......Secolo scorso....................Fine anni ottanta..........
"Set chi l'è quest chi?"
"...Mm sì, m' par..."
"L'è 'l fiòl dla Fabiòla!"
"Ah, sì..al fiòl d' Remo...Zeno!"1
Il nuovo entrato mi riconosce. E' il sabato mattina di un giorno, uno dei primi, di primavera.
Sono nel caffè "dala Vitorina", al mio paese natale. A scuola c'è uno sciopero dei ragazzi, per le pagelle mi pare, ed i miei allievi, compatti, vi hanno aderito. Ne approfitto per recarmi a chiarire alcuni problemi relativi all’abitazione dei nonni, con il sindaco, il mio vecchio amico Piero.
Però, il sabato, in Comune fanno festa.
Decido, non senza vincere un'oscura indecisione, di entrare nel bar per chiedere dove abita ora il sindaco.
Non so se chi ritorna al suo paese si aspetta sempre qualcosa. C'è un'atmosfera che, quasi smettendo per un attimo il suo normale funzionamento, sembra riconoscerti.
Io, per un contraddittorio timore di violarla, respiro con più attenzione e vorrei passare inosservato, ma anche no; vorrei che nulla fosse cambiato, ma anche tutto; vorrei ripartire da capo nella mia vita, ricominciare da dov'ero rimasto, ma forse no. Ecco, ho la sensazione che la registrazione della mia vita si sia come interrotta, mentre le bobine hanno continuato ruotare, ingarbugliando il nastro. Il ritorno mi riporta a quell'interruzione senza che sia possibile migliorare la registrazione successiva.
In tutti i bar di paese, di prima mattina, l'atmosfera è silenziosa ed un po' triste.
Un pensionato seduto ad un tavolino, ha la testa china sul giornale, e, dal bancone, arriva il ticchettio delle tazzine che la barista sistema nella lavastoviglie.
M'avvicino e, coraggiosamente, dico al pensionato di turno:
"Io questo signore lo conosco!"
Lui alza la testa dal giornale e mi analizza:
"Eh, mo anca mi a ta t'gnosc.. at sé Zeno!"2.
E' Toni 'l cursòr 3, papà del mio vecchio amico Andrea. Ha la stessa faccia tonda e sorridente d'una volta ma si capisce che ora, più che altro, è spettatore della vita del paese.
Le solite domande: cosa faccio, come sto, come sta mamma, quanti bambini ho; il mio ne ha due, sta bene, ha un bel posto, viene sempre giù ogni settimana, vive a Mestre.
Al tavolo accanto, un'altra testa bianca si alza e, con un sorriso persistente che, pur mascherato dalle deformazioni del tempo, io trovo identico a quello dei ricordi, mi domanda:
"M'at gnòssat 'ncora?" 4.
Rispondo di sì. E' Gino Manèla, piccolo industriale del paese. Con il padre, al vecc Manèla8, un tipo alto e secco dal naso adunco, camice blu e occhiali da vista con montatura di plastica nera, costruiva pantofole e scarpe, in un piccolo laboratorio con qualche dipendente.
Intanto, nel controluce dell'entrata, si delinea, scura, una figura alta e dinoccolata.
S'avvicina al tavolo.
Lo riconosco: "l'è Ròmul Varzòla" penso.
Il tempo non lo ha molto trasformato. La sua pelle, scura e rugosa già a quarant'anni, si è mantenuta tale. Forse il rilievo tra le rughe è un po' più arrotondato, un po' più lucido, il solco più profondo ma meno deciso, meno secco. Era l'elettricista del paese, zio del mio vecchio amico Alfio.
S'avvicina al nostro tavolino. Toni 'l cursòr, mi presenta:
"Set chi l'è quest chi?"
"...Mm sì, m'par..."
"L'è 'l fiòl dla Fabiòla!"
"Ah, sì..al fiòl d' Remo...Zeno!" 1
Si siede, ed inizia una lenta ed accurata concentrazione.
Intuisco che sta organizzando qualche ricordo e, in modo più chiaro, se ne rendono conto Toni 'l cursor e Gino Manèla.
Romolo ha una propensione a parlare che non ricordavo; ma è passato tanto tempo!
Gino Manèla, dopo qualche minuto, saluta e, per sicurezza, esce dal bar.
Toni 'l cursòr, di proposito si distrae e, prevedendo l'evolversi dell'incontro, per precauzione s'immerge di nuovo nella lettura del giornale. Conosce bene Romolo e sa che sta per rievocare storie, che tutti, ormai, sono stufi di sentire.
Romolo ama ricordare, e, nel raccontarli, rivive gli episodi che il tempo s'accanisce a sbiadire. Rigenera così l'illusione di una gioventù piena di speranze sepolte dagli anni. Romolo scava come un archeologo, desideroso di ravvivare ed arricchire il museo personale. La sua gioventù è un quadro di pregio che va continuamente restaurato: egli ne è l'autore ed il perenne restauratore. Gino Manèla e Toni 'l cursòr, forse, non amano tanto ricordare. Sull'altopiano della loro vita, volgono lo sguardo alle vette sognate, poi lo abbassano per non vederle allontanarsi a velocità spaventosamente crescente.
Romolo inizia il racconto con calma.
E' un episodio nel quale compare, come protagonista inattesa, mia nonna Giulietta, "la maestra" del paese.
Nonna, appassionata lettrice, si è impegnata, a quanto pare, come regista di teatro. Dirigeva una compagnia di giovani attori locali che effettuava rappresentazioni anche nei paesi limitrofi.
Bafi, uno degli attori più promettenti, recitava ancora meglio quand'era su di giri. Per esserlo si aiutava con qualche bicchiere di vino. A volte gli capitava di esagerare, come quella volta lì.
Bafi recitava nel ruolo di un pilota che doveva portare ad un medico, interpretato da Romolo, una medicina che era l'unica speranza di salvezza per un bambino molto malato. Si trattava, come potete immaginare, di una scena drammatica, ad alta tensione. La tragedia incombeva in una cornice di tuoni, fulmini, pioggia violenta. Un nubifragio rendeva impossibile l'impresa del pilota. Il copione però prevedeva che il suo coraggio sarebbe stato più forte delle avversità: avrebbe affrontato e superato ogni pericolo, giungendo in tempo a salvare il bambino. Sarebbe stata l'apoteosi per Bafi, se l'interpretazione dell'eroica impresa fosse stata come il copione richiedeva. C'era bisogno, come capite, di una carica notevole, e, per sfruttare al massimo le sue possibilità, Bafi aveva ritenuto di potenziarle con il suo carburante preferito.
Ma volle potenziarle troppo e, dietro le quinte, si addormentò.
"L'ea ciapà na bala ad quele grosse!" 5
Svegliarlo era impossibile oltre che inutile. Non si sapeva che fare. Nessuno era in grado di sostituirlo. Comunicare al pubblico la sospensione della recita, perché l'attore principale era ubriaco, avrebbe suscitato proteste e derisioni. Il fiasco avrebbe messo in ridicolo la compagnia che non sarebbe stata più invitata in nessun altro paese. Se poi tenete conto della rivalità campanilistica, potete capire la risonanza dell'episodio nel territorio.
Che fare dunque? Nessuno lo sapeva ed ormai tutti si sentivamo avviati verso il vergognoso insuccesso. Tutti aspettavano la decisione della regista ma tutti pensavano, purtroppo, che " a'n gh' era più gnent da far!" 6
La maestra però non si arrese e, con una presenza di spirito eccezionale, escogitò la soluzione.
Ordina di chiudere il sipario, dichiarando la fine del primo atto. Nell'intervallo, mentre la prepara, spiega agli attori disponibili la variante al copione che li salverà dal fiasco. Il pilota Bafi, "l'è ancora lì ch'al dorm, sto' mascalzon" 7, non entrerà in scena.
Si apre il sipario per il secondo atto. Tuoni, fulmini, vento e pioggia, aumentano d'intensità. Il medico Romolo cammina nervosamente avanti e indietro, vicino al letto in cui il bambino giace, e le sue parole riflettono il grande sconforto per le avversità che si accaniscono contro il piccolo innocente.
Improvvisamente, squilla il telefono. Romolo corre, alza la cornetta ed ecco, si sente una voce fuori campo, appena capace di vincere il fragore del nubifragio, disturbata dalle scariche elettriche che si propagano lungo la linea. E’ quella della regista che recita la variante preparata nell'intervallo:
"Sono il pilota", informa, "e mi è impossibile alzarmi in volo. Posso però fornire a lei dottore, con l'aiuto del farmacista che è qui con me, tutte le indicazioni necessarie perché lei possa preparare la medicina e curare il bambino”.
Il pubblico partecipa in un silenzio commosso.
Le istruzioni della voce lontana sono poco chiare, ma Romolo dimostra di capirle, eseguendole sapientemente.
Insomma, per farla breve, la medicina fu preparata, pur tra le difficoltà per la ricerca degli elementi necessari, e somministrata al bambino che subito si riprese.
La tensione emotiva si allentò, il temporale finì, il pubblico, soddisfatto, applaudì vigorosamente.
"Fu un successo!"
Romolo termina il racconto e rimane in silenzio. I suoi occhi, dietro gli occhiali scuri che nascondono una lacrima, fissano le immagini che scorrono nella mente: belle, intense, irripetibili.
Ha raccontato a voce bassa, scegliendo con cura le parole. Recitare era una sua aspirazione e mia nonna, la regista, gli aveva dato la possibilità di sognare. Chissà su quali e quanti progetti aveva in seguito fantasticato! Certamente ora, nel silenzio che subentra al racconto, anche quei progetti ritornano vivi nella sua emozione.
Poi ha fatto l'elettricista per tutta la vita.
Ora, quando può, racconta. Io, il nipote della regista che gli aveva dato la possibilità sognare, ho rappresentato una ghiotta occasione. Non sono come gli amici del bar, che quando capiscono che gli sta per partire una storia, dicono:
"Romul, questa chi, at l'è za cuntàda mila olte" 8.
E a me hanno fatto in silenzio capire:
"Romul, quand ch'al partìsc, at taca ad chi butòn!".9
Ma io ho ascoltato volentieri la sua storia che mi ha fatto conoscere un aspetto di nonna che mi era ignoto. E poi a me piacciono le storie di personaggi sconosciuti di uno sconosciuto paese. Nascondono sogni spezzati ed una comicità triste e tenera. Non c'è disperazione; rassegnazione forse, prodotta dalla certezza che qualunque cosa si faccia, grande o piccola che sia, il tempo la dissolve. E' triste vedere naufragare i propri sogni, ma spesso, in questo naufragio, c'è qualcosa d'allegro e comico che ci conforta.
Tutti i sogni, realizzati e non, confluiscono nel nulla che ci accomuna, ma quelli non realizzati penetrano più a fondo nel buio del nostro essere, illuminando una speranza che la ragione non sa spiegare.
note
1-"Sai chi è costui?" "mm Sì, mi sembra" "E' il figlio di Fabìola" "Ah, sì il figlio di Remo...Zeno!"
2-"Eh, anch'io ti conosco. Sei Zeno"
3-Il cursore, il "postino" del comune
4-Mi conosci ancora?
5-Aveva preso una sbornia, di quelle grosse
6-Non c'era più nulla da fare
7-E' ancora lì che dorme, questo mascalzone!
8-Romolo, questa l'ha già raccontata mille volte!
9-Romolo, quando parte, attacca di quei bottoni!
Libro
il racconto è inserito anche in questo libro cartaceo