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Premessa
Gli strumenti musicali sono un bell'esempio di applicazione dei principi fondamentali della fisica delle onde meccaniche avvenuta fin dall’antichità, quando quei principi non erano noti. La creatività umana è riuscita a produrre oggetti in grado di emettere suoni, fenomeni acustici piuttosto rari in natura, perché essa produce in prevalenza rumori. In molti testi dell’era pre-cristiana si trovano svariate descrizioni di strumenti a fiato, a corda e a percussione; lo strumento musicale più antico in assoluto pare sia un flauto che risale a circa 40.000 anni fa, conservato in un museo di Lubiana, Slovenia.
Tutti gli strumenti musicali sono basati su elementi risonanti, ai quali viene fornita una certa quantità di energia “di eccitazione” per produrre oscillazioni della pressione dell’aria dotate di una certa regolarità anche se complesse, ossia suoni e rumori variamente “colorati”, che potremmo chiamare i “mattoni della musica” e che vanno a stimolare il nostro udito e soprattutto la sua elaborazione cerebrale. Gli aspetti fisici di queste oscillazioni devono sposarsi con la nostra percezione acustica, la cui caratterizzazione ricavata su base statistiche è ben conosciuta.
La sensibilità (nominale) in frequenza si estende come è noto da 20 a 20.000 Hz (nominali).
La sensibilità in pressione comprende un range che va da 20 micropascal (soglia di udibilità, riferimento 0 dB) a 20 pascal (soglia di danneggiamento del nostro apparato uditivo, 120 dB); corrispondentemente in termini di potenza acustica il range va da 10-12 W (0 dB) a 1 W (120 dB). Ricordiamo che con “pressione sonora” si intende il valore efficace delle variazioni di pressione dell’aria rispetto al valore medio, ossia la pressione atmosferica “normale” che è di circa 100.000 pascal (quasi 1 Atmosfera, 194 dB).
La pressione sonora è sempre una piccola parte della pressione atmosferica: 0,2 pascal corrispondono a un suono abbastanza forte (80 dB) e ciò dà conto del fatto che per il suono l’aria si comporti in modo lineare, visto che il clipping ha inizio a 194 dB.
Sensibilità frequenziale e pressoria dell’orecchio umano sono entrambe di tipo logaritmico.
La musica utilizza per gran parte il campo della percezione, benché non in modo uniforme: le fondamentali delle note vanno da 27,5 Hz a 4186 Hz. In realtà le frequenze inferiori a 60 – 70 Hz e quelle superiori a 4000 diventano man mano sempre meno individuabili; le seconde sono prodotte come “armonici” (n volte la fondamentale) il cui ruolo è basilare. Oltre a caratterizzare il timbro (quel carattere per il quale distinguiamo il suono di un violino da quello di una chitarra, a parità di nota), consentono al cervello di ricostruire la fondamentale delle note basse anche senza percepirla; in tal modo noi “riconosciamo” le note basse anche se emesse da un altoparlante che non è in grado di riprodurle.
Classificazione degli strumenti musicali secondo il modo di produzione dell’energia sonora
Uno dei criteri usati per classificare gli strumenti musicali è la tipologia di generatore di suono su cui si basano. Per i “cordofoni” il generatore è costituito da corde tese. Negli “aerofoni” è l’aria ad essere messa in vibrazione all’interno di un tubo o altra cavità. Gli strumenti a percussione si dividono in “membranofoni” (tamburi, timpani, …) e “idiofoni”, secondo che a vibrare sia una membrana o un altro oggetto. Gli “elettrofoni” infine sono gli strumenti che usano l’energia elettrica per generare suoni o per amplificarli; in questo secondo caso sono di tipo misto, come la chitarra elettrica.
Molti strumenti vengono realizzati in più versioni secondo l’estensione sonora dal grave all’acuto, indicata spesso con le denominazioni vocali classiche: basso, baritono, tenore, contralto, mezzosoprano, soprano.
Poiché è impossibile elencare tutti gli strumenti musicali esistenti o esistiti in tutto il mondo, mi limito a riportare una lista, forse incompleta, di quelli principali oggi in uso in occidente.
- Strumenti a corda (cordofoni)
- A corde pizzicate
- Arpa
- Cimbalon
- A corde sfregate
- Violino
- A corde pizzicate
- Strumenti a fiato
- Flauto (f. dolce, f. traverso, f. di Pan, ocarina, ottavino)
- OTTONI:
- Tromba
- Trombone (a pistoni, a coulisse)
- Tuba
- Corno da caccia
- ALTRI:
- Organo (canne labiali)
- Voce umana
- Ad ancia singola
- LEGNI con ancia battente :
- Fisarmonica
- Bandoneon
- Armonica a bocca
- Harmonium
- LEGNI con ancia battente :
- Ad ancia doppia
- LEGNI:
- Tamburello basco
- Timpani
- Grancassa senza membrana (idiofoni)
- Woodblock
- LEGNI:
- Elettronici:
- Sintetizzatore
- Tereminofono
- Computer con software musicale
- Ausilio elettrico/elettronico
- Chitarra elettrica
Costituzione degli strumenti musicali ed energia
Uno strumento musicale (meccanico) è un dispositivo basato sulla capacità di un sistema meccanico di trasformare una certa quantità di energia, ricevuta dall’esterno, in energia oscillante e di irradiarne una parte nell’ambiente circostante sotto forma di variazioni oscillatorie della pressione atmosferica; esse raggiungono l’orecchio e danno luogo alla percezione sonora. Per capire come funziona uno strumento musicale in termini energetici è bene quindi distinguerne i componenti fondamentali: il generatore di vibrazioni, l’eccitatore e l’adattatore energetico.
Generatori di vibrazioni
Il generatore di vibrazioni può essere un corpo vibrante o una cavità risonante, per esempio un tubo.
I corpi vibranti devono questa proprietà, la capacità di vibrare, all’elasticità di cui sono dotati che, insieme alla loro massa, forma un sistema oscillante “passivo” del tipo massa-molla. Ciò significa che il sistema produrrà oscillazioni solo se viene “eccitato” da un’energia esterna che si somma a quella potenziale dovuta all’elasticità. Se la forza esterna oscilla a frequenza pari alla propria frequenza naturale (detta appunto “di risonanza”), il sistema si mette anch’esso a oscillare “per simpatia”. Se la sollecitazione è una forza impulsiva, il risultato è simile, perché l’impulso ha uno spettro che teoricamente contiene tutte le frequenze. Corde tese, membrane di pelle tese, barre/tubi di legno e di metallo, vasi/barre di cristallo, lamelle metalliche ancorate, linguette di canna (ance) e altro che la fantasia è riuscita a trovare costituiscono corpi in grado di vibrare a frequenze sonore.
I generatori di vibrazioni sono in prima approssimazione assimilabili a sistemi lineari tempo invarianti; anche non può dare conto di aspetti molto importanti per la musica, come la qualità del suono, questa approssimazione si rivela un ottimo punto di partenza.
Nei sistemi lineari tempo invarianti un parametro utile da considerare è il “Q”, che sta per Quality factor. È un parametro adimensionato legato alla riposta impulsiva, supposta sinusoidale smorzata: più il Q è grande più a lungo dura l’oscillazione alla frequenza propria. Il suo significato fisico si riconduce al rapporto tra energia reattiva e dissipativa per ogni radiante o, in modo equivalente, a 2π volte il rapporto tra energia totale e energia dissipata in un ciclo. Alternativamente, il Q è anche il numero di cicli necessari a ridurre l’ampiezza dell’oscillazione a 1/23 (che è circa la radice quadrata di e2π del valore iniziale. Se è abbastanza alto, il Q vale (circa) 2π
volte il numero di cicli necessari all’ampiezza di un’oscillazione per decadere al valore iniziale moltiplicato per …
Se il sistema è smorzato, perché l’energia dissipata prevale sull’energia reattiva (quella che si alterna tra potenziale e cinetica). Un Q grande indica che il sistema è a bassa perdita: se viene sollecitato con un impulso può oscillare per un tempo lungo, prevalendo la componente reattiva. Questa è la condizione che permette di sfruttare un’eccitazione impulsiva per alcuni strumenti musicali. Se è abbastanza grande, dove Fr è la frequenza di risonanza e B è la banda a − 3dB; da cui si vede che maggiore è Q, maggiore è la “selettività” e, per un oscillatore, maggiori sono la precisione e la stabilità della frequenza.
Il Q di un risonatore ad aria non supera 200. In una corda di violino sale verso qualche centinaio e in un diapason a circa 1.000, come in una corda di pianoforte; tra i valori massimi conosciuti c’è quello dell’oscillatore al cesio, che raggiunge 1011.
Un Q basso indica che il sistema può generare solo oscillazioni molto smorzate e che va quindi alimentato in modo continuo se si vuole che le oscillazioni persistano più a lungo. Un Q molto alto significa che l’energia è per massima parte reattiva, ciò che renderebbe uno strumento musicale poco utilizzabile, perché l’emissione di suono all’esterno sarebbe minima: infatti l’irradiazione di energia sonora nell’ambiente implica che questa energia venga sottratta al generatore di vibrazioni.
