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Non dovrai più

... Autunno 2003 ...

Ecco.

Ora non devo più comprare scatolette di carne al supermercato.
Non devo più pensare: "Ma sì, prendo queste che costano meno, tanto sono tutte uguali!"
Non devo più, la sera, metterti in garage a dormire perché facevi la pipì sulla pedana del bagno o bagnavi il divano di saliva.
Ero il tuo padrone assoluto. Avevi scelto che lo fossi, ed avevi deciso di dedicare la tua vita a me.
Il tuo attaccamento era così totale che a volte, te lo dicevo apertamente, mi facevi perfino irritare: " Ma Billy, va a farti un giro in cortile, sta un po' fuori da solo, non venirmi sempre dietro; abbi una tua personalità autonoma!" ti dicevo.
Ora non dovrò più ripetertelo.
Ora non dovrò più dirti, o farti fare, nulla.
Ora, che ho dovuto decidere se la tua vita dovesse continuare. Ed ho deciso di no, per non vederti soffrire, incapace, io, di vedere e sopportare una qualunque sofferenza.
Non tu.

A te la forza per sopportare non mancava.
Non sapevi cosa ti facesse soffrire quand'eri solo, ma ti bastava una mia carezza ed una passeggiata con me. E la sofferenza svaniva.
Io non avevo capito. Come tante altre volte, non ho capito. O non volevo capire. Perché capire era sapere ciò cui non volevo credere.
Mi illudo a volte di poter imbrogliare la vita, fingendo di ignorarne i segnali. Trucchi che non servono. Lei fa ciò che vuole, quando vuole, come vuole.
Avevo voluto credere che fosse mal di denti, come aveva detto il veterinario in novembre. Avevo voluto illudermi che le pasticche rosa che ti aveva ordinato, e che Giovanna ti somministrava nascondendole in una fetta di mortadella, ti avrebbero attenuato la parodontite.
Altro che parodontite! Dalla tua gola non passava più nulla.
Per questo eri dimagrito. Per questo quando ti aprivo la scatoletta di carne non saltavi più.
Mi guardavi con gli occhi tristi. Volevi e non volevi dirmi il tuo tormento.
Ti avvicinavi riluttante alla ciotola.
Lentamente.
Faticosamente, mangiavi qualche pezzettino della carne che prima divoravi in pochi secondi. I gatti che correvano intorno a te, difficilmente riuscivano ad accaparrarsene qualche boccone.
"Billy non abbaia più, quando suonano il campanello" avevo notato.
"E' vero", diceva Giovanna.
"E' vecchio" concludevamo.
Vecchio...sì...
Ma scacciavo il pensiero che mi turbava. Come se fosse sufficiente ad evitare ciò che temevo accadesse.
Credevo, qualche mese fa, ti fosse venuto il vizio di grattarti la bocca e di sputare. Cretino! Sono stato un cretino. Un vizio... Tu!
Caro Billy, hai segnato definitivamente quest'anno difficile.

Ricorderò per sempre le passeggiate di sera, con te.
Per il paese. Io e te soli. Con i nostri pensieri. Uniti dal guinzaglio che non era una semplice corda, ma la materializzazione di un'unione. Della tua dedizione, della tua fedeltà.
Annusavi la strada e l'erba del ciglio. Il naso a pochi millimetri dall'asfalto.
Un rumore e rizzavi di scatto testa ed orecchie, guidate da un antico istinto di cacciatore.
Ricordi la tortora catturata con orgoglio dentro l'area dell'ex zuccherificio, dieci anni fa?
Seguivi tua madre Nerina. Io e Nicolò con voi. Arrivasti con il trofeo in bocca. Testa alta, al di sopra dell'erba, per mostrarlo con orgoglio ai tuoi padroni. A me e Nicolò fece pena, è vero, il capo reclino della tortora, i suoi piccoli occhi chiusi, la riga di sangue sul collo grigio. Però ti dedicammo un sorriso, anche se, forse l'avrai notata, sui nostri volti c'era una leggera, per te incomprensibile, amarezza. Che potevi farci se la natura ha stabilito che le cose funzionassero così?"
Poi riprendevi l'esplorazione. Alzando la zampa contrassegnavi il percorso. E via.
Ed io ti seguivo allentando o bloccando il guinzaglio.
Era per me come immergermi nell'unico canale che dà un senso all'esistere: dove ti si chiede solo di vivere senza cercarne il perché. Attendevo l'ora della passeggiata. Tu tornavi a vivere. Ed io trovavo la capacità di dimenticare paure incontrollate di perché senza risposta. Tu risorgevi. Come me.
La trasformazione che la passeggiata provocava mi aveva illuso. Così nel primo pomeriggio dell'undici dicembre 2003, ti ho messo il guinzaglio per portarti a guarire dal veterinario. Ci aveva convinto che l'intervento avrebbe eliminato il fastidio che ti perseguitava.
Tu non sapevi, ed eri già felice. Scodinzolavi. Pensavi che la passeggiata anticipata sarebbe stata più lunga.
Che bello!
Troppo lunga.
Erano i tuoi ultimi salti.
I tuoi ultimi sguardi.
Ancora una volta per me.
L'ultima.

