Riprendiamo il discorso sulla simmetria in musica, esaminando ora un’asimmetria che caratterizza la maggior parte della musica che ascoltiamo normalmente.
Indice |
Tonalità
Scale e consonanza
La più importante successione ordinata di suoni è la cosiddetta “scala maggiore”, direttamente derivata dagli armonici naturali e chiamata dai Greci diatonica. In seguito all’importanza che vennero assumendo i problemi di trasposizione in altezza (“pitch”) dei cantanti e degli strumenti a note fisse, fu introdotto il sistema di generazione delle note detto temperamento equabile su 12 note (12TET = 12 Tones Equal Temperament), in base al quale il semitono, minima distanza tra una nota e la successiva, ossia minimo rapporto di frequenza tra le due, divenne unico, di valore uguale a 21 / 12. Prima di questo sistema i semitoni non erano tutti uguali; esistevano il semitono diatonico e quello cromatico, secondo che si trovasse rispettivamente tra due note di nome diverso o tra una nota e la stessa alterata.
La distanza tra due note qualsiasi, come abbiamo detto nella prima parte, è chiamata intervallo. Considerando che le combinazioni di 12 suoni a 2 a 2 sono 12*11/2 = 66, ogni combinazione dà luogo a un intervallo differente. Dei 66 intervalli, 36 sono considerati consonanti e 30 dissonanti. Consonanza e dissonanza non sono “bianco o nero” ma variano a loro volta con una certa gradualità secondo gli intervalli: alcuni di essi sono più consonanti o più dissonanti di altri. La consonanza è una qualità della forma d’onda (fdo) risultante dalla somma delle due fdo di due suoni, che consiste in una piacevolezza di ascolto sulla quale avremo modo di ritornare in seguito. Essa si manifesta marcatamente all’interno dell’ottava quando il rapporto tra le frequenze delle due fdo è uguale (o, con una tolleranza piuttosto stretta, vicino) a quello tra due interi piccoli; appena ci si discosta da questa condizione si ha dissonanza. Uscendo dall’ottava, consonanza e dissonanza tendono a dissolversi l’una nell’altra. La spiegazione è nel fatto che la periodicità (che è simmetria di traslazione) fa lavorare il nostro sistema di percezione acustica in una zona di minore fatica; ma la fatica aumenta se la periodicità è “troppo semplice”. Uno dei suoni più faticosi è infatti quello puramente sinusoidale: la coclea, che funziona come una linea di ritardo funzione della frequenza, genera maggior stress se sollecitata in un solo punto. In effetti in natura il suono sinusoidale praticamente non esiste e per noi è meglio un suono con molti armonici.
Mi rendo conto che questa parte sulla tonalità può essere un po’ pesante; forse erano necessari dei piccoli esempi sonori su file mp3. Confesso che non ho avuto tempo di inserirli; ma se ci fosse questa richiesta da parte di qualcuno, mi impegno a farlo.
Scala
Una scala è una successione crescente di un certo numero n di note, con n <= 12, caratterizzata dalle distanze tra un grado e il successivo.
Una scala che inizi da una nota diversa da C, a cui nella rappresentazione insiemistica normalmente corrisponde 0, conterrà un certo numero di note che sconfinano nell’ottava successiva. Per rappresentare realisticamente una scala occorrerebbero quindi due cerchi delle note, su due ottave successive. Il ciclo delle note andrebbe anche ripetuto per ogni ottava: se le ottave utilizzate, per motivi di “banda di ricezione musicale” del nostro orecchio, sono 7 occorrerebbero 7 cerchi delle note tutti uguali, posti su piani paralleli in una visione cartesiana a 3 dimensioni. Noi utilizziamo un unico cerchio come proiezione di tutti gli altri su un unico piano. Ciò non toglie niente alla struttura intervallare di base, costituita dalle distanze reciproche in semitoni in ambito ottava. In effetti nella letteratura si parla di Classe di altezza (Pitch Class) per denotare un'altezza indipendente dall'ottava di appartenenza.
Le suddette distanze formano un insieme ordinato K{} i cui elementi ki indicano il numero di semitoni tra il grado i e il grado i+1 . Un suffisso _x annesso a K porta a scrivere K_x per indicare il tipo di scala, detto anche modo. I modi più comuni sono il modo maggiore (M) e il modo minore (m). Una scala può così iniziare da qualunque nota se mantiene le stesse distanze K tra i gradi. L’insieme K è quindi l’insieme d’appoggio per la struttura della scala: le scale con la stessa struttura formano un gruppo simmetrico.
Per la scala in modo maggiore si ha K_M = {2, 2, 1, 2, 2, 2, 1} ordinato in modo crescente. Ad esempio per C maggiore significa: tra C e D c’è un tono, come tra D e E, F e G, G e A, A e B; mentre tra E e F, B e C (dell’ottava superiore) c’è un semitono. Cambiando il primo grado, detto “tonica”, si ottengono tutte le scale maggiori. C maggiore = C_M = {0, 2, 4, 5, 7, 9, 11} ossia C D E F G A B. Mentre B maggiore = B_M = {11, 1, 3, 4, 6, 8, 10} ossia B C# D# E F# G# A# B.
Scala di C maggiore (azzurro) e B maggiore (rosso). Sono indicate anche le note di arrivo, convenzionalmente poste nell'ottava successiva.
Le scale si ripetono delle ottave successive: ciò viene rappresentato con un'elica. "Chroma" si riferisce all'altezza, che in quanto frequenza è analoga al colore. In realtà il colore in musica viene associato a quel carattere sonoro detto "timbro", che fisicamente è la composizione spettrale e percettivamente ci fa distinguere il suono dei vari strumenti a parità di altezza.
Modi
Esistono molte altre scale. Quella formata da tutte le 12 note si chiama scala cromatica. Una delle più importanti uella di tutte tra quelle di 7 note è la scala “minore”. Partendo dalla nota A e suonando i soli tasti bianchi si ha la scala minore “naturale”, la cui struttura è K_m = {2, 1, 2, 2, 1, 2, 2}12. Altre scale minori esistono (armonica, melodica, napoletana, …) e altre scale ancora si chiamano “modi”, che è il loro nome antico in epoca greca e medievale. In realtà la nozione di “modo” è assai problematica, una delle più intricate della teoria musicale, in quanto nel corso dei secoli ha subìto una grande quantità di variazioni di significato. Semplificando, si è giunti a una classificazione moderna riportata al sistema temperato attuale, in cui i “modi” sono scale diatoniche ottenute suonando i soli tasti bianchi del pianoforte, a partire da ognuna delle sette note:
Modo |
Nota di partenza |
Struttura |
Classi di altezza | |
---|---|---|---|---|
Ionico | C |
K_Ion |
= {2, 2, 1, 2, 2, 2, 1} = K_M | |
Dorico | Dor |
K_D |
= {2, 1, 2, 2, 2, 1, 2} | |
Frigio | E |
K_Fri |
= {1, 2, 2, 2, 1, 2, 2} | |
Lidio |
F |
K_Lid |
= {2, 2, 2, 1, 2, 2, 1} | |
Misolidio |
G |
K_MLd |
= {2, 2, 1, 2, 2, 1, 2} | |
Eolio | A |
K_Eol |
= {2, 1, 2, 2, 1, 2, 2} = K_m | |
Locrio | B |
K_Loc |
= {1, 2, 2, 1, 2, 2, 2} |
Ciò che cambia tra un modo e l’altro sono le posizioni di toni e semitoni sui vari gradi della scala modale; le strutture sono infatti tutte le permutazioni cicliche dello stesso insieme di 7 elementi. La scala maggiore e quella minore naturale sono due dei sette “modi” e infatti sono detti anche “modo maggiore” e “modo minore”; nel periodo classico hanno spodestato gli altri cinque, che sono però riapparsi nel tardo ‘800 e più decisamente nel ’900, specie nel jazz. Bisogna ricordare che anche molta musica popolare è basata su scale modali. Ma se le note dei modi sono sempre le stesse e cambia solo quella di partenza, qual è la differenza che si produce tra un modo e un altro? Cerchiamo di spiegarlo sommariamente di seguito per la tonalità.
Tonalità e Accordi
Per i modi maggiore e minore si parla di tonalità e di musica tonale; quanto diremo si applica sostanzialmente anche alle scale modali e quindi alla cosiddetta modalità.
Che cosa è la tonalità? Non è proprio facilissimo definirla, perché riguarda soprattutto l’armonia, che in senso tecnico è lo studio degli accordi e delle loro concatenazioni. In altre parole la tonalità induce una sintassi compositiva.
Un accordo è un gruppo di 3 o più note suonate contemporaneamente. Gli accordi più semplici sono composti di 3 note, chiamiamole a-b-c, disposte in altezza crescente per intervalli di terza; la prima nota è quindi quella più bassa. Questa disposizione si chiama stato fondamentale, perché rispetta la successione degli intervalli derivati dagli armonici ed è quella più consonante. In questa disposizione, la prima nota è il basso. Le altre due disposizioni delle note si chiamano rispettivamente 1° rivolto (b-c-a) e 2° rivolto (c-a-b): anche in questi due rivolti, il basso rimane sempre la nota “a”. Esempio: L’accordo di C maggiore (DO maggiore) Acc_C_M = {0, 4, 7} stato fondamentale; {4, 7, 0} primo rivolto; {7, 0, 4} secondo rivolto; si deve intendere che sempre, anche nei rivolti, le note sono di altezza crescente, mentre il basso rimane per definizione sempre quello dello stato fondamentale, in questo esempio 0, cioè C.
Si può dimostrare che qualsiasi accordo, anche composto da un numero maggiore di note, può essere disposto come successione crescente di terze, individuando così lo stato fondamentale e quindi anche il basso. Gli accordi prendono il nome dalla nota “basso” con suffisso composto da numeri relativi agli intervalli più grandi, sottintendendo l’intervallo di terza e di quinta (se giusta). Esempio: Acc_C_7m = {0, 4, 7, 10} cioè C-E-G-Bb si scriverebbe C357m, ma in realtà si scrive C7m. Il “7m” indica la settima minore C-Bb. Se si volesse indicare il primo rivolto E-G-Bb-C si scriverebbe C67m, dove il 6 indica l’intervallo tra prima nota (E) e basso (C). Quello appena detto è un tipico “accordo di settima”. Tra l’altro, gli accordi sono tutti “dispari”: settime, none, undicesime, tredicesime, …; ciò deriva dalla disposizione per terze, che deriva a sua volta dalla successione degli armonici. Questo tipo di scrittura si chiama “basso numerato” o “basso continuo” ed è stata largamente usata in tutto il periodo barocco (1600-1750), in cui gli esecutori sapevano tradurre immediatamente i numeri in note improvvisando; la musica pop l’ha fatta tornare di uso comune, con alcune varianti. Chi suona in una band deve per forza conoscerla a menadito. Con 3 note si individuano 3 intervalli: a-b, b-c, a-c. Le principali combinazioni di distanze di terza a-b e b-c, espresse in semitoni, danno luogo alle seguenti strutture accordali S_Acc:
- una terza maggiore seguita da una terza minore: accordo maggiore S_Acc_M = {4, 3}
- una terza minore seguita da una terza maggiore: accordo minore S_Acc_m = {3, 4}
- due terze minori: accordo diminuito S_Acc_d = {3, 3}
Esempi:
- accordo di D Maggiore Acc_D_M = {2, 2+4, (2+4)+3} = {2, 6, 9} ossia D-F#-A
- accordo di F# minore Acc_F#_m = {6, 6+3, (6+3)+4} = {6, 9, 1} ossia F#-A-C#
- accordo di A diminuito Acc_F#d_m = {9, 9+3, (9+3)+3} = {9, 0, 3} ossia A-C-Eb
Esistono dei legami tra gli accordi di tre note (triadi) che hanno carattere generativo. Il primo a indagare questo tipo di struttura, del tipo a reticolo (in inglese “lattice”) è stato Eulero nel 1739, ma il suo studio è rimasto silente finché nella seconda metà dell’800 il musicologo Hugo Riemann (non il matematico!) ha inventato il Tonnetz (in tedesco per “rete tonale”), divenuto il fondamento del concetto di “spazio delle altezze” (pitch space). Da lì alcuni teorici hanno sviluppato la cosiddetta “teoria neo-Riemaniana” che spiega le connessioni tra tutte le triadi maggiori e minori attraverso alcune trasformazioni di base. Tutto ciò può essere rappresentato graficamente in vari modi, uno dei quali è il reticolo sottostante, in cui le note sono disposte per intervalli di quinta (ed: F, C, G, D, …) e in cui triangolo individua un accordo triadico, maggiore o minore.
