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Le onde elettromagnetiche come mezzo trasmissivo: PONTI RADIO TERRESTRI (2)

Indice

1. Ponti radio a microonde: generalità

Il ponte radio impiegato come mezzo trasmissivo consente, attraverso la propagazione di onde elettromagnetiche, di trasferire segnali elettrici contenenti l'informazione, tra due determinati punti fissi. Sfruttando la propagazione delle onde radio che viaggiano alla velocità della luce e opportune elaborazioni (mo-demodulazione) dei segnali elettrici che devono essere trasferiti, è possibile convogliare qualsiasi tipo di informazione, sia in forma analogica che numerica.

Tecnico_su_ponte_radio_Telecom_1993.jpg

Tecnico_su_ponte_radio_Telecom_1993.jpg

E' bene ricordare a tal proposito che qualsiasi informazione (forma d'onda opportuna nel dominio temporale) è riconducibile, grazie alla trasformata (o serie) di Fourier, ad uno spettro di frequenza costituito da righe, ciascuna con la propria ampiezza. In funzione dell'informazione da trasmettere (telefonica, musicale, televisiva, codificata) e la relativa complessità, si determina l'estensione del dominio della frequenza, che rappresenta in buona sostanza il segnale modulante del ponte radio in banda base (BB).

In base alla tipologia del segnale modulante, si genera uno spettro a radiofrequenza che si distribuisce in un determinato intervallo vicino alla frequenza portante (frequenza di trasmissione del ponte radio).
E' evidente che lo spettro a radiofrequenza (RF) è funzione del tipo di spettro in BB e del tipo di modulazione utilizzata (analogica o numerica), dal momento che proprio l'operazione di modulazione ha il solo scopo di traslare verso l'alto (alta frequenza) il contenuto informativo della banda base (quindi senza alcuna modificazione del messaggio da trasferire).
Un collegamento realizzato in ponte radio si definisce punto-punto. Al fine di renderlo efficace è necessario realizzare una trasmissione di tipo direttivo e non diffusivo (broadcasting); si utilizzano quindi delle antenne direttive, ovvero capaci di concentrare l'energia "radioelettrica" in fasci molto ristretti e diretti verso la stazione ricevente corrispondente:

Ponte radio punto-punto.jpg

Ponte radio punto-punto.jpg

Solitamente un collegamento in ponte radio consente di trasportare segnali elettrici in entrambi le direzioni, quindi si dice che supporta una trasmissione bidirezionale delle informazioni (esempio immediato è quello relativo ad un semplice collegamento telefonico in modalità duplex, dove ai due terminali in BB della catena sono simultaneamente disponibili sia informazioni dirette al terminale remoto che quelle provenienti dallo stesso).
Un ponte radio, utilizzato come mezzo trasmissivo in una rete di telecomunicazioni, deve possedere fondamentalmente tre caratteristiche:

  1. elevata capacità trasmissiva: si intende la disponibilità di bande RF in grado di allocare spettri di modulazione molto larghi;
  2. elevata qualità del collegamento: si intende un basso numero di fenomeni che degradano il segnale elettrico e quindi l'informazione trasmessa. Si è visto nella precedente trattazione che la propagazione di onde e.m. introduce fenomeni che degradano l'informazione trasmessa, come l'evanescenza, l'attenuazione, ecc., il cui effetto si manifesta primariamente con un peggioramento del rapporto segnale/rumore all'ingresso del carico in ricezione (in modo particolare nei ponti radio analogici). Questi effetti vengono ridotti attraverso l'uso di tecniche di modulazione adeguate e al dimensionamento opportuno del collegamento radio;
  3. elevata affidabilità: si intende la continuità del servizio. Tale condizione è soddisfatta facendo uso di sistemi di backup, di apparati ricetrasmittenti e di tecniche in grado di far operare il ponte radio anche con particolari condizioni di propagazione, senza interrompere il radiocollegamento. La tecnologia costruttiva degli attuali sistemi in ponte radio a microonde è in grado di rispondere ai requisiti richiesti.

La flessibilità d'uso, di realizzazione e di manutenzione di un sistema a ponte radio a microonde, lo rende indispensabile nell'ambito delle telecomunicazioni via etere.

Ponte_radio_isola_Giostra_Stromboli.jpg

Ponte_radio_isola_Giostra_Stromboli.jpg


2. Frequenze impiegate per i collegamenti in ponte radio

Le gamme di frequenza impiegate per realizzare collegamenti in ponte radio sono quelle comprese tra 1 GHz e 20 GHz (gamma delle microonde), con una lunghezza d'onda inferiore al metro. Come già detto, questo tipo di frequenze presenta caratteristiche di propagazione che si avvicinano alle leggi dell'ottica geometrica.
La seguente tabella classifica le microonde in funzione della loro utilizzazione:

Tabella servizi.jpg

Tabella servizi.jpg

Nelle gamme delle onde centimetriche (SHF) e millimetriche (EHF) esistono servizi satellitari. Nelle gamme di frequenze più elevate esistono le radiazioni comprese nell'infrarosso (lunghezza d'onda tra gli 800 e i 1600 nanometri) adatti ai servizi fruibili tramite fibra ottica. La seguente tabella riporta invece la classificazione delle bande di frequenza a microonde:

Tabella microonde.jpg

Tabella microonde.jpg


3. Le antenne per sistemi ad alta direttività

Con il termine di antenna viene definito qualunque dispositivo atto a trasmettere allo spazio libero un'energia elettromagnetica, generata da una sorgente di oscillazioni elettriche.
Se pensiamo per un attimo alla classica antenna elementare e teorica che si utilizza come termine di riferimento nello studio delle antenne reali, essa è idealmente puntiforme e, per il fatto che irradia energia con eguale densità in tutte le direzioni dello spazio, viene definita isotropa.
In molti casi ed in particolare nel collegamento in ponte radio, all'antenna non è assegnato solo il generico compito di irradiare o captare energia elettromagnetica, ma anche quello di distribuirla nello spazio, indirizzandola verso direzioni prestabilite. I metodi per ottenere tale effetto sono davvero molteplici ma il più utile, anche su un piano meramente intuitivo, è offerto dall'analogia con i sistemi ottici.
La seguente figura mostra una sorgente luminosa puntiforme α che genera una "sfera" luminosa di luce e successivamente posta nel fuoco (coincidente con l'origine dell'asse β) di uno specchio a superficie parabolica:

Il risultato è che la sfera viene trasformata in un "fascio" orientato nella direzione β.
Si può quindi affermare che la presenza di un elemento dotato di una particolare geometria (lo specchio paraboloide), ha reso possibile la modifica della distribuzione spaziale dell'energia luminosa a vantaggio di una direzione privilegiata, nella quale l'intensità di radiazione misurabile è maggiore rispetto alla condizione iniziale, anche se rimane inalterata l'energia erogata dalla sorgente.
Come abbiamo più volte ripetuto e dimostrato nella prima parte di questa trattazione, data l'analogia con l'ottica geometrica, il metodo è perfettamente applicabile al caso della radiazione elettromagnetica, per cui è possibile ottenere un "fascio" radio, utilizzando un riflettore metallico sagomato a paraboloide di rotazione; nel suo fuoco è posto un illuminatore, il quale può essere approssimato ad una sorgente puntiforme da cui escono i raggi elettromagnetici. E' noto poi che i raggi uscenti dal fuoco del paraboloide, dopo riflessione sulla sua superficie, risultano paralleli fra loro e l'asse del paraboloide, costituendo così un fascio di raggi dotato di fronte d'onda piano.
E' d'uopo precisare che nella pratica, il fascio non è rigorosamente parallelo, ma tende a divergere allargandosi nello spazio; per rappresentare le proprietà radiative di un'antenna si ricorre al cosiddetto solido di radiazione, che mette in evidenza l'attitudine dell'antenna ad irradiare nelle varie direzioni dello spazio circostante.
Questo solido ha per contorno una superficie i cui punti, in ogni direzione radiale, distano dall'origine di una quantità proporzionale all'intensità radiativa dell'antenna nella direzione considerata.
Un esempio inerente ad un'antenna direttiva utilizzata nei ponti radio è quello schematizzato nella seguente figura:

Solido di radiazione.jpg

Solido di radiazione.jpg

Il solido di radiazione ha un lobo principale molto sviluppato attorno alla direzione privilegiata. Esistono poi dei lobi secondari, che rappresentano una inutile, seppure inevitabile, dispersione di energia.
Naturalmente la rappresentazione tridimensionale risulta spesso complessa e imprecisa se non elaborata da un software dedicato e di difficile lettura nel caso di documenti cartacei, datasheet, verbali di misura, ecc. dai quali si voglia immediatamente ottenere un'informazione precisa sulla direttività dell'antenna. Vengono quindi forniti dello stesso solido le sezioni ottenute con i due piani ove giacciono rispettivamente il vettore rappresentativo del campo elettrico E e il vettore rappresentativo del campo magnetico H, tra loro ortogonali, il primo dei quali è parallelo alla direzione del campo elettrico irradiato nella direzione privilegiata; entrambi passano per l'antenna considerata puntiforme.
Se la polarizzazione non è rettilinea, al posto dei due piani suddetti si è soliti considerare quelli verticali e orizzontali passanti per l'antenna e la direzione privilegiata, che identificano la sezione zenitale e la sezione azimutale del solido di radiazione.
Le curve piane del solido di radiazione ottenute con le succitate sezioni definiscono i diagrammi di radiazione dell'antenna considerata; di seguito due esempi in coordinate polari e cartesiane:

Diagrammi radiazione.jpg

Diagrammi radiazione.jpg

L'uso delle stesse frequenze, ovvero bande centrate attorno a delle portanti poco distanziate da quelle adiacenti, in dielettrici uscenti da uno stesso nodo o nella stessa area geografica (riutilizzo delle frequenze), è reso possibile proprio grazie all'elevata direttività delle antenne, che consente di separare il segnale utile dai segnali disturbanti (rumore o segnale interferente dalla banda vicina).
E' quindi essenziale che i diagrammi di radiazione presentino bassi lobi laterali e posteriori, in modo da contenere le irradiazioni indesiderate entro limiti accettabili.

