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Guida alla simulazione dei componenti elettronici (2- BJT)

Questo articolo riprende argomenti trattati diversi anni fa (vedi) quando non erano ancora disponibili, o perlomeno non così facilmente accessibili, i programmi di simulazione.
Il BJT (Bipolar Junction Transistor) è il classico transistor, nelle versioni NPN e PNP.

Per essere concreti ci riferiremo al tipo di gran lunga più utilizzato, l' NPN, ed in particolare a al transistor 2N3904, da molti anni sul mercato (costo 10 centesimo di €): cioè un "general purpose" con corrente massima di collettore di 200 mA (vedi datasheet).

Indice

Le "caratteristiche" del transistor

Esaminiamo quindi cosa succede se iniettiamo nella Base una data corrente.

La giunzione Base-Emettitore è a tutti gli effetti un diodo (come visto nell' articolo precedente), ma qui la cosa è complicata dal fatto che in questa giunzione passa anche la corrente che entra nel collettore e quest'ultima è influenzata dal valore della corrente che iniettiamo nella base.

E' questo il punto fondamentale per capire il "funzionamento" del transistor.
Con l'aiuto del simulatore (MicroCap), esaminiamo quindi l'andamento della corrente di collettore variando, a parità della corrente di base, le condizioni del collettore.

I riferimenti in colore rosa indicano nelle figure in MicroCap le tensioni nei rispettivi punti (rispetto alla massa comune), quindi v(2) è la tensione della base (Vb), v(1) quella del collettore (Vc) e v(3) quella di alimentazione (Va).
E' chiaro che la corrente di collettore (Ic) sarà condizionata, oltre da quelle di base (Ib), dai valori di Va ed Rc, quindi l'obiettivo della simulazione è quello ci determinare l'andamento di Ic in funzione di Vc.
MicroCap permette di fare questo mediante la procedura "DC Analysis", mantenendo fissa Rc e facendo variare Va da 0 a 12V, con valori così ravvicinati da ottenere una linea continua. Ed ecco il risultato imponendo Ib=2mA:

E' questa la cosiddetta "curva caratteristica" del transistor (e naturalmente varia con la sigla di questo), in cui si distinguono nettamente un andamento a salita ripida (zona di "saturazione") ed un'altra praticamente ad andamento orizzontale (zona di "proporzionalità") in cui la corrente di collettore Ic dipende solo da Ib. In questa zona di funzionamento (attenzione solo in questa!) possiamo infatti scrivere Ic \simeq \beta \cdot Ib, cioè dire che la la corrente di collettore dipende solo dalla corrente di base, con un coefficiente (guadagno) β.
Nel caso in esame, essendo Ib=2mA ed Ic=120mA, possiamo ricavare β = 60.

Ed ecco la completa famiglia di curve, ottenuta facendo variare Ib da 0.5mA a 5mA, con incrementi di 0.5mA:

Il transistor come interruttore

Quando il transistor è utilizzato come interruttore (chiude/apre), per esempio per comandare l'accensione /spegnimento di un LED o l'attivazione/disattivazione di un relè, è bene dimensionare il circuito in modo che il transistor lavori in zona di saturazione (per lo stato ON) oppure in interdizione (per lo stato OFF). Questo si ottiene tracciando sulle caratteristiche appena viste la cosiddetta retta di carico:

Supponendo Va=12V ed Rc=100 Ohm possiamo infatti tracciare una retta (in rosso)che va da 12V (e Ic=0) a 0V (e Ic=Va/Rc=120mA) che, intersecando le caratteristiche, determina il punto di funzionamento (cerchio rosso) in funzione della corrente di base (Ib). La fig. mostra che per lavorare in zona saturazione deve essere Ib>2.5mA. Questo garantisce il massimo di tensione sul carico e la minima dissipazione di potenza nel transistor.
Ecco la simulazione diretta di questa situazione:

che conferma, con una Ib=2.5mA, la saturazione del transistor con Vc di ca 400mV e con una corrente Ic=116mA sul carico (Rc) La tensione di base (Vb) risulta essere ca 1V.

Un'osservazione sul caso di controllo di un relè: di solito non c'è problema per l'attrazione (la maggior parte dei relè si attira col 75% della rispettiva tensione nominale), ma può esserci per il rilascio. Questo infatti può avvenire al 10% della tensione nominale, quindi il transistor deve essere sicuramente in interdizione, cioè condurre correnti decisamente trascurabili (pochi % di quella di attrazione).
Si raccomanda inoltre di mettere sempre un diodo in antiparallelo alla bobina del relè, per proteggere il transistor dalle extratensioni di apertura, dovute all'accumulo di energia elettromagnetica nella bobina stessa.

