Indice |
Premessa
Un commento a un mio articolo precedente manifestava interesse verso la radiazione acustica effettuata da quella parte dello strumento a corde detta tavola armonica.
Si tratta di un argomento assai complesso, come complessa è l’acustica, e, ancora di più, la dinamica dei fluidi: se non si fanno assunzioni semplificative, infatti, le equazioni necessarie diventano così complesse da essere ingestibili anche dai supercomputer.
Girando su Internet ho trovato un interessante blog di un professore americano, il Dr. James B. Calvert, Associate Professor Emeritus of Engineering, University of Denver Registered Professional Engineer, State of Colorado, raggiungibile in http://mysite.du.edu/~jcalvert/ che comprende una quantità impressionante di argomenti.
Ho pensato allora di tradurre la parte della radiazione acustica, facendola precedere da una (sua) parte descrittiva delle onde. Ho anche liberamente inserito la numerazione delle espressioni; qua e là ho aggiunto delle precisazioni e tolto qualche frase, considerando che lo stile del professore è alcune volte un po’ sbrigativo, altre volte generosamente votato al dettaglio; le mie aggiunte più sostanziose sono riportate tra [ ].
Dedurre da tutto questo la radiazione di una tavola armonica non è certamente immediato, ma può costituire una buona base per chi ha pazienza di approfondire un po’. Certo, ci sono molte formule che, per qualcuno, risulteranno un po’ ostiche. Ci si può forse consolare pensando che una trattazione dell’acustica approfondita porta con sé una miriade di formule assai più complicate di quelle che sono riportate qui.
In quello che segue da qui in poi, messo tra virgolette, ho cercato di tradurre il testo nel modo più fedele possibile e ho cercato di rendere più chiara la simbologia impiegata, introducendo una numerazione delle espressioni.
Sulle onde sonore
"La descrizione del movimento delle particelle di fluido (ad es. l’aria) fatta a partire dal loro spostamento ξ in funzione del tempo e della loro posizione iniziale può essere molto utile nei problemi unidimensionali. Ma più utile ai nostri scopi è parlare di velocità, invece che di spostamento, tramite appunto il vettore velocità , che rappresenta un campo vettoriale. Grandezze legate ad esso sono la densità e la compressione, campi scalari, rispettivamente
e
.
La densità ρ [che è massa / volume] varia con la temperatura e per l’aria con l’altitudine; nell’aria è tipicamente a
e al livello del mare.
La compressione s è la variazione relativa della densità ρ e quindi
s = Δρ / ρ.
La pressione atmosferica a 0°C, a livello del mare, ha valor medio .
Si ottiene da ρ0 e p0 la velocità di propagazione in un gas dove γ = calore specifico a press. cost / calore specifico a vol. cost = 1,41 circa per l’aria. L’espressione riportata di c si ottiene considerando l’aria un gas ideale e costruendo l’equazione d’onda [che qui non viene trattata, ma per chi è interessato c’è in merito un articolo di Admin] sulla base della legge di Boyle per i gas ideali (PV)γ = costante. Sostituendo i valori si ottiene
.
- [Un’altra assunzione che viene fatta è che le trasformazioni in acustica si possono considerare sempre adiabatiche]
Ci concentriamo adesso sull’
onda piana monodimensionale
per cui, supponendo lo spostamento ξ delle particelle di aria sinusoidale sia nel tempo che nello spazio, si scrive:

dove A è lo spostamento massimo, ω la velocità angolare con
ω = 2πf = 2π / T (f frequenza, T periodo),
k = 2π / λ è il “numero d’onda” o “frequenza angolare spaziale”, dove λ è la lunghezza d'onda [m].
La (1), che è una soluzione della famosa equazione delle onde, rappresenta un’onda piana unidimensionale che si sposta sia nel tempo t che nello spazio lungo l’asse x: è quindi una funzione nelle due variabili t e x .
Come è noto si tratta di onde longitudinali, in cui lo spostamento avviene nella stessa direzione della propagazione. L’uso dell’esponenziale immaginario semplifica (paradossalmente) i calcoli.
La velocità delle particelle
di aria (o velocità locale) u è la derivata dξ / dt e non è da confondere con la velocità di propagazione, o “velocità di fase”, c:

Queste “particelle di aria” non sono le molecole di aria, ma sono porzioni di aria molto piccole, tali che si possa applicare ad esse il calcolo differenziale.
La compressione
è definita come la variazione di spostamento delle particelle riferita all’asse x, ossia la derivata − dξ / dx, che va presa con il segno negativo perché quando lo spostamento aumenta la compressione diminuisce (e viceversa):