3.1 Parametri tipici delle antenne direttive

3.1.1 Guadagno

Il parametro principale di una generica antenna direttiva, che ne sintetizza le caratteristiche elettriche d'impiego, è il guadagno, definito come il rapporto tra la densità di potenza Ps prodotta nella direzione di massima irradiazione e la densità di potenza Pi prodotta nella stessa direzione da un'antenna isotropa alimentata con la stessa potenza:

G:=\frac{P_{s}}{P_{i}}\,\,\,\,\,\,\text{(I)}

Nel caso dell'antenna a riflettore parabolico, il guadagno G dipende dalla relazione tra la dimensione geometrica del riflettore (diametro D dell'apertura) e la lunghezza d'onda λ, secondo la relazione:

G=10\log\left [ \left ( \frac{\pi D}{\lambda } \right )^{2}\cdot \eta  \right ]\,\,\,\,\,\,\text{(II)}

dove η indica l'efficienza dell'antenna.
Le antenne paraboliche impiegate nei ponti radio a microonde presentano una gamma di valori che va da 25 dB per antenne con diametro di 1,5 m a 1500 MHz, fino a 60 dB per le grandi antenne (diametro di 30 m) per i ponti radio satellitari, come si può evincere dal seguente diagramma:

Guadagno riflettore parabolico.jpg

Guadagno riflettore parabolico.jpg

3.1.2 Efficienza

Il valore dell'efficienza di un'antenna indica quanto il suo guadagno effettivo si avvicina a quello di un'antenna ideale, cioè che irradi in una sola direzione tutta la potenza emessa dall'illuminatore. I principali fattori che influenzano questo parametro sono:

  • il modo con cui l'illuminatore distribuisce la potenza sulla superficie riflettente;
  • la qualità di potenza irradiata dall'illuminatore e non intercettata dal riflettore (spillover);
  • la presenza di strutture metalliche davanti alla superficie riflettente (bloccaggio):
  • il non perfetto posizionamento dell'illuminatore rispetto al fuoco del riflettore.

Valori comuni di efficienza per le normali antenne da ponte radio sono compresi tra 0,50 e 0,65.

3.1.3 Area efficace

L'area efficace (definita parzialmente nella prima parte) è una grandezza che ha le dimensioni di una superficie e rappresenta l'attitudine di un'antenna a captare energia dallo spazio. Viene formalmente definita come il rapporto fra la potenza effettivamente ricevuta Pr nella direzione di massima direttività e la densità di potenza Ps che investe l'antenna:

A_{e}=\frac{P_{r}}{P_{s}}\,\,\,\,\,\,\text{(III)}

Questo parametro definisce fisicamente una superficie piana parallela al fronte d'onda, che assorbe tutta l'energia incidente su di essa trasmettendola integralmente alla terminazione dell'antenna. Intuiamo allora che l'area efficace è sempre minore dell'area geometrica Ag del riflettore, per le stesse ragioni per cui l'efficienza dell'antenna in trasmissione è minore di 1. Vale dunque la relazione:

A_{e}=A_{g}\cdot \eta \,\,\,\,\,\,\text{(IV)}

L'area efficace dipende dal guadagno d'antenna secondo la relazione:

A_{e}=G\cdot \frac{\lambda ^{2}}{4\pi }\,\,\,\,\,\,\text{(V)}
3.1.4 Disaccoppiamento di polarizzazione

Il campo elettromagnetico emesso dalle antenna è di regola (come già anticipato) linearmente polarizzato in direzione verticale o orizzontale. La superficie riflettente del paraboloide è ugualmente efficiente nelle due polarizzazioni ed il comportamento complessivo dell'antenna dipende a questo riguardo soprattutto dall'illuminatore. In realtà, a causa delle tolleranze delle superfici riflettenti e in misura ancor maggiore per le non uniformità di polarizzazione dell'onda emessa dagli illuminatori, una piccola parte di energia viene irradiata con polarizzazione perpendicolare a quella desiderata.
Il disaccoppiamento per polarizzazione incrociata di un'antenna, nella direzione del lobo principale, definisce l'attenuazione con cui viene ricevuta la componente di polarizzazione ortogonale rispetto a quella del segnale utile. Il valore del disaccoppiamento ottenibile in un collegamento dipende dalle caratteristiche di polarizzazione incrociata di entrambe le antenne, trasmittente e ricevente, e da quello del mezzo trasmissivo.
Dall'ottimizzazione del disaccoppiamento di polarizzazione, i cui valori tipici sono dell'ordine di 30 dB, dipende la possibilità di trasmettere in una stessa direzione e con la medesima antenna, fasci radio utilizzanti canali con ridotta spaziatura di frequenza (ponti radio analogici) oppure canali isofrequenziali (ponti radio numerici).

3.1.5 Altri parametri

Altri parametri tipici da annoverare sono:

  • Angolo di apertura: con riferimento ai diagrammi di radiazione nei piani E ed H, esso è definito come l'angolo entro il quale l'intensità radiativa ha un valore compreso tra quello massimo (Im) e la sua metà (Im / 2 pari a - 3 dB). Il valore di questo angolo fornisce un'indicazione semplice, anche se approssimata, della concentrazione di potenza irradiata entro il lobo principale, che è assimilabile ad un fascio conico di apertura pari all'angolo suddetto.
  • Attenuazione dei lobi secondari: è il rapporto tra l'intensità radiativa massima e quella riscontrabile nella direzione caratterizzata da un massimo relativo di radiazione (lobo secondario). Risulta di notevole importanza per la riduzione delle interferenze tra centri radio diversi, utilizzanti frequenze uguali o prossime.
  • Attenuazione avanti-indietro: è il rapporto tra l'intensità radiativa massima e quella nella direttrice stessa, ma in senso opposto. Si tratta praticamente dell'energia irradiata alle spalle dell'antenna, in direzione ribaltata di 180° rispetto al fascio principale.

3.2 Geometria delle antenne per ponti radio terrestri

La larghissima diffusione delle antenne a riflettore parabolico rispetto ad altri tipi di antenne direttive (a cortine di dipoli o di fessure o a lente di Fresnel) è dovuto non solo alle elevate prestazioni elettriche ottenibili, ma anche alla notevole compattezza di costruzione e semplicità di montaggio.
Le antenne a riflettore parabolico si distinguono in due sottotipi (simmetrico e asimmetrico) che differiscono a seconda della porzione di superficie parabolica impegnata, mentre in ogni caso il centro di fase dell'illuminatore è coincidente con il fuoco della parabola:

3.2.1 Antenna a paraboloide di rivoluzione
02_parabolic_antenna.jpg

02_parabolic_antenna.jpg

E' l'antenna che utilizza la sezione D della figura seguente: il riflettore è simmetrico in quanto ottenuto per rotazione della sezione generatrice della parabola attorno al suo asse di simmetria BD. L'illuminatore viene tenuto fisso nel fuoco A in modo preciso e rigido, per mezzo di tiranti regolabili:

geom_paraboloide.jpg

geom_paraboloide.jpg

I parametri geometrici che definiscono il riflettore sono:

  • il diametro D;
  • il rapporto focale/diametro, f/D;

Il parametro f/D definisce la curvatura della superficie parabolica che è tanto maggiore quanto più f/D è piccolo.
Questo parametro definisce inoltre l'angolo sotto il quale il bordo del riflettore è visto dal fuoco del paraboloide. Per f/D = 0,25 tale angolo è pari a 90° e il fuoco sta sull'apertura del riflettore, mentre per f/D = 0,43 si ha un angolo pari a 60°. I suddetti valori di rapporto focale/diametro sono praticamente i limiti superiore ed inferiore per le antenne a riflettore parabolico:

Questo fatto ha un'importanza cruciale; esso infatti implica che l'illuminatore dell'antenna deve essere in grado di irradiare in modo soddisfacente entro ± 90° o ± 60°. L'uso di illuminatori perfezionati non impedisce comunque che parte della potenza irradiata sfugga dal riflettore e dia origine ai lobi di spillover. Per ridurre tale effetto si fa uso di un colletto schermante metallico (shroud), imbottito internamente da materiale assorbente. In tal modo si riesce ad avere un diagramma di radiazione con lobi secondari attenuati oltre 65 dB a circa 90°. Il colletto schermante ha inoltre l'effetto di ridurre il rapporto avanti-indietro a valori superiori a 70 dB. Talvolta poi il colletto schermante viene a far parte del cosiddetto radome; con tale termine (dall'inglese RADar-doME), viene genericamente indicato qualunque dispositivo atto a proteggere le parti più delicate delle antenne dagli agenti atmosferici. Si intuisce infatti che il vento, l'acqua, la neve, in modi diversi possono nuocere alla staticità o modificare le caratteristiche elettriche dell'antenna. Il radome per le antenne paraboliche consiste in una lastra, piana o ricurva, di materiale trasparente alle radiazioni e.m., che ne copre l'apertura; nelle antenne di recente fabbricazione, il radome è realizzato con un telo di materiale sintetico (hypalon) mantenuto teso con tiranti a molla sulla circonferenza del colletto. Nella seguente figura si può vedere un'antenna parabolica installata su un ponte radio di Telecom Italia schermata con radome:

Ponte_radio_con_Cassegrain_integrata_1993.jpg

Ponte_radio_con_Cassegrain_integrata_1993.jpg

E qui di seguito un altro esempio con radome a copertura totale:

sunset_radome3.jpg

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3.2.2 Antenna Cassegrain

Si differenzia dall'antenna a paraboloide di rivoluzione precedentemente esaminata (e di cui è un caso particolare) in quanto è caratterizzata dalla presenza di una seconda superficie riflettente di tipo iperbolico:

Cassegrain_antenna.jpg

Cassegrain_antenna.jpg

Tale superficie supplementare consente di trasformare un'onda sferica proveniente dal fuoco esterno della superficie riflettente in un'altra onda sferica proveniente dal fuoco interno:

L'iperboloide, detto subriflettore, è montato in modo che uno dei suoi fuochi, quello interno, coincida col fuoco del paraboloide, mentre nell'altro fuoco è situato il centro di fase dell'illuminatore. Questa struttura è equivalente a quella di un paraboloide alimentato frontalmente, ed avente un rapporto focale/diametro molto maggiore di quello del paraboloide effettivo; i valori di tale parametro nelle Cassegrain impiegate nei ponti radio a microonde sono compresi nel range 1 ÷ 4 con angoli equivalenti corrispondenti di 8° ÷ 16°; questo comporta che gli illuminatori di tali antenne devono concentrare tutta la loro potenza entro piccoli angoli.
Svantaggio di queste antenne è il notevole bloccaggio sull'apertura, dovuto alla presenza del subriflettore e dei bracci rigidi che lo sostengono. Nelle antenne per ponti radio terrestri, con diametro fino a 3 metri, è possibile ridurre l'inconveniente eliminando i bracci di sostegno del subriflettore, che viene collegato in corpo unico all'illuminatore mediante un distanziatore conico realizzato in materiale dielettrico:

Cassegrain_3m.jpg

Cassegrain_3m.jpg

dove:

  • 1: riflettore parabolico;
  • 2: complesso illuminatore (3) con subriflettore (4);
  • 5: telaio di supporto con dispositivi di puntamento;
  • 6: ingressi in guida d'onda all'illuminatore.

Anche l'antenna Cassegrain può utilmente essere equipaggiata con colletto schermante e radome, per conseguire i vantaggi già visti a proposito del paraboloide di rivoluzione.
Con le antenne Cassegrain è normale conseguire prestazioni complessive di gran lunga più elevate di quelle offerte dal semplice paraboloide, soprattutto per la maggiore efficienza offerta dal sistema di illuminazione; occorre aggiungere, infine, che questo tipo di antenna è attualmente il più impiegato nelle stazioni terrene e per i collegamenti via satellite. Il fatto che l'angolo di radiazione dell'illuminatore è aperto nella direzione del fascio, offre una protezone non trascurabile contro le inevitabili sorgenti terrestri di disturbo; inoltre la posizione centrale dell'illuminatore, vicino al vertice del paraboloide primario, rende minima la lunghezza dei feeders di alimentazione (di cui parleremo più avanti).

3.2.3 Antenna horn-reflector
western-electric-microwave-antennas.jpg

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Con riferimento alla figura che segue, l'antenna horn-reflector utilizza la porzione E del paraboloide (rivedere Fig.2) che ha per asse di simmetria la retta BD. Peranto, la parte riflettente di questa antenna è una porzione asimmetrica di un paraboloide di rivoluzione; ciò consente di ottenere una forte direttività e quindi un elevato guadagno, sfruttando ancora la capacità di concentrazione dell'onda sferica offerta dal riflettore parabolico:

geom_hornreflector.jpg

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La porzione di parabola che viene vista dal fuoco può essere quadrata o circolare. Di conseguenza, la tromba che prolunga l'illuminatore sarà rispettivamente un tronco di piramide oppure un tronco di cono. Questa tromba è metallicamente connessa con lo spicchio parabolico e tale disposizione riduce notevolmente le irradiazioni spurie nelle direzioni posteriore e laterale, come possiamo osservare nella precedente figura al punto b).
Un vantaggio di questa antenna è la grande larghezza di banda, limitata inferiormente dalla frequenza di taglio della guida d'onda e superiormente dall'insorgere in essa di modi superiori. Il guadagno offerto dall'horn-reflector dipende direttamente dalla dimensione geometrica della porzione parabolica e inversamente dalla lunghezza d'onda; al punto c) della precedente figura sono riportati i valori di guadagno teorico riferito alla frequenza, per due diverse antenne (rispettivamente con sezione quadrata e circolare) e diverse superfici di apertura.
L'horn-reflector presenta invece un cattivo disaccoppiamento per polarizzazione incrociata; limitazione, questa, comune a tutte le altre antenne asimmetriche. Altra notevole limitazione consiste nelle sue dimensioni e nel suo peso, che sono circa 3 volte quelle dell'antenna a paraboloide semplice. Si è ovviato a ciò realizzando una configurazione cosiddetta Cass-Horn:

geom_casshorn.jpg

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Questa configurazione comunque non offre le favorevoli caratteristiche di larghezza di banda tipiche dalla horn-reflector originaria:

casshorn_antenna.jpg

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3.2.4 L'illuminatore

L'illuminatore ha il compito fondamentale di distribuire convenientemente l'energia proveniente dal trasmettitore sull'intera superficie riflettente del paraboloide, in modo tale da produrre bassi lobi secondari, minima irradiazione per polarizzazione incrociata, massima efficienza di irradiazione nella direzione principale.
Da ciò si può dedurre che il campo e.m. generato dall'illuminatore, teoricamente deve essere:

  • equifase su una sfera con centro nel fuoco del paraboloide;
  • a simmetria di rotazione attorno all'asse del paraboloide;
  • privo della componente polarizzata ortogonalmente a quella voluta;
  • sagomato in modo da essere quanto più possibile basso, al di fuori dell'angolo sotteso al bordo del riflettore.

Tali caratteristiche dovrebbero essere mantenute su una banda di frequenza quanto più estesa possibile; da ciò possiamo dedurre che l'ottimizzazione del progetto di un illuminatore ha una grande influenza sull'efficienza dell'antenna nel suo complesso. L'illuminatore più semplice per un paraboloide di rivoluzione operante in polarizzazione lineare è una guida d'onda rettangolare con le pareti sagomate a forma di tromba. Qualora si voglia irradiare in polarizzazione circolare oppure si voglia trasmettere simultaneamente sulle due polarizzazioni ortogonali, si impiegano illuminatori a sezione circolare, detti illuminatori ortomodo. Di seguito sono schematizzati i due illuminatori a tromba discussi:

tromba_rettangolare_e_circolare.jpg

tromba_rettangolare_e_circolare.jpg

Altri tipi di illuminatori più complessi sono adoperati nel caso di antenne per cui sono richieste prestazioni altamente efficienti su più bande di funzionamento, come quelle adibite ai collegamenti satellitari o alle applicazioni militari (in questo caso parliamo già di radar o dispositivi antiaereo come quello di seguito illustrato):

antennaricerca.jpg

antennaricerca.jpg

3.3 Linee di alimentazione delle antenne

Considerando l'esigenza della visibilità ottica tra le antenne di un ponte radio a microonde, è frequente il caso in cui l'antenna sia posta in posizione elevata e la distanza con il relativo apparato radio sia considerevole. Esiste pertanto il problema di trasferire l'energia a radiofrequenza dall'uno all'altra, mantenendo per quanto possibile basse le perdite di percorso sulle linee a RF che alimentano le antenne. Caratteristiche fondamentali di tali linee, denominate feeders, sono pertanto:

  • l'attenuazione in funzione della frequenza, normalmente espressa in valori specifici per unità di lunghezza;
  • le riflessioni del segnale immesso in linea, dovuto alle discontinuità del percorso, espresse dal parametro ROS (Rapporto d'Onda Stazionaria), meglio conosciuto come SWR (Standing Wave Ratio).

3.3.1 I cavi coassiali

coaxial.JPG

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Il cavo coassiale, come noto, è una caso particolare della linea di trasmissione bifilare, caratterizzato da struttura concentrica, quindi asimmetrica, dei due conduttori.
Dal momento che tanto il campo elettrico quanto quello magnetico si manifestano nello spazio che separa i due conduttori, è peculiarità del cavo coassiale quella di contenere completamente all'interno del conduttore esterno i fenomeni connessi col meccanismo della propagazione delle onde di tensione e di corrente:

struttura_interna_tipi_diversi.jpg

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Consideriamo il circuito equivalente a parametri concentrati valido per il cavo coassiale:

Per quel che riguarda l'attenuazione, è noto che le costanti primarie del cavo (R,L,C,G) creano condizioni di propagazione sempre meno favorevoli all'aumentare della frequenza:

  • la reattanza induttiva (in serie) cresce linearmente all'aumentare della frequenza, mentre diminuisce con legge simmetrica la reattanza capacitiva (in parallelo). Da ciò deriva una legge di incremento dell'attenuazione proporzionale alla radice quadrata della frequenza (non lineare quindi);
  • a valori di frequenza molto elevati, intervengono in aggiunta l'aumento della resistenza serie, dovuta al cosiddetto effetto pelle e della conduttanza parallelo, causato dalle perdite nel dielettrico reale.

Le perdite possono venire minimizzate usando materiali conduttori a bassa resistività, meglio se argentati; estremamente importante poi è la scelta di un dielettrico che presenti un angolo di perdita piccolo nonché bassa costante dielettrica. L'attenuazione di un cavo viene fornita dal costruttore generalmente con un grafico che porta in ascisse la frequenza e in ordinate l'attenuazione specifica.
Le maggiori o minori riflessioni del segnale immesso nella linea sono invece dovute esclusivamente alla non uniformità dell'impedenza caratteristica del cavo, che dipende a sua volta dalla precisione della sua fabbricazione meccanica. Perché un cavo si possa ritenere di buona qualità, è necessario che presenti una struttura solida e indeformabile, esente il più possibile da fattori ambientali (temperatura, umidità, urti, ecc.) e una perfetta concentricità dei due conduttori in tutte le sezioni della sua lunghezza. Dal rapporto tra i diametri dei due conduttori e della costante dielettrica dell'isolante, dipende l'impedenza caratteristica del cavo, secondo la seguente relazione:

Z_{0}=\frac{60}{\varepsilon _{r}}\ln\frac{D_{ext}}{D_{int}}\,\,\,\,\,\,\text{(VI)}

I valori normalizzati di tale impedenza sono tipicamente 50 Ω e 75 Ω. A fronte di quanto detto, si possono caratterizzare gli elementi che costituiscono il cavo coassiale:

  • il conduttore centrale o anima realizzato con un filo di precisione in rame (nei cavi sottili), con un tubetto di precisione in rame (nei cavi medi) o con un tubo corrugato in rame (nei cavi di dimensioni maggiori);
  • il dielettrico è una resina sintetica: polistirene o polivinile o teflon, più spesso polietilene; esso può essere a riempimento continuo, ma per i cavi destinati alle frequenze più elevate (come nei ponti a microonde) il riempimento del dielettrico è reso minimo usando anelli distanziatori o una spirale di polietilene, oppure ancora impiegando materiali spugnosi a bassa densità;
  • il conduttore esterno o schermo è realizzato, nel caso dei cavi sottili, con semplice o doppia calza di fili di rame intrecciati; è invece un tubo di rame, ottenuto con lamiera chiusa, saldata e corrugata, nei casi di maggiori dimensioni, in modo che possa dilatarsi e comprimersi senza deformare la sezione media;
  • il rivestimento o guaina ha lo scopo di accrescere la resistenza meccanica del cavo finito, di agevolarne la posa in opera, di proteggerlo da agenti atmosferici. Comunemente è realizzato con un manto di gomma o di resina sintetica.

