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Premessa
Questa analisi è nata principalmente perché, capitatomi sottomano il circuito del Wah (in particolare un Crybaby GCB-95 rev.I) e incuriosito dal suo principio di funzionamento, per quanto avessi cercato non sono riuscito a trovare in rete nessuna analisi tecnica in ambito elettronico che spiegasse il perché della scelta di questa particolare configurazione, lasciandomi con una valanga di dubbi; certo ci sono spiegazioni pratiche e terra-terra sull’effetto che hanno i singoli componenti, ma nessuna che scendesse nei dettagli delle scelte di progettazione che sono state fatte per ottenere questo particolare risultato finale, tant’è che questo circuito è nato alla fine degli anni ‘60 e tuttora, giunto praticamente alla nona revisione, è rimasto pressochè invariato...
L’analisi che segue è a tratti volutamente dettagliata, ridondante e “artigianale” (coinvolge cioè i simulatori il meno possibile); questo sia per rimarcare i concetti principali sia perché, personalmente, è stata per me una delle prime applicazioni davvero stimolanti in cui ho potuto mettere in pratica un sacco di nozioni teoriche e applicative imparate nel mio percorso di studi e in quello lavorativo. In ultimo, vorrebbe essere un po’ il ponte tra un’analisi di stampo puramente accademico (in cui sì, si fanno tutte quelle cose fighe e più o meno complicate a livello teorico e matematico, ma relegate a esercizi di esempio o semplificazioni eccessive che non danno granchè soddisfazione a parte quella di aver raggiunto un risultato finale corretto) e una un pochino più pratica (in cui si prende un circuito complesso con un’utilità pratica e lo si dà in pasto a un simulatore, il quale ovviamente fornisce la soluzione corretta ma senza nessuna spiegazione del perché), le quali tuttavia richiedono ovviamente un minimo di conoscenza di elettronica che, nel caso più generale, includono nozioni di controlli e sistemi retroazionati.
Spero che in un modo o nell’altro sia di utilità per chi la vorrà leggere, non solo per la comprensione dell’analisi generale ma anche per la dimostrazione del fatto che alle volte si può trovare il giusto mix di teoria e pratica anche per applicazioni di questo tipo, in barba agli audiofili più accaniti che nei casi più estremi liquidano tutto con banalità ingiustificate...!!
1.Overview
Il circuito del Wah è composto da uno stadio di buffering (Input Buffer) e uno stadio che funge da filtro attivo passa-banda variabile (Active Bandpass Filter), che rappresenta il vero cuore dell’effetto: tramite il potenziometro Rp è possibile variare la frequenza centrale del passa banda che ne determina il comportamento tipico. Lo schema elettrico completo è riportato in seguito:
2.Input buffer
Innanzitutto analizziamo il primo stadio, il quale non è altro che la cascata di un filtro passa alto, un filtro passa basso e un collettore comune che aumenta l’impedenza d’ingresso e riduce quella di uscita mantenendo pressochè unitario il guadagno; questo fa sì che l’impedenza serie della sorgente non intacchi il comportamento in frequenza del wah.
Il transistor darlington occorre per avere un hfe sufficientemente alto (il MPSA18 presente di default garantisce un hfe tipico di 1100), mentre le due resistenze da 1.8MΩ e 2.2MΩ polarizzano il circuito e contribuiscono all’impedenza di ingresso; si supponga comunque per tutta la trattazione
Se lo stadio è ben progettato a centrobanda la capacità di bypass da 10nF è sostituibile con un corto, pertanto l’impedenza d’ingresso vale (trascurando la resistenza di base del transistor):
Mentre per quella di uscita dobbiamo considerare anche la resistenza di base del transistore darlington, che vale circa (considerando Vth = 25mV e Ic = 343μA):
La resistenza di uscita vale:
Come si vedrà nei blocchi successivi, questa impedenza d’uscita è molto inferiore a quella d’ingresso dello stadio successivo, pertanto nei prossimi paragrafi si potrà trascurare senza commettere apprezzabili errori.
Per valutare le frequenze di taglio si può osservare che il circuito presenta un polo dovuto alla capacità di 20pF e uno zero dovuto alla capacità di 10nF (teoricamente ottimizzati per la banda audio). Si possono stimare tali pulsazioni di taglio che, con le opportune assunzioni (capacità non interagenti), valgono:
I valori ricavati corrispondono a frequenze di taglio di:
NOTA: Accanto a questa analisi andrebbero aggiunte le capacità parassite che, specialmente per la frequenza di taglio superiore (di cui è responsabile la capacità da 20pF), modificano leggermente la posizione del polo, che però rimane sopra i 20 kHz. Mentre la frequenza di taglio alta rientra nella banda audio superiore (20 kHz), quella inferiore a voler essere precisi taglia un po’ troppo al limite (i 17 Hz si riferiscono alla frequenza di taglio a -3dB), di fatto attenuando anche se di pochissimo nell’intorno dei 20 Hz che sono una frequenza utile per l’uomo (la banda dell’udibile viene tipicamente fissata nel range 20 Hz-20 kHz); si tratta però di piccolezze trascurabili, in quanto tipicamente il range di frequenze 20-60 Hz (definito zona Sub Bass) per la chitarra è povero di contenuti armonici, ragion per cui esso viene relegato perlopiù al basso. Inoltre l’effetto Wah è pensato appositamente per agire sul timbro medio/alto dello strumento, pertanto questa zona viene naturalmente de-enfatizzata.
In seguito si trova una simulazione circuitale esatta della funzione di trasferimento ingresso/uscita di questo primo blocco, in ottimo accordo con quanto calcolato:
3. Active Bandpass Filter
Veniamo ora al blocco più interessante che rappresenta il vero effetto: nello specifico, si tratta di uno stadio retroazionato con uscita prelevata in tensione e reimmessa tramite l’apposito blocco di retroazione in ingresso come corrente per mezzo di una resistenza di feedback Rf. Lo schema complessivo è indicato in figura seguente:
Ovviamente in questo schema vengono unite sia la rete di polarizzazione sia quella di segnale (cioè di centrobanda o banda audio).
3.1 Polarizzazione
NOTA: questa sezione è riportata per completezza ma non è indispensabile ai fini dell'analisi del funzionamento, per cui potete saltarla senza perdervi niente.
Prima di analizzare il funzionamento in frequenza studiamo la polarizzazione per valutare i parametri di piccolo segnale dei componenti attivi (che in questo caso consistono in due transistor NPN, in particolare due MPSA18); pertanto cortocircuitando l’induttanza e aprendo i condensatori si ottiene il circuito seguente:
Si nota come ci sia una retroazione anche in continua, che aumenta la robustezza del circuito in polarizzazione (consideriamo Vcc = 9V).
I valori delle resistenze sono i seguenti:
Proviamo ora a calcolare in maniera approssimata tutte le correnti e tensioni di polarizzazione. Supponendo entrambi i transistor Q1 e Q2 lavorino in regione attiva, si nota come la resistenza Re sia piccola se la associamo alle tipiche correnti di emettitore di un transistor (che supporremo di circa 1mA o meno), così come Rf lo è per le correnti di base (che supporremo di qualche decina di µA o meno); pertanto si può supporre che alla base di Q1 ci sia una tensione di circa 0.7V (tensione diretta della regione attiva base-emettitore), che viene riportata al terminale della resistenza da 82kΩ e produce una corrente di 0.7V/82kΩ=8.5µA la quale, supponendo scorra poi interamente verso la resistenza da 470kΩ, determina una tensione sul collettore di Q1 di 0.7V(1+470kΩ/82kΩ)=4.7V. Ne segue che la corrente su RC vale (9V-4.7V)/22kΩ=195µA, mentre quella sulla resistenza da 470kΩ vale (4.7V-0.7V)/(470kΩ+hfe2∙10kΩ)=1.76µA (dove si è supposto che hfe1=hfe2=180), la quale porta una tensione sulla resistenza da 10k di 1.76µA∙hfe2∙10kΩ=3.2V e una tensione sul collettore di Q2 di 9V-1kΩ∙1.76µA∙hfe2=8.7V.
Per concludere, facciamo la seguente verifica: la corrente sul collettore Q1 vale per sottrazione 195µA-8.5µA-1.76µA=184.7µA, che si traduce in una tensione sull’emettitore di Re∙184.7µA=70mV, e una corrente di base di 184.7µA/hfe1=1.1µA, in ragionevolissimo accordo con quanto supposto all’inizio.
Una simulazione più accurata dimostra che i veri valori delle tensioni e correnti di circuito sono molto vicini a quelli approssimati analiticamente:
Come supposto, i transistor sono in polarizzazione attiva e i loro parametri di piccolo segnale valgono:
3.2 Centrobanda
Valutata la polarizzazione, possiamo ora finalmente analizzare il comportamento del circuito in centrobanda:
Dove si è supposto che tutte le capacità di disaccoppiamento abbiano un’impedenza trascurabile alle frequenze in banda di segnale. Le tensioni indicate torneranno utili nel corso della trattazione: si tratta della tensione di base del primo transistor Vb e della tensione di uscita del Wah Vwah.