Ogni strumento musicale deve quindi trovare la sua soluzione di compromesso tra energia reattiva, che serve per generare il suono, e energia dissipativa, che serve a propagarlo. A questo fondamentale bilanciamento energetico partecipano le caratteristiche costruttive, il modo di fornire energia dall’esterno, ossia di suonare, e il tipo di ambiente in cui si suona. Infatti non tutti gli strumenti sono adatti a essere suonati in qualsiasi ambiente: alcuni di essi hanno un suono troppo debole per grandi ambienti e altri, viceversa, producono un suono mediamente troppo intenso per ambienti piccoli. Naturalmente gli elettrofoni non soffrono di questo problema e l’amplificazione elettronica è in grado di rimediare a questo inconveniente anche per gli altri strumenti, anche se a scapito della qualità del suono. Nonostante l’alto livello tecnologico raggiunto dagli impianti audio, l’esperienza del suono “naturale” è sempre diversa da quella del suono amplificato.
Eccitatori e abilitatori
L’eccitatore è il dispositivo che trasferisce l’energia esterna al generatore di vibrazioni.
L’abilitatore di uno strumento musicale è il dispositivo che si interpone tra il corpo del suonatore e l’eccitatore; un esempio è il tasto di un pianoforte o di una tastiera elettronica. Può anche essere del tutto assente, nel senso che coincide con l’eccitatore, come nel caso delle dita che pizzicano le corde di una chitarra. L’abilitatore è comandato in generale dalle mani, a cui si aggiungono i piedi nell’organo a canne (che dispone di una pedaliera fatta in modo simile alla tastiera manuale, con i tasti molto più grandi utilizzabili dalla punta e dal tacco). I piedi vengono usati anche nella batteria e hanno un ruolo limitato benché importante anche in altri strumenti come il clavicembalo, il pianoforte e l’arpa moderna. Negli strumenti a fiato l’abilitatore è combinato tra mani e bocca, con prevalenza di quest’ultima negli ottoni. Le mani vengono impiegate per chiudere e aprire fori o per inserire parti supplementari di tubo; altri strumenti usano anche altre parti del corpo (ginocchia, gomiti, …).
L’eccitatore può essere impulsivo o continuo, secondo il tipo di generatore di vibrazioni a cui è annesso.
L’eccitazione impulsiva di una corda avviene con il pizzico oppure con la percussione. Vengono usati principalmente:
- dita
- arpa, chitarra, strumenti ad arco,
- plettri singoli tenuti tra le dita
- chitarra, liuto, mandolino, spinetta, banjo, …
- plettri multipli comandati da tastiera
- clavicembalo
- lamelle metalliche
- clavicordo
- martelletti manuali
- cimbalom
- martelletti comandati da tastiera
- pianoforte
- oggetti vari (piccole mazze, bacchette, spazzole, etc.)
- strumenti a percussione
- strumenti a percussione
L’eccitazione continua è comune negli strumenti ad aria e in quelli ad arco. In questi ultimi l’eccitatore è appunto l’archetto, che agisce tramite sfregamento sulle corde ma fa anche da smorzatore abbassandone notevolmente il Q. L’uso dell’archetto non è facile, dovendo gestire pressione, inclinazione e velocità di sfregamento in un giusto equilibrio, senza il quale non è possibile produrre un suono accettabile. Negli strumenti ad aria l’eccitatore è l’aria stessa che viene soffiata a pressione o in un’ancia o direttamente nel tubo.
Nei “legni” di tipo “labiale” (vari flauti dolci, ocarine, canne d’organo labiali) l’aria soffiata nell’imboccatura crea una turbolenza (effetto Bernoulli) dovuta alle variazioni di pressione che si formano nell’apertura posta subito accanto all’imboccatura, grazie a un piccolo cuneo di basso spessore detto “labium” (“labbro” in latino) che delimita un lato dell’apertura; a sua volta la turbolenza eccita i modi di vibrazione dell’aria contenuta nel tubo. Nel flauto traverso il labium è assente e la turbolenza viene creata direttamente dall’impatto dell’aria soffiata trasversalmente in una estremità del tubo.
Nei “legni” ad ancia battente, quali clarinetti, fagotti, oboi, etc. l’aria soffiata mette in vibrazione un’ancia, fatta di una o due linguette di canna di bambù poste nell’imboccatura: “battente” perché la linguetta posta parallela ma vicinissima al canale dell’imboccatura (ancia singola) sono oppure giustapposta a un’altra linguetta (ancia doppia). La risonanza propria dell’ancia viene smorzata dalle labbra del suonatore, che, immettendo aria a pressione, la costringe ad oscillazioni forzate sulle frequenze di risonanza del tubo, nel quale si formano onde stazionarie di una certa potenza, legata al volume interno del tubo. L’ancia battente è un elemento molto critico: si altera dopo un uso che può andare da qualche giorno a dei mesi.
Negli ottoni le labbra umane costituiscono l’ancia, ossia il corpo vibrante; il suonatore appoggia le labbra sul bocchino e soffiando aria le fa vibrare; anch’esse vengono condizionate dalle frequenze di risonanza del tubo.
L’organo a canne è dotato spesso anche canne con ance “libere”, che risuonano alle frequenze delle note; la canna posta sopra l’ancia ha solo una funzione solo di adattamento energetico, con qualche influenza sul timbro. Ance libere sono usate anche da fisarmonica, bandoneon, armonica a bocca e altri strumenti. Esse vengono eccitate da un flusso d’aria a pressione generata dal mantice.
Un problema delle canne labiali dell’organo è il transiente d’attacco: la turbolenza di eccitazione deve essere ben convogliata (tramite accorgimenti costruttivi vari) perché altrimenti si verifica un ritardo notevole nell’attacco del suono, ritardo che invece va contenuto il più possibile per non mettere in difficoltà l’esecutore.
Riassumendo: ance battenti, ance libere e labbra risuonano rispettivamente a frequenze più alte, uguali, più basse delle fondamentali delle note che devono emettere: nel primo e nel terzo caso la frequenza fondamentale della nota viene determinata dall’interazione con il tubo risonante.
Gli strumenti a percussione, oltre all’eccitazione impulsiva (tramite le mani nude o con o mazze, bacchette, etc.) si avvalgono anche di quella continua, come quando si fa il “rullato” o lo sfregamento delle spazzole nel tamburo.
Esistono quindi varie modalità di eccitazione, che tra l’altro influiscono sul timbro del suono, oltre che sulla durata e intensità. Il timbro, carattere per il quale si distingue un violino da un flauto o da una tromba, è legato alla presenza di armonici nello spettro e alla loro distribuzione: nel punto in cui la corda (o la membrana o la barra) viene eccitata l’onda avrà un ventre, ossia uno spostamento massimo; di conseguenza mancano gli armonici che in quel punto avrebbero un nodo. I suonatori lo sanno e infatti scelgono il punto in cui eccitare la corda in funzione della variazione di timbro che vogliono ottenere. Suonando più vicino all’estremità si dà spazio a un numero maggiore di armonici medio alti e il suono risulta più incisivo, chiaro, ma meno corposo. Suonando più lontano dalle estremità si ha un suono più forte ma meno definito. Il giusto compromesso, almeno nel pianoforte, si trova tra 1/7 e 1/9 della lunghezza “attiva” della corda, quella tra il ponticello e l’altra estremità.
Un altro fattore assai importante è il transiente d’attacco, che è un costituente molto importante del suono e che l’esecutore può in una certa misura variare. Non tutti gli strumenti lo consentono: nell’organo ad esempio i tasti sono semplici “abilitatori”, interruttori (meccanici o elettrici) on-off del flusso d’aria a pressione.