La seguente tabella riporta le caratteristiche elettriche e costruttive di alcuni fra i cavi coassiali più noti ed usati nelle applicazioni a radiofrequenza:

Tabella 1.1.jpg

Tabella 1.1.jpg

3.3.2 Le guide d'onda

Per frequenze superiori a circa 3000 MHz, le perdite dei feeders di una certa lunghezza realizzati anche con i migliori cavi coassiali, risultano inaccettabili. Da tale limite a salire risulta invece molto vantaggioso l'impiego delle guide d'onda, che nel campo delle microonde rappresentano praticamente l'unico feeder possibile.
La guida d'onda non è altro che un tubo in materiale conduttore, entro il quale si realizza una propagazione guidata dell'energia elettromagnetica. Una volta che un'onda viene iniettata nella guida, essa si propaga subendo innumerevoli riflessioni sulle pareti interne conduttrici, come mostra la seguente figura:

Ciò è causa di un'attenuazione di percorso che si spiega con una piccola dissipazione di energia ad ogni rimbalzo nel metallo della parete della guida che, per tal ragione, deve offrire necessariamente una conducibilità quanto maggiore possibile.
Un secondo effetto della propagazione "a rimbalzi" è che all'interno della guida non può sussistere la propagazione del modo TEM propria dello spazio libero, in cui le linee di campo elettrico e magnetico sono entrambe ortogonali alla direzione di propagazione. Dalla Fig.6 si intuisce che il vettore E è perpendicolare ad r, ma non lo è il vettore H. Si dice allora che nella guida si sta propagando il modo TE (Trasversale Elettrico). Se fosse invece il vettore H perpendicolare ad r si avrebbe una configurazione di campo con modo TH.
I modi di propagazione si distinguono aggiungendo al simbolo della configurazione TE (o TH) due pedici, il primo dei quali indica la variazione dei semiperiodi di campo elettrico (o magnetico) lungo la parete b, e il secondo quella dei semiperiodi lungo la parete a, come è illustrato nella seguente figura:

Consideriamo per esempio il modo indicato come TE10; il campo elettrico è tutto contenuto nella sezione normale della guida, è parallelo all'asse y e ha una distribuzione sinusoidale lungo l'asse x. La sigla TE indica che il campo elettrico è puramente trasversale, il pedice 1 indica che lungo l'asse x (lato b della guida) il campo elettrico presenta una variazione (di tipo sinusoidale da 0° a 180°); il pedice 0 si riferisce all'asse y (lato a della guida) e indica che non si hanno variazioni del campo lungo tale coordinata.
In una guida eccitata nel modo TE20, si osserva che lungo l'asse x trovano posto due oscillazioni complete del campo elettrico. Si intuisce pertanto che in una stessa guida possono propagarsi svariati modi, aventi frequenza tanto più alta quanto maggiori sono gli indici che caratterizzano il modo.
Per ciascun modo la guida presenta una determinata frequenza critica fc legata alle sue dimensioni geometriche; si consideri infatti che, dato il procedere a rimbalzi dell'onda che si propaga, la sua velocità longitudinale risulterà chiaramente inferiore di quella nello spazio libero; questa velocità definita di gruppo vale:

V_{g}=c\cdot \sqrt{1-\left ( \frac{\lambda }{\lambda _{c}} \right )^{2}}=c\cdot \sin\alpha \,\,\,\,\,\,\text{(VII)}

dove λc è la lunghezza d'onda corrispondente alla frequenza critica ed α è l'angolo compreso tra i versori r e z (rif Fig.6).
Prendendo in esame il modo TE10, che per la guida rettangolare rappresenta il modo fondamentale di propagazione, in quanto fra tutti quelli possibili è il modo che possiede la frequenza critica più bassa, si ha:

\lambda _{c}=2b\,\,\,\,\,\,\text{(VIII)}

come è intuibile dalla rappresentazione grafica fatta sempre in Fig.6. In altri termini, allorché la lunghezza d'onda è uguale al doppio della dimensione trasversale della guida, la velocità dell'onda è nulla e di conseguenza non si ha propagazione lungo la guida. Fisicamente questo si traduce con il fatto che le onde si riflettono sulle pareti in direzione ortogonale alle stesse e non avanzano lungo la direzione z. Ne deriva che nel modo TE10 è possibile la propagazione di un'onda e.m. in guida, solamente se la sua lunghezza d'onda è inferiore al doppio della dimensione trasversale della guida stessa; in tali condizioni un segnale si propaga con velocità Vg tanto minore a confronto della velocità della luce, quanto più la lunghezza d'onda si avvicina a 2b.
Il campo di frequenza è compreso tra la frequenza critica del modo fondamentale e quella del modo immediatamente superiore, per una determinata guida d'onda, e prende il nome di banda fondamentale. Entro tale intervallo può propagarsi nella guida un solo modo, quello fondamentale e per tale ragione la propagazione viene definita unimodale.
La propagazione elettromagnetica è possibile anche in una guida d'onda a sezione circolare o ellittica. La guida circolare è quella che, a parità di area, offre l'attenuazione minima; a differenza di quella rettangolare, la cui attenuazione a partire da una certa frequenza oltre la fc cresce leggermente al crescere della frequenza, nella guida circolare eccitata nei modi TE0n l'attenuazione continua a decrescere come di seguito mostrato:

L'impiego a frequenze notevolmente superiori a quella critica (funzionamento in zona multimodale) è vantaggioso per le basse attenuazioni ottenibili, ma d'altra parte comporta la difficoltà di trasmettere il modo TE01 (che nella guida circolare non è il modo fondamentale), evitando così che si eccitino altri modi di propagazione indesiderati.
Data la simmetria radiale della guida circolare, è possibile e vantaggioso utilizzarla per trasmettere due distinte portanti con polarizzazione ortogonale. In questo caso, la circolarità del feeder deve essere mantenuta con rigorosa precisione fino alla bocca dell'illuminatore, pena la generazione di componenti spurie che peggiorano il disaccoppiamento incrociato dei segnali ricevuti.

3.3.3 Tecnologia delle guide d'onda

Il condotto metallico cavo entro cui l'onda e.m. viene contenuta e indirizzata, nel caso più generale è un tubo a sezione rettangolare, le cui superfici interne vengono rettificate con tolleranza di planarità dell'ordine del centesimo di millimetro!
I materiali usati sono caratterizzati da buone caratteristiche meccaniche per facilitare la lavorazione, ma soprattutto da un'ottima conducibilità elettrica (come bronzo, rame, alluminio); un materiale molto usato a tal scopo è un tipo di rame ad alta conducibilità privo di ossigeno, detto OFNC, che presenta bassa attenuazione e elevata resistenza alla corrosione (ossidazione), specialmente se a contatto con aria o gas pressurizzato.
Le linee di alimentazione in guida sono costituite dalla connessione di più spezzoni o tronchi rettilinei di lunghezza standard (30, 50, 80 cm e fino a 5 m) terminanti in opportune flange, come mostra la seguente figura:

FLANGE.jpg

FLANGE.jpg

Esistono poi tronchi speciali in guida che consentono di coprire qualsiasi esigenza di percorso. In particolare si utilizzano:

  • tronchi a rotazione assiale, normalmente di 90°, detti twist;
  • tronchi con setti trasversali dielettrici e beccucci di ingresso per la pressurizzazione;
  • transizioni guida-cavo;
  • tronchi flessibili, particolarmente utili per compensare le dilatazioni termiche e le tolleranze delle quote meccaniche.

Una soluzione alternativa alla guida d'onda rettangolare rigida è rappresentata dalla guida ellittica flessibile, che consente una molto maggiore facilità e rapidità di installazione. Essa viene ottenuta partendo da un nastro piano di rame elettrolitico, che viene formato in tubo e quindi, con particolari processi meccanici di precisione (controllo laser), viene corrugato e ridotto a sezione ellittica. L'esterno del tubo viene poi ricoperto con un mantello di polietilene:

guida_flessibile_terminata.jpg

guida_flessibile_terminata.jpg

Il processo di fabbricazione è continuo e pertanto è possibile produrre guide di lunghezza qualunque, su richiesta dell'utente; di norma la guida viene fornita dal costruttore (per quel che riguarda Telecom Italia) in bobine di 150 metri. Tale guida possiede caratteristiche di notevole stabilità elettrica e flessibilità meccanica; attenuazione, coefficiente di riflessione e contributo di rumore sono confrontabili e in alcuni casi addirittura migliori rispetto ai valori ottenibili con le migliori guide rigide rettangolari.
Il principio della propagazione guidata per riflessioni successive rimane valido, purché rimanga verificata la condizione che la dimensione del corrugamento sia trascurabile rispetto la lunghezza d'onda; per quanto riguarda la gamma di lavoro della guida ellittica, valgono le stesse considerazioni per la rettangolare, considerando come dimensioni a e b i due assi della sezioni ellittica. La propagazione avviene secondo un modo particolare (quello TE11) che risulta similare al TE10 della guida rettangolare.
Usando la guida ellittica, la linea di alimentazione viene realizzata in unica tratta che viene posata e fissata alla guisa di un cavo coassiale; a posa avvenuta, la guida viene tagliata a misura e successivamente innestata a freddo con un apposito connettore che da un lato deve offre un ottimo contatto meccanico con la parte metallica della guida, dall'altro si presenta con la flangia unificata per la terminazione all'apparato o antenna:

guida_connet_terminale.jpg

guida_connet_terminale.jpg

Per inciso, la limitazione a due del numero delle flange per l'intero percorso del feeder, offre il vantaggio della virtuale eliminazione dell'infiltrazione di umidità e delle perdite di pressurizzazione.
Le dimensioni delle guide d'onda e delle rispettive flange d'interconnessione per le varie bande di frequenza sono unificate in sede internazionale e marcate con codici standard; le seguenti tabelle riportano le caratteristiche meccaniche elettriche delle guide d'onda usate comunemente, tra cui quelle per la propagazione a microonde:

Tab1.2_Tab1.3.jpg

Tab1.2_Tab1.3.jpg

3.3.4 Adattamento d'impedenza

Tanto le antenne a riflettore parabolico quanto le guide d'onda sono, come visto in precedenza, dispositivi capaci di operare su una banda di frequenza molto estesa.
Sorge legittimamente la domanda: come vengono definiti i limiti di banda? La risposta risiede in buona sostanza nel degrado di alcuni parametri che riguardano l'efficienza dei sistemi radianti. Così, ad esempio, il limite di funzionamento di un'antenna può essere dato in funzione del peggioramento, oltre una certa soglia, delle sue caratteristiche o di guadagno, o di disaccoppiamento di polarizzazione, o del suo diagramma di radiazione. Tuttavia, la caratteristica maggiormente valida per la valutazione della larghezza di banda di un sistema radiante e l'adattamento di impedenza fra gli elementi che costituiscono il sistema.
In base alla vasta teoria dei campi elettromagnetici indirizzata allo studio delle linee di trasmissione, un segnale applicato ad una linea uniforme e priva di perdite che sia terminata su un'impedenza diversa dalla sua caratteristica, produce, insieme con l'onda diretta, un'onda riflessa generata nel punto di discontinuità.
Queste due onde che viaggiano alla stessa velocità ma in senso opposto, generano lungo la linea un'onda stazionaria, caratterizzata da massimi e minimi di tensione.
Nel caso di un sistema radiante, se l'impedenza caratteristica presentata dall'antenna e l'impedenza tipica della guida d'onda risultano diseguali, il segnale trasmesso viene parzialmente riflesso verso l'apparato radio, provocando un peggioramento nella qualità di trasmissione del ponte radio (che, come evidenziato nel primo paragrafo, è uno dei tre criteri fondamentali che un ponte radio deve soddisfare a tutti i costi).
Un buon metodo per la rilevazione del coefficiente di riflessione di un qualunque sistema radiante, consiste nel misurare separatamente l'energia del segnale diretto Ed e del segnale riflesso Er, impiegando accoppiatori direzionali posti all'ingresso del feeder.
Il rapporto ρ tra i valori assoluti di questi due segnali è esattamente il coefficiente di riflessione:

\rho :=\frac{\left | E_{r} \right |}{\left | E_{d} \right |}\,\,\,\,\,\,\text{(IX)}

Questo valore può essere altresì calcolato teoricamente, qualora siano note le impedenze disadattate della guida Zg e dell'antenna Z0:

\left | \rho  \right |=\left | \frac{Z_{g}-Z_{0}}{Z_{g}+Z_{0}} \right |\,\,\,\,\,\,\text{(X)}

In caso di adattamento perfetto (Zg = Z0) non si hanno riflessioni (Er = 0) e pertanto ρ = 0. Valori normali del coefficiente di riflessione sono compresi tra 0,05 e 0,20.
Utilizzando in modo diverso i valori di Ed e di Er in forma logaritmica base dieci, il disadattamento di impedenza può venire espresso con il parametro Return Loss così definito:

\text{RL}:=20\log\frac{E_{d}}{E_{r}}\,\,\,[\text{dB}]\,\,\,\,\,\,\text{(XI)}

Valori tipici sono compresi tra 25 dB e 15 dB.
Un secondo metodo di misura consiste nel rilevare le condizioni di stazionarietà, rilevando l'ampiezza dei massimi (+ V) e minimi (- V) di tensione lungo il feeder. Il rapporto di questi valori definisce (come anticipato) il parametro SWR (Standing Wave Ratio), direttamente correlabile con il coefficiente di riflessione per mezzo della relazione seguente:

\text{SWR}:=\left | \frac{+V}{-V} \right |=\left | \frac{1+\rho }{1-\rho } \right |\,\,\,\,\,\,\text{(XII)}

Il rilievo di queste grandezze viene di norma eseguito con metodo panoramico, ovvero alimentando il banco di misura con un generatore di funzioni settato a scansione o spazzolata di frequenza (sweep generator). Per quanto riguarda l'oscilloscopio, sul canale orizzontale viene connessa la tensione di sweep del generatore, mentre sul canale verticale viene connessa l'uscita del rivelatore di SWR. Sullo schermo sarà visualizzata una curva che riporta sulle ascisse i valori di frequenza nel campo di misura prescelto e sulle ordinate i rispettivi valori di SWR, come di seguito illustrato:

visualizz_oscilloscopio_SWR.jpg

visualizz_oscilloscopio_SWR.jpg

L'andamento risultante può essere più o meno tortuoso, a seconda del numero e dell'importanza delle discontinuità lungo il feeder; si nota comunque che l'andamento dell'SWR tende a peggiorare al di sopra e al di sotto della gamma di frequenza per cui il feeder e l'antenna sono stati progettati. Pertanto la larghezza di banda in cui un sistema radiante è effettivamente esercibile, viene definito come quell'intervallo di frequenze entro il quale l'adattamento d'impedenza è compreso entro limiti prestabiliti, ad esempio RL = 20 dB che utilizzando le corrispondenti espressioni viste sopra, equivale a dire ρ < 0,10; SWR < 1,22 oppure SWR > 1,75 dB.
Un esempio di procedura standardizzata in Telecom Italia per la misura della potenza trasmessa a RF è la seguente:

  • per effettuare le misure locali è conveniente allestire una tratta simulata in una delle due centrali. Per il corretto funzionamento della tratta simulata, al fine di evitare problemi di auto interferenza che possono facilmente nascere a causa della grande differenza tra il livello della potenza trasmessa e quello della potenza di soglia, occorre disporre di opportuni attenuatori fissi da collocare direttamente all'uscita delle ODU (unità da esterno illustrate di seguito) e di un attenuatore variabile di precisione:
ODU_pannelli_frontali.jpg

ODU_pannelli_frontali.jpg

  • il livello della potenza trasmessa nel punto W deve essere uguale o superiore a quanto indicato da una tabella che riporta dei valori di soglia compatibili con il tipo di modulazione effettuata (QPSK, 16-32-128QAM), la capacità del canale radio misurata in Mbit/s (dipendentemente dalla gerarchia di multiplazione, PDH o SDH) e la spaziatura dei canali misurata in MHz;
  • la misura va effettuata all'uscita della ODU nel punto W come indicato in figura:
connessione_misura_RF.jpg

connessione_misura_RF.jpg

  • per le gamme 18 e 23 GHz si usa la transizione guida/cavo UBR/SMA presente nel kit di accessori per misure RF a 18/23 GHz in dotazione al tecnico sociale con skill per le misure su ponti radio a microonde;
  • per le gamme inferiori si utilizza il supporto “Fast Lock” (illustrato nella seguente figura) presente nei kit di accessori per misure a RF in abbinamento al kit di adattamento flangia e alla transizione guida/cavo UBR/SMA specifici per la gamma di funzionamento dell’apparato in misura, anch'essi in dotazione al tecnico sociale con skill per le misure su ponti radio a microonde:
flangia_per_misura_RF_a_banco.jpg

flangia_per_misura_RF_a_banco.jpg

  • la perdita di inserzione tra il punto W e l’uscita dell’accoppiatore ibrido bilanciato utilizzato nei sistemi copolari, deve essere pari a 3,5 dB per il Tx1, Tx2, Rx1 e Rx2 (connettori TX e RX in cavo coassiale per la trasmissione dati di flussi a 2 MB/s o superiori).

Un metodo di calcolo immediato dei precedenti parametri, qualora non si ricordassero o si avessero a portata di mano le formule analitiche che li definiscono, è quello che prevede l'impiego della carta di Smith:

Smith_chart.jpg

Smith_chart.jpg

dove nei riquadri evidenziati in rosso sono riportati tutti i precedenti parametri e le rispettive scale graduate. Oppure si può fare ricorso a diversi software di simulazione che elaborano i risultati su una carta di Smith virtuale, come ad esempio il simulatore TRLINE. Di seguito qualche print screen delle simulazioni:

TRLINE_simulation_1.jpg

TRLINE_simulation_1.jpg

TRLINE_simulation_2.jpg

TRLINE_simulation_2.jpg

3.4 I ripetitori passivi

ripetitore_passivo.jpg

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L'esigenza della visibilità ottica tra le antenne di un ponte radio a microonde conduce anche alla necessità di uno studio accurato del percorso elettromagnetico, affinché nessun ostacolo intercetti la traiettoria del fascio a microonde.
Sono però frequenti i casi in cui tra le località da collegare siano presenti ostacoli naturali o artificiali, tali per cui la visibilità non possa essere stabilita. Una soluzione per superare le difficoltà potrebbe essere quella di realizzare una stazione ripetitrice in posizione tale da vedere senza ostacoli entrambe le località da collegare.

rip_passivo_Cervinia_1980.jpg

rip_passivo_Cervinia_1980.jpg

Tuttavia esiste una soluzione alternativa, elegante e decisamente più economica, che consiste nell'utilizzare un ripetitore passivo, cioè un dispositivo meccanico munito di superficie metallica in grado di riflettere il fascio elettromagnetico da un'antenna all'altra, in modo da aggirare l'ostatolo:

Tale soluzione offre diversi vantaggi; infatti il ripetitore passivo non richiede alcun tipo di alimentazione, le necessità di manutenzione sono poco onerose, le possibilità di scelta della posizione topografica sono ampie e non legate a criteri restrittivi.

3.4.1 Efficienza del ripetitore passivo

Il comportamento del riflettore passivo risponde ai principi dell'ottica geometrica; per questo esso si comporta come uno specchio e proprio con tale nome viene spesso indicato.
Conformemente ai principi ottici, allorché un'onda e.m. raggiunge lo specchio con un certo angolo di incidenza, ne viene riflesso su un piano ortogonale alla superficie dello specchio con identico angolo, come di seguito illustrato:

Ne consegue pertanto che il riflettore può essere concepito come il complesso di due antenne (una ricevente, puntata nella direzione del raggio incidente, ed una trasmittente, puntata nella direzione del raggio riflesso) aventi efficienza del 100 % e superficie pari alla proiezione di quella geometrica del riflettore secondo le due direzioni. L'energia ricevuta dall'antenna ricevente passa integralmente all'altra antenna e da questa irradiata.
Dal punto di vista dell'attenuazione di propagazione del collegamento radio, è intuitivo che il riflettore passivo introduce delle perdite, in quanto non intercetta la totalità del fascio incidente. Tuttavia, considerando il riflettore alla stregua di un'antenna, esso offre rispetto ad un ipotetico radiatore isotropico un guadagno rilevante, funzione del rapporto superficie/lunghezza d'onda, secondo la relazione:

G=10\log\frac{4\pi A\cdot \cos\varepsilon  }{\lambda ^{2}}\,\,\,\,\,\,\text{(XIII)}

dove A è la superficie geometrica reale dello specchio e \varepsilon  è l'angolo d'incidenza del raggio elettromagnetico. A tal proposito si può analizzare il seguente diagramma:

guad_radiatore_isotropo.jpg

guad_radiatore_isotropo.jpg

Si nota che l'efficienza è massima per angoli di incidenza tendenti a 0° e aumenta all'aumentare della frequenza. Sulla base di quest'ultima constatazione, l'impiego di ripetitori passivi viene limitato alle frequenze alte: al di sotto dei 6000 MHz le dimensioni geometriche necessarie per ottenere un guadagno ragionevole sarebbero tali da porre problemi costruttivi ed economici.
Salendo in frequenza, esistono però considerazioni sempre più restrittive riguardo alla planarità delle superfici. Con tale termine si intende lo scostamento tra la superficie teorica, coincidente con un piano geometrico e quella reale del riflettore, che può presentare sia rugosità, sia differenze di allineamento dei pannelli lungo i due assi o le diagonali. Lo scostamento Δp dalla planarità teorica perfetta dà origine a raggi riflessi divergenti che vengono dispersi. Pertanto tale parametro introduce una perdita supplementare α sulla tratta, tanto più elevata quanto minore è la lunghezza d'onda:

\alpha (\text{dB})=20\log\cos\left ( \frac{\Delta _{p}}{\lambda }\cdot 360^{\circ} \right )\,\,\,\,\,\,\text{(XIV)}

La seguente tabella indica i valori crescenti di attenuazione α in funzione di Δp per due diversi valori di lunghezza d'onda:

Tab1.4.jpg

Tab1.4.jpg

Si comprende che la tolleranza di planarità della superficie riflettente è tanto più critica quanto più risulta incrementata la frequenza di lavoro del collegamento.
Per quanto riguarda il puntamento dello specchio, è necessario fare uso di carte topografiche e del teodolite; dalle carte si rileva l'angolo orizzontale tra i due terminali lontani, con vertice nella posizione del ripetitore; quindi, per mezzo degli appositi organi meccanici di brandeggio, si fa coincidere la normale al piano orizzontale dello specchio con la bisettrice dell'angolo rilevato. Il puntamento zenitale richiede una similare procedura, basata però sul profilo del collegamento; noto l'angolo verticale tra le due direttrici che collegano i ripetitori con i terminali, la normale al piano verticale dello specchio viene fatta coincidere con la bisettrice dell'angolo rilevato.
Per l'ottimizzazione sia del puntamento che della planarità è opportuno riferirsi direttamente ai parametri radioelettrici del collegamento, cercando il massimo valore di campo ricevuto dai terminali radio, muovendo con piccoli spostamenti lo specchio attorno alla posizione individuata con il metodo topografico.
I ripetitori passivi possono essere addirittura notevolmente più direttivi delle antenne; ciò si spiega in prima istanza per le maggiori dimensioni, ma anche perché l'uniformità di illuminazione contribuisce ad assottigliare i lobi secondari. Ad esempio, in un riflettore da 67,5 mq, i raggi inclinati di ± 7' dall'asse del lobo principale sono già attenuati di 3 dB, mentre il punto di zero tra il lobo principale ed il primo laterale si ha per una inclinazione di ± 17'.
Il ripetitore, generalmente posto a quota elevata, viene installato su cigli sgombri da ostacoli, in modo da evitare riflessioni dovute a pareti o terreno circostanti.

3.4.2 Caratteristiche costruttive

La superficie riflettente è realizzata con pannelli metallici in lamiera di ferro o di alluminio o talvolta in fusione di alluminio, aventi forma rettangolare, accostati l'uno all'altro e collegati tra loro mediante una robusta incastellatura metallica:

struttura_rip_passivo_67mq.jpg

struttura_rip_passivo_67mq.jpg

La rigidità delle strutture portanti ha molta importanza in questi casi; le oscillazioni devono essere tali da limitare le variazioni del campo ricevuto entro pochi decimi di dB: per ottenere ciò gli spostamenti angolari ammessi sono dell'ordine di alcuni primi per frequenze attorno ai 7000 MHz.
La struttura di sostegno è ancorata al terreno con fondazioni che possono essere realizzate con plinti in cemento armato, oppure del tipo "a zattera", tenute bloccate cioè dallo stesso materiale di riporto precedentemente asportato dal terreno per realizzare lo scavo di fondazione.
L'incastellatura offre un doppio grado di mobilità alle travi che sostengono la superficie riflettente, per consentire il brandeggio orizzontale e verticale di quest'ultima entro alcuni gradi; infine, opportuni bloccaggi e controventi sono previsti per fissare lo specchio nella posizione desiderata.


4. Zoom sulla propagazione delle microonde

Nella prima parte della presente trattazione abbiamo esposto, in termini generali, i problemi legati alla propagazione delle onde elettromagnetiche nello spazio libero. A questo punto occorre fare una "zoomata" sulla specifica porzione dello spettro radio impiegata maggiormente dai ponti radio terrestri e satellitari, ovvero le microonde, riprendendo, riformulando e approfondendo alcuni concetti già esposti come l'attenuazione nello spazio libero, gli ellissoidi di Fresnel e l'orizzonte elettromagnetico.
Come già indicato, la tratta radio è compresa tra la sezione di uscita del trasmettitore e la sezione di ingresso del ricevitore; comprende pertanto le antenne, i feeders, l'eventuale ripetitore passivo nonché lo spazio che separa tali elementi. Proprio quest'ultimo rappresenta l'elemento più variabile, meno governabile e per certi versi più difficilmente indagabile del sistema trasmissivo.

4.1 Trasmissione nello spazio libero

Consideriamo un'onda e.m. che si propaga liberamente nello spazio ideale; come già visto, la definizione di spazio libero è quella di un mezzo dielettrico perfetto, omogeneo e isotropo, caratterizzato dai seguenti parametri:

  • costante dielettrica: \varepsilon _{0}=8,842\cdot 10^{-12}\,\text{farad/m};
  • permeabilità magnetica: \mu _{0}=1,257\cdot 10^{-6}\,\text{henry/m}.

In tale mezzo, la propagazione dell'energia elettromagnetica è caratterizzata da:

  • velocità di fase: c= \frac{1}{\sqrt{\varepsilon _{0}\mu _{0}}}\approx 3\cdot 10^{8}\,\text{m/s};
  • indice di rifrazione: n_{0}=\sqrt{\varepsilon _{0}\mu _{0}}=\frac{1}{c};
  • lunghezza d'onda: \lambda =\frac{c}{f}.

La sorgente di radiazioni si considera, al solito, puntiforme e isotropa; le onde emesse sono pertanto di tipo sferico, ma ad una distanza L sufficientemente grande rispetto alla lunghezza d'onda, il fronte d'onda è considerabile piano.
Abbiamo anche definito la potenza specifica come la densità di potenza elettromagnetica che attraversa una superficie piana unitaria, normale alla direzione di propagazione.
A distanza L dal radiatore isotropo, l'intera energia trasmessa attraversa una superficie sferica equifase concentrica col radiatore puntiforme, ed avente proprio L come raggio:

Supponendo nulle le perdite del mezzo in cui avviene la propagazione, si può uguagliare la potenza Pt trasmessa dal radiatore, con la potenza specifica Ps estesa sulla superficie sferica considerata:


P_{t}=P_{s}\cdot 4\pi L^{2}\,\,\,\,\,\,\text{(XV)}

La potenza Pr che può essere ricevuta da un'antenna isotropa non è altro che il prodotto tra la potenza specifica rilevata nel punto dello spazio coincidente con la posizione dell'antenna ricevente e l'area efficace Ae di quest'ultima:

P_{r}=\left ( P_{t}\cdot \frac{1}{4\pi L^{2}} \right )\cdot A_{e}\,\,\,\,\,\,\text{(XVI)}

ma ricordiamo che l'area efficace vale:

A_{e}=G\cdot \frac{\lambda ^{2}}{4\pi }\,\,\,\,\,\,\text{(XVII)}

sicché, assumendo unitario il guadagno dell'antenna isotropa, la (XVI) diventa:

P_{r}=P_{t}\left ( \frac{\lambda }{4\pi L} \right )^{2}\,\,\,\,\,\,\text{(XVIII)}

L'attenuazione di tratta Asl (riferita allo spazio libero) altro non è che il rapporto tra la potenza trasmessa Pt e quella ricevuta Pr:

A_{sl}=\frac{P_{t}}{P_{r}}=\left ( \frac{4\pi L}{\lambda } \right )^{2}\,\,\,\,\,\,\text{(XIX)}

Per praticità di calcolo è conveniente esprimere l'attenuazione di tratta in funzione della frequenza utilizzando la relazione che la lega alla lunghezza d'onda, per cui:

A_{sl}=(4\pi )^{2}\cdot L^{2}\cdot \frac{f^{2}}{c^{2}}\,\,\,\,\,\,\text{(XX)}

Ho diviso appositamente i fattori e i relativi quadrati per rendere più immediata la lettura dell'equazione in decibel:

A_{sl}(\text{dB})=10\log\frac{P_{r}}{P_{t}}=20\log4\pi +20\log L+20\log f-20\log c\,\,\,\,\,\,\text{(XXI)}

Ovviamente L,f,c devono essere espresse in unità coerenti; qualora si voglia esprimere la frequenza in gigahertz e la distanza in chilometri, la (XXI) diventa:

A_{sl}(\text{dB})=92,44\,\text{dB}+20\log L+20\log f\,\,\,\,\,\,\text{(XXII)}

In particolare, si nota che Asl cresce con il quadrato della distanza: ciò è vero in assoluto anche per i sistemi reali.
Altra osservazione è che Asl cresce con il quadrato della frequenza per cui apparentemente i radiocollegamenti a frequenza più alta parrebbero sfavoriti per la maggior attenuazione. Di fatto, considerando sistemi reali impieganti antenne a grande superficie riflettente, si ha una compensazione di tale fenomeno, grazie al maggior guadagno che le antenne presentano al crescere della frequenza (rivedere prima parte in merito).
Di seguito è graficata una famiglia di curve di immediata consultazione dove viene data l'attenuazione Asl in decibel della tratta radio, in funzione della sua lunghezza e frequenza. Tali curve sono la diretta applicazione della formula universale (XXII):

attenuaz_spazio_libero.jpg

attenuaz_spazio_libero.jpg

Una volta definita in base a tali curve, o analiticamente calcolata con la (XXII) l'attenuazione di spazio libero tra le antenne, la potenza effettivamente disponibile all'uscita dell'antenna ricevente dipenderà direttamente dai guadagni Gt e Gr delle antenne trasmittente e ricevente rispetto all'isotropica:

P_{r}=P_{t}\left ( \frac{\lambda }{4\pi L} \right )^{2}\cdot G_{t}\cdot G_{r}\,\,\,\,\,\,\text{(XXIII)}

che notiamo essere l'immediata evoluzione della (XVIII). Tradotto in termini logaritmici, la (XXIII) diventa:

P_{r}(\text{dBm})=P_{t}(\text{dBm})-A_{sl}(\text{dB})+G_{t}(\text{dB})+G_{r}(\text{dB})\,\,\,\,\,\,\text{(XXIV)}


4.2 Trasmissione nelle condizioni reali

Nella maggior parte dei casi reali e, nel caso specifico dei ponti radio, le considerazioni svolte in precedenza vengono affette dalla presenza di condizioni effettive di propagazione, che hanno luogo in uno spazio non ideale e in prossimità della superficie terrestre. Abbiamo detto che la regione di spazio interessata dalle trasmissioni a microonde trattate in questo articolo è la troposfera, dove si manifestano quelle influenze secondarie, ma non trascurabili, di presenza del suolo e dell'atmosfera reale.
Ai fini di una valutazione corretta dell'attenuazione di tratta e delle sue condizioni al contorno, occorre tenere conto di tali fattori, lo studio dei quali non sempre è riconducibile a valutazioni deterministiche (anzi, per quasi la totalità è di tipo probabilistico). Tuttavia, come discusso in precedenza, le schematizzazioni e i modelli dell'ottica geometrica o i postulati di Huyghens-Fresnel, conducono a risultati sufficientemente approssimati e validi per le applicazioni concrete.