Senza saper né leggere né scrivere, possiamo identificare nel sotto-circuito riquadrato in rosso:
- uno stadio di emettitore comune che realizza l’amplificazione in tensione con guadagno -Rc/Re (trascurando gli stadi successivi il cui carico altererebbe il guadagno);
- un circuito di partizione con il potenziometro Rp che invece scala la tensione in uscita dallo stadio precedente;
- un collettore comune che fa da buffer di tensione, aumentando la resistenza in ingresso e portando in uscita la tensione sul partitore con guadagno pressoché unitario:
Ovviamente ogni stadio avrà una sua resistenza in ingresso e una di uscita che non saranno (a seconda dei casi) infinite o nulle, ma in linea di massima per questa analisi possiamo supporre che si comportino come dei blocchi ideali e trattarli come stadi in cascata non interagenti (supponiamo per comodità di conti trascurabili le resistenze da 470kΩ):
Si può pertanto sostituire con le dovute approssimazioni la cascata dei sopracitati blocchi con un unico blocco ideale amplificatore di tensione con guadagno Avv = − Aeq tale che:
dove α è uno scalare compreso tra 0 e 1 che rappresenta il rapporto di partizione (ovvero la posizione del potenziometro): possiamo trattare questo α come un indicatore di quanto a fondo stiamo premendo il pedale del Wah.
Un’altra equivalenza che tornerà utile in seguito è la trasformazione del generatore in ingresso da tensione a corrente equivalente, ottenuta applicando il teorema di Norton:
Dove Iin = Vin / Ri.
Operando queste sostituzioni nel circuito di partenza otteniamo l’approssimazione equivalente:
Osservando attentamente lo schematico generale si può vedere come la tensione di uscita del Wah Vwah non sia nient’altro che l’uscita del primo stadio di emettitore comune: si può quindi scrivere (finché si suppone ideale il blocco di emettitore comune):
In questo modo per trovare la funzione di trasferimento ingresso/uscita generale del Wah è sufficiente ricavare la tensione Vb; per farlo, si giungerà al risultato finale per gradi via via crescenti di astrazione e approssimazione, a partire dal più semplificato e immediato fino al più generale e complesso.
3.2.a) Passo 1
Supponiamo di non entrare nei dettagli dell’analisi del circuito retroazionato, si può notare come in ogni caso a valle del generatore di ingresso potremo sostituire una impedenza equivalente Zin, pertanto possiamo scrivere:
Il calcolo della Zin rappresenta la parte più impegnativa dell’analisi, in ogni caso il principio è evidente: cambiando (in qualche modo) la frequenza di risonanza della Zin (e quindi i suoi poli e i suoi zeri) si ottiene l’effetto tipico del Wah come passa-banda variabile.
Tuttavia se escludiamo la retroazione (apriamo cioè l’anello) e poniamo quindi α=0 possiamo avere un’idea generale di che tipo di risonanza avvenga nel caso in esame:
Dove Zeq è il parallelo delle tre impedenze RL, XL e XC:
Da cui si denota la tipica forma di filtro risonante RLC parallello. Se abbiamo un po’ di dimestichezza con i conti, è facile calcolare la Zin come la serie di Zeq e Rf, in parallelo con la Ri:
Dove in questo caso Zin,OL sta ad indicare che la Zin è stata calcolata ad anello aperto (OL: open loop). Come si vede la formula è più complicata della precedente, ma riconosciamo comunque la caratteristica risonante a denominatore che, pur con parametri diversi, presenta una formulazione concettualmente simile.
Ovviamente però questo circuito vale solo per α=0!
3.2.b) Passo 2
Per trovare una formula esatta per il calcolo della Zin con α≠0 occorre tirare in ballo buona parte di teoria dei circuiti retroazionati. Prima di fare ciò possiamo però operare delle semplificazioni per ottenere un circuito concettualmente più chiaro; prima di tutto trasformiamo la capacità in serie al generatore pilotato in qualcosa che faccia assomigliare di più la parte di circuito inferiore a una risonanza parallelo: applichiamo una trasformazione di Norton sul generatore dipendente con in serie l’impedenza capacitiva, ottenendo un generatore di corrente equivalente con una reattanza in parallelo.