Su questa base è possibile studiare tramite l’algebra tutta una serie di concatenazioni di note, argomento sul quale non possiamo qui dilungarci oltre: gli studi in questo campo, piuttosto complessi, comunque proseguono anche ai nostri giorni.
Un accordo è consonante se le note che lo compongono sono a due a due consonanti, cioè se sono bicordi (intervalli) di: quinta giusta, quarta giusta, terza maggiore, terza minore, sesta minore, sesta maggiore. In termini insiemistici gli elementi dell’ insieme CONS = {7, 5, 4, 3, 8, 9}12 rappresentano la quantità di semitoni contenuti in un bicordo consonante, da intendersi modulo 12, in ordine di consonanza “decrescente”, che sfuma verso una dissonanza “blanda”. Tutti gli altri bicordi sono dissonanti, anch’essi a vario grado: DISS = {10, 6, 2, 11, 1}12 che rappresenta la quantità di semitoni contenuti in un bicordo in ordine di dissonanza “crescente” e cioè settima minore, quarta eccedente, seconda maggiore, settima maggiore, seconda minore. E’ sufficiente che uno solo dei bicordi che compongono l’accordo sia dissonante perché tutto l’accordo sia considerato dissonante.
Scale e accordi sono strettamente correlati. Una particolarità della scala maggiore è l’intervallo tra settimo e ottavo grado, che è una seconda minore, ossia un semitono; posto alla fine della scala, questo intervallo genera una speciale forza attrattiva, in senso psicoacustico, verso l’ottavo grado, cioè la tonica. Per questo motivo il settimo grado della scala maggiore viene chiamato “la sensibile”. Esso svolge un ruolo di primo piano nella costruzione musicale tonale.
Si possono costruire accordi di 3 note, i più importanti, o anche di un numero maggiore di note (tipicamente 4 o 5) su ciascun grado della scala. Gli accordi di 3 note costruiti prendendo come basso le note della scala maggiore sono tutti consonanti, salvo quello sul settimo grado è che è dissonante. Ad esempio, per la scala C_M quest’ultimo accordo è B-D-F, in cui l’intervallo B-F è una quinta diminuita.
L’accordo di 3 note sulla tonica è quello che, insieme alla scala, caratterizza la tonalità. Ogni pezzo scritto secondo le regole della tonalità si conclude con questo accordo. Tra queste regole ci sono quelle dell’armonia, che dicono come si possono concatenare gli accordi (non solo quelli di 3 note) costruiti sui vari gradi della scala. Queste regole si riconducono tutte alla super regola dell’attrazione della dissonanza (tensione) verso la consonanza (risoluzione, riposo) e della consonanza meno marcata (risoluzione non stabile = lieve tensione) verso quella più marcata (risoluzione definitiva). Tutta la musica tonale è costruita su successioni di tale paradigma, realizzate in maniere disparate e variamente interconnesse.
Come esempio di rappresentazione grafica, entrambi gli accordi Acc_C_M e di Acc_C_m sono mostrati nella figura sottostante di sinistra; in quella di destra sono rappresentati Acc_C_M e Acc_A_m. Quest’ultimo è detto “relativo minore” di C perché costruito con le stesse note di Acc_C_M.
Accordi C maggiore (verde) e C minore (rosso).
Accordi C maggiore (verde) e C minore (rosso).
Simmetria e occorrenze
Guardando queste figure è subito evidente che gli accordi maggiori e minori di tutte le tonalità si ottengono semplicemente ruotando di k*30° [k = 0, 1, …11] i due triangoli intorno all’asse perpendicolare al centro del cerchio delle note. La stessa considerazione vale per altri accordi, che nel cerchio delle note sono rappresentabili come poligoni inscritti, con numero di vertici pari al numero di note che li compongono. Si può notare che gli accordi tonali sono tutti asimmetrici. Accordi simmetrici, rappresentabili cioè con poligoni regolari, si rivelano dissonanti.
Sono i suoni della scala, maggiore o minore, che caratterizzano la tonalità; essa prende infatti il nome della scala. Dato che i suoni della scala sono a due a due o consonanti o dissonanti e dato che la musica occidentale è basata sulla dialettica consonanza-dissonanza, sbilanciata a favore della consonanza, la regola per la tonalità è:
un pezzo scritto nella tonalità X contiene per lo più note appartenenti alla scala X
Le note in un pezzo cioè non sono distribuite statisticamente in modo uniforme ma rispondono a un’impostazione “gerarchica”: alcune note sono più frequenti di altre, alcune coppie di note sono più frequenti di altre e così via, rendendo manifesta una gerarchia delle note. Contando tutte le note di tanti pezzi tonali, potremmo stilare una tabella di occorrenza dei vari gradi. Troveremmo che le 7 note corrispondenti ai vari gradi della scala sono, con una prevalenza del 1° e del 5° grado, in percentuale nettamente più alta rispetto alle 5 note che non vi appartengono. La figura sottostante mostra un esempio di conteggio delle note nel primo tempo della sonata K545 di Mozart.
La gerarchia è collegata alla consonanza, la quale ha a che fare con rapporti di frequenza fondamentale uguali a rapporti di interi piccoli, lo andiamo ripetendo. Ma questo vale soprattutto nell’ambito dell’ottava. Più l’intervallo supera l’ottava, più la dissonanza dovuta all’assenza di questa condizione si attenua fino a quasi sparire. Date due frequenze f1 e f2, la dissonanza si fa sentire molto se l’intervallo è compreso tra l’unisono un po’ aumentato e un intervallo di seconda più “stretto” della seconda eccedente; l’intervallo così delimitato è detto banda critica: la dissonanza è massima quando l’intervallo è ampio circa ¼ della banda critica. L’unisono puro è ovviamente consonante: se la differenza di frequenza è piccola, diciamo entro qualche Hz, si hanno battimenti che possono essere piacevoli (vibrato); aumentando la differenza di frequenza aumenta la frequenza dei battimenti che diventano spiacevoli; aumentando ancora, si arriva alla consonanza della terza minore f2/f1=6/5; aumentando di nuovo si ha dissonanza che però scompare quando si arriva a f2/f1=5/4 (terza maggiore). Si pensava (Heltmolz) che dissonanza e consonanza riguardassero anche i rapporti di frequenza tra gli armonici di intensità comparabili; ma Pierce ha dimostrato che questa condizione è in realtà poco rilevante, se non del tutto trascurabile. Si può immaginare una vaga corrispondenza tra consonanza e correlazione: una funzione di correlazione tra le forme d’onda di due note mostrerebbe dei picchi quando il rapporto tra le frequenze è un numero razionale p/q, tanto più marcati quanto più p e q sono piccoli. La consonanza corrisponde quindi alla percezione di una struttura basata su numeri interi piccoli dell’insieme delle note: in questo senso la consonanza è una quasi-simmetria.
Dmitrj Timoczko, Associate Professor at Princeton University, nel suo libro "A geometry of music" (Oxford University Press, 2011) individua 5 caratteri della tonalità:
- Conjunct melodic motion: le melodie tendono a procedere per "gradi congiunti" o comunque per distanze piccole tra una nota e la successiva
- Acoustic consonance: la consonanza è lo stato di stabilità a cui i suoni tendono
- Harmonic consistency: gli accordi tendono a succedersi per distanze "piccole" (per le triadi nel Tonnetz i triangoli sono o adiacenti o vicini)
- Limited macroharmony: il termine "macroharmony" si riferisce al succedersi di accordi in un frammento della composizione, in cui le armonie rimangono "vicine"
- Centricity: sempre in un frammento, si ha la preminenza di una nota sulle altre, una sorta di polo di attrazione.
La tonalità è un modo di strutturare l’aggregazione delle note; quasi sempre però in un pezzo si trovano più di una tonalità che si susseguono. Il passaggio da una tonalità a un’altra si chiama modulazione. Esiste una sorta di “distanza di Hamming” (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Distanza_di_Hamming ) anche tra le tonalità: quelle più “vicine” hanno in comune più note o, in linguaggio insiemistico, i due insiemi _M hanno intersezione con cardinalità maggiore. Si può constatare facilmente che sono quelle la cui tonica dista una quinta giusta (o una quarta giusta, il che è lo stesso, visto che nel contesto degli intervalli 5+4=8 !). Ad esempio: C_M ∩ G_M = {0, 2, 4, 5, 7, 9, 11} ∩ {7, 9, 11, 0, 2, 4, 6} = {0, 2, 4, 7, 9, 11}. Invece C_M ∩ F#_M = {0, 2, 4, 5, 7, 9, 11} ∩ {6, 8, 10, 11, 1, 3, 5} = {5, 11}: le due tonalità sono “lontane”.
Chiamando la scala “successione ordinata di suoni” parliamo implicitamente di asimmetria: l’ordinamento su un insieme, per cui si può scrivere a<b o a≤b, è un’operazione che non può ammettere simmetrie. Ma noi abbiamo presentato le 12 note come una successione ordinata A, A#, B, … e poi abbiamo detto che sono dotate di simmetria! Dove sta la contraddizione? Come ci ha insegnato B. Russell (o forse prima di lui qualche filosofo greco: quelli avevano già pensato tutto) per eliminare una contraddizione occorre separare logicamente gli oggetti che la compongono. L’elemento di simmetria delle 12 note è la distanza, ossia il rapporto di frequenza, tra una nota e la successiva, che è invariante, uguale per tutte e che quindi induce una simmetria di traslazione; se poi consideriamo l’equivalenza di ottava, la linea ideale che congiunge le note in successione si chiude in un cerchio e la simmetria diviene rotazionale. Se consideriamo la frequenza fondamentale delle singole note in assoluto, la simmetria sparisce. Bisognerebbe infatti parlare di “classi di equivalenza”, ma io non sono un matematico e preferisco soprassedere.
D’altra parte, se consideriamo una scala nel suo insieme, possiamo individuare 12 simmetrie di rotazione degli eptagoni aperti o dei triangoli che rappresentano rispettivamente scale e accordi di tonica delle tonalità, dato che la struttura si conserva. In generale la tonalità si mantiene costante solo per frammenti più o meno lunghi, per poi modulare verso altre tonalità; le modulazioni possono essere rare o frequenti, non c’è una regola specifica, naturalmente. Come ho detto, se un pezzo (o un frammento) è scritto in una certa tonalità, la frequenza statistica è più alta per le note che formano intervalli più consonanti con la tonica. La tonalità quindi induce un’organizzazione gerarchica delle note, in cui la tonica è il re, la dominante è la regina (sic!) e le altre note sono cortigiani sempre meno importanti man mano che la consonanza diminuisce e si trasforma in dissonanza. Questa gerarchia che privilegia la consonanza favorisce l’accoglienza dei suoni da parte del nostro sistema uditivo, che fa “meno fatica”. In realtà le note dissonanti, presenti solo come note di passaggio, sono estremamente importanti perché creano una tensione verso la consonanza.
Senza la dissonanza la musica sarebbe morta!
Questo è vero per l’armonia, dove i suoni sono simultanei (accordi), ma lo è ancora di più per la melodia, i cui i suoni si susseguono e, grazie alla nostra memoria a breve termine, formano accordi dispiegati nel tempo e quindi più facilmente “accettabili” se dissonanti. Nella musica occidentale fino al ‘900 infatti la dissonanza deve essere “controllata”, ossia prodotta solo in dipendenza dalla consonanza; nel secolo questo stretto legame si allenta fino a sparire; inoltre vengono introdotti suoni che non appartengono alle 12 note, prima dai futuristi e successivamente in modo più massivo dalla musica elettronica.
Occorre tenere presente che il nostro apparato uditivo è, dal punto di vista dell’evoluzione della specie, costruito per avvisarci di possibili aggressioni da parte di cose e di animali: l’orecchio è quindi predisposto a riconoscere rumori, eventi acustici a banda non tanto stretta. I suoni veri, in natura, sono assai rari; i richiami emessi dagli animali, salvo i soliti usignoli e poco più, sono più vicini ai rumori che ai suoni (che hanno spettro prevalentemente a righe). Un suono di intensità costante, se troppo prolungato nel tempo tende a produrre fatica nell’ascolto mentre un rumore spesso no: si pensi al rumore di una cascata. Fastidiosi sono i rumori che contengono righe spettrali pronunciate, cioè componenti sonore. I suoni in sé possiedono una simmetria nella fase di sustain e come tutte le simmetrie attrae la nostra attenzione, ma il suono è anche asimmetrico, se considerato in tutta la sua durata nelle 4 fasi di attack, decay, sustain, release: fondamentale è specialmente la fase attack, per il timbro del suono, vale a dire la sua identità. L’asimmetria dell’organizzazione dei suoni nella tonalità si contrappone alla simmetria della loro periodicità, dando vita a una fruttuosa dialettica.
Alla fine dell’800 l’organizzazione delle note secondo la gerarchia tonale ha subìto un processo di dissoluzione o, secondo il punto di vista, di estensione estrema con Schoenberg, in cui la distribuzione di probabilità di occorrenza delle singole note è diventata uniforme; di conseguenza la dissonanza è diventata prevalente sula dissonanza, rovesciando i termini del passato e richiedendo un ascolto sempre più impegnativo, fino a portare il pubblico a un allontanamento sempre maggiore dalla musica “colta”. Non così è stato per la musica pop e rock, orientata a una struttura complessiva semplice: per motivi di consumo di massa non si è mai allontanata dalla tonalità, in cui ha raggiunto livelli notevoli di incisività e di varietà di stili, senza poter evitare il rischio di ripetizioni difficilmente evitabili. La tonalità si è legata in passato ai diversi tipi di temperamento, cui ho accennato nella prima parte, che danno luogo a semitoni diversi a seconda della tonica. Ciò conferiva alle varie tonalità caratteri emotivi diversi, che con il temperamento equabile sono scomparsi: ogni compositore viveva ciascuna tonalità come uno scenario variamente ma diversamente connotato. Oggi invece le tonalità differiscono solo per l’altezza: si passa da una tonalità a un’altra semplicemente operando una simmetria di traslazione. Dal cerchio delle note si capisce come una melodia sia rappresentabile con un grafo orientato, i cui nodi sono le note e i cui archi indicano la successione delle note (creando un isomorfismo, in questo caso): ruotando il cerchio di un angolo di n*30°, dove n è il numero di semitoni di trasposizione, si ottiene una trasposizione in altezza.
Fine della seconda parte
Prometto che la terza parte sarà conclusiva!