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Dischi di vinile

Che strano.

Ascoltando la musica rigiro tra le mani le custodie invecchiate dei trentatre giri di vinile che carico sul piatto.
La polvere dei solchi si accumula sulla puntina del braccio che ogni tanto scivola interrompendo l’esecuzione. Devo allora fermare la rotazione, pulire il disco con il panno che non trovo, ricaricarlo sul piatto, sollevare il braccio e soffiare violentemente sulla puntina per eliminare il groviglio di polvere e pelucchi, riappoggiarlo sul disco in rotazione.
Per un po’ il suono è discreto, ma il gracchiare e gli scoppiettii di fondo non scompaiono ed ogni tanto il volume si modifica ed il suono si impasta.

Nell’iPhone, in uno spazio invisibile stanno interi album ed il suono che ricevo con le cuffie è pulitissimo. (almeno per me che non sono un audiofilo). E’ poi facile scegliere l’artista, l’album od il brano, sfiorando con le dita l’alta definizione del piccolo display. Tutto stando comodamente seduto. Lo stesso potrei fare con il computer.

Insomma avrei, anzi ho, una potenza e comodità inimmaginabili pochi anni fa. Un’evoluzione tecnologica incredibile, ha mandato in pensione quella che mi appariva una conquista: il piatto dalla rotazione soffice e silenziosa; l’amplificatore, il lettore/registratore di cassette, il sintonizzatore; tutti contenuti nel mobiletto in cui stanno, anche, nella parte inferiore, i dischi di vinile, con il sottile dorso delle custodie graffiato dai gatti e dalle gatte succedutisi in questa casa.
Ho spostato il mobiletto per far posto, nello studio, al divano vecchio che non volevo buttare via dopo l’acquisto dei due divani nuovi per il salotto.
Ci si stanca delle cose vecchie, ma quando è il momento di buttarle, sembrano implorarti di non farlo. Beh, per queste cose ho un’immaginazione eccessiva, ma non c’è niente da fare: a tanti oggetti la tua vita si è appiccicata e buttarli è farle un torto. Ho anche cambiato qualche anno fa, la credenza in formica con una in legno acquistata a Cerea dai fratelli Toffaletti.
Era da parecchio che volevo farlo. Però quando ho visto la credenza caricata sul camion, quando ho saputo che l’avrebbero portata in discarica, non ho potuto non vedere la tristezza di chi si sente di non servire più, anche se, lo so, quella era solo la mia. Mi rivedevo quando con mamma l’avevamo acquistata dal mobilificio Rossi, più di quarant’anni prima, e ci sembrava molto bella. Mamma non c’è più da tempo, ed ora nemmeno la nostra credenza. Divago, come al solito, ma il fatto è che non siamo solo ciò che siamo in quel momento lì, ma dietro ci sono scie di ricordi che pulsano.
Decido di mettere il mobiletto HiFi al posto della tastiera elettronica regalata a Nicolò, quasi vent’anni fa, ormai.
Non ha più il suo alimentatore e nessuno sa che fine abbia fatto. La imballo nello scatolone del piedestallo del plasma Panasonic da 42 pollici 800x480 px, acquistato al Media World di Ferrara nell’estate del 2005 con la bellezza di duemila euro. A fatica io e Nicolò riuscimmo a caricare lo scatolone nella Punto JTD. Voglio essere preciso fornendo tutte queste informazioni, O.T. si direbbe nel forum. Tanto questa specie di racconti li leggerò solo io. Così almeno questo mi potrà servire quando, ad esempio, mi chiederò: ma che fine ha fatto la tastiera elettronica?

Fatto sta che avendo deciso di tenere il mobiletto HiFi, ho provato se tutto funzionava ancora. Ho collegato le casse, acceso l’amplificatore, ed ho cominciato a mettere sul piatto un disco dopo l’altro.
In questo momento ad esempio c’è Gornie Kramer con la sua fisarmonica. Poi ecco, ora l'album di Vasco Rossi, poi le romanze più famose cantate da Pavarotti. Ed Elvis Presley, l'ellepi con le sue canzoni rock-country dell'esordio. E le canzoncine allegre dell'Indietro Tutta di Arbore, quella sì una perla della TV; ed ecco, ora riscopro i dischi di jazz: Woody Hermann, Louis Armstrong, l'orchestra di Tommy Dorsey, e la quinta di Beethoven, ed i valzer di Strauss, le stagioni di Vivaldi, le ore di Ponchielli...beh non è il caso che ne faccia un elenco ora. Però la tengo come idea per un database Access.