- [Notiamo che la compressione s è il corrispettivo di u, nel senso che la velocità u è lo spostamento delle particelle riferito a un periodo T, mentre s è lo spostamento delle particelle riferito a una lunghezza d’onda λ; il tutto a meno della costante 2π. Sia la compressione che la velocità sono sfasate di 90° in anticipo, rispetto allo spostamento.]
La compressione indica la variazione relativa della densità dell’aria in presenza di un’onda sonora, che, ricordiamolo, è una variazione periodica di pressione dell’aria; ma occorre tenere in conto il γ definito sopra, da cui:

Infatti p è il valore della pressione sonora, calcolato sulla differenza tra pressione atmosferica istantanea e pressione atmosferica media p0; quest’ultima viene presa come “livello zero”. In altre parole p è il valore della variazione di pressione atmosferica: ptot = p0 + p = p0(1 + γs).
Dalla (3) si trova la relazione tra pressione e spostamento:

[da cui si vede come lo spostamento è sfasato di 90° in ritardo sulla pressione, come del resto è intuibile e come evidenzia la moltiplicazione per j.Per spiegarlo in modo qualitativo, pensiamo a una superficie piana rigida che da un certo istante in poi si muove in direzione perpendicolare a se stessa: in tal modo esercita una pressione sullo strato di particelle di aria che confinano con essa, provocandone lo spostamento nella stessa direzione. Questo primo strato molto sottile muovendosi provoca lo spostamento dello strato successivo e così via; lo spostamento delle particelle è causato dalle loro collisioni, che sono sì casuali, ma che nell’insieme costituiscono un flusso di energia “ordinato”. Si immagina facilmente che, essendo l’aria comprimibile ed elastica, lo spostamento di uno strato non può avvenire allo stesso istante dello strato che lo precede, ma avverrà con un certo ritardo. Se poi la superficie rigida, arrivata a un certo punto, torna indietro, accade che al posto dell’aumento di pressione si crea una sua diminuzione che, nell’aria, è una rarefazione. Se la superficie rigida si muove avanti e indietro con legge sinusoidale, così faranno anche gli strati di aria da essa interessati, ma con un certo ritardo, perché le collisioni tra particelle richiedono tempo per propagarsie quindi la velocità di propagazione dell’energia è finita. Se, in luogo dell’aria, quella stessa superficie rigida “spinge” una sbarra di metallo che a un’estremità è stata incollata su di essa, le molecole del metallo a contatto con la superficie spingente trasmettono immediatamente il movimento alle molecole di metallo che compongono l’altra estremità della barra, come se la velocità di propagazione all’interno della barra fosse infinita (ovviamente non lo è ma è certamente grandissima) visto che la barra, in senso longitudinale, è rigida. Se invece immaginiamo quella superficie rigida che spinge una sorta di “catena” composta da una successione di molle e di masse attaccate alternativamente l’una all’altra, ogni massa riceverà l’energia dopo un certo tempo a causa dell’elasticità delle molle: una situazione simile a quella di quando viene messa in movimento l’aria.]
La velocità di propagazione
Quando le compressioni e le rarefazioni si susseguono con legge sinusoidale siamo in presenza di un’onda di energia (meccanica) che si propaga. La velocità di propagazione c è il rapporto tra la lunghezza d’onda e il tempo impiegato dall’onda a “percorrerla” :

Dividendo la (2) per la (3) e utilizzando la (6):

Si trova così il legame tra velocità delle particelle e velocità di propagazione u = cs ossia la velocità delle particelle è una frazione s della velocità c. Nelle condizioni di semplificazione sopra dette, ma che si rivelano adeguate alle situazioni acustiche “normali”, le particelle di aria si muovono di moto oscillatorio intorno a una posizione che rimane fissa nel tempo; la materia, cioè, nell’insieme non si muove mentre l’energia sì. La velocità di propagazione c è la velocità con cui si muove l’energia nello spazio. Dalle (4) e (7) si ha