Dove il guadagno di transconduttanza diventa Avi = Avv / XC = − sCαRc / Re . Il circuito equivalente risulta quindi:
In questo modo siamo riusciti ad ottenere una formulazione con la Zeq calcolata al passo 1.
Notiamo ora una cosa: il generatore di corrente pilotato dipende dalla tensione d’ingresso Vb, e tra la sua uscita e il suo ingresso è presente la sola resistenza Rf. Se trascuriamo questa resistenza (il cui valore è anche inferiore a quello delle altre grandezze in gioco, almeno a frequenza medio/alta) allora la tensione di uscita del generatore pilotato coincide con quella in ingresso, pertanto esso non è altro che un’impedenza di valore − 1 / Avi = 1 / sCAeq, che rappresenta l’impedenza associata a una capacità di valore CAeq, che è quindi variabile con Aeq (e in ultima analisi con α). In questo modo il circuito diventa:
Dove in maniera analoga si è posto come il parallelo delle tre impedenze RL, XL e
(che ora è l’impedenza associata non più alla sola C ma a C + CAeq):
Questa semplificazione dimostra come sia possibile ottenere in ultima analisi un circuito risonante con capacità variabile per mezzo di una retroazione.
Un modo alternativo di vedere le cose è quello di riscrivere il circuito nel seguente modo:
Scomodando Miller, quando si pone una impedenza a cavallo tra ingresso e uscita di un blocco con guadagno di tensione − A, l’impedenza equivalente vista all’ingresso di tale blocco viene moltiplicata per il valore (1 + A):
Che permette di raggiungere lo stesso risultato finale con un approccio diverso.
Calcoliamo ora l’impedenza d’ingresso equivalente quando Rf = 0 (conviene riprendere l’equazione precedentemente calcolata al passo 1 e fare il limite per Rf→0, oppure notare che in ultima analisi la Ri è semplicemente in parallelo con tutte le altre impedenze e quindi si aggiunge in parallelo alla RL):
Dove finalmente si è ottenuta una rappresentazione in cui compare anche la α (tramite Aeq).
Analizziamo ora la funzione di trasferimento: essa non è altro che una semplice risonanza RLC parallelo in cui la resistenza vale e la capacità C(1 + Aeq); il polinomio a denominatore: è nella forma
dove ω0 rappresenta la pulsazione di risonanza e ξ lo smorzamento. Nel caso di soluzioni complesse infatti la ω0 rappresenterà il modulo del polo/zero del numero complesso, mentre la ξ è legata alla sua fase; tradotto in termini pratici di risposta in frequenza la ω0 sarà la pulsazione centrale della campana, mentre ξ è legata al fattore di forma Q e dunque alla larghezza di banda della campana. Con questa approssimazione si nota come variando Aeq (e dunque α) si può aggiustare la frequenza di risonanza idealmente entro i due limiti (ottenuti ponendo α=0 e α=1):
3.2.c) Passo 3
Visto che Rf sembrerebbe avere un valore inferiore rispetto alle altre grandezze in gioco, perché non possiamo trascurarla e tenere per buona l’analisi del passo 2? In realtà l’approssimazione Rf→0 è abbastanza accurata per frequenze medio alte, ma a bassa frequenza si discosta molto dal comportamento reale: prima della risonanza infatti l’impedenza equivalente è dominata dall’impedenza induttiva sL che “non cresce” abbastanza in fretta e toglie buona parte delle armoniche di sostegno a medio-bassa frequenza. Quello che fa la Rf è sopperire a questa mancanza e garantire un minimo di boost alle frequenze in cui l’induttanza strozza buona parte del segnale.
Includendo nell’analisi anche la Rf, è indispensabile conoscere e usare le proprietà dei circuiti retroazionati per trovare una formulazione completa.
Come detto precedentemente, in questo tipo di circuito viene prelevata in uscita una tensione, convertita in corrente da un blocco di reazione e reimmessa sempre come corrente in ingresso. Confrontando correnti in ingresso e tensioni in uscita, la retroazione sarà di tipo parallelo-parallelo di conseguenza l’intero blocco si comporterò come un convertitore corrente-tensione (o come un amplificatore a transresistenza). Osservando il circuito si possono distinguere i due blocchi di trasferimento A e β, indicati in figura rispettivamente in rosso e in blu:
Il blocco A è il responsabile della conversione in tensione e della sua successiva amplificazione, mentre il blocco β prende la tensione in uscita e la riporta in ingresso come corrente dopo aver apportato un opportuno filtraggio; da qui si vede come la Ri realizza la conversione corrente/tensione del segnale di "errore" in corrente.