Il transistor come elemento logico

Il circuito del transistor utilizzato come interruttore può essere anche visto come un elemento logico invertente (NOT). Un segnale positivo alla base porta infatti il collettore ad una tensione prossima allo "zero" (e viceversa).
Con l'aggiunta di diodi, può essere trasformato in elemento NAND:

Se l'ingresso A, oppure il B, oppure entrambi, sono a "zero", il segnale d'uscita sul collettore è "uno" (cioè positivo, vicino al valore di alimentazione).
Solo se entrambi A e B sono diversi da "zero", il segnale d'uscita diventa praticamente "zero":

L'importanza concettuale di questo è che tutta la logica booleana combinatoria può essere realizzata con l'unico elemento NAND, e infatti le prime applicazioni della logica "elettronica" si basavano proprio su principi analoghi (vedi). L'avvento dei circuiti logici integrati (come i CMOS4000) ha reso obsoleto da molto tempo l'impiego di transistor nella realizzazione dei circuiti logici.

Il transistor come amplificatore

Partiamo dalla configurazione essenziale:

F

F

Dal grafico delle caratteristiche si vede che de si deve usare il transistor come amplificatore di segnale, occorre limitarne il funzionamento alle zona di proporzionalità. Dobbiamo quindi scegliere una Rc che soddisfi questa condizione: ponendo ad es. Rc=56 Ohm, la retta di carico andrà da Va (12V) a Ic=Va/Rc=214mA.

Assumiamo inoltre come "centro" del funzionamento Ib=2.5mA (evidenziato dal cerchietto rosso), con un segnale da amplificare che supponiamo in alternata (ad 1kHz) fra +2mA e -2mA.(il campo di funzionamento è quindi rappresentato dal tratto ingrossato della retta di carico)
L'assunzione del "centro di funzionamento" è quella che normalmente viene definita polarizzazione del transistor (ed il relativo punto chiamato punto di lavoro); è questa un'operazione essenziale per far funzionare il transistor come amplificatore.
Si osservi però che l'ottenimento di un'amplificazione così elevata va a scapito della simmetria della forma d'onda (l'intervallo di Vc fra 4.5mA e 2.5mA è minore dell'intervallo fra 2.5mA e 0.5mA, dovuto al fatto che le caratteristiche non sono equispaziate). Bisogna quindi scegliere un compromesso fra quaste esigenze, sacrificando in parte il "guadagno in tensione".
Il risultato di quanto esposto è il rapporto fra Vc e Vb che risulta essere di 30.

Il grafico mostra nella parte di sinistra in blu l'andamento di v(2), (cioè di Vb), e in rosso l'andamento di v(1), (cioè di Vc), da cui risulta evidente l'amplificazione e l'inversione di fase di quest'ultima. Per una migliora comparazione è mostrato a destra il confronto dei 2 segnali (moltiplicando per 30 Vb, invertendo Vc es annullando i rispettivi offset): si nota nettamente la deformazione della sinusoide di Vb ed una buona riproduzione in Vc.
Nelle realizzazioni pratiche, la polarizzazione viene fatta imponendo alla base una certa tensione e gli offset vengono eliminati da condensatore in entrata ed in uscita. Ecco infatti un amplificatore reale:

Il generatore di segnale (V2) applica il segnale (0.3V, 1kHz) alla base polarizzata attraverso C1, mentre il segnale amplificato viene applicato al carico (R6) attraverso C4.
La simulazione permette di tracciare i grafici di questi segnali:

in nero v(6) l'uscita del generatore, in blu v(2) la tensione della base, in rosso v(7) tensione sul carico.
Le resistenze R4 ed R5 costituiscono una reazione negativa che riduce l'amplificazione, ma la stabilizza.

L'emitter follower

Capita spesso di vedere nel Forum l'utilizzo di transistor NPN con il "carico" messo fra emettitore e GND, anziché fra +Va e collettore. E' evidente che chi fa questo pensa sia la stessa cosa, ma in realtà non è così.

Questa configurazione ha infatti precise caratterisctuche, ed è nota come emitter follower.
La funzione principale è l'amplificazione in corrente (ma non in tensione) di un segnale. Supponiamo infatti di avere una sorgente di segnale con altissima resistenza ed un carico a bassa resistenza: è evidente che nel caso di collegamento diretto la tensione sul carico sarebbe esigua.

Si confronti infatti il circuito di sinistra con quello di destra: stesso segnale, stessa resistenza interna e stessa resistenza di carico. Nel primo caso però la corrente al carico risulta 5mA, interponendo il transistor, questa si eleva a ca 50mA. Si osservi però che la tensione al carico rimane comunque sempre inferiore al valore del segnale (per la caduta di tensione nella giunzione base-emettitore).
Il limite di amplificazione è dato dal β del transistor: cioè la resistenza di carico non può essere inferiore ad un certo valore.

NOTA

Per non appesantire ulteriormente l'articolo, non sono stati dati i dettagli delle procedure delle varie simulazioni. Queste sono comunque disponibili ad eventuali interessati, con semplice richiesta nel Forum

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Commenti e note

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di ,

Grazie questo articolo mi è piaciuto molto!

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Grazie questo articolo mi è piaciuto molto!

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Si, hai ragione (ed ho corretto)

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Davvero un articolo utile e ben scritto! Grazie!! P.S.: ma non si dice "general purpose"? ;)

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di ,

No, il terzo articolo sarà dedicato agli SCR.

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di ,

Quindi la prossima puntata tocca ai MOS? grazie g.schgor ;)

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