dove Z0 = p / u = γp0 / c è detta impedenza acustica specifica.
[Si tratta di un’impedenza meccanica che dà la misura della resistenza di un fluido, sottoposto a pressione, ad assumere una certa velocità, che è poi la velocità delle particelle, nel nostro caso di aria libera. All’interno di un tubo, invece, come la canna di un organo o di un clarinetto, le onde sbattono contro le pareti della canna, che è di materiale rigido, la cui impedenza è molto più alta di quella dell’aria, quindi sono costrette a riflettersi e a creare onde stazionarie, ossia il suono. Senza disadattamento di impedenza il suono non esisterebbe! Ma poi le onde, una volta generate, hanno bisogno di impedenza costante per propagarsi …
Riprendiamo l’osservazione su compressione (e di conseguenza pressione sonora) e velocità locale che hanno entrambe la struttura di “variazione” dello spostamento (funzionalmente la derivata parziale), la prima rispetto allo spazio, l’altra rispetto al tempo: formalmente con la (8) si presenta l’analogia con differenza di potenziale e corrente, o meglio con campo elettrico e campo magnetico
]
Il rapporto Z tra pressione e velocità locale p / u viene chiamato “impedenza acustica specifica” o “impedenza acustica caratteristica” e si misura in rayl
- [N s / m3 nel Sistema Internazionale].
[Si trova anche un’altra espressione per questa impedenza: in aria libera, a partire dall’espressione
, si ha:

che è l’impedenza acustica specifica tipica del mezzo di propagazione e che vale in aria circa
- [In acqua
, visto che
e ρ0,acqua = 103kg / m3 ]
- [L’impedenza acustica specifica
è in generale un numero complesso
; ZR descrive la frazione di energia trasmessa in forma “dissipabile” ; Zi descrive la frazione di energia accumulata in forma “reattiva” (forze elastiche).
- Nel caso delle onde piane è sempre
mentre nel caso delle onde sferiche, indicando con r il loro raggio, si ha
- = Z0[(kr)2 / (1 + (kr)2 + jkr / (1 + (kr)2] ; quindi
- ZR = Z0(kr)2 / (1 + (kr)2;Zi = Z0kr / (1 + (kr)2;
- sfasamento Φ = arctan(Zi / ZR) = 1 / (kr) .
- Come si vede, quando la distanza r aumenta, e diventa
, ZR tende a Z0 mentre Zi e Φ tendono a 0, ossia l’onda da sferica diventa piana.
- Esiste anche l’impedenza acustica dell’onda riferita al volume ZA = p / (uV) dove V è un volume unitario; si misura in Ohm acustici = N s / m5 ]
- [Da quanto detto si può ricavare anche l’intensità sonora I, definita come rapporto tra potenza e superficie investita dall’onda, misurata in W / m2. In termini di grandezze fisiche si può scrivere:
- Intensità = Potenza / Area =(Energia/Tempo) / Area) = (Forza x Spostamento)/(Area x Tempo)=
- = (Forza/Area)x(Spostamento/tempo) e quindi ]

- e per la (9)

- [L’intensità è messa dualmente in relazione sia con la pressione sonora sia con la velocità delle particelle, attraverso l’impedenza.
- Si può richiamare il fatto che l’impedenza del mezzo gioca un ruolo fondamentale: le oscillazioni (e quindi i suoni) si basano su discontinuità di impedenza tra un mezzo e un altro, mentre la propagazione si basa sulla continuità dell’impedenza. E’ questa una considerazione basilare, di quelle che però tendono a rimanere implicite e quasi mai commentate, un po’ date per scontate dai fisici e un po’ non viste o non pensate da noi comuni mortali; essa non vale solo in acustica, naturalmente, ma dovunque ci siano in ballo onde. ]
L'ipotesi che viene fatta è che e
, ossia che la pressione sonora sia molto minore di quella atmosferica (quindi la compressione
) e che la velocità delle particelle sia molto minore della velocità di propagazione.
Un esempio
Per avere un’idea pratica di quanto detto, consideriamo un altoparlante di 15 cm di diametro che irradia una potenza acustica a
ossia una potenza 100 volte maggiore della soglia del dolore
; una situazione acusticamente estrema. Ie = P / A
dove A = π(0,15 / 2)2 quindi ; poiché P si suppone in valore efficace, anche I lo è equindi per tornare ai valori di picco occorre moltiplicare per 2 quando si trae u dalla (11):
(valore di picco) ossia poco più di 1/100 della velocità di propagazione c, come avevamo supposto. La compressione è il rapporto tra velocità delle particelle e velocità di propagazione ossia s = u / c = 5,2 / 340 = 0,01 che è molto minore dell’unità. La pressione sonora è
, anche questa piccola rispetto alla pressione atmosferica
. Non abbiamo usato ancora la frequenza, che ci serve per determinare lo spostamento locale delle particelle di aria. A
mentre
; lo spostamento
, una frazione molto piccola della lunghezza d’onda. [Calvert riporta in questo esempio valori un po’ diversi (non nell’ordine di grandezza), che nei calcoli fatti da me non sono riuscito a ritrovare: se qualcuno ci riesce, naturalmente è il benvenuto!]
- [A questo punto forse è utile un piccolo
quadro riassuntivo delle formule:
grandezza fisica | espressione | unità di misura |
---|---|---|
Spostamento delle particelle d'aria | ξ = Aej(ωt − kx) | m
|
Velocità delle particelle di aria | u = jωξ | m / s
|
Compressione | s = jkξ | |
Pressione sonora | p = jγp0kξ = γp0s = (γp0 / c) p = Zu | pascal (Pa)
|
Numero d’onda o frequenza angolare spaziale | k = 2π / λ | m − 1
|
Velocità di propagazione (o di fase) | c = λ / T = λf = λω / 2π = ω / k = u / s | m / s
|
Impedenza acustica specifica | Z0 = ρ0c | rayl = N s / m3
|
Intensità Sonora | I = pu = Zu2 = p2 / Z | W / m2
|
- Guardando l’ultima espressione è facile intuire le analogie con la legge di Ohm del caso elettrico:
- Potenza =Tensione x Corrente, I
potenza, p
tensione, u
corrente.
- Queste analogie vengono impiegate anche per studiare i problemi pratici.]
Sorgenti e radiazione
Nello studio delle onde, la propagazione non è tutto. L’energia trasportata dalle onde, che noi possiamo utilizzare estraendola, deve avere una qualche sorgente. Quando una tale sorgente è localizzata in un volume grande, l’energia, almeno per distanze grandi rispetto alle dimensioni della sorgente, si propaga lungo linee radiali dette raggi, e quindi questo fenomeno è chiamato radiazione.
La radiazione
riguarda non solo le onde ma anche la loro sorgente fisica e l’interazione delle due; di conseguenza il suo studio è molto più complicato del movimento ondoso in sé. La radiazione elettromagnetica è un esempio di grande utilità e interesse, ma è piuttosto complesso, anche perché va trattato tenendo in conto la natura vettoriale delle onde. Inoltre le onde elettromagnetiche viaggiano alla velocità della luce, che è una costante fondamentale della relatività, ciò che rende la luce un caso speciale di movimento ondoso. La radiazione acustica è molto più semplice, perché [in condizioni “normali”] le onde possono essere descritte con lo scalare “potenziale di velocità”; viaggiano a velocità più bassa e più comoda, non riguardano la relatività e la loro interpretazione è concreta: il moto meccanico di un mezzo materiale. Tuttavia molte delle proprietà generali della radiazione sono comuni a luce e suono e lo studio della radiazione acustica può contribuire a una migliore comprensione della radiazione elettromagnetica. Un approccio diretto e puntuale alla radiazione è estremamente difficile e impraticabile. E’ necessario quindi usare intelligenza e ingegnosità nell’affrontare questo problema, oltre a una certa abilità nel maneggiare la matematica.
Nel nostro metodo, postuliamo che l’equazione delle onde sia soddisfatta, cosicché possiamo usare liberamente il principio di sovrapposizione. Questo ci permette di fare uso della trasformata di Fourier o, il che è lo stesso, assumere che la variazione temporale sia ejωt. Ciò si rivela simpaticamente in accordo con le vibrazioni armoniche dei solidi che costituiranno le nostre sorgenti. Cercheremo inoltre le soluzioni che rappresentano le onde uscenti (e forse anche entranti), appropriate alla geometria del sistema.
Assumiamo adesso che il mezzo di trasmissione sia un fluido ideale, con viscosità zero. Si può dimostrare che in questo caso che il campo vettoriale del vettore “velocità delle particelle” è irrotazionale e che analogamente al campo elettrostatico ammette una funzione “potenziale”
tale che u = gradφ (in questo caso senza segno “-“ per convenzione).
La funzione φ è chiamata potenziale di velocità e ci consente di rappresentare le 3 componenti del vettore velocità sui tre assi cartesiani in termini di una singola funzione scalare.
Per un’onda armonica piana che viaggia nella direzione k, dove
| k | = k = ω / c, le derivate rispetto al tempo equivalgono alla moltiplicazione per jω, e il gradiente spaziale si riduce alla derivata rispetto a un unico asse x ed equivale alla moltiplicazione per − jk. Allora