NOTA: il termine "errore" è scritto tra virgolette perché nella maggior parte dei casi di studio di circuiti reazionati rappresenta un parametro da ridurre per ottimizzare la funzione di trasferimento del circuito, tuttavia in questo caso gioca un ruolo fondamentale per la realizzazione del filtro attivo; la porzione di corrente che scorre su Ri e quindi l’impedenza equivalente vista ai suoi capi al variare di α sono proprio i fattori che determinano il funzionamento tipico di questo circuito.
Nello specifico, la retroazione fa sì che il guadagno d’anello influisca sulla posizione dei poli e degli zeri della funzione di trasferimento globale: agendo sul parametro α si può cambiare il guadagno statico d’anello che di conseguenza fa variare anche i poli e gli zeri della funzione ad anello chiuso.
A questo punto, considerando nei conti pure la Rf, procediamo con l’analisi completa. Riprendendo il solito circuito equivalente, come detto in precedenza occorre calcolare l’impedenza equivalente vista dalla sorgente:
Trattandosi di un circuito con reazione di tipo parallelo/parallelo si può scrivere:
Dove Zin,OL è l’impedenza d’ingresso open loop (valutata aprendo l’anello), mentre Gloop è il guadagno d’anello (che vale − Aβ).
Per iniziare quindi apriamo l’anello nel punto più conveniente, ossia a monte del generatore pilotato (che presenta resistenza d’ingresso infinita) e valutiamo l’impedenza d’ingresso:
La Zin,OL(s) è esattamente quella calcolata al passo 1, per cui possiamo riciclare la formula:
Analizzandola più nel dettaglio, notiamo come essa abbia due poli complessi coniugati e due zeri semplici reali. La risposta in frequenza ha il seguente andamento:
Mentre la soluzione dei poli e degli zeri sarà:
Sostituendo i valori, si vede come le soluzioni forniscano due zeri reali e due poli complessi coniugati di valore:
Che porta al seguente risultato:
Si ricorda che in caso di poli complessi coniugati la pulsazione di risonanza è associata al loro modulo, mentre lo smorzamento alla loro fase.
Questo è il comportamento quando la retroazione è annullata (α=0), per cui quel che rimane da fare ora è il calcolo del guadagno d’anello Gloop aprendo l’anello nello stesso punto:
Inserendo un generatore di test Vt, dobbiamo quindi calcolare il rapporto Vl / Vt ; osserviamo come il generatore pilotato produrrà una corrente proporzionale a Vt che si distribuirà con un partitore di corrente sul ramo che va verso le due resistenze, da cui poi possiamo ricavare il valore di tensione Vl:
Questa funzione di trasferimento ha due zeri nell’origine e due poli, tutti in posizione fissa, mentre il guadagno statico è variabile e dipende da A_{eq} (e dunque da α).
Analizziamo ora il denominatore: possiamo notare come esso sia identico al denominatore della funzione di trasferimento Zin,OL(s) calcolata sopra, pertanto i loro poli coincidono. Al variare di α la risposta in frequenza del Gloop assume la seguente forma:
Ora non rimane altro da fare che unire la funzione di trasferimento dell’impedenza ad anello aperto con il Gloop per valutare l’andamento finale dell’impedenza d’ingresso Zin, in particolare la posizione dei poli di quest'ultima per verificare la frequenza di risonanza effettiva al variare di α.
Prima di procedere con i calcoli, possiamo notare come il calcolo dei poli di Zin non sia altro che la valutazione del luogo delle radici di Gloop: infatti il guadagno statico del Gloop è un elemento variabile che può essere studiato facilmente con il metodo del luogo delle radici per il calcolo dell’espressione 1 − Gloop(s) = 0, la quale dà la posizione esatta dei poli della Zin.
In base a tale criterio ci aspettiamo che, all’aumentare di α, i poli di Zin(s) si spostino pian piano dai poli di Gloop verso i suoi zeri, con una traiettoria che dipende dalla posizione di entrambi e che soddisfa determinati requisiti qui riassunti (al minimo) per il caso in esame:
- a) I rami del luogo delle radici sono uguali al numero dei poli;
- b) Tali rami partono dai poli (guadagno statico Gloop nullo) e terminano negli zeri (guadagno statico Gloop infinito);
- c) Il luogo delle radici è simmetrico rispetto all’asse reale; per costruirlo su tale asse si deve sempre contare un numero dispari di poli+zeri alla sua destra.
