Introduzione
Qualche tempo fa, ho partecipato ad una discussione qui su ElectroYou: [1] nella quale lucaking esprimeva delle difficoltà nel fare dei calcoli di distorsione in campo audio. Dato che molti parlano di distorsione perché questo parametro è intimamente legato ad altri importanti aspetti, ho pensato di riprendere in questo articolo alcuni miei interventi sul forum e svilupparli. Spero di far quindi cosa gradita a chi si interessi in maniera non superficiale di riproduzione audio. Premetto che mi occuperò unicamente di distorsione non-lineare, quindi quell'insieme di difetti introdotti da un sistema di riproduzione che non sono compensabili con delle operazioni lineari di filtraggio (controlli di tono, ritardi vari, etc...)
- Fig. 0: Segnale e distorsione: "And I'm floating in a most peculiar way..."
Il livello dell'articolo dovrebbe rimanere accessibile a chi abbia delle conoscenze matematiche da scuola superiore. Tuttavia in alcuni casi farò ricorso a delle analisi spettrali, basate sulla trasformate di Fourier. Di solito queste non fanno parte del programma della scuola superiore, ma sono talmente utilizzate che il lettore interessato all'argomento probabilmente ne avrà una conoscenza perlomeno intuitiva. Sono comunque consapevole di una certa mia tendenza ad utilizzare la matematica anche dove non strettamente necessario. Ho cercato quindi di ridurre al minimo necessario le formule, senza però riuscire del tutto ad eliminarle. Premetto che non sono particolarmente appassionato di HiFi, ma mi sono costruito alcuni amplificatori e, da tecnico, ho fatto delle misure per farli funzionare al meglio. Quest'articolo quindi riflette in parte quello che ho imparato sul campo. Non parlerò di misure su casse acustiche e diffusori, né della distorsione introdotta apposta negli amplificatori per chitarra elettrica.
Prima di iniziare, preferisco avvertire che in tanti casi mi servirò di strumenti vetusti ed obsoleti (vedi figura 0). Non voglio dire che siano migliori di quello che si fa oggi: semplicemente mi diletto nel tempo libero a riparare questi strumenti e mi piace molto usarli quando ne ho occasione. Quest'articolo è anche una carrellata di quello che si faceva tanti anni fa, quando i PC non erano così diffusi come lo sono adesso e gli strumenti informatici e l'analisi via software era agli albori. Dato che è venuto fuori un articolo molto lungo, avete tutto il diritto di pensare che tutto quello che ho scritto è sorpassato e passare oltre: non mi offenderò affatto, pur non essendo del tutto d'accordo. Se però vi piacciono le schermate "vintage" degli oscilloscopi analogici e dei computer anni 80, avrete forse motivo in più di leggere l'articolo fino in fondo.
Questo articolo è organizzato come segue. Inizieremo con una discussione di alcune definizioni che vengono di solito utilizzate per la distorsione armonica. Dopodiché vedremo diverse tecniche e strumenti che permettono di fare misure di distorsione in casi relativamente "semplici". Studieremo dapprima dei generatori sinusoidali (un Philips PM5132 generatore da banco degli anni 80 ed un oscillatore a ponte di Wien autocostruito), perché ci toccherà sceglierne uno per fornire i segnali di test nelle misure successive. Continueremo con alcuni esempi di misure su un pre-amplificatore e su un amplificatore di potenza, con toni semplici. Per tutte queste misure, utilizzeremo diversi strumenti in maniera combinata: un analizzatore di spettro audio FFT a due vie Brüel&Kjær 2034, un distorsiometro LEA EHD36, un filtro notch autocostruito ed un vecchio laptop Apple equipaggiato della sola scheda audio interna. Termineremo discutendo di distorsione da intermodulazione e vedremo cosa sta dietro alle misure SMPTE e IUT-R (CCIF).
Che cos'è la distorsione armonica?
Nel caso di un amplificatore
Innanzitutto ci sono diverse definizioni della distorsione armonica e c'è quindi un gran rischio di far confusione. Le vedremo quindi con calma, ma prima iniziamo a dire due parole su di che si tratta, iniziando da quello che succede con gli amplificatori. Se abbiamo un segnale vin(t) all'ingresso di amplificatore perfetto (o comunque un dispositivo con due porte perfettamente lineare), dovremmo ottenere all'uscita qualcosa di estremamente semplice:
vout = Gvin(t),
dove G è il guadagno in tensione del nostro amplificatore. Non ci interessa qui prendere in considerazione i casi in cui il guadagno dipende dalla frequenza o in cui ci sia uno sfasamento. Basti sapere che non è affatto difficile (perlomeno se c'è perfetta linearità) trattare queste cose utilizzando la trasformata di Fourier, i fasori ed i numeri complessi.
Ora, se noi buttiamo dentro al sistema una sinusoide a frequenza f0, lo studio rimane agevole con un sistema lineare:
vin = Asin(2πf0t)
vout = Gvin(t) = GAsin(2πf0t),
che è poi quello che vogliamo. Il sistema lineare, molto onestamente, ci butta fuori una sinusoide di ampiezza maggiore a quella di ingresso (se | G | > 1) e non aggiunge (né toglie) nulla a parte amplificare il segnale.
Ora, purtroppo, in pratica non è per nulla facile rispettare la relazione di cui sopra. Ci saranno quindi degli "scostamenti" più o meno importanti rispetto alla linearità perfetta. Se questi sono piccoli o molto piccoli, conviene considerare il tutto come un sistema abbastanza lineare a cui si aggiungono dei piccoli termini non lineari che si comportano come segue:
,
dove α è detto coefficiente non-lineare di secondo ordine e β coefficiente non-lineare di terzo ordine. Naturalmente, si può continuare quanto si vuole, i lettori più versati in matematica avranno riconosciuto uno sviluppo in serie di Taylor. A noi basterà vedere cosa succede se introduciamo un segnale sinusoidale in ingresso, quando ci si arresta al secondo ordine:
Nell'ultimo passaggio ho sviluppato il seno al quadrato utilizzando una identità trigonometrica ben nota. Si vede che il termine al quadrato ha fatto apparire due cose in più rispetto al caso perfettamente lineare:
- un termine di tensione continua
- un termine a frequenza 2f0, quindi doppia rispetto a quella che abbiamo iniettato nel sistema:
Ora, se la tensione continua può essere scomoda, ma al limite eliminata con relativa facilità perché non contiene tantissima informazione, il termine a frequenza doppia rappresenta un'influenza profondamente nefasta perché, con segnali più complessi, può sovrapporsi ed alterare altre componenti utili del segnale da trattare. L'introduzione del termine a frequenza doppia (la seconda armonica) sarà quindi una "firma" dalla nonlinearità dell'amplificatore e qualcosa che, in linea di principio, vorremmo contenere a valori accettabili.
- Nota di passaggio: è vero che è abbastanza difficile ottenere un amplificatore molto lineare. Però è invece relativamente agevole fabbricare un attenuatore lineare, ed è per quello che la controreazione funziona così bene per ottenere linearità eccellenti. Basta prendere l'uscita dell'amplificatore, attenuarla e comparare l'ingresso con la versione attenuata (linearmente) dell'uscita. Aggiungere correzioni quanto basta! Se il tutto è fatto bene e si costruisce un amplificatore e non un oscillatore, la controreazione è una delle grandi invenzioni della storia dell'ingegneria.
Vogliamo quindi rispondere alle seguenti domande:
- come quantificare l'influenza di termini come α e β?
- come identificarne per quanto possibile l'origine circuitale, perché non tutti i "difetti" di linearità distorcono il segnale nella stessa maniera?
Il resto dell'articolo sarà un tentativo di illustrare risposte a queste due domande. Misurare la distorsione non è sempre molto agevole, soprattutto quando questa è piccola, ed alcune discussioni sulle difficoltà di misura faranno parte del contenuto di quest'articolo. Si sentono inoltre discorsi su distorsioni "buone" o "cattive" a seconda se siano "armoniche pari" o "dispari". Io non tratterò questi argomenti, anche se qualcosa sembra possedere un fondamento psicoacustico in certi casi particolari [2] e del resto i chitarristi sanno bene come sfruttarle utilissimamente per aggiungere "corpo" al suono del loro strumento.
Il punto di vista che manterrò nell'articolo è che un amplificatore dev'essere quanto possibile lineare: tutto quello che viene aggiunto è un difetto da ridurre nei limiti del possibile e del ragionevole.
Nel caso di un generatore sinusoidale
Un'altra cosa che si può fare, questa volta non su un amplificatore ma su un generatore sinusoidale, è misurare quanto "puro" sia il segnale in uscita, ovvero quanto vicino è effettivamente ad un'onda sinusoidale. Anche in questo caso si parla di distorsione armonica. Questa misura non è una divagazione rispetto al contenuto dell'articolo: infatti per fare misure su amplificatori, bisogna utilizzare dei generatori di segnali con distorsione armonica molto bassa. Bisogna conoscere i propri strumenti e saperli sfruttare al meglio!
Vedremo quindi nel prossimo paragrafo alcune delle definizioni di distorsione armonica (THD) comunemente utilizzate e soprattutto vedremo perché ce ne sono diverse.
Ad ogni misura... la sua definizione
La THD (Total Harmonic Distortion, ovvero "distorsione armonica totale") classica può già di suo definirsi in due modi diversi:
- Definizione A: Rispetto al segnale in ingresso:
- Definizione B: Rispetto alla fondamentale:
- Definizione C: Esiste inoltre la THD+N (dove N sta per Noise, ovvero rumore):
,
Dove ho chiamato con Pi la potenza trasportata dall'armonica i, chiamando i = 1 la fondamentale e N la potenza totale del rumore. Quindi P2 è la potenza trasportata dalla seconda armonica, P3 dalla terza e via dicendo. Ovviamente, anche per la THD+N se abbiamo voglia di farci del male o fare i tetratricotomisti, potremmo definirne delle varianti cambiando quello che c'è al denominatore, ma il gioco non vale la candela.
Prime cose importanti da considerare
Poiché stiamo parlando di un segnale praticamente sinusoidale, P1 è la potenza della fondamentale ed è di gran lunga il contributo più importante nelle somme. In questo caso particolare, cambia poco tra la potenza della sola fondamentale e la potenza totale del segnale, quindi .
Si vede che anche
è vero se il livello di rumore è piccolo rispetto al segnale. Potrebbero invece esserci delle differenze non da poco fra
e
se la distorsione armonica è piccola ed il rumore ha un'importanza rilevante.
Ne consegue che per non sparare numeri a caso, bisogna sempre sapere fino a che armonica le varie somme arrivano o fino a che frequenza si integra il rumore.
Perché tutte quelle radici?
Perché per consuetudine, poi cristallizzata nelle definizioni, in questo contesto si fanno rapporti di tensioni efficaci. Tra un rapporto di tensioni efficaci ed un rapporto di potenze rispettive c'è una radice quadrata. Si sarebbe potuto fare un rapporto di potenze senza problemi, ma in bassa frequenza è comodo lavorare con le tensioni e quindi si è finito per decidere di fare sempre così.
Perché tutte quelle definizioni? Gli ingegneri amano complicarsi la vita?
No, è che ogni definizione diventa più che ragionevole utilizzando un metodo o un altro per misurare la distorsione. Per esempio, vedremo più avanti misure fatte con un analizzatore di spettro e con un distorsimetro basato su un filtro notch per eliminare la fondamentale.
- Utilizzando un analizzatore di spettro è facile misurare P1, P2, P3 etc. Si viene quindi quasi indotti ad utilizzare la definizione A di cui sopra leggendo ad occhio le scale in dB, oppure in un secondo tempo B o C, se si utilizzano i cursori per integrare su una banda appropriata.
- Utilizzando un filtro notch è molto facile ottenere
perché è semplicemente proporzionale alla tensione efficace del segnale di uscita del filtro, in cui la fondamentale è eliminata. Quindi è facile utilizzare la definizione C.
Insistiamo sul fatto che un'analisi spettrale è un mezzo che permette di applicare qualunque definizione, a condizione di integrare lo spettro se necessario, per esempio per ottenere sulla banda appropriata, e di avere sufficiente dinamica per misurare il rumore (cosa non scontata).
Cos'è questa storia dei dB? Perché farsi del male?
Prima di tutto: il decibel (dB) è SEMPRE definito nella maniera seguente, legata ad un rapporto di potenze:
Dove P' e P'' sono due potenze. Esprimere valori in dB è un modo pratico e pulito di misurare rapporti molto piccoli e molto grandi, quali si incontrano molto spesso in ingegneria. Quindi, ripetiamolo: un valore in dB (non sto parlando di dBm, dBµm, dBV, dBc che sono un'altra cosa) indica sempre un RAPPORTO su scala logaritmica. Se io conoscessi r | dB e volessi passare al rapporto , mi basterebbe invertire il logaritmo utilizzando l'esponenziale:
I vari dBm, dBµV, dBV, dBc sono misure in dB rispetto ad un riferimento convenzionale (1mW per i dBm, la potenza che corrisponde ad 1µV sull'impedenza di riferimento scelta per i dBµV, 1V per i dBV, l'ampiezza della portante per i dBc).
Ma perché allora ogni tanto vedo un 20 da qualche parte?
Perché gli ingegneri sono pigri e sanno che le potenze sono proporzionali al quadrato delle tensioni efficaci. Nella costante di proporzionalità c'entra una resistenza, ma se è la stessa al numeratore ed al denominatore, questa si semplifica. Quindi un rapporto in dB può essere espresso utilizzando le tensioni efficaci dei due segnali da comparare:
e quindi:
Facciamo un esempio...
... e prendiamo uno dei casi proposti da lucaking. Ci troviamo ad analizzare un segnale che dovrebbe essere perfettamente sinusoidale, ma che non lo è. In altre parole, oltre alla fondamentale ci troviamo ad avere un certo numero di armoniche a frequenza multipla. Supponiamo prima di tutto di saper fare una misura spettrale (cosa non proprio banalissima, ci sono alcuni problemi da risolvere), ottenendo la figura 1.
- Fig. 1: esempio schematico di misura spettrale su un segnale ipotetico.
Per esempio un programma come Audacity permette di fare la FFT di una traccia audio. Possiamo estrarre dal grafico le ampiezze seguenti:
Fondamentale | f0 | ![]() |
seconda armonica | 2f0 | ![]() |
terza armonica | 3f0 | ![]() |
quarta armonica | 4f0 | ![]() |
per prima cosa calcoliamo l'ampiezza relativa alla fondamentale delle varie armoniche che diventano:
seconda armonica | 2f0 | ![]() |
terza armonica | 3f0 | ![]() |
quarta armonica | 4f0 | ![]() |
Allora, in questo caso adottiamo la definizione B che è quella più facile da usare. Nel nostro caso abbiamo tutti i valori in dB e sopra abbiamo parlato di potenze. In realtà come abbiamo visto i valori in dB esprimono un rapporto e qui il riferimento (la linea blu del grafico di fig. 1) è un segnale di ampiezza determinata, probabilmente la massima ampiezza accettabile dalla scheda audio prima di entrare in saturazione. Tuttavia, non abbiamo bisogno di conoscere le potenze ma unicamente i rapporti rispetto alla fondamentale. Se sottraiamo a tutti i valori l'ampiezza in dB della fondamentale, in pratica distribuiamo P1 al denominatore della definizione B all'interno di tutti i termini e ci sbarazziamo della necessità di conoscere le potenze assolute perché l'unica cosa che ci interessa è fare misure relative.
Facile.
Poi si va avanti con il calcolo.
lucaking poi ha suggerito la seguente formula per sommare i contributi lavorando con i dB:
THD,B = 10log(10 − 70 / 10 + 10 − 80 / 10 + 10 − 90 / 10)
Che fornisce: , il risultato corretto.
Il risultato si può calcolare quasi a mente con un po' di abitudine. Infatti, si sa che il contributo più importante al numeratore viene chiaramente dalla seconda armonica, quindi siamo un po' più di . Il contributo successivo è la terza armonica che è 10 dB sotto la seconda e che quindi contribuisce per un 10%. Ora, salire di 1dB vuole più o meno dire far aumentare un rapporto di 20% in potenza (calcolo spannometrico). Quindi nel nostro caso ci fermiamo a metà
senza calcolatrice :D Le altre armoniche influiranno pochino.
Una cosa che abbiamo rappresentato in figura 1 è quella specie di "erba" attorno a -120 dB che rappresenta il rumore, qui molto basso rispetto ai contributi delle armoniche. Per il momento non ci facciamo molto caso, ma notiamo le cose seguenti:
- Invece di essere concentrato su alcune frequenze precise, abbiamo qualcosa che si spande su una gamma abbastanza larga, fino a frequenze insospettabilmente alte.
- Senza conoscere lo strumento, non possiamo dire se è il rumore di fondo dello strumento su un segnale pulitissimo (ovvero con un rumore di fondo ancora più basso), oppure se è rumore contenuto nel segnale, oppure ancora se è un "misto" tra il rumore di fondo dello strumento ed il rumore del segnale.
In questo esempio, abbiamo tenuto conto della fondamentale e delle armoniche fino alla quarta. Se la banda da considerare fosse di molto superiore alla frequenza che corrisponde alla quarta armonica, potrebbe darsi che il contributo del rumore non sia più trascurabile. In questo caso, sarebbe meglio adottare la definizione C vista sopra THD + N, che sarebbe molto più adatta a rappresentare la situazione.
dB e percentuali:
Veniamo ora al passaggio successivo, l'espressione in percentuale. Sulla base di quello che abbiamo visto sopra, basta convertire il rapporto in dB appena calcolato in rapporto di tensioni efficaci. Anche qui è facile, calcolando il rapporto:
e poi passando in percentuale:
Riassumendo:
- ci sono diverse definizioni di distorsione, in certi casi (quando la distorsione o il rumore di fondo sono piccoli) i risultati sono simili in altri no, quindi bisogna sapere cosa si sta facendo
- la distorsione in percentuale è sempre un rapporto di tensioni efficaci
- tra la tensione efficace e la potenza c'è una radice quadrata ed un coefficiente di proporzionalità adeguato
- i dB indicano un rapporto di potenze e spesso si usano anche per indicare un rapporto di tensioni misurate sulla stessa impedenza (ogni tanto ci si dimentica apposta di quest'ultima cosa perché è così comodo lavorare in dB che sarebbe un peccato privarsene)
Nelle discussioni qui sopra, ho appena sorvolato il problema della banda passante, molto importante quando si deve tener conto del rumore o di segnali con armoniche che salgono molto in alto in frequenza apportando contributi significativi. Nel prossimo paragrafo, mi occuperò di mostrare lo stesso segnale all'analizzatore di spettro e l'uscita del distorsimetro all'oscilloscopio.
Tabellina riassuntiva:
Rapporto in dB | Rapporto di potenze | Rapporto di tensioni | Percentuale |
---|---|---|---|
![]() | 1 | 1 | ![]() |
![]() | 0,1 | ![]() | ![]() |
![]() | 0,01 | 0,1 | ![]() |
![]() | 0,001 | ![]() | ![]() |
![]() | ![]() | 0,01 | ![]() |
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
![]() | ![]() | ![]() | ![]() |
Nelle misure che farò sotto, farò praticamente sempre delle misure THD o THD+N e mi troverò in casi in cui ci sarà poco rumore e distorsioni molto basse. Bisognerà scontrarsi con i limiti degli strumenti a disposizione e vedere come aggirarli.
Misure di distorsione in pratica
Generatore da banco Philips PM5132 come generatore sinusoidale
Ho preso il mio vecchio generatore BF visibile in Fig.2, un Philips PM5132, abbastanza rappresentativo di quello che si faceva negli anni '80 del secolo scorso e che mi serve tuttora come onesto generatore da banco. Può generare diverse forme d'onda, triangolare, rettangolare con diversi duty cycle, impulsi. Si può inoltre applicare uno sweep, cioè variare con continuità la frequenza per spazzare continuamente una certa banda. L'età del generatore e la possibilità di fare sweep dovrebbero già metterci in guardia sul fatto che non ci si può attendere grandi prestazioni in termini di distorsione. Vedremo perché.
- Fig.2 Il primo elemento di cui misureremo la distorsione, un generatore di segnali Philips PM5132 degli anni '80 utilizzato come generatore sinusoidale.
Ho regolato il PM5132 intorno ai 500 Hz ed ho mandato il segnale ad un analizzatore di spettro BF (un meraviglioso Brüel & Kjær 2034) ed allo stesso tempo ad un distorsimetro analogico (LEA EHD36). Il manuale di istruzioni dello strumento ci indica che in questa banda di frequenza, la distorsione dovrebbe essere inferiore a 0,5%. Vediamo se è così! Iniziamo dalla Fig. 3, che mostra lo schermo dell'analizzatore di spettro.
- Fig.3 lo schermo di un analizzatore di spettro FFT in campo audio. Si vede la fondamentale e le armoniche che la "sporcano".
L'asse orizzontale rappresenta ovviamente la frequenza e va da 0 a 12,8 kHz, con scala lineare. L'asse verticale copre 160 dB e tutto in alto c'è un valore che corrisponde ad una tensione efficace di 22V. Quindi, una divisione "grossa" in verticale indica 20 dB in ampiezza. Qui non l'ho ancora fatto, ma quando sarà comodo aggiungerò delle legende in rosso per facilitare la lettura delle schermate.
- Nota storica: Non è che se uno strumento di misura è vecchio è per forza una schifezza. Il B&K è una specie di Jaguar degli analizzatori di spettro BF anche se è dei primi anni '80, arriva solo a 25 kHz ed ha solo un 80dB di dinamica. Il PM5132 è pure uno strumento valido, sia pure non della classe del B&K. D'altronde, non si può pretendere le stesse prestazioni da un'automobile d'epoca e da una moderna. Ma se mi chiedete di scegliere tra una Jaguar E-type del 1968 ed una Golf moderna, non ho neanche bisogno di riflettere mezzo secondo. Spulciando la documentazione del 2034, ho scoperto un mondo intero che non avrei mai sospettato se mi fossi fermato ad una scheda audio! Del resto, non si può imparare a fare il punta tacco su un'automobile con cambio automatico...
L'analizzatore può integrare tutto il segnale nella banda mostrata e su un intervallo che l'utente può selezionare a schermo e che nella figura 3 parte da circa 800Hz per arrivare a 12,8 kHz. Il valore ∆/TOTL è la potenza integrata nell'intervallo sulla potenza totale del segnale. Il valore "6.41m" vuole dire che la distorsione ed il rumore misurati in questo modo valgono circa 0,64% del totale (THD+N, definizione C). L'erba che si vede in fondo è il rumore di fondo dell'analizzatore, su 12 bit, e non rappresenta il rumore del segnale. La misura è significativa perché le armoniche "escono" molto bene rispetto al rumore di fondo.
Un altro modo di procedere è quello di prendere un filtro notch che elimini la fondamentale, lasciando solo le armoniche ed il rumore, di cui poi si fa una misura. E' quello che viene effettuato nei distorsimetri tradizionali, come l'EHD 36 mostrato in figura 4. Un filtro notch può attenuare la fondamentale anche di 90dB con poca influenza altrove, ma la regolazione diventa difficile, perché basta una piccola deriva in frequenza del segnale da misurare o del filtro per far crollare l'attenuazione e ritrovarsi la fondamentale che esce dal notch con un'ampiezza maggiore al segnale da misurare.