L’impedenza acustica Z = p / u = ρc è reale, quindi p e u sono in fase. La velocità delle particelle u è nella direzione della propagazione se la compressione è positiva; si tratta infatti di onde longitudinali
- [diversamente da quelle elettromagnetiche che sono trasversali]
Compressione e rarefazione delle particelle, che si muovono a velocità u in un’onda che si propaga, saranno uguali in modulo ma di segno opposto. Se la densità fosse costante ovunque, tanta aria si sposterebbe “in avanti” nella compressione quanta ne tornerebbe “indietro” nella rarefazione (di fatto non ci sarebbero né compressione né rarefazione). Questo è il caso normale nel movimento per onde, in cui l’onda e la sua energia viaggiano, si propagano, ma il mezzo di propagazione rimane fermo. Tuttavia la densità di quella che torna indietro è ρ(1 + s), ossia cresce nella compressione e diminuisce nella rarefazione. Cioè l’aria che si sposta in avanti è maggiore, anche se questo effetto è proporzionale a su, che è molto piccolo essendo il prodotto di quantità piccole.
Date queste premesse, il problema acustico più facile da individuare è quello di una sorgente puntiforme in uno spazio infinito, in cui ipotizziamo che a distanza infinita il movimento ondoso si annulli. Ponendo l’origine delle coordinate cartesiane nella sorgente, la soluzione più semplice per il potenziale di velocità φ in questo caso è esprimibile così
- [naturalmente tutte queste quantità sono ampiezze che moltiplicano il termine temporale comune ejωt]:

dove C è una constante, k = 2π / λ è il numero d’onda, e r è la distanza dalla sorgente. La “velocità” radiale u(r) è allora (in coordinate polari) la derivata dφ / dr :

Il flusso q del vettore u attraverso una sfera di superficie S e di raggio r è

- [Utilizzando l’analogia con l’elettrostatica, l’impostazione adottata è di considerare il flusso q del vettore velocità analogo al flusso elettrico del vettore campo elettrico creato da una carica elettrica, ma in acustica un analogo della carica elettrica può essere solo una sorgente di energia meccanica che produce una vibrazione e quindi una variazione di velocità di un mezzo di propagazione.In genere si è abituati a considerare le varie grandezze acustiche come basate sulla pressione sonora; qui invece si usa la velocità delle particelle, il che può apparire un po’ sconcertante. Il campo di velocità viene considerato irrotazionale (un’altra delle semplificazioni che è possibile introdurre) e ammette un potenziale: in condizioni non normali, come quelle del rumore emesso dai motori aerei o dai razzi, il vettore velocità non è più irrotazionale.]
Se r diventa molto piccolo in confronto a 1 / k, il secondo termine della (14) svanisce (se r diventa piccolo, 1 / r diventa grande e 1 / r2 diventa molto più grande); il primo termine dà (in modulo)

dove C è una costante, (e − jkr ha modulo unitario).
Si evidenzia così che a distanza dalla sorgente molto minore della lunghezza d’onda il flusso q è costante e cioè .
Naturalmente tutte queste quantità sono ampiezze che moltiplicano il termine temporale comune ejωt. Abbiamo dunque trovato, componendo la (13) e la (16) che la sorgente monopolo q fa nascere il potenziale di velocità