4.2.1 Effetti della vicinanza del suolo

Il suolo, interessato al fascio e.m. a microonde, determina effetti di attenuazione supplementare già trattati (riflessione e diffrazione in prima istanza). E' lecito pertanto porsi la domanda: quale regione di spazio e di suolo è realmente interessata al fascio di radiazioni e.m. della tratta radio?
La risposta viene dalle considerazioni sull'ellissoide di Fresnel. Consideriamo una tratta radio costituita da due antenne T ed R poste a distanza L una dall'altra; sia S un piano che interseca la congiungente TR nel punto P0; siano poi l1 ed l2 le distanze del piano rispettivamente da T e da R:

Secondo il principio di Huyghens, il campo elettromagnetico ricevuto in R generato da T può essere considerato come risultante dell'emissione di numerose sorgenti fittizie distribuite sul piano S e, a loro volta, eccitate dal campo proveniente da T.
Ogni sorgente fittizia (identificata in un generico punto Pn) contribuisce al campo in R con un ritardo di fase rispetto al campo generato dalla sorgente fittizia posta in P0; il ritardo sarà nella fattispecie proporzionale alla differenza:

\delta =(r_{1}+r_{2})-(l_{1}+l_{2})\,\,\,\,\,\,\text{(XXV)}

Notiamo che tutti i punti del piano S che stanno sullo stesso cerchio con centro in P0 e passante per Pn, daranno luogo allo stesso ritardo δ. Si intuisce facilmente che possono esistere più cerchi su cui giacciono sorgenti fittizie capaci di determinare il campo in R con contributi in fase reciproci; saranno cioè cerchi che distano radialmente multipli interi di mezza lunghezza d'onda, come illustrato nella seguente figura:

I raggi Rn di tali cerchi avranno la dimensione già discussa nella prima parte, ovvero:

R_{n}=\sqrt{n\lambda \times\frac{l_{1}l_{2}}{l_{1}+l_{2}}}\,\,\,\,\,\,\text{(XXVI)}

Sappiamo che la superficie racchiusa tra il cerchio di raggio n e quello di raggio n-1 costituisce la n-esima zona di Fresnel; ovviamente, il contributo delle varie zone al campo in R è tanto minore quanto più queste sono lontane dal centro P0.
La somma delle distanze da T e da R del punto generico Pn sul contorno della n-esima zona di Fresnel è indipendente da l1 ed l2, ma dipende soltanto dalla lunghezza di tratta e dalla lunghezza d'onda; infatti:

r_{1}+r_{2}=l_{1}+l_{2}+n\frac{\lambda }{2}=L+n\frac{\lambda }{2}\,\,\,\,\,\,\text{(XXVII)}

Per cui il luogo dei punti che soddisfano la (XXVII) è un ellissoide di rivoluzione intorno all'asse TR, avente esattamente T ed R come fuochi. Per la nostra trattazione, ci interessa l'indice n = 1 per il quale si ottiene l'ellissoide corrispondente alla prima zona di Fresnel, il cui semiasse minore raggiunge la massima elongazione RM nella sezione dell'ellissoide equidistante da T e R.
E' evidente come l'ellissoide risulti sempre molto affusolato in proporzione alla lunghezza di tratta; infatti, considerando le dimensioni dei due semiassi si ha:

  • semiasse minore (dalla (XXVI)): R_{M}=\sqrt{\frac{\lambda \left (\frac{L}{2}  \right )^{2}}{L}}=\frac{\sqrt{\lambda L}}{2};
  • semiasse maggiore: \frac{L}{2}+\frac{\lambda }{4}\approx \frac{L}{2}.

Il loro rapporto vale:

\frac{\frac{\sqrt{\lambda L}}{2}}{\frac{L}{2}}\approx \sqrt{\frac{\lambda }{L}}\,\,\,\,\,\,\text{(XXVIII)}

Facciamo un esempio; applichiamo la (XXVIII) ad un ponte radio con tratta di 40 km a frequenza 7500 MHz. Si può calcolare che il raggio massimo della prima zona di Fresnel vale 20 m.
Comprendiamo allora che se l'ellissoide è completamente libero da ostacoli, la propagazione tra le antenne può essere assimilata a quella dello spazio libero; se invece l'ellissoide vien più o meno intercettato da un ostacolo, anche se questo non giunge a intersecare la linea TR, si ha come effetto una perdita non trascurabile di energia, assimilabile ad un incremento di attenuazione di tratta. La previsione della perdita dovuta ad eventuali inevitabili ostacoli risulta assai complessa, data la geometria tutt'altro che semplice degli ostacoli naturali; nel campo specialistico, i metodi di calcolo usati presuppongono una modellazione dell'ostacolo che, a seconda dei casi, viene assimilato ad uno spigolo di spessore trascurabile, oppure ad un ostacolo arrotondato (i software di simulazione odierni sono comunque in grado di realizzare modelli molto accurati).

4.2.2 Attenuazione causata dall'atmosfera

La definizione di visibilità radio si fonda sul presupposto che la propagazione elettromagnetica avvenga lungo la linea ideale che, congiungendo T con R, è assimilabile ad una retta. In realtà, quando il mezzo in cui si propaga l'onda non è ideale e presenta delle non uniformità, ciò non è più vero. Ricordiamo infatti che secondo le leggi dell'ottica, un raggio viene deflesso quando attraversa mezzi con indici di rifrazione diversi; non solo, l'indice di rifrazione dell'aria è a sua volta influenzato da temperatura, pressione atmosferica, pressione parziale del vapor d'acqua ecc. Riprendendo la trattazione fatta nella prima parte, in condizioni normali il valore dell'indice di rifrazione atmosferico diminuisce in modo quasi lineare al variare della quota a partire dal suolo (gradiente costante negativo). Ciò si traduce nel fatto che nella realtà il raggio viene continuamente incurvato verso il basso e non segue invece una traiettoria rettilinea. Essendo:

\varrho =-\frac{n}{\frac{\mathrm{d} n}{\mathrm{d} h}\cos\varphi }\,\,\,\,\,\,\text{(XXIX)}

poiché \cos\varphi \approx 1, si può affermare che in linea di massima il raggio di curvatura è praticamente costante; si è detto che nelle regioni temperate, entro una quota non superiore ai 2000 m, l'indice di rifrazione è riducibile all'unità e il gradiente assume il valore costante di -3,93\cdot 10^{8}. Segue dalla (XXIX) l'espressione del raggio di curvatura pari a:

\varrho =\left | \frac{1}{\frac{\mathrm{d} n}{\mathrm{d} h}} \right |\approx 25000\,\text{km}\,\,\,\,\,\,\text{(XXX)}

che vale circa quattro volte il raggio della terra (6370 km). Per quanto detto nella prima parte, la comparazione tra il raggio deflesso e quello della terra porta alla definizione delle tre diverse condizioni atmosferiche (sub, normale e super-standard).
Nella progettazione della tratta radio, si ricorre comunque all'espediente di considerare rettilinei i fasci radio, attribuendo alla curvatura terrestre un valore equivalente nel quale è compendiato l'effetto della curvatura dei raggi per effetto della rifrazione. In altre parole, il tragitto dei raggi e.m. può venir considerato rettilineo, a patto che si assuma per la curvatura terrestre un raggio detto equivalente Req che deve soddisfare ad alcune condizioni, come si evince dalla seguente schematizzazione:

incurvamento_equivalente.jpg

incurvamento_equivalente.jpg

In particolare deve aversi:

\frac{1}{R_{eq}}=\frac{1}{R_{0}}-\frac{1}{\varrho }\,\,\,\,\,\,\text{(XXXI)}

Si definisce poi indice troposferico k:

k:=\frac{R_{eq}}{R_{0}}=\frac{\varrho }{\varrho -R_{0}}\,\,\,\,\,\,\text{(XXXII)}

pari, in condizioni atmosferiche standard, a:

k_{s}=\frac{\varrho }{\varrho -4R_{0}}=\frac{4}{3}

Possiamo in definitiva dedurre che, in linea di massima, l'orizzonte radio appare più esteso di quello geometrico; teoricamente esso può seguire indefinitamente la curvatura terrestre ma realmente, dato che l'indice troposferico non è mai costante, si hanno effetti parassiti indesiderati come l'effetto condotto già ampiamente analizzato nella prima parte.


5. Visibilità e progetto della tratta radio

Le considerazioni svolte fino ad ora offrono tutti gli elementi utili per progettare la tratta radio. La prima esigenza è la verifica della visibilità tra gli estremi di collegamento. A tal proposito è di grande utilità rilevare il profilo del collegamento, utilizzando carte topografiche a piccola scala (oggigiorno si hanno a disposizione i rilevamenti fotografici mediante satellite o drone). Dopo aver tracciato una retta congiungente le località sedi degli impianti terminali, si rilevano le altezze dei rilievi naturali procedendo lungo tale retta ed utilizzando curve di livello altimetrico (tali operazioni sono ormai effettuabili totalmente su elaboratore elettronico, anche se il principio rimane inalterato). Questi dati vengono quindi riportati su un prospetto come "sezione" del collegamento, spesso modificando le due scale (diminuendo cioè la scala delle distanze ed al contrario esaltando la scala delle altezze), ma sempre tenendo conto della curvatura terrestre e delle condizioni di rifrazione. La curvatura della terra già in collegamenti di alcune decine di chilometri tende ad abbassare l'orizzonte radio in modo sensibile; ad esempio, per una distanza di 50 m, il rilievo Δh frapposto tra le antenne e calcolato sul raggio equivalente di 8500 km, vale circa 73 m; il valore del rilievo è ottenibile, nota la lunghezza L della tratta, dalla relazione:

\Delta h=\frac{L^{2}}{R_{0}}\,\,\,\,\,\,\text{(XXXIII)}

Lo stesso valore è ottenibile dalla seguente tabella, a sua volta costruita sulla precedente formula:

valori_rilievo_terrestre.jpg

valori_rilievo_terrestre.jpg

Avendo applicato al profilo della tratta l'effettiva curvatura del suolo terrestre, ci si troverebbe però ancora di fronte al fenomeno della rifrazione, che tende ad incurvare verso l'alto il raggio elettromagnetico; pertanto si applicano le considerazioni viste nel precedente sottoparagrafo, per cui il profilo "vero" del collegamento riferito ad un raggio elettromagnetico rettilineo, deve tenere conto di una curvatura scalata del coefficiente k. Da ciò consegue che il rilievo effettivo frapposto tra le antenne è dato dalla relazione:

\Delta h^{\prime}=\frac{L^{2}}{kR_{0}}\,\,\,\,\,\,\text{(XXXIV)}

Su tale profilo verranno poi applicate le considerazioni fatte nel sottoparagrafo 4.2.1. Occorre verificare quindi che non sia in alcun modo interferita da ostacoli la prima zona di Fresnel. In pratica, per ciascuno degli ostacoli di maggiore rilievo, si eseguirà il calcolo impiegando la (XXVI), ottenendo così la dimensione del semiasse dell'ellissoide nel punto considerato. Quest'ultimo così calcolato, non deve collidere con l'ostacolo, la cui effettiva altezza va calcolata sulla base del rilievo reale. E' sempre opportuno effettuare anche un sopralluogo visivo nelle località scelte come estremi del collegamento, per rendersi conto dell'eventuale presenza di ostacoli artificiali nelle immediate vicinanze dei sistemi radianti previsti.
Sulla base di queste verifiche, si ricava l'ipotesi di visibilità della tratta. In caso negativo sarà necessario modificare il progetto dell'impianto, ad esempio portando ad altezza maggiore le antenne o scegliendo una differente localizzazione delle stazioni radio o infine, se la zona è montagnosa, ipotizzando l'installazione di un ripetitore passivo.
Definite le caratteristiche topografiche della tratta, si passa a stabilire le caratteristiche elettriche. Innanzitutto, nota la frequenza e la lunghezza del collegamento, se ne può ricavare l'attenuazione teorica in spazio libero usando la relazione (XXII). La potenza di uscita del trasmettitore, ovviamente funzione del tipo di apparato prescelto, è nota a priori; la potenza di segnale che dovrà pervenire al ricevitore dipende invece da diversi importanti fattori dei quali bisogna debitamente tenere conto:

  • non deve superare un determinato valore massimo (stabilito dal costruttore, come Siae Microelettronica o la NEC, fornitori per Telecom Italia), oltre il quale viene a ridursi la linearità degli stadi amplificatori a RF ed a frequenze intermedie (IF) con conseguente aumento della distorsione e peggioramento della qualità di trasmissione;
  • non deve risultare inferiore ad un valore minimo, determinato in funzione della larghezza di banda e dalla figura di rumore del ricevitore; al diminuire di tale valore, il rumore termico cresce rapidamente, inquinando ancora, per un altro verso, la qualità della trasmissione. Rispetto al valore in questione, anche questo calcolabile su dati a disposizione del fornitore del servizio, occorre poi tenere un considerevole margine a protezione da attenuazioni supplementari (stima nelle peggiori condizioni), dovuti a vari fenomeni atmosferici, primo fra tutti il fading.

Il guadagno delle antenne è un fattore rilevante, al fine di recuperare una notevole parte dell'attenuazione di tratta. Spesso questo parametro viene considerato una variabile sui calcoli di tratta, in quanto l'antenna è elemento più facilmente adeguabile alle necessità del progettista. Quando si utilizza un'antenna a superficie, può talora essere comodo per motivi strutturali impiegare antenne piccole, il cui guadagno però è basso; talora, invece, prevale l'esigenza di limitare il massimo grado di dispersione di segnali sui lobi laterali e posteriori (caso di reimpiego di frequenze nello stesso centro radio) e allora sarà necessario usare antenne fortemente direttive (alto guadagno) e capaci di elevate prestazioni elettriche.
Infine occorre tenere presente l'attenuazione dei feeders e di eventuali altri elementi (branching, filtri, isolatori, ecc.) che sono interposti tra trasmettitore e ricevitore.

5.1 Esempio di progetto elettrico di una tratta

Supponiamo che ci venga commissionato il progetto elettrico (dopo la pianificazione topografica a cura del settore ingegneristico civile di infrastruttura) di una tratta che collega due stazioni radio base distanti 25 km.
Gli apparati abbiano le seguenti specifiche:

  • frequenza: 11200 MHz;
  • potenza del trasmettitore: + 27 dBm;
  • sensibilità del ricevitore alla soglia: - 76 dBm;
  • margine per fading: 40 dB;
  • lunghezza feeder in guida d'onda nel sito A: 25 m;
  • lunghezza feeder in guida d'onda nel sito B: 45 m;
  • attenuazione del branching: 0,5 dB.

Le incognite, come possiamo notare dai dati forniti, sono i parametri delle antenne, i cui guadagni dovranno essere valutati.
Per prima cosa, calcoliamo l'attenuazione di tratta in spazio libero (ricordandoci la formula logaritmica esposta nella prima parte al paragrafo 2):

A_{sl}(\text{dB})=92,44\,\text{dB}+20\log\text{L}+20\log f=
=92,44+20\log25+20\log11,2=141,37\,\text{dB}

A tale valore bisogna aggiungere l'attenuazione dei branching di entrambi i siti e quella dei percorsi dei feeder il cui valore per unità di lunghezza è desumibile dalle tabelle del sottoparagrafo 3.4.4; si sceglie ad esempio quello della guida E110 (pari a 0,11 dB/m). Pertanto:

  • attenuazione guida nel sito A: 25\times0,11=2,75\,\text{dB};
  • attenuazione guida nel sito B: 45\times0,11=4,95\,\text{dB};
  • attenuazione branching in A + B: 0,5+0,5=1\,\text{dB};
  • attenuazione dispositivi in guida d'onda: A_{gdo}=8,7\,\text{dB}.

L'attenuazione complessiva risulta pertanto:

A_{tot}=A_{sl}+A_{gdo}=141,37+8,7=150\,\text{dB}

La potenza di segnale minima Pr ammessa sul ricevitore è la somma della sensibilità di soglia e del margine per fading, ovvero:

P_{r}=-76\,\text{dBm}+40\,\text{dB}=-36\,\text{dBm}

da cui, ricordando ancora una volta l'espressione logaritmica illustrata al paragrafo 2 della prima parte, otteniamo:

G_{t}+G_{r}=A_{tot}-P_{t}+P_{r}=150-27-36=87\,\text{dB}

Questo guadagno è ottenibile con un'antenna \varnothing =1,5\,\text{m} (guadagno di 41,9\,\text{dB}) da un lato, e dall'altro con una \varnothing =3\,\text{m} (guadagno di 47,9\,\text{dB}). In tal caso, la potenza di segnale teorico all'ingresso del ricevitore risulterà:

P_{r}=P_{t}-A_{tot}+G_{t}+G_{r}=-33,2\,\text{dBm}

Naturalmente, l'ipotesi impiantistica proposta è solo una tra le molte possibili; si può comunque intuire che l'appropriata scelta dell'antenna consente non solo di compensare l'attenuazione dei feeders e della stessa tratta, ma anche di individuare il diagramma di radiazione più consono al tipo di impianto radio da realizzare.


6. Conclusioni alla seconda parte

Dopo aver analizzato e discusso gli aspetti teorici e pratici relativi ai sistemi radiativi di un ponte radio a microonde (antenna, feeders, ripetitori passivi), le condizioni reali di propagazione delle microonde nello spazio libero e esemplificato qualche aspetto costruttivo e di progetto di una tratta radio, la terza parte sarà volta a fornire una visione generale riguardo alla sistemistica e alla struttura dei ponti radio a microonde, mettendo in particolare rilievo quelle parti a contenuto tecnologico di notevole interesse o comunque applicative degli argomenti fino ad ora discussi, come gli oscillatori installati nei ricetrasmettitori, i tipi di mo-demodulazione impiegati e l'analisi dei ricevitori per l'estrazione corretta dell'informazione trasmessa.


Bibliografia

  1. Formazione specialistica e training on the job presso Telecom Italia S.p.A. (2007 - 2013);
  2. Appunti, dispense e materiale didattico messo a disposizione nel corso di Campi Elettromagnetici tenuto presso la Facoltà di Ingegneria Elettronica dell'Università Degli Studi Di Palermo (2011 - 2012).
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Commenti e note

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di ,

Grazie caro Attilio. Si, come hai fatto a capirlo? Eheheheeh Spero vivamente che sia di tuo gradimento, ho cercato al massimo di ridurre il rigore analitico ed essere il più discorsivo possibile :)

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di ,

Faccio come i gamberi, inizio a complimentarmi per la seconda parte. Di la verita` l'hai scritto nelle lunghe attese in macchina bloccato dai forconi a piazza indipendenza :):) Davvero complimenti, me lo leggero` con calma per vedere se ci capisco qualcosa.

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di ,

Grazie infinite paolo. Sono davvero onorato di ricevere il tuo apprezzamento. Grazie, grazie, grazie :) non trovo altre parole :D

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di ,

Bravo con lode, un corso completo di ponti radio. E fatto in maniera eccellente con figure eleganti e precise e ottime foto. Tante tabelle riassuntive sui vari parametri in gioco. Cosa si puo' volere di più'. Peccato non si senta il rumore del mio applauso.

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di ,

Grazie moltissime Alberto, sono davvero lusingato... Grazie di cuore :)

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di ,

Concordo con Sebastiano. Davvero, è un peccato che si possa votare solo una volta! Quando mi sono reso conto della dimensione dell'articolo, del livello di dettaglio e della passione che trasuda da ogni riga, ho pensato: "Ecco un articolo che mostra quanto è profonda la tana del Bianconiglio" (cit. Matrix). Davvero, se fossi là it dare una pacca sulla spalla e una stretta di mano. Gran bel lavoro, Jordan, complimenti. :-)

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di ,

Caro Sebastiano, ti ringrazio veramente per l'apprezzamento e l'interessamento. Commenti come questo (così come quelli degli altri amici utenti nella prima parte dell'articolo) sono proprio la forza e la motivazione che mi spinge a fare anche le due di notte (nonostante lavoro e studio) per completare, perfezionare e rendere il più chiaro e piacevole possibile quello che voglio condividere con voi :) Grazie ancora.

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di ,

Per la miseria che articolazzo!!! Aspetto la terza parte, per ora voto positivo alla grande e metto nei preferiti come la parte prima. E peccato che si possa votare solo una volta!

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