Perché ho iniziato con “che strano” questa specie di racconto? Non solo, ma perché mi sono messo a scriverlo?
Beh, una ragione è che non avevo nulla di meglio da fare (ammesso che esista ciò che posso fare meglio). Ad ogni modo l’impulso è arrivato da una riflessione o sensazione, non saprei distinguere.

L’evolversi rapido della tecnologia elettronica nella riproduzione musicale, ha reso facile muoversi tra autori, brani, immagini, testi riducendo e quasi annullando lo spazio fisico necessario per usufruirne. La scomparsa di lunghe e faticose ricerche sembra però aver diminuito il piacere di guardare ed ascoltare. Se non l’ha diminuito lo ha comunque spostato di livello, facendo perdere o dimenticare quello di un tempo.
C’è una sensazione fisica aggiuntiva nel prendere in mano un album; rigirarlo per estrarne il disco dalla custodia; depositare quest’ultima sulla scrivania; tenere il vinile tra le mani aperte che premono leggermente su punti del bordo diametralmente opposti per evitare l’impronta delle dita sulla fitta spirale lucida e nera delle piste; osservarlo sotto la luce con l’angolatura più adatta per individuare i depositi di polvere; pulirlo con il morbido panno (se si trova) o con un pennellino; depositarlo sul piatto, infilandone il perno nel foro centrale; alzare il braccio con la puntina portandola sopra il bordo da cui inizia la spirale di musica; premere il pulsante che la fa abbassare e, mentre si sente il suo leggero tonfo ed i primi crepitii, allontanarsi quasi con passo felpato per sedersi ed ascoltare.

Ecco sto ripetendo quei gesti che facevo, lo ricordo bene ora, tanto (ma poco...) tempo fa.
Ed ecco i primi fruscii...
poi la riproduzione si inceppa perché il braccio slitta.
Difetti che una volta, forse, mi irritavano, anche se mi impegnavo per calibrare l’apparecchiatura affinché non succedesse di nuovo, come sto facendo ora.
Difetti che ora invece sembrano restituire all’oggetto abbandonato dalla tecnologia, l’umanità delle impronte lasciate dalle nostre storie, che non vorrebbero dissolversi nella frenetica moltiplicazione delle possibilità.
Una frenesia ed una moltiplicazione che appaiono inutili, perché non c’è mai niente di veramente nuovo sotto il sole dell’essenza della nostra vita.

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Commenti e note

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di ,

A me, questi tuoi racconti, Zeno, piacciono sempre moltissimo! E mentre tu dici essere quasi una sorta di promemoria per quando non ricorderai più alcune cose, per me e forse anche per gli altri, sono sempre un modo per svelarci un pò meglio lo Zeno "out of the forum" e personalmente per apprezzarti sempre di più. Ciao.

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di ,

Leggere questo articolo mi ha fatto riafforare vecchi ricordi di oggetti o meglio apparecchi che hanno fatto un'epoca, e non è poco l'aver sottolineato come alcuni semplici gesti per ascoltare un LP di un tempo oggi siano stati sostituiti dalla facile e comoda digitazione di un pulsante, avendo a disposizione una miriade di brani in poco spazio ... bel racconto admin complimenti, ed al prossimo :D

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di ,

Bello, mette un po' nostalgia ;)

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di ,

Sono d'accordo con lei admin. E' il duplice volto della tecnologia e del progresso : da un lato c'è la comodità e la rapidità nell'effettuare determinate azioni, come ad esempio, scegliere una canzone "in tutta velocità" per ascoltarla subito, senza problemi od intoppi di vario tipo, che è un fattore comunque positivo . Dall'altro però, come ha giustamente detto, viene a mancare tutto quell'insieme di azioni che lei ha descritto nel caso dei dischi di vinile, ma che può estendersi a tanti altri aspetti della nostra "vecchia quotidianeità", quella di un tempo, quando c'era un po' meno tecnologia di oggi. Ed è proprio a questo "insieme di azioni" che sono legati tutti i nostri ricordi. Ed è anche per questo che spesso, se non sempre, quando si deve buttare un vecchio oggetto lo si fa sempre a malincuore, come lei ha descritto nel suo racconto, in cui per certi versi mi ritrovo anch'io.

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