- Fig. 4: il EHD 36, un vecchio distorsimetro a filtro notch con accordo automatico di fabricazione francese (fine anni 1970 circa).
Per questa ragione, questi strumenti prevedono una sorta di sintonia automatica, di modo che il filtro notch si auto-aggiusti seguendo la frequenza della fondamentale. Oltre a leggere la distorsione sul pannello dello strumento (0,9%) il segnale all'uscita del notch si può guardare all'oscilloscopio, come mostrato in Fig. 5. Nella traccia in alto c'è il segnale di uscita del generatore. In basso c'è il segnale residuo dopo il notch.
- Fig. 5: lo schermo di un oscilloscopio con il segnale da misurare in alto ed il residuo dopo che un filtro notch ha eliminato la fondamentale in basso.
Come abbiamo visto, il LEA EHD36 mi indica 0,9% di distorsione, un po' di più di quella misurata con l'analizzatore di spettro, probabilmente per due ragioni, una "buona" ed una "cattiva":
- La ragione "buona" è che lo strumento integra il rumore e le armoniche su uno spettro abbastanza ampio, almeno fino a 80kHz mentre l'analizzatore di spettro si ferma nella mia misura di cui sopra a 12,8kHz.
- La ragione "cattiva" è che (li mortacci sua) spulciando in dettaglio il poco chiaro manuale tecnico dello strumento, si capisce abbastanza fra le righe che la misura dell'ampiezza del segnale... non è true RMS, ma si basa su una misura di picco del segnale raddrizzato e quindi è abbastanza sballata per segnali non sinusoidali come quelli mostrati sulla traccia in basso nella figura 5.
- Nota (da leggere con fiero cipiglio): Il segnale di distorsione è abbastanza per definizione un segnale "sporco", sembra una brutta caduta di stile per questo strumento! Tuttavia, l'affermazione va ammorbidita, perché è uno strumento che data di un'epoca in cui non era banale fare una misura "true-RMS" (vero valore efficace) e del resto il segnale all'uscita può essere collegato ad un voltmetro più preciso capace di fare queste misure.
Il secondo motivo mi pare preponderante in questo caso e, probabilmente, la misura più affidabile la dà l'analizzatore di spettro con i suoi 0,64%.
Un piccolo trucco utile per capire da dove arriva la distorsione consiste nel regolare l'oscilloscopio in modalità XY e mandare all'ingresso X il segnale in uscita del generatore ed all'ingresso Y il segnale in uscita dal notch. In questo modo, è facile vedere se ci sono degli artefatti nel segnale introdotti in punti particolari dell'ampiezza dell'onda.
- Fig. 6: gli stessi segnali mostrati in figura 5, ma questa volta in modalità XY. "Check ignition and may God's love be with you..."
Osservando le figure 5 e soprattutto 6, si nota la firma classica della distorsione di un generatore che prima parte da un'onda triangolare e poi cerca di approssimare "a pezzi" un'onda sinusoidale, una tecnica classica che veniva usata per fare generatori sinusoidali facili da modulare o da regolare in frequenza, senza dover attendere che la regolazione dell'ampiezza si aggiusti o "rimbalzi" come succede spesso con altre tecniche. Sarebbe impossibile avere quest'informazione soltanto con l'analisi spettrale mostrata in figura 2! Si vede bene come sia praticamente impossibile apprezzare ad occhio la distorsione del segnale da misurare se si guarda solo la traccia in alto della figura 5.
Si può vedere per esempio la figura 12 (breakpoint shaping network) nella vecchia AN-263 di National assorbita da Texas Instruments [3].
La figura 13 della AN riporta qualcosa di simile all'oscillogramma mostrato in figura 6 di quest'articolo. Infatti, nel Philips PM5132 l'onda sinusoidale è fatta in questo modo, con un integratino proprietario Philips (tal OQ0011 ormai del tutto introvabile altrove) che "aggiusta" a pezzi un'onda triangolare per renderla un'onda sinusoidale. Se si guarda la figura 5, si nota che i piccoli "angoli" che sono introdotti da questa tecnica nei punti i cui i vari segmenti in cui la sinusoide viene approssimata sono raccordati sono immediatamente visibili.
Insomma, abbiamo visto che il PM5132, pure strumento onesto e comodo da usare, non è certo straordinario per quanto riguarda la distorsione armonica ed è anche leggermente fuori specifica. Se vogliamo misurare il comportamento di amplificatori audio (e quindi distorsioni almeno inferiori all'1%), bisogna ricorrere ad un segnale molto più pulito, oppure filtrare il segnale in uscita del PM5132.
Qualcosa di meglio: generatore sinusoidale a ponte di Wien
Per vedere cosa si può ottenere tutto sommato con poco sforzo bisogna sfruttare un'idea... luminosa. Il circuito che si vede in figura 7 è un classico semplice oscillatore a ponte di Wien con stabilizzazione a lampadina.
- Fig. 7: oscillatore sinusoidale a ponte di Wien con stabilizzazione di ampiezza a lampadina.
Per chi si chiedesse cosa ci faccia una lampadina in un circuito del genere, basti sapere che un oscillatore sinusoidale di questo genere deve avere un circuito che controlli il guadagno di un amplificatore di modo da avere un'ampiezza costante del segnale in uscita. Una lampadina si comporta come una resistenza nonlineare il cui valore a freddo è molto più basso di quanto si ottiene con il filamento caldo. Ci vuole un po' di tempo per scaldare o raffreddare il filamento. Pertanto, la lampadina è una resistenza il cui valore cambia pochissimo su un periodo del segnale in uscita ma che riflette l'ampiezza totale del segnale sul lungo periodo, perlomeno se questa è sufficiente a scaldare il filamento. Così com'è messa nel circuito (nella controreazione di un amplificatore non invertente), quest'effetto tende a ridurre l'amplificazione del segnale quando l'ampiezza aumenta troppo ed a ridurla quando il segnale diventa troppo piccolo. Quindi, l'amplificatore si stabilizza su un'ampiezza di qualche volt che dipende da come viene regolato R5. La frequenza è invece determinata dal ponte R1/C1 e R2/C2 e con i valori mostrati è di circa 504 Hz. La figura 8 mostra una foto del circuito, montato su una basetta ramata, con l'aggiunta di un trimmer per attenuare l'uscita se necessario. Non bisogna comunque aspettarsi nulla di spettacolare per quanto riguarda la lampadina, il filamento si arrossa in maniera appena percettibile!
- Piccola nota di folclore: la lampadina mi è stata regalata da un vecchio amico di mio padre che lavorava in SIP e che riparava centrali telefoniche, da cui l'attacco a baionetta. Erano ancora gli anni 80... E' rimasta in un cassetto per trent'anni senza che ne trovassi un uso ragionevole, fino al momento in cui ho provato in quel circuito cinque o sei lampadine diverse e si avverata esser la migliore...
- Fig. 8: l'oscillatore a ponte di Wien della figura 7 montato su basetta ramata. Questa tecnica di montaggio è molto efficace per piccoli circuiti analogici perché avere un buon piano di massa permette di mantenere i segnali abbastanza puliti.
Venendo alle misure di distorsione, qui la musica cambia (e di parecchio) rispetto a quello che succedeva con il Philips PM5132. Il distorsiometro EHD36 mi indica qualcosa intorno allo 0,015% ma la misura deve sollevare dei dubbi. La "firma" della distorsione mostrata all'oscilloscopio in modalità XY è molto diversa dalle misure precedenti ed è mostrata in figura 9.
- Fig. 9: misura XY dei segnali del distorsimetro (X: segnale in ingresso, Y: segnale dopo il notch). Il distorsimetro è in una portata che amplifica molto di più il segnale in uscita dal notch, rispetto a quello che accadeva in figura 6. Siamo vicini al limite dello strumento e ciò deve farci venire qualche dubbio.
La situazione non potrebbe essere più diversa rispetto al PM5132. Si vede che la THD+N qui è soprattutto data dalla presenza di rumore (il tratto "spessa" in verticale) e che ci sono tre punti in ampiezza che in qualche modo creano dei problemi che si manifestano con dei tratti verticali molto sottili posizionati nelle due "pance" dell'onda sinusoidale e del punto centrale, dove la tensione attraversa gli zero volt. Dato che lo strumento (come abbiamo visto sopra) purtroppo fa delle misure di picco e non RMS, ci ritroviamo ad avere i picchi del segnale che influenzano molto negativamente la stima della distorsione. Si può solo concludere che la distorsione è inferiore allo 0,015% ma non sappiamo di quanto.
Proviamo con l'analizzatore di spettro, ma come si vede in figura 10, anche lui sbatte contro i propri limiti, poveretto!
- Fig. 10: analisi spettrale del segnale in uscita dall'amplificatore a ponte di Wien. La ridotta dinamica dello strumento non permette di vedere la distorsione armonica ed il rumore sull'uscita dell'amplificatore. Per chiarezza, ho aggiunto in rosso le scale e la banda integrata dallo strumento.
Infatti, il rumore dovuto al campionamento è troppo elevato, ci andrebbe una risoluzione molto maggiore rispetto ai 12 bit che sono utilizzati dallo strumento. Si può dedurre che l'ampiezza delle armoniche è sotto l'erba dello strumento, intorno al centinaio di microvolt. Integrando quello che si misura fra 800Hz e 6,3kHz, si ottiene una tensione efficace di 2,25mV che è poco significativa, perché è solo il rumore di fondo dello strumento. L'ampiezza efficace del segnale di uscita dall'amplificatore è 2,12V, possiamo solo concludere che la distorsione è inferiore a:
Qualcuno potrebbe chiedersi da dove viene questo valore di 2,25mV se la traccia del "rumore" mostrato dallo strumento è sotto i 200µV. In realtà, il rumore (qui sicuramente il rumore di quantizzazione più quello degli stadi analogici dello strumento) non è concentrato su una frequenza in particolare come accade con le armoniche. Quindi non ha tanto senso dire che c'è un segnale ad una frequenza singola, ma bisogna integrare qualcosa che è spalmato su una banda molto più grande. Invece di dire che ci sono x mV efficaci ad una frequenza y, per il rumore bisogna piuttosto misurarne la densità spettrale di potenza ed integrarla su una certa banda, nel nostro caso da 800Hz a 6,3kHz. Si veda per esempio quest'articolo per capire come vanno trattati i segnali e che unità di misura si usano in un'analisi spettrale a seconda di cosa si vuole misurare: [4].
Ovvio che più la banda è grande più il contributo del rumore viene addizionato per ogni "fettina" spettrale che l'analizzatore ritaglia e quindi aumenta. Ora, qui la cosa non ci crea problemi perché sappiamo che il rumore sul segnale sta molto più in basso ed in realtà stiamo misurando l'analizzatore FFT e non l'oscillatore.
Quando il gioco si fa duro...
Abbiamo visto nel precedente paragrafo che l'unica cosa che possiamo concludere per il momento è che la distorsione del nostro oscillatore a ponte di Wien è quasi sicuramente sotto lo 0,015%. Per andare oltre, possiamo costruirci noi un filtro notch adatto, per esempio partendo da quanto propone Rod Elliott (ESP): [5].
- Fig. 11: lo schema elettrico del filtro.
- Fig. 12: una foto del filtro notch a 504 Hz montato un po' alla veloce su una basetta ramata. Indovinate un po' cosa c'è sull'altra metà...
Le figure 11 e 12 mostrano la nostra versione del filtro, semplificato rispetto alla versione proposta da Rod perché mi sono accontentato di lavorare ad un'unica frequenza che è quella dell'oscillatore a ponte di Wien. La lettura dell'articolo di Rod Elliott è interessante anche perché mostra come varia la risposta del sistema quando viene variato il Q del filtro. Infatti, ci sono tre potenziometri da regolare: due permettono di "centrare" il notch di modo da eliminare il meglio possibile la fondamentale ed la terza è il Q del sistema. Filtri a basso Q sono più facili da centrare, ma non sono molto selettivi in frequenza e quindi tendono ad attenuare abbastanza anche la seconda armonica. L'analizzatore FFT ha un uscita che può funzionare come generatore di rumore e lo si può utilizzare abbastanza comodamente per misurare (modulo e fase) la funzione di trasferimento di un filtro, come si vede in figura 13, che rappresenta l'attenuazione del nostro filtro notch, regolato con un Q molto basso.
- Fig. 13: risposta del filtro notch a doppio T di figura 9, potenziometro regolato a basso Q.
Il problema non è tanto l'attenuazione della fondamentale che con un filtro notch di questo tipo rimane buona anche con un Q relativamente basso, quanto più il fatto che la seconda armonica è abbastanza attenuata. Dalla figura 13 si legge che intorno ai 1000Hz abbiamo infatti qualcosa dalle parti di 9dB di attenuazione, che è esattamente il valore che si legge nei grafici del progetto di Rod Elliott. Se invece aumentiamo il Q, otteniamo la situazione riportata nella figura 14, in cui l'attenuazione per la seconda armonica diventa una frazione di dB, probabilmente largamente trascurabile per la precisione che cerchiamo.
- Fig. 14: risposta del filtro notch a doppio T di figura 9, potenziometro regolato ad alto Q.
Nelle figure 13 e 14, abbiamo utilizzato una scala logaritmica per le frequenze, di modo da tracciare un vero diagramma di Bode del modulo della funzione di trasferimento del nostro filtro, in cui si vede che la risposta è simmetrica. Invece, le "fettine" in cui lo spettro è suddiviso dall'algoritmo FFT sono in queste condizioni di 8Hz, che è troppo per misurare accuratamente la "profondità" del filtro di notch. Quello che si riesce a leggere a schermo è una stima molto limata per difetto (il circuito permette di avvicinarsi a 90dB di reiezione della fondamentale).
La figura 15 mostra all'oscilloscopio il segnale residuo di distorsione dopo aver regolato il notch. Dato che il mio filtro non amplifica il residuo (a differenza di quello che fa l'EHD36), ho dovuto aumentare la sensibilità verticale dell'oscilloscopio, perché i 10mV/div della traccia centrale chiaramente non bastano. I 200µV/div sono ottenuti con due sonde ed un amplificatore differenziale (Tektronix 5A20N), che può arrivare a 50µV/div ma che però manda un po' in crisi le scritte sullo schermo del Tektronix 5440. Le ho quindi ripristinate a mano.
- Fig. 15: Segnale in uscita dall'oscillatore a ponte di Wien (traccia in alto) e distorsione (traccia in mezzo 10mV/div, traccia in basso 200µV/div).
Nella traccia in basso della figura 15 si vede:
- un residuo della fondamentale. La si può ridurre ulteriormente con il filtro, ma tempo di scattare la fotografia e qualcosa si sregola. Ecco perché strumenti automatici sono apprezzabili!
- un rumore a 50Hz ed armoniche (ecco perché la traccia sembra "saltellare")
- un po' di seconda e probabilmente terza armonica
Bene! Siamo chiaramente su distorsioni basse. Vediamo cosa ci tira fuori l'analizzatore di spettro. A questo punto, lui potrà amplificare di molto il segnale e, non più accecato dalla fondamentale, ci permetterà di far uscire fuori le armoniche dal rumore di fondo, come si vede nella figura 16.
- Fig. 16: Spettro del segnale filtrato (in alto), comparato con lo spettro della figura 10 (in basso). Le scale dei due spettri sono identiche.