[Un altoparlante in una cassa completamente chiusa può essere assimilato a un monopolo]. E’ istruttivo ritornare sul fatto che la velocità delle particelle di aria consiste di due termini che hanno differenti dipendenze radiali.
Quando kr è piccolo, il primo termine predomina ed è, come abbiamo visto, approssimativamente q / 4πr2, proprio quanto ci si aspetterebbe se il mezzo fosse incomprimibile e la velocità del suono infinita. Quando kr è grande, il secondo termine predomina. La velocità decresce come 1 / r ed è in anticipo di fase di 90° (per via del termine − jk). La prima regione è chiamata campo vicino (“near field”), e differisce di poco dal flusso di potenziale in un mezzo incomprimibile. La seconda regione è chiamata campo lontano (“far field”), in cui la dipendenza 1 / r mostra che l’energia dell’onda si propaga a una distanza illimitata.
La velocità in campo lontano risulta dalla derivata del fattore di "ritardo" e − jkr
Si può concludere che la radiazione è una conseguenza del fatto che la velocità di propagazione dell’onda è finita.
- [E’ un po’ quello che succede nel caso elettromagnetico quando, trattando i circuiti elettronici, si passa dal modello “a costanti concentrate”, in cui si sottintende che la velocità con cui si propaga la corrente sia infinita, al modello “a costanti distribuite” in cui la velocità di propagazione è finita, benché grande (fino a quella della luce). La radiazione elettromagnetica, e quindi la trasmissione (via etere o via cavo) ha luogo proprio per la “finitezza” della velocità di propagazione. Il fatto che in campo vicino la velocità sia sfasata di 90° rispetto alla pressione, come si vede dalla (12), indica che in quella zona prevale la potenza reattiva, cioè qualcosa di vicino alla risonanza, in cui l’energia “rimbalza” continuamente su se stessa ed è in media uguale a zero; è come se l’aria vicina alla sorgente fosse incomprimibile e fosse rigida e solidale con il corpo vibrante che sostituisce la sorgente. Mentre in campo lontano pressione e velocità sono in fase e l’energia si propaga e può venire utilizzata.]
La connessione con il flusso incomprimibile ci aiuta, dato che esso è più facile da trattare. In questo caso il potenziale di velocità φ presenta molte analogie con l’elettrostatica e la relativa teoria del potenziale.
Per passare al caso generale, basta semplicemente moltiplicare il potenziale per il fattore di “ritardo” e − jkr, ossia φ = q / 4πr diventa φ = qe − jkr / 4πr.
La sorgente monopolo, però, non è abbastanza generale per poter essere usata in pratica. In elettromagnetismo essa non esiste per niente, a causa della conservazione della carica. Ma esiste il
dipolo
Due sorgenti monopolo di carica + q e − q, separate da una distanza a (vettore), formano un nuovo tipo di sorgente quando si avvicinano l’una all’altra, facendo in modo che il prodotto


rimanga costante. Questo prodotto è un vettore chiamato momento del dipolo, e la sua direzione è per convenzione da q verso + q. (La “p” usata qui non ha quindi più il significato di pressione!). [Un altoparlante in aria libera, che emette onde da entrambe le facce del cono può essere assimilato a un dipolo]
Come è noto i dipoli sono molto usati nell’elettromagnetismo. Per trovare il potenziale di un dipolo, differenziamo il potenziale di un monopolo di una sorgente q rispetto alla distanza x, ottenendo φ = qxdx / 4πr3, e passando al limite qdx = p, Questo risultato è espresso in modo più conveniente come φ = pcosθ / 4πr2, dove θ è l’angolo tra r e la direzione del dipolo (quella del vettore ).
- [Si arriva forse più facilmente a questo risultato considerando il potenziale φ del dipolo in un punto P, come formato da due monopoli, + q e − q di velocità uguale ma opposta in fase, situati nei punti H1 e H2:


- dato che r1 e r2 sono molto simili, risulta
e
, dove r è la distanza tra tra P e il centro O del segmento H1 − H2 e θ è l’angolo tra lo stesso e PO.
- Visto che | p | = q | a | segue

]
Quindi applicando il fattore di ritardo e − jkr in generale il potenziale è:

A questo punto la velocità per un radiatore a dipolo si trova derivando il potenziale di velocità rispetto ad r. Ne segue un termine di “campo vicino” (“near field”) con una componente radiale che a meno del segno vale:

e una componente trasversale ut,n metà di quella, che varia con sinθ invece che con cosθ. Il termine di “campo lontano” (“far field”) è puramente radiale e, poiché diventa , vale

Insomma vediamo che, una volta che è stato determinato per il campo vicino, applicando le condizioni al contorno esso vale anche per il campo lontano. E questo è il nesso tra condizioni al contorno e radiazione.
Ora siamo in grado di risolvere un
caso interessante
Consideriamo una sfera di raggio a, tale che (vale a dire che il raggio a è molto minore della lunghezza d’onda λ = 2π / k), che oscilla lungo l’asse x con velocità u = Uejωt.
Se l’ampiezza della velocità è piccola, la velocità radiale alla superficie della sfera è Ucosθ, ossia la proiezione del vettore velocità sull’asse x. Questo deve coincidere con la velocità radiale ur di una sorgente tipo dipolo, che, per la (22) in cui trascuriamo il termine jkr visto che , è

alla distanza a.
Allora Ucosθ = pcosθ / 2πa3 e quindi la nostra soluzione per il momento del dipolo è

Ne segue che la velocità radiale nel campo lontano (far field) è :

Abbiamo così risolto un non facile problema di radiazione in modo agevole, e già questo non è poco. Ma, per ciò che riguarda il movimento fuori dalla sfera stessa, la sfera può essere sostituita da un dipolo posto al suo centro. Possiamo ora cercare la
potenza emessa dalla sfera vibrante
L’intensità I di un’onda piana armonica di ampiezza A è

se U è la velocità massima dell’onda (sinusoidale), visto che ω2A2 = U2. Lontano dal dipolo abbiamo sostanzialmente un’onda piana, e la sua intensità è

Per trovare la potenza totale occorre integrare l’intensità su tutta la sfera; a questo scopo possiamo utilizzare un elemento di superficie dS = 2πr2sinθdθ integrando da 0 a π.
Il risultato della suddetta integrazione è la potenza in watt di radiazione di un dipolo :

la seconda espressione essendo più facile da confrontare con il caso elettromagnetico.
La potenza in watt di radiazione di un monopolo può essere trovata nello stesso modo e il risultato è

La dipendenza dalla frequenza non è così estrema, dato che varia con il quadrato (e non con la quarta potenza) della frequenza
- [ricordiamo che k = 2πf / c]
Proseguendo, se differenziamo due volte il potenziale di velocità di un monopolo otteniamo una sorgente quadrupolo, se lo facciamo 3 volte un ottopolo. Solo da considerazioni dimensionali prevediamo una dipendenza tipo k6 per il quadripolo, e k8 for l’ottopolo. In tutti questi casi la potenza viene moltiplicata per un fattore (ka)2 e se questo viene considerato piccolo la potenza di radiazione decresce proporzionalmente per multipoli di ordine più alto.
Nei pressi della sfera oscillante, l’aria si muove dal fronte di salita a quello di discesa, lungo linee di flusso identiche alle linee di forza di un dipolo elettrico.
Il campo elettrico e il campo di velocità sono entrambi gradienti di potenziali esattamente della stessa forma. Quando una superficie vibra, l’aria si sposta dalle zone che si muovono verso l’esterno alle zone che si muovono verso l’interno, su distanze che sono piccole in confronto alla lunghezza d’onda.
Quando una
campana vibra nei suoi modi più bassi, ci sono quattro linee nodali meridionali e le velocità sono alternativamente verso l’interno e l’esterno, suggerendo una sorgente di tipo quadrupolo. Nei modi più alti, la diminuzione della lunghezza d’onda può dominare sulla diminuzione delle dimensioni, favorendo la radiazione nonostante l’aumento dell’ordine multipolare. Una barra vibrante lateralmente assomiglierebbe a una sorgente bipolare, forse più potente di un’analoga sorgente formata dalle estremità di una barra vibrante longitudinalmente. Comunque la radiazione, in molti casi, è piuttosto debole e influenza molto poco le vibrazioni dei corpi solidi.
J. Leslie nel 1837 notò che una campana che suonava forte in aria era scarsamente udibile se veniva immersa nell’idrogeno. L’effetto era molto più forte di quanto facesse pensare la differenza di densità dei mezzi o la loro impedenza acustica. Il problema fu risolto da Stokes nel 1868, che spiegò che la maggiore velocità del suono nell’idrogeno permetteva una equalizzazione più veloce delle pressioni sulla campana quando vibrava, e di conseguenza la radiazione diminuiva. Come abbiamo visto, una velocità di fase infinita implica che non nasca alcuna radiazione. Se la potenza di radiazione è espressa in termini di ampiezza e frequenza della vibrazione, si scopre che è proporzionale a ρc come prima, ma inversamente proporzionale alla sesta potenza della velocità di fase, per la stessa impedenza acustica. Il rapporto di questi fattori per l’aria e per l’idrogeno è di circa 800:1 che certamente comporta una notevole differenza.
Per stimare l’effetto della radiazione nel movimento di un corpo, pensiamo a una sfera di massa M che vibra sollecitata da una forza di una molla, la cui costante elastica è K (ricordiamo F = − Kx). Se A è l’ampiezza istantanea della vibrazione, l’energia totale è E = KA2 / 2, che decresce alla velocità P (secondo la definizione di “potenza” come quantità di energia nell’unità di tempo), valutata sopra. Ponendo dE / dt = − P troviamo dA / dt + A / = 0, dove il tempo di attenuazione τ è dato da τ / T = M / π(KA)3M', dove M' è la massa d’aria spostata dalla sfera e T è il periodo della vibrazione. E’ facile vedere che τ è molto maggiore di T in ogni caso pratico, il che significa che la vibrazione è poco smorzata. Se ne conclude che un radiatore molto più piccolo della lunghezza dell’onda che vuole irradiare è molto inefficiente.