Sulla base di queste assunzioni, data la nostra funzione di trasferimento formata da due zeri nell’origine e due poli complessi coniugati, il luogo delle radici assume approssimativamente la forma indicata (in rosso nella figura):
E valutandolo con esattezza diventa:
Questa è la rappresentazione più completa e precisa dell’influenza del guadagno d’anello sulla funzione di trasferimento del sistema: all’aumentare del guadagno statico Aeq (cioè di α) i poli della funzione retroazionata Zin(s) si spostano verso l’origine, determinando così una riduzione del loro modulo e conseguentemente della frequenza di risonanza a loro associata. Il calcolo esatto di tali poli per un determinato valore di α si ottiene risolvendo l’equazione 1 − Gloop(s) = 0.
Mettiamo ora assieme tutte queste considerazioni e calcoliamo il valore finale di Zin(s):
Questa espressione condensa tutte le semplificazioni ipotizzate in precedenza: supponendo Rf→0 si ricava:
Che è la stessa espressione calcolata in precedenza quando abbiamo ignorato la Rf. Ora se invece supponiamo che la Rf sia sì piccola, ma trascurabile solo quando paragonata direttamente alle altre resistenze, otteniamo:
Che è un buonissimo compromesso con quanto calcolato durante le semplificazioni: a basse frequenze continua ad apparire la Rf, mentre per il calcolo della frequenza centrale della campana si può ricorrere alla semplificazione fatta considerando il circuito senza Rf al passo 2.
Detto ciò, ricordando che:
si può scrivere la funzione di trasferimento finale del Wah (utilizzando l’approssimazione) come:
Che al variare di α assume il seguente andamento:
4.Confronto
Per verificare la correttezza della nostra analisi, compariamo l'ultimo risultato ottenuto (funzione di trasferimento ideale) con una simulazione circuitale dell’effettivo circuito complessivo (funzione di trasferimento reale), utilizzando il software di simulazione circuitale SIMetrix:
Da cui si vede che la corrispondenza è buona, a parte alcune ovvie discrepanze dovute all’utilizzo di elementi non ideali che inevitabilmente vanno ad intaccare le supposizioni di idealità fatte finora.
In particolare, il transistor Q1 dello stadio di emettitore comune presenterà una resistenza di ingresso che non sarà assolutamente infinita come assunto nell’analisi; anzi, sarà di circa
che è paragonabile alla Rin. Conseguentemente, l’inclusione della rπ1 nei calcoli riduce anche l'amplificazione del primo stadio. In aggiunta, ci sarà pure la resistenza dello stadio di partizione ad influire sul guadagno dello stadio: a questo proposito possiamo supporre che per semplicità la sola Rp vada aggiunta in parallelo a Re.
Questi fattori comportano sia una riduzione del guadagno generale sia una soluzione diversa per l’equazione 1 − Gloop(s) che determina i poli del sistema e, quindi, la frequenza centrale della campana per i vari valori di α. Per includere il contributo della Rin,CE è sufficiente inserire tale resistenza di ingresso dello stadio a monte del primo blocco amplificatore (ossia, una ulteriore resistenza che dal nodo Vb va a 0V): sotto questo punto di vista, per gran parte dell’analisi essa non è altro che una resistenza che va ad aggiungersi in parallelo a Ri, per cui è sufficiente rifare i conti riscrivendo:
Che porta al seguente risultato teorico finale:
Che plottato in frequenza per gli stessi valori di α fornisce il seguente risultato:
Che è molto più simile a quello simulato e corregge sia guadagno (da un errore di 6dB a un errore di 1dB) sia frequenze centrali (per α=0.2, da un errore di 150Hz a un errore di 10Hz). Le altre piccolezze rimanenti (resistenze da 470kΩ trascurate e non idealità del secondo stadio con Q2) sono comunque poco rispetto all’effetto che ha la non idealità del primo stadio, per cui possiamo supporre che l’analisi fatta fino a questo punto fornisca un risultato soddisfacente e concludere qui la trattazione.
5 Conclusione
Anche se sono presenti delle piccole discrepanze, si può vedere come nel corso dell'analisi siamo giunti a un risultato che si avvicina in maniera fedele all'andamento reale del Wah, con approssimazioni concettuali e numeriche sempre migliori.
A questo punto si può riconoscere e associare ad ogni componente un ruolo per la costruzione dell'effetto e, volendo, modificarne il valore per ottenere un comportamento più in linea con le proprie preferenze personali...
Ma questo sarà un altro capitolo!