Questa volta, le armoniche fino all'ottava si vedono molto chiaramente e si vedono anche i disturbi dovuti alla tensione di rete a multipli di 50Hz. Integrando da 800Hz fino a 6,3kHz otteniamo una tensione efficace di 88µV, che ci dà una distorsione armonica davvero interessante:
Che è davvero un ottimo risultato! Per far di meglio dovremmo ridurre soprattutto la seconda e la terza armonica. Facendo misure un po' precise, salta invece all'occhio il difetto principale del circuito che è la sensibilità alle vibrazioni della lampadina. Infatti, basta toccare il circuito o dare un colpo sul tavolo su cui è poggiato per fare "rimbalzare" leggermente l'ampiezza delle oscillazioni. Questi "rimbalzi" sono una modulazione di ampiezza del segnale a 504Hz che si ritrova quindi ad essere attenuato molto meno dal notch, sbattendo gli strumenti a fondo scala.
E' comunque fonte di ispirazione osservare come l'umile lampadina del circuito della figura 7 si mostri comunque spaventosamente adatta allo scopo. L'idea di stabilizzare un oscillatore con una lampadina ad incandescenza è stata presentata nel 1938 da L.A. Meacham: [6].
Chi ha avuto di sfruttarne una molto bene in circuiti simili è stato intorno al 1939 uno studente in tesi di laurea, un certo William Hewlett. Questi, con il suo collega David Packard, avrebbe stupito tutti costruendo in un garage il celeberrimo HP 200A, proprio un oscillatore sinusoidale basato sull'idea contenuta nel circuito di figura 7: il primo prodotto della neonata Hewlett Packard.
Misure di distorsione su amplificatore audio di potenza
Diversi anni fa, mi sono molto divertito a costruirmi un amplificatore audio di potenza. Da allora, lo sto utilizzando quotidianamente per ascoltare musica nel mio salotto. E' un semplice circuito, basato su un progetto di Rod Elliott [7] e non ha mai creato problemi di nessuna sorta. Ho già documentato la costruzione del progetto altrove: [8], tuttavia non ho speso molte parole per analizzarne le performance in termini di distorsione armonica. Vediamo di discuterne qui. Guardando il circuito riportato in figura 17, si vede che è un semplice amplificatore differenziale con una controreazione che permette di ottenere un guadagno di circa 23 volte; rispetto al circuito originale ho aggiunto uno specchio di corrente PNP per polarizzare la coppia differenziale in ingresso. Più per vezzo che per reale necessità: infatti il circuito funziona bene già di suo.
- Fig. 17: schema elettrico del mio amplificatore, un P03a di Rod Elliot modificato.
La prima cosa che ci si chiede provando un amplificatore è il sapere quanta potenza può fornire. Questo lo si può determinare collegando dei carichi resistivi al posto delle casse (che se no, povere orecchie!), misurando la distorsione ottenuta incrementando gradualmente l'ampiezza fino a che non si oltrepassa una soglia predeterminata. Noi sceglieremo circa 1%, che è facile da misurare e largamente alla portata degli strumenti descritti sopra. Come segnale di ingresso, utilizzeremo ovviamente l'oscillatore a ponte di Wien che tanto bene si è comportato qui sopra. Ho detto "circa 1%" perché la distorsione cresce in maniera rapidissima quando ci si avvicina al clipping e quindi al massimo che l'amplificatore può fornire. Non è facile regolare l'ampiezza del generatorino per poter mantenere esattamente 1%, ci accontenteremo di qualcosa di vicino a questo valore. La misura spettrale che ho ottenuto su un carico di 8Ω è visibile in figura 18. Con questi valori di distorsione, il risultato (0,989%) è largamente misurabile all'analizzatore di spettro.
- Fig. 18: Analisi spettrale sull'amplificatore con distorsione armonica del 0,989%. Un voltmetro true-RMS in queste condizioni ci indica 21,6V in uscita
Con il mio carico resistivo che è da 8Ω, in queste condizioni si ottiene una potenza media di 58W, che è più o meno quello che mi aspettavo. Collegando un carico da 4Ω, ho ottenuto 84,6W di potenza media. Se vi aspettavate di leggere una mostruosità dell tipo "potenza RMS" (MEGA POWAAAAA!), vi consiglio caldamente di leggere quest'articolo del nostro grande IsidoroKZ: [9].
Interessante vedere la forma della distorsione: in questo caso si ottiene uno spettro che "sale" molto in frequenza con righe molto larghe che corrispondono alle armoniche dispari. Anche la fondamentale si allarga. Quello che succede è che l'alimentazione non è stabilizzata, ma avviene con un trasformatore toroidale a presa centrale, seguito da un semplice ponte raddrizzatore e due condensatori di livellamento. C'è un'ondulazione di qualche volt sulle alimentazioni quando l'amplificatore è a pieno carico. Quindi, quando l'amplificatore inizia ad incontrare i limiti dovuti alla tensione di alimentazione e va in clipping, questi risentiranno della variazione di quest'ultima e ci si ritroverà non solo con un sacco di armoniche dispari in uscita, ma pure con una forte modulazione a 100Hz che è la frequenza dell'ondulazione della tensione di alimentazione. Questa modulazione si manifesta nello spettro con tutte quelle righe verticali distanti di 100Hz, attorno ad ogni armonica dispari della fondamentale a 504Hz. Questo si vede anche sul segnale in uscita dal notch (ho usato l'EHD36) in figura 19, ma la cosa è sicuramente meno spettacolare. Si riconosce però il segnale di distorsione che "balza" in corrispondenza dei punti in cui la sinusoide viene tosata e si vede anche che l'ampiezza di questi "balzi" non è costante, essendo modulata come abbiamo notato sopra dall'ondulazione delle linee di alimentazione DC dell'amplificatore.
- Fig. 19: Misura all'oscilloscopio dell'uscita dell'EHD36 nelle condizioni di distorsione descritte in figura 16.
Insomma, casomai non lo si sapesse già e non fosse già scritto e ripetuto in ogni luogo, un amplificatore al clipping butta fuori un sacco di schifezze e questa condizione va assolutamente evitata. Naturalmente, si potrebbe adottare un'alimentazione stabilizzata e filtrata, senza però risolvere veramente il problema perché se anche non ci sarebbe più la modulazione a 100Hz, ci si ritroverebbe comunque con una sfilza di armoniche dispari sparate nei tweeter. Abbassiamo il volume!
Se il clipping va evitato, meglio ridurre la potenza media in uscita a valori più ragionevoli, poniamo 10W, e vediamo cosa otteniamo di distorsione. La figura 20 mostra quello che si vede all'oscilloscopio all'uscita dell'EHD36 in queste condizioni.
- Fig. 20: Segnale di distorsione in uscita dell'EHD36, con scala 0,03% (che corrisponde ad 1V di tensione efficace).
La misura mostra, se guardiamo bene, qualche tratto verticale che appariva anche in figura 7 e che è caratteristico dell'EHD36 e non tanto dell'amplificatore. Ad ogni modo, si vede che c'è sostanzialmente rumore e qualche residuo di armoniche e di 50Hz. Tra l'altro, non ho potuto utilizzare il notch di figura 10 perché essendo costruito sulla stessa basetta dell'oscillatore aveva l'alimentazione in comune. Collegandolo con l'amplificatore, mi ritrovavo un bel giro di massa che captava disturbi di ogni genere, ampiamente superiori a quello che stiamo cercando di misurare. Insomma, la distorsione è piccola, probabilmente dell'ordine dello 0,01% e sono di nuovo limitato dai miei strumenti.
Ascoltiamola questa distorsione (è un file wav monofonico di 8s, compresso come file zip): [10].
Si sente abbastanza bene un residuo della fondamentale a 504Hz, la sorta di "wawa" viene probabilmente un battimento con le armoniche dei 50Hz di rete. Il resto è rumore, armoniche di ordine più elevato e ronzio. Ora, questo è il "suono" della distorsione, una tensione efficace dell'ordine di 9mV contro i 9V della fondamentale. Quindi, ci sono 10µW di distorsione e rumore che sporcano ai 10W di segnale utile. Tutto questo dovrebbe convincerci che per valori normali di potenza media in uscita (10W sono già tanti) la distorsione è infima. Dato che abbiamo un file wav, è facile farne un'analisi FFT con Audacity, come visibile in figura 21.