Se l’energia della sfera decresce, significa che agisce secondo una forza associata con la radiazione, detta reazione di radiazione.
Cerchiamo di trovare la forza sulla sfera in modo diretto, integrando la pressione sulla superficie della sfera. La pressione statica non dà contributo, naturalmente, e la pressione variabile (ossia la pressione sonora) è uguale alla densità moltiplicata per la derivata temporale del potenziale di velocità
- [per la seconda legge di Newton F = ma].
Abbiamo a questo scopo tutto ciò che serve e l’integrazione è lasciata come esercizio al lettore (sic!). La forza addizionale è , uguale a metà della massa di fluido spostata moltiplicata per l’accelerazione della sfera. Ciò significa che la dinamica della sfera sarebbe la stessa se il mezzo venisse rimosso e la massa della sfera aumentata di metà del fluido che spostava. La forza è dovuta al movimento del mezzo nel campo vicino, non alla reazione di radiazione, che sarebbe proporzionale alla velocità. La ricerca della reazione di radiazione fatta direttamente richiede un’analisi più raffinata.
In questi casi, proprio come nel flusso potenziale (irrotazionale), esistono velocità tangenziali nella superficie vibrante. La viscosità, per quanto piccola, porta alla creazione del ben conosciuto strato di viscosità di confine, in cui la velocità tangenziale diventa zero alla superficie. Finché la profondità di questo strato è piccola in confronto ad altre dimensioni, dovrebbe avere un effetto marginale e dissipare una quantità di energia trascurabile, anche minore di quella irradiata. Ciononostante queste sono solo ipotesi e dovrebbero essere verificate con un esame più approfondito.
Molte tecniche usate nell’elettromagnetismo possono essere usate in acustica ma occorre cautela nel farlo. Per esempio, supponiamo di avere una sorgente monopolare a x = 0 su un piano rigido e infinito. Questo è il caso limite di una sorgente monopolo a breve distanza dal piano frontale. La condizione di velocità normale zero è soddisfatta se sovrapponiamo il campo di una sorgente identica alla stessa distanza dal piano ma dalla parte opposta.
Nel caso elettrico questa carica immagine sarebbe di segno opposto, ma non lo sarebbe qui, visto che le condizioni al contorno sono diverse. Al limite abbiamo una sorgente di forza doppia e quindi la potenza di radiazione è quadruplicata. E’ difficile avvicinarsi al caso ideale, in pratica, ma il rinforzo della radiazione ottenuto con l’impiego di un baffle (uno schermo piano di superficie molto maggiore del quadrato della lunghezza d’onda) è innegabile.
Un altoparlante in un baffle è approssimativamente una sorgente monopolare
- [almeno finché la lunghezza dell’onda emessa è molto minore del lato del baffle].
Se abbiamo una sfera che oscilla intorno a un piano, il dipolo immagine agisce nella direzione opposta e al limite non si ha nessuna radiazione poiché i due dipoli si annullano a vicenda (cosa ricavabile dalla geometria). Se la sfera oscilla parallelamente al piano la sua radiazione viene quadruplicata , come nel caso del monopolo.”
Conclusione
Fin qui quanto espone il prof Calvert sul tema della radiazione acustica.
Che cosa ne possiamo trarre? A parte il fatto che la parte finale mi sembra non brilli per chiarezza, direi che è interessante la quantificazione della potenza emessa in funzione del prodotto ka ossia del rapporto tra dimensioni dell’ n-polo radiante e la lunghezza d’onda (contenuta in k ). Cosa che l’intuizione da sempre conosce, forse, ed esprime nella costruzione degli strumenti musicali, ma che è possibile anche quantificare, nei limiti delle assunzioni semplificative (ma che risultano non troppo distanti dalla realtà acustica se rinunciamo ai dettagli). Più aumenta il numero dei poli radianti, maggiore risulta la potenza irradiata (a parità di lunghezza d’onda): tavole armoniche grandi, quando realizzano la condizione di essere assimilabili a multi-poli si rivelano più convenienti per utilizzare la potenza emessa dalle corde degli strumenti musicali.
Mi rendo conto che questo articolo è un po’ pesante e può indurre a pensare, parafrasando in modo mitigato Shakespeare, “tanta fatica per così poco”. Speriamo almeno che sia un “poco” sensato …