimati sono veramente minime, tali da rendere a mio avviso ingiustificabile il ricorso sistematico ai simulatori, spesso a sproposito, come troppe volte ho modo di vedere.
Spero di avervi dato di che riflettere. Una trattazione come quella che avete appena letto, occuperebbe non meno di 4 ore di lezione in un corso di elettronica applicata, e ciò spiega almeno in parte come purtroppo stia diventando sempre più raro trovare persone realmente competenti nell'elettronica analogica discreta e che sappiano trasmettere alle nuove generazioni di allievi tecnici e ingegneri le conoscenze di base in una maniera tale che risultino suscettibili immediatamente di applicazioni pratiche, anziché restare confinate nella mera teoria .
D'accordo, è indubbiamente più veloce e semplice realizzare amplificatori con Op-Amp, ma volete mettere la soddisfazione? Oltretutto le prestazioni ottenibili con i componenti discreti non sono affatto inferiori agli op-amp, anzi!
Bibliografia
Millman, J. and H.Taub: "Pulse, digital and switching waveforms", McGraw-Hill, 1965
Millman, J. and C. Halkias: "Electronic devices and circuits", McGraw-Hill, 1967
Millman, J. and C. Halkias: "Integrated Electronics", McGraw-Hill, 1972
Millman, J.: "Microelectronics", McGraw-Hill, 1983
Gasparini, M. and Mirri D.: "Dispositivi e circuiti elettronici", Calderini, 1982