- Fig. 21: Analisi spettrale FFT fatta con Audacity del file wav contenente la distorsione dell'amplificatore di potenza a 10W medi.
Non c'è molto da dire se non che ritroviamo quello che già avevamo osservato ad orecchio. Si vede che Audacity non è un vero strumento di misura, il grafico è abbastanza scomodino da leggere, perfino con ambiguità con le scale. Ci sono altri programmini di analisi spettrale che girano su MacOSX, ma in una (breve) ricerca non ho trovato nulla di lontanamente comparabile con quello che fa il B&K, anche se sulla carta gli ingressi audio del portatilino hanno una dinamica superiore.
Misure di distorsione su un preamplificatore valvolare
Le valvole sono a quanto pare ancora molto in voga presso gli audiofili. A me piacciono perché sono piene di difetti e limitazioni ed è una sfida riuscire a costruire dei circuiti validi tenendone conto. Sono belle esteticamente ed è gradevole studiarsi circuiti che hanno una piacevole patina anni '50. Certamente, non penso siano superiori alle loro controparti moderne, ci mancherebbe! Mi sono quindi costruito un po' più di un annetto fa un preamplificatore da abbinare all'amplificatore descritto sopra. Per divertirmi un po', l'ho fatto a valvole. Ne ho parlato diffusamente qui: [11].
- Fig. 22: Lo schema elettrico del mio preamplificatore a valvole.
Mi sono divertito molto a lavorare su questo circuito. Come si vede nella figura 22, è costituito sostanzialmente da una serie di amplificatori a catodo comune e nella parte dedicata all'ingresso PHONO c'è una rete di equalizzazione a norme RIAA. L'articolo sul mio sito descrive abbastanza in dettaglio il funzionamento del circuito e presenta una comparazione tra le simulazioni e le misure che includono anche delle prove di distorsione. Forse qui ci interessa di più quello che succede allo stadio di uscita, perché è quello che tratta i segnali di ampiezza maggiore, e quindi che presenta più rischi di introdurre distorsione. Riporto quindi la figura 23 (la figura 11 nell'articolo originale, a cui ho aggiunto le scale) con il commento dell'articolo.
- Fig. 23: Misure di distorsione dello stadio di uscita del preamplificatore.
La figura 23 mostra lo spettro in uscita dal preamplificatore quando un segnale a 504 Hz [...] viene fornito all'ingresso CD, [...] regolata di modo da avere 2,83V picco/picco in uscita, che corrispondono ad 1 V tensione efficace. La distorsione proveniente dalla seconda armonica è intorno a -53,0dB, che corrispondono a 0,22%, con la terza armonica approssimativamente 20dB ancora inferiore. Questo è un caso un po' estremo, perché il mio amplificatore di potenza in queste condizioni proverebbe a sbattere 23V efficaci alle casse da 8Ω. Senza successo, perché ciò dovrebbe dare 66 W di potenza media, già al di là del clipping.
L'articolo presenta anche delle misure di distorsione dello stadio amplificatore PHONO a norme RIAA, ottenendo un ottimo 0,07% sempre a 504Hz, ma non ne discuteremo molto qui.
Mi aveva stupito molto il vedere che i modelli SPICE che avevo usato si erano rivelati abbastanza accurati. Ad ogni modo, si vede che nonostante stiamo lavorando con potenze infinitamente inferiori rispetto a quelle dell'amplificatore di potenza, non si riesce ad avere delle distorsioni così piccole come quelle misurate prima. Non è un grave problema nel senso che lo 0,22% è un valore già più che accettabile per quell'ampiezza del segnale. Consideriamolo un piccolo prezzo da pagare per utilizzare una tecnologia obsoleta seppure non priva di fascino come le valvole termoioniche.
Cos'è la distorsione di intermodulazione?
La distorsione di intermodulazione è un fenomeno che appare quando in un amplificatore nonlineare inseriamo almeno due segnali a frequenze differenti. Consideriamo quindi un qualcosa del tipo:
e riprendiamo lo sviluppo di Taylor di cui abbiamo parlato prima ed arrestiamoci al terzo ordine:
utilizzando le identità trigonometriche e sostituendo i termini, con qualche conto facile ma noioso si nota che nel segnale in uscita, in più dei due termini a frequenze f1 e f2 amplificati con guadagno G appaiono una sfilza di termini contenenti tutte le possibili somme e sottrazioni fra le frequenze.
- Nota: chi ha abitudine di leggere articoli di solito ha imparato a preoccuparsi un po' davanti alla frase with long but straightforward algebra che è più o meno la traduzione in inglese di quello che abbiamo appena scritto. Però non c'è da temere, questa volta sono veramente solo conti noiosi che si basano sulle formule di Werner. Si possono fare con la notazione esponenziale, se la conoscete e sono perfino più banali.
In altre parole, se osserveremo il segnale in uscita, avremo non solo due seni, ma somma di tutti i termini riassunti nella tabellina seguente:
Frequenza | Ordine | Espressione |
---|---|---|
f1 | 1 | ![]() |
f2 | 1 | ![]() |
D.C. | 2 | ![]() |
D.C. | 2 | ![]() |
2f1 | 2 | ![]() |
2f2 | 2 | ![]() |
f1 + f2 | 2 | ![]() |
f2 − f1 | 2 | ![]() |
f1 | 3 | ![]() |
f2 | 3 | ![]() |
3f1 | 3 | ![]() |
3f2 | 3 | ![]() |
2f1 + f2 | 3 | ![]() |
f1 + 2f2 | 3 | ![]() |
2f1 − f2 | 3 | ![]() |
2f2 − f1 | 3 | ![]() |
Ovviamente, avendo preso un caso abbastanza particolare per quanto riguarda la fase dei segnali di eccitazione, non bisogna tanto concentrasi sulle fasi o sui segni dei vari termini, ma piuttosto sul comportamento generale della loro ampiezza e sulle frequenze che vengono generate. In linea di massima, si nota che i termini del secondo ordine, proporzionali ad α, tendono a crescere seguendo il quadrato delle ampiezze dei due segnali (o seguendo il prodotto AB). Sono presenti anche tanti termini del terzo ordine, di ampiezza proporzionale a β e che tendono a crescere con il cubo delle ampiezze o proporzionalmente a A2B o AB2. Quest'osservazione conduce ad alcune definizioni come l'IP2 e soprattutto l'IP3 che sono utilizzate in campo RF e molto meno in campo audio (e quindi non ci soffermeremo oltre).
Si possono fare delle misure di distorsione di intermodulazione in campo audio, che hanno fra l'altro un vantaggio importante. Iniettando in un amplificatore un segnale a 12kHz, i problemi legati alla distorsione potrebbero apparire poco significativi perché la seconda armonica cade già a 24kHz, già oltre lo spettro udibile. Invece, con un segnale a 12kHz ed un altro a 13kHz, un segnale di intermodulazione si ottiene ad 1kHz, perfettamente entro la banda audio e comprensibilmente molto fastidioso. La situazione è mostrata in figura 24, dove sono mostrati anche i prodotti di terzo ordine a 2f1 − f2 e 2f2 − f1, rispettivamente a 11kHz e 14kHz.
- Fig. 24: Situazione ipotetica con intermodulazione fra due segnali a 12 e 13 kHz, originanti diverse altre righe udibili nello spettro audio sotto i 20 kHz. In rosso lo spettro originale, in viola un termine di intermodulazione del secondo ordine, in azzurro due termini di terzo ordine.
A noi interessa il fatto che i nostri segnali sono molto complessi e si basano su uno spettro molto ricco che si estende su una banda di quattro decadi di frequenza; la distorsione di intermodulazione viene a generare dei termini in più che lo "sporcano" rendendo il tutto più confuso.
A differenza di quanto accadeva con le misure a frequenza singola, per vedere effetti di intermodulazione si passa praticamente esclusivamente da un'analisi spettrale. Esistono tecniche di misura della distorsione che si basano sull'intermodulazione. Il problema delle misure che abbiamo visto nei paragrafi precedenti è che sono fatti, appunto, ad un'unica frequenza ed una nonlinearità può manifestarsi in maniera differente a frequenze diverse. Si può quindi pensare di utilizzare segnali complessi che in qualche maniera "spalmino" dell'energia su tutto lo spettro per poi vedere cosa viene fuori come risultato della distorsione.
Non parleremo molto delle misure di distorsione da intermodulazione, ci limitiamo a descrivere brevemente due metodi più o meno standardizzati per quantificarla in maniera rigorosa:
- La misura SMPTE in cui un segnale a bassa frequenza (di solito 60Hz) è sommato ad un tono ad alta frequenza (7kHz, senza relazione armonica diretta con il primo) con ampiezza relativa 4:1 (che danno 12dB di differenza in scala logaritmica). Si osserva in uscita con un analizzatore di spettro attorno al tono a frequenza superiore per vedere le bande laterali dovute alla modulazione (esempio in figura 25).
- La misura ITU-R (CCIF) in cui due toni distanziati di 1kHz vengono mandati al dispositivo da caratterizzare e misurando i termini che cadono in banda audio.
Si trova una descrizione di queste tecniche su un documento della Rane: [12].
- Fig. 25: Esempio di intermodulazione in cui un segnale a 63,25Hz ed uno a 6761Hz vengono miscelati in un (pessimo) amplificatore e danno luogo a delle bande laterali attorno al segnale da 7kHz.
Come abbiamo detto sopra, la figura 25 mostra un esempio di misura di intermodulazione SMPTE. Ho iniettato due segnali, uno a 63,25Hz ed uno a 6761Hz (il secondo con ampiezza di circa -12dB rispetto al primo) in un amplificatore ad emettitore comune su cui non ci soffermeremo, ma che ho dimensionato apposta perché si comportasse molto male. I segnali sono abbastanza puri per i fatti loro, ma in uscita dall'amplificatore si vede che appaiono un sacco di bande attorno al segnale a 6761Hz che risultano da una intermodulazione abbastanza forte (un 7-8%). Si può facilmente immaginare che disastro può accadere con un segnale audio...
Conclusione
In quest'articolo abbiamo discusso di una serie di cose:
- Abbiamo dato diverse definizioni su cos'è la distorsione armonica.
- Abbiamo fatto alcuni esempi di calcolo su casi ipotetici.
- Siamo passati quindi a misurare la distorsione armonica di un generatore Philips PM5132, ottenendo 0,61% e concludendo che non è uno strumento adatto a generare segnali campione per misurare distorsioni in amplificatori HiFi.
- Abbiamo presentato un circuito di un generatore sinusoidale a ponte di Wien a 504Hz ed abbiamo sudato un bel po' per misurarne la distorsione in maniera più o meno attendibile, ottenendo 0,004% sfruttando un filtro Notch autocostruito.
- Ci siamo dedicati a studiare un amplificatore di potenza basato sul progetto P3A di Rod Elliot, misurandone la potenza massima con distorsione ad 1% ed ottenendo circa 58W in media.
- Abbiamo abbassato il volume e misurato una distorsione inferiore allo 0,01% con una potenza media in uscita di 10W.
- Siamo passati ad un preamplificatore valvolare, misurando per lo stadio di uscita una distorsione dello 0,22% con in uscita una tensione di 1V.
- Ci siamo soffermati su alcuni strumenti classici per misurare la distorsione ed abbiamo visto alcune schermate decisamente vintage (se vi piacciono, guardate anche il mio articolo sulle curve caratteristiche dei dispositivi [13]).
- Abbiamo discusso di distorsione di intermodulazione ed abbiamo visto che la sua origine è la nonlinearità, esattamente come succedeva con la distorsione armonica. En passant, abbiamo discusso due metodi più o meno standard per misurarla.
Che fatica! Cosa ci rimane da fare? Un sacco di cose, volendo.
- Per esempio, abbiamo misurato la distorsione in alcuni circuiti solo a 504Hz, sarebbe interessante vedere cosa succede con segnali a frequenze più basse o più elevate. Oppure possiamo fare misure di distorsione di intermodulazione più avanzate su questi amplificatori.
- Possiamo studiare un sistema per utilizzare strumenti più moderni e/o automatizzare le misure.
- Possiamo trovare un modo (o scrivere un programma) per utilizzare semplicemente la scheda audio del PC, che ormai vanta delle prestazioni da sogno rispetto a quello che si poteva fare anche solo vent'anni fa.
- Possiamo interrogarci se e come un certo tipo di distorsione produca risultati udibili, come ha fatto IsidoroKZ qui: [14]
Per ultimo, ma non meno importante: possiamo sicuramente rilassarci ed ascoltare musica!
Bibliografia
Di solito, negli articoli classici stampati, nel testo si fornisce solamente un'etichetta che rinvia al riferimento completo in bibliografia. Questo articolo ha vocazione ad essere letto in linea, quindi ho trovato più comodo dare i link anche nel testo.
- [1] http://www.electroyou.it/forum/viewtopic.php?f=1&t=64731&p=656362#p656362 La discussione da cui è nato quest'articolo.
- [2] http://www.bksv.fr/doc/BO0385.pdf Dalla magnifica biblioteca Brüel & Kjær, un articolo sulle misure di distorsione (soprattutto su diffusori). Contiene anche utili informazioni sulla psicoacustica.
- [3] http://www.ti.com/lit/an/snoa665c/snoa665c.pdf classica application note che descrive diverse tecniche di generazione di segnali sinusoidali.
- [4] http://www.bksv.fr/doc/bo0438.pdf Sempre da Brüel & Kjær, un articolo sulle unità di misura da usare nell'analisi spettrale.
- [5] http://sound.whsites.net/project52.htm il progetto di filtro notch a doppio T di Rod Elliot.
- [6] L.A. Meacham, The bridge stabilized oscillator. Bell System Technical Journal, 17(4), 574-591, 1938.
- [7] http://sound.whsites.net/project3a.htm Il progetto dell'amplificatore P3A di Rod Elliot, che è alla base del mio amplificatore di potenza.
- [8] http://davbucci.chez-alice.fr/index.php?argument=elettronica/amplificatore/amplificatore.inc&language=Italiano Il mio amplificatore di potenza, che è stato torturato un po' in quest'articolo.
- [9] http://www.electroyou.it/isidorokz/wiki/potenza-efficace-e-watt-rms La potenza RMS (o efficace) non esiste! Ha senso invece parlare di potenza media. Quest'articolo spiega perché.
- [10] http://www.electroyou.it/forum/download/file.php?id=41252 Un file wav di 8s (compresso in zip) contenente il residuo della distorsione del mio amplificatore di potenza a 10W.
- [11] http://davbucci.chez-alice.fr/index.php?argument=elettronica/pre_riaa/pre_riaa.inc&language=Italiano Il mio preamplificatore valvolare con ingresso PHONO a norme RIAA.
- [12] http://www.rane.com/note145.html L'application note 145 della Rane, scritta da Dennis Bohn, che precisa un po' di termini come la distorsione armonica, i metodi SMPTE e ITU-R (CCIF) per la misura della distorsione da intermodulazione.
- [13] http://www.electroyou.it/darwinne/wiki/curve-tracing-a-journey-among-devices-characteristics Ci sono le misure delle caratteristiche di un transistor bipolare MJL4281A utilizzato nel mio amplificatore di potenza e di una valvola termoionica ECC88, utilizzata nel preamplificatore.
- [14] http://www.electroyou.it/admin/wiki/articolo73 Come suona la distorsione armonica? Riuscite a distinguere ad orecchio le distorsioni più comuni?