Ti ho salutato toccandoti la testa, addormentato sul tavolo metallico dell'ambulatorio.
Avevi barcollato per un po' dopo il narcotico. Non capivi cosa ti stesse succedendo.
Ma ti fidavi.

Il tuo padrone assoluto era lì. Non avevi dubbi sulle sue decisioni.
Poi, dopo pochi minuti, la telefonata del veterinario.
Dovevo tornare nell'ambulatorio.
Per decidere.
Se autorizzare un intervento violento che, chiedendoti sofferenza, avrebbe potuto prolungare, forse, la tua vita per qualche altro giorno.
Ti ho sepolto nell'orto, dentro la scatola di cartone con cui ti ho portato a casa.
Inerte.
Dopo l'iniezione letale.
Ora il tuo muso ed i tuoi occhi innamorati fluttueranno nel mio cervello.
Insieme a quelli di tutti coloro che mi hanno lasciato.
Insieme a quelli di Lila, Black, Nerina.
Ed ora i tuoi, Billy.
Voi, i miei cagnetti. Tutti con una dedizione ed una fedeltà che, quando ve ne siete andati, mi è sembrato di non meritare.

Ora non devo più tirare con sgarbo il guinzaglio perché, incurante dei cartelli del sindaco, decidi di far la cacca sul marciapiede.
Non devo più dirti: "Ma proprio qui la devi fare? Ora? Non potevi farla nel nostro cortile cinque minuti fa?"
Non comprendevi come mai io non capissi quanto fosse più eccitante farla in viaggio, tra le decine di spruzzi di pipì con cui contrassegnavi il tuo passaggio.
Non capivi, ma accettavi.
Sopportavi.
Ero il tuo padrone. Non discutevi. Sicuramente avevo ragione.
Ora non ti canzonerò più perché abbaiavi quando suonavano il campanello.
"Ecco il mio cane da guardia", dicevo. "Sono proprio tranquillo con lui. Se vengono i ladri, quando suoneranno il campanello troveranno Billy che abbaia!"
Ora non pretenderò più ubbidienza da te per ciò che non era nella tua natura capire.
Ora posso solo guardare il tuo collare allacciato alla rete vicino alla buca scavata in un pomeriggio umido di dicembre mentre il sole, scendendo rapidamente, lo arrossava.
Il tuo ultimo giorno con me.

Caro Billy sei stato una grande storia di questa mia casa.
Scelto da Marco tra i sei fratellini che Nerina aveva partorito nel giugno del '91, pochi giorni prima che venissimo ad abitarvi.
Ora non dovrò più chiudere il cancello perché te ne vai in strada.
Non incontrerai più il tuo nemico, biancastro dal pelo corto, che non tollerava la tua mitezza, la tua dolcezza.
Non infilerai più il muso nella feritoia del muretto per annusare la cagnetta di Bellini.
Il tuo amore, diceva Giovanna.
Non hai avuto molte storie d'amore.
Ed ora non ne avrai altre.
Si dice sette anni di un uomo corrispondono ad un anno di un cane.
Dicono. Se così fosse ti si poteva dire vecchio.
Ma il tuo muso ed i tuoi occhi sono sempre stati uguali. Da cucciolo a cane adulto. Occhi e muso sempre con la stessa dolcezza, la stessa mitezza. Anche il tuo bel pelo nero che poche volte lucidavo, perché non amavi fare il bagno. Un bel pelo ondulato. Con frange marrone chiaro nelle zampe e nella coda. E nel collo eleganti meshes bianche.
Non dovrò più rincorrerti per metterti nel lavandino del garage.
Non dovrai più nasconderti quando intuivi i preparativi per il bagno.
Che poi accettavi, quando ti scovavo e, senza troppa delicatezza, ti trascinavo sotto il rubinetto. Accettavi tutto ciò che decidevo per te. Ero il tuo padrone. Ti fidavi. Si vede che così doveva essere fatto, pensavi. Anche se non ti piaceva.
Non dovrai più scrollarti l'acqua appena fuori dal lavabo e non aspetterai più la passeggiata come premio per aver accettato la mia decisione di lavarti.
Non dovrai più pensare:" Ma perché questo mio padrone, cui sono tanto fedele ed a cui voglio comunque molto bene, mi fa scendere dal divano del salotto dove io sto così comodo?"

Quanti volti devo portare nel cuore! Ora anche il tuo. Per sempre. Leggeri, impalbabili, silenti.

Non dovrai più sentirmi dire: "Ma deciditi. Stai in casa o fuori. Non seguirmi ad ogni passo che faccio per andare a prendere un pezzo di legna da bruciare nel camino!"
Non dovrai più sentirti dire: "Ma guarda che fifone!" quando fuori c'è il tuono del temporale od i fuochi d'artificio della fiera di settembre. Ti rannicchiavi impaurito nell'angolo dello studio, sotto il tavolo del computer.

Non dovrai più subire un incomprensibile rimprovero per esserti rotolato in una merda trovata sull'erba degli argini dell'Adige, dove ti portavo per più spaziose avventure. "E ora come faccio a pulirti! Come ti posso portare a casa in macchina?" ti dicevo. Non capivi perché non apprezzassi la profumata crema spalmata sul pelo, così migliore del nauseabondo effluvio dello shampoo usato nell'inspiegabile rito del bagno!

Non ti troverò più ad attendermi dietro il cancello.
Non vedrò più i tuoi salti gioiosi quando indossavo il giubbotto per la passeggiata. Allungavi il collo verso le mie mani, perché allacciassero il collare che ti legava a me. Un legame che per te era la più grande libertà.
Ed io non avrò più lo sguardo dei tuoi occhi timidi che in silenzio mi chiedono di starmi vicino.
Ti avvicinavi lentamente dovunque io fossi. Al computer. Sul divano. Vicino al camino. Ti accucciavi. Sonnecchiavi. Ma non appena mi spostavo, ti alzavi e mi seguivi.
Non sentirò più Carlo che mi dice: "No'l va distante. El fa el so gireto, po el torna[1]"; uscivi, quando trovavi il cancello aperto.
Dodici anni di vita con te. Non sono pochi. Lasciandomi hai scavato un vuoto nel mio tempo.
Quando uscivo per la passeggiata pensavo di farlo per te. Ed invece era sempre più per me. Eri tu che mi facevi il piacere più intenso. Più grande.
Sono stato l'arbitro della tua vita. Ho deciso il tuo ultimo giorno. Io avevo la paura che tu non avevi. Ed ho confuso la mia paura con la tua sofferenza. Non pensavo ad un vuoto così.

Ho passeggiato, solo, nella nebbia, stasera.

Era scura.

Era umida.

Fino al piazzale di S. Sofia dove arrivavo con te. E mi fermavo un po'.
Quanto vuoto nelle mie mani in tasca!
Il berretto tirato sugli occhi e tanti giri di sciarpa al collo.
Fermo davanti alla piccola fontana ed alle sue luci.
Che solitudine questa passeggiata nella nebbia senza te, Billy!

Scusami, Billy.

Se piango.

Sulla Croma, verso l

Sulla Croma, verso l'Adige

Durante la passeggiata

Durante la passeggiata

Tentativi di alfabetizzazione informatica

Tentativi di alfabetizzazione informatica

Billy informaticamente autonomo

Billy informaticamente autonomo

[1] Non va distante. Fa il suo giretto, poi torna.

Libro

il racconto è inserito anche in questo libro cartaceo

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Commenti e note

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Belle parole. Ti sono vicino e ti capisco. Purtroppo ho perso la mia "cagnolina" la scorsa settimana. E ancora in questi giorni ogni tanto la chiamo dimenticandomi che non c'è più.

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Capisco la sofferenza Admin. Che abbiamo provato tutti noi quando un caro Amico ci lascia. Bellissime parole le tue. Ciao-

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ti capisco ciao

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Un mio cliente, dopo la morte del cane che avevano in officina, due anni fa, ha detto basta, nonostante ne avesse avuti più di uno. Afferma di aver pianto per tutto il tragitto dal veterinario. Vivono troppo poco.

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Beh, grazie di nuovo a tutti per i vostri sentiti commenti.

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Be... caro Zeno la compagnia di questi piccoli amici è molto preziosa, nelle emozioni che provocano c'è parte del divino. Un abbraccio.

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....stò piangendo come un bimbetto caduto sul marciapiede....io e mia moglie abbiamo 4 canine in casa, Licia l'abbiamo perduta lo scorso anno a quasi 14 anni, due hanno quasi 12 anni (Perla e Lea), una 8 (Vita) e una 6 (Bionda); entro l'anno ne prenderemo sicuramente un'altra per farla crescere e convivere con la mia Perla (la reginetta di casa con un carattere d'oro) almeno per quanto possibile....basta così....buona serata a tutti e buona festa.

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Caspita Zeno, bellissimo ricordo. Un abbraccio, -carlo.

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Quote Piercarlo: "...hanno soltanto cambiato stanza di una Casa più grande di quel che possiamo immaginare." è la frase più bella che ho letto da molto, molto tempo. Grazie!

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Piercarlo, credevo tu fossi un senza cuore ma mi ricredo e mi scuso di aver pensato questo di te. Da oggi hai tutto il mio affetto senza riserve. Un abbraccio.

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La mia gatta di 17 anni se ne è andata lunedì 24 aprile; era l'ultima di tre gatti, figlia di altri due che, tutti insieme, mi hanno accompagnato per vent'anni. Per cinquant'anni non ho passato giorno senza un animale in casa che avesse una coda, cane o gatto che fosse. Da qualche giorno questo non è più vero. Sono state davvero tante piccole storie d'amore sbocciate come mazzi di fiori pelosi fin da quando avevo sette anni... Ora sono davvero solo. Non ho più il tempo di crescere un cane o (ma preferibilmente e) un gatto; non ho più voglia di socializzare con persone che a Milano somigliano sempre più a degli spettri freddi, che parlano di cose che non capisco, che non mi interessano. Mi consolo con i ricordi e con i sogni in cui i miei piccoli amori pelosi tornano, di tanto in tanto, a dormire a sbafo sul mio letto o sul mio cuscino... E la vita continua anche con il brutto tempo. In fondo gli amici veri ci sono sempre anche quando non ci sono più; hanno soltanto cambiato stanza di una Casa più grande di quel che possiamo immaginare.

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Una vera testimonianza, la tua, di un affetto che, quando coinvolge un animale non umano, diventa a volte così intenso che entra a far parte di noi. Così, se viene a mancare, la sofferenza è acuta e il vuoto è forte. A me è successo con il mio gatto, 3 anni fa, che si chiamava Shannon e quando morì aveva 16 anni, non pochi per un gatto. Eppure era una presenza così particolare, così appagante pur nella sua indipendenza, che il doverci rinunciare forzatamente è stato veramente difficile e tuttora mi capita di pensarci...

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di ,

Anche il mio ha 5 anni... e anch'io ogni tanto penso alla sua morte.

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Grazie Wruggeri. Anch'io ho una gatta. Ha solo 5 anni e non ti nascondo che, ogni tanto, penso a quando non ci sarà più. Ciao.

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@CptFrank: anche l'allevatrice da cui presi il mio gatto disse la stessa cosa... ed è così: un cane, un gatto, senz'altro sono coloro cui regalare tutto quest'amore. Migliorano la vita.

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Molto commovente...Capisco il dolore, ma come dico sempre, in queste situazioni, se ve la sentite, appena possibile, adottate subito un altro cane, e dategli lo stesso affetto e amicizia che avete dato ai vostri precedenti AMICI. Sono esseri che danno tutto e non vogliono niente in cambio, se non un pò del nostro affetto. Sono sicuro che se potessero parlare, direbbero che è molto meglio vivere qualche decina d'anni con un uomo che considerano il loro padrone, che cento anni di randagismo e solitudine. E' davvero bello vedere che ci sono persone così sensibili. Grazie.

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Un racconto tanto ben scritto quanto toccante. Un abbraccio.

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di ,

Come ho già detto in altri articoli/racconti sei bravo a trasformare sentimenti in parole e quindi a comunicarli. Toccante, come ha detto Mario.

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di ,

Vedo che Nerino/a è un nome molto usato. Anche il cane di mia mamma e di mia zia, quando erano ragazzine, si chiamava Nerino. Comunque sì, la perdita di un animale domestico è molto dolorosa. Io ho pianto un sacco quando ho perso la mia qualche anno fà.. :(

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Coraggio Zeno. Ricordo sempre l'ultimo sguardo che mi ha dato Nerina, aggrappandosi al mio braccio prima della iniezione, ma col tempo un po' passa.

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Un abbraccio Zeno. Ti capisco perfettamente perche' io ho avuto un cane e due gatti, tutti fantastici. Il gatto che ho ora e' una delle poche cose che mi da' la forza di tirare avanti quando ci sono quelle giornate "grigie" in cui io mi deprimo e non riesco a vedere un futuro finalmente stabile. Allora volgo lo sguardo. Trovo gli occhi del mio micio che mi fissano. Silenzioso. Sicuramente lui "sa" che c'e' qualcosa che non va. E io gli parlo e gli dico: "Forza vecchio mio. Ne abbiamo passate tante assieme, da Torino alla Calabria e ora in Veneto, passera' anche questa..." Poi magari e' proprio la stessa cosa che lui (il gatto) sta dicendo a me in quel momento con il suo sguardo misterioso e comprensivo insieme... :-)

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di ,

Zeno bellissimi e toccanti anche gli altri due racconti che non avevo letto. Credo che il libricino non sarà tanto "ino" :-)

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di ,

Vi ringrazio tutti per aver apprezzato questo mio ricordo. Non mi aspettavo tanti interventi, ma evidentemente il legame che abbiamo con in nostri cani è qualcosa di speciale. E' di qualche anno fa ormai. Era già pubblicato da tempo, ma non con l'editor di EY. L'ho ricopiato e ripubblicato qui, ora che sto raccogliendo i miei raccontini per farne un anche libricino cartaceo. E' un po' strappalacrime, me ne rendo conto, ma le storie di cani (ma non solo) mi vengono così, come quella di Lila la mia prima cagnetta: allora ero un bambino. Ero per questo incerto, come al solito, se metterlo in primo piano o meno ma ho deciso di farlo. Ho un altro cagnetto ora, Wally, che ha già oltre dodici anni e che purtroppo in questi giorni ha subito un notevole intervento. Anche lui mi considera il suo padrone assoluto, anche lui mi è sempre accanto, anche lui non vede l'ora che io prenda il guinzaglio per porgermi il collo ed uscire con una gioia contagiosa che ti cancella, almeno per un po', quasi ogni altro pensiero.

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di ,

Caro Zeno, ci sono passato da poco ed è stata un'esperienza traumatica. Ero troppo affezionato alla mia cagnolina e quando se n'è andata ha lasciato un vuoto incolmabile. Sono loro che in realtà scelgono noi ed essere scelti è bello perchè ti fa sentire unico ed esclusivo. La ricordo sempre con immenso affetto e mi manca. Un abbraccio. Stefano

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di ,

Ciao Zeno, che belle parole hai scritto! Anche i miei hanno dovuto affrontare la decisione di sopprimere il loro cane, l'unico che avessero mai posseduto; ho visto la sofferenza nei loro occhi e immagino come possa stare tu. Per me è stato un po' diverso perché non vivevo sotto lo stesso tetto e tornavo solo nel fine settimana, vedendolo sempre più indebolito e sapendo che probabilmente il prossimo non l'avrei più sentito picchiarmi la gamba con la sua coda scodinzolante. Sono esperienze che lasciano il segno, il cane è una compagnia fedele e dalla gioia inesauribile, finché per qualche motivo non c'è un problema che gli impedisce di mostrarti la sua contentezza e lo rende sempre più sofferente, ed è lì che ci accorgiamo di quanto ci stiano mancando, seppur ancora vivi, ma spenti... Non so se tu avrai un nuovo amico a 4 zampe, i miei hanno deciso di no, io spero un giorno di averne uno, anche se so che la sua vita, salvo imprevisti, sarà più breve della mia. Pensa sempre a quanta gioia ti ha dato e a quanta ne hai dato tu a lui, che sicuramente era contento anche solo della tua presenza; ora sarà difficilissimo, ma piano piano lo ricorderai con un sorriso e le sue foto più divertenti saranno sempre lì a fartelo immaginare ancora nella tua vita. Un abbraccio! P.S.: bellissima la foto con lui informatizzato :D

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di ,

Molto toccante! Un abbraccio

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di ,

Bellissimo, mi hai fatto venire gli occhi lucidi. Spero di non essere costretto ad una simile decisione e che la mia Briskola mi lasci naturalmente, magari durante una passeggiata troppo impegnativa in montagna, muso a terra e cuore tra le nuvole. Grazie

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di ,

Sono senza parole.

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di ,

Ti capisco benissimo, ho passato anch'io la tua stessa esperienza e fa male, molto male, dover decidere, chi siamo per farlo? Sono domande che mi son fatto spesso anch'io e non sono ancora riuscito a dare una risposta, credo me le porterò per sempre dentro di me. Fatti forza.....

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