Adattatore energetico
Per fare in modo che l’energia acustica sviluppata da uno strumento musicale venga trasferita (irradiata) il più possibile all’aria circostante e possa così raggiungere gli ascoltatori, ogni strumento musicale è dotato di un adattatore energetico o “adattatore di impedenza” interposto tra corpo vibrante e ambiente. La situazione è analoga a quando si trasmettono segnali elettrici: per realizzare efficienti variazioni del campo elettromagnetico con conseguente loro propagazione è necessaria un’antenna, che non è altro che un adattatore energetico tra apparato elettrico e spazio libero. L’impedenza acustica di un corpo, in analogia con quella elettrica, è definita come rapporto tra pressione e velocità locale delle molecole. Abbiamo già detto che solo una parte dell’energia viene irradiata, perché l’altra parte di essa deve tenere in vita le onde stazionarie create dal generatore di vibrazioni. L’adattatore svolge un ruolo fondamentale, ma anch’esso dissipa in calore una parte dell’energia sonora (un’altra parte viene dissipata dal corpo vibrante stesso). Ne consegue un’efficienza degli strumenti musicali in generale piuttosto bassa, tipicamente intorno a 1%, salvo che per gli ottoni e il sax, dove sale oltre al 10%. Del resto anche le casse acustiche “buone” hanno un’efficienza intorno a 1 – 2 % (se si vogliono evitare dimensioni fuori dalla portata della maggior parte delle situazioni). Gli strumenti musicali non sono i soli elementi del mondo audio a consumare molto e rendere poco! E’ bene tenere presente che quando l’eccitazione è impulsiva, tutta l’energia disponibile per il suono è contenuta in questo impulso. Occorre quindi attuare una “giusta” situazione di compromesso tra durata del suono e intensità ottenibile, due elementi tra loro contrastanti. Negli strumenti a corda l’adattatore energetico è costituito da due parti. Una è l’interfaccia esterna, che corrisponde a un’antenna trasmittente, l’altra fa da tramite tra il corpo vibrante e l’interfaccia esterna. Quest’ultima, vera “antenna” acustica, è costituita dalla “tavola armonica”, una tavola di abete debitamente stagionato, rinforzata con listelli di legno detti “catene” e posta nelle vicinanze delle corde; in genere si trova subito sotto di esse, come nel pianoforte e negli strumenti a plettro, mentre nell’arpa è posta alla base delle corde ed è ad esse perpendicolare. Grazie alla sua ampia superficie è in grado di spostare grandi quantità di aria e quindi di irradiare il suono in modo efficiente. La tavola armonica è collegata alle corde tramite il “ponticello”, una sorta di lama o di anello che da una parte sostiene la corda tesa vicino a un’estremità, offrendole una piccola superficie d’appoggio, dall’altra preme sulla tavola armonica con una superficie di contatto un po’ maggiore, trasmettendovi le vibrazioni della corda. Esso è un adattatore di impedenza tra quella bassa della corda e quella alta della tavola. Nel pianoforte l’adattamento di impedenza non è ottimale in senso energetico, perché questo farebbe ridurre troppo la durata del suono. Il ponticello degli strumenti ad arco ha anche la funzione di tenere sollevate le corde rispetto alla tavola armonica in modo da permettere un’agevole azione dell’archetto nel suonare; la traforatura decorativa della lama di legno non ha solo un fine estetico ma partecipa dell’adattamento di impedenza alle varie frequenze. La tavola armonica è sostenuta da un involucro insieme al quale costituisce la “cassa armonica”, che non è completamente chiusa ma presenta delle aperture “in vista”. Gli strumenti ad arco ne hanno due tipiche a forma di “f”; quelli a plettro hanno un foro circolare; il pianoforte a coda moderno ha una cassa armonica ricavata nel telaio metallico solo per le note alte, con vari fori rotondi, per compensare in parte la perdita di efficienza della tavola armonica a quelle frequenze. La cassa armonica presenta sempre vari picchi di risonanza con i quali contribuisce in modo sostanziale alla qualità del suono e in una certa misura anche a una amplificazione passiva, dovuta all’eccitazione dei modi risonanti della cassa; essi sono originati sia al legno (o altro materiale di cui è fatta la cassa) sia all’accoppiamento aria interna – fori, che costituiscono approssimativamente un risonatore di Helmholtz. Questo risonatore tridimensionale ha la particolarità che la sua frequenza di risonanza è sorprendentemente bassa in confronto a risonatori in cui prevale la lunghezza sulle altre due dimensioni. Si tratta infatti di una parte dello strumento molto critica che mette alla prova la maestria del costruttore, specialmente quando è in legno: tipo di legno, forma, lavorazione, tipi di colla, stagionatura e collegamenti con le altre parti dello strumento sono fattori determinanti. Noi “elettrici” possiamo incidentalmente notare come la tavola armonica degli strumenti ad arco e della chitarra abbia, non casualmente, una forma simile al diagramma di radiazione di un dipolo. Negli strumenti a fiato la cassa armonica è il tubo stesso; il metallo impiegato nella costruzione pone le sue sfide e l’oro utilizzato in certi flauti ne è testimonianza. Gli ottoni basano l’efficienza sonora su un ottimo adattamento di impedenza ottenuto tramite la campana svasata posta all’estremità della canna; l’impedenza (rapporto tra pressione sonora e velocità locale delle molecole di aria) piuttosto alta all’interno della canna (a causa della pressione elevata) si abbassa verso quella dell’aria. I legni invece non hanno la stessa possibilità di adattamento perché la maggior parte dell’irradiazione avviene attraverso i fori e quindi la campana svasata ha una funzione limitata.
La seconda parte dell'articolo comprenderà i seguenti paragrafi: - Efficienza nell’emissione del suono - Produzione del suono e delle note musicali - Strumenti elettronici - Dimensionalità - Estensione degli strumenti secondo le frequenze fondamentali (le note musicali)