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Mozart, simmetria e asimmetria - 3a parte

Indice

La quasi-simmetria

La tonalità è il regno della quasi-simmetria, o simmetria approssimativa. Con questo termine intendo una situazione che possiede alcune caratteristiche tipiche di una simmetria, ma non sufficienti a definirla tale in senso matematico classico (a meno di non introdurre varie complicazioni). La quasi-simmetria conserva molti caratteri dell’oggetto iniziale o li varia tutti insieme secondo una stessa regola, e quindi produce una sensazione di “familiarità”, di conservazione del senso; al tempo stesso introduce elementi di novità che aprono verso un movimento o una variazione qualitativa.

Sembra che la quasi-simmetria sia la situazione più fruttifera in campo artistico e forse non solo in quello. Mentre la simmetria completa può rivelarsi troppo statica, la quasi-simmetria realizza una tensione verso una simmetria ideale che, nello stimolare il movimento, lascia aperte molte possibilità.

Come in altre forme di arte e di artigianato, possiamo individuare parti di un brano musicale che si avvicinano a possedere una simmetria, ad esempio un disegno melodico che viene ripetuto quasi uguale a se stesso, in cui quel piccolo scarto dalla perfetta uguaglianza può assumere un’importanza notevole come generatore di nuovi sviluppi.

Il modello su cui è costruita tutta la musica occidentale, dalla cosiddetta classica, quella che grosso modo va dal ‘600 ai primi del ‘900, a quella “leggera” (pop, rock e loro innumerevoli derivati) è la cadenza. Si tratta di una formula armonica, basata, nella sua forma più sintetica, sulla successione di soli due accordi: quello fondamentale sul V grado (detto “di dominante”) seguito da quello sulla tonica. L’accordo sulla dominante crea una tensione verso quello “attrattivo” di tonica, sulla quale il suono “va a cadere”; l’accordo di tonica rappresenta quindi il punto d’arrivo, il riposo, la stasi. Nell’ambito di questo modello, che è di per sé asimmetrico, trovano spazio, si intersecano e si sovrappongono molte simmetrie, alcune delle quali saranno brevemente illustrate di seguito. Ma anche la cadenza, in senso esteso, dà luogo a una simmetria di tipo formale con la tipica formula A-B-A, in cui a una prima parte (A) segue una parte (B) che le si contrappone, creando una tensione e inducendo un ritorno “arricchito” verso A: si ha così una quasi-simmetria “di ribaltamento” rispetto a B, che funge da asse.

Questo modello si può pensare in fondo come una metafora della vita occidentale, che si muove per obiettivi da raggiungere e da sostituire una volta raggiunti. In musiche di altre culture i modelli di riferimento sono infatti diversi.

Musica dodecafonica e serialismo

La rappresentazione numerica delle note si rivela più utile in alcuni casi che in altri. Il genere musicale in cui è stata maggiormente impiegata è la musica dodecafonica, la cui caratteristica principale è aver sostituito il tradizionale tema (un motivo melodico compiuto, attorno al quale si sviluppa la composizione) con la serie, una successione di 12 note tutte diverse. Mentre il tema può essere costituito da un numero qualsiasi di note, tre, quattro o anche venticinque, diverse o ripetute, la serie dodecafonica deve contenere esattamente 12 note tutte diverse tra loro, prescindendo dall’ottava di appartenenza; ne segue che esistono 12! = 479.001.600 serie diverse. Matematicamente (ma non chiedetemi di essere rigoroso) la serie dodecafonica è un ordinamento sull'insieme delle 12 note. Ad esempio una serie potrebbe essere S = {3, 5, 11, 1, 4, 6, 7, 0, 9, 10, 2, 8}.

La serie subisce poi varie trasformazioni che vanno a costituire la composizione. Le 3 regole fondamentali di trasformazione della serie riprendono quelle del contrappunto rinascimentale: la serie iniziale viene percorsa in senso retrogrado, cioè l’ultima nota diventa la prima e così via: Sr = {8, 2, 10, 9, 0, 7, 6, 4, 1, 11, 5, 3}; viene invertita, ossia ogni nota diventa il proprio complemento a 12: Si = {9, 7, 1, 11, 8, 6, 5, 0, 3, 2, 10, 4} ; infine la serie invertita viene percorsa in modo retrogrado: Sir = {4, 10, 2, 3, 0, 5, 6, 11, 1, 7, 9}. Una trasformazione che si combina con le 3 precedenti è la trasposizione della serie (eventualmente già trasformata in precedenza, magari in parte), ottenuta semplicemente sommando mod12 lo stesso numero stabilito di semitoni. Esempio: S(+5) = {3+5, 5+5, 11+5, 1+5, 4+5, 6+5, 7+5, 0+5, 9+5, 10+5, 2+5, 8+5} = {8, 10, 4, 6, 9, 11, 0, 5, 2, 3, 7, 1} è la serie di partenza trasposta di 5 semitoni in più.


L’impostazione seriale, dovuta a Schoenberg, è stata inizialmente applicata alle note musicali intese come “altezze”. Successivamente, però, alcuni compositori hanno pensato di estenderla anche alle durate, alle intensità e ai timbri. Poi anche a frammenti: ossia, al posto delle note si sono costruite serie di piccoli pezzi, di durata stabilita, ai quali sono state applicate le regole di trasformazione sopra dette. Questo processo di generalizzazione, chiamato "serialismo", è avvenuto negli anni ’50 del ‘900, anche nella musica elettronica, allora in fase nascente; ad esempio il famoso Gesang der Jünglinge, una composizione religiosa per voce bianca e strumenti elettronici di K. Stockhausen è costruito secondo i suddetti criteri. Dopo uno o due decenni l’uso di questa serializzazione così estesa, divenuto accademico almeno in ambito mitteleuropeo, si è progressivamente diradato in favore di una maggiore flessibilità compositiva.


Tonalità e simmetria

Dicevo che la musica è fortemente basata su simmetrie e quasi-simmetrie, di cui le più diffuse sono ripetizioni nel tempo, prima tra tutte il ritmo; nella sua forma più semplice, quella del “battere il tempo”, può anche essere sottinteso ma ancora ben percepibile. In altri casi frammenti compiuti si ripetono uguali a se stessi oppure vengono trasposti in altezza. Una successione di frammenti uguali o simili, ognuno trasposto di un grado della scala rispetto al precedente, è chiamata in musica progressione e il frammento è chiamato modello. L’analogia è con una fila di piastrelle uguali o simili poste lungo una linea ascendente: trattandosi di gradi di una scala maggiore o minore la linea non sarà retta, perché i gradi non hanno tutti la stessa distanza tra loro. L’aspetto di simmetria conseguente a ripetizioni e trasposizioni di piccoli frammenti è ben avvertibile in un autore come Vivaldi e in generale nei compositori del periodo barocco, in cui le progressioni abbondano.


Succede di leggere che la tonalità fa parte di un mondo classico pieno di simmetrie, mentre stiamo vedendo come le scale maggiori e minori derivino da una parzializzazione asimmetrica del cerchio delle note. Cosa genera allora la sensazione di simmetria quando ascoltiamo la musica tonale? Credo che l’idea di simmetria abbia a che fare con l’idea di uno schema costante che si ripete. Anche se quello della tonalità è uno schema che al suo interno prevede un’ampia facoltà di variazione, rimane pur sempre uno schema. Ad esempio Nicola Sani, affermato compositore dei nostri giorni, dice “Il contrasto tra quelle che potremmo definire “le simmetrie e asimmetrie del suono” sono un modo per comprendere come la rottura di universi formali basati su rigide regole di organizzazione del materiale (situazione simmetrica), abbia dato origine a momenti di straordinaria vitalità e radicale innovazione (situazione asimmetrica).” (http://www.dialoghi.cnr.it/news/le-asimmetrie-del-suono ),

Secondo questo punto di vista, una qualsiasi organizzazione comporterebbe una simmetria. In realtà si sottintende che lo schema organizzativo tonale comporta una serie di riapplicazioni nel corso di una composizione, anche e soprattutto introducendo piccole o grandi variazioni ma conservando una serie di aspetti strutturali. Possiamo riprendere la definizione della University of Illinois: “ la simmetria è una trasformazione che mappa un oggetto su se stesso lasciandone invariata la struttura ”. Pezzi composti secondo lo schema della tonalità presentano quindi una simmetria di traslazione nel tempo, che viene avvertita in modo marcato anche per via delle numerose consonanze che lo caratterizzano (a loro volta riconducibili a simmetrie). Sono soprattutto le consonanze che hanno generato nei musicisti una sensazione di “saturazione” inducendoli a cercare altri modi di organizzare i suoni per produrre musica, anche indagando le varie simmetrie che si possono creare con i 12 suoni. Dalla seconda metà del ‘900 in poi, la musica elettroacustica offrirà nuovo materiale sonoro, superando la limitazione delle note: lo spazio per creare simmetrie di tutti i tipi verrà notevolmente ampliato. Le modalità compositive si sono orientate verso la tendenza a far prevalere le dissonanze sulle consonanze, fino ad alcuni estremi accademici in cui le consonanze sono state bandite.

Volendo generalizzare la simmetria anche a questi livelli occorre tornare un momento indietro al Cerchio delle note, fondato sulle 12 note "equidistanti"; è possibile invece complicare un po' il discorso (ma non lo farò) sostituendo alla distanza a step tutti uguali una distanza che si misuri su una particolare scala, tonale o modale. In tal modo i gradi della scala diventano gli elementi di un gruppo di simmetria. Per descrivere la simmetria come gruppo algebrico le operazioni binarie definite sul cerchio delle note equidistanti vengono eseguite in questo nuovo "cerchio" fatto di note di una scala. Naturalmente bisogna rinunciare alla simmetria visiva della corrispondenza con la geometria elementare ma il gruppo algebrico funziona. Ogni scala dà luogo a un "cerchio" diverso e quando si cambia tonalità, ossia si fa una "modulazione", è come passare da un "cerchio" a un altro. E' chiaro che i "cerchi" condividono sempre alcune note.

D. Tymoczko di cui ho fatto cenno nella 2a parte propone un'interpretazione della struttura musicale occidentale, non solo quella tonale, in termini di geometria. Altri, come avevo detto, sono impegnati in questo tipo di ricerca, che tende a mostrare simmetrie interne altrimenti destinate a restare nascoste. Il discorso si applica alla teoria analitica di Schenker, affermatasi nel '900, che individua vali livelli di analisi della composizione, dal più superficiale al più profondo. Secondo Tymoczko (che estende quei metodi utilizzando morfismi geometrici) le strutture dei vari livelli sono ricorsive e quindi "autosimili", come i frattali.



Alcune simmetrie notevoli

Restando nell’ambito tradizionale, l’insieme dei 12 suoni permette di individuare simmetrie “orizzontali” e “verticali”, dove si intende che questi aggettivi si riferiscono a un ipotetico asse attorno al quale si ribaltano le caratteristiche delle note musicali, quali le loro altezze. Per esempio una serie seguita dalla stessa serie retrogradata induce una simmetria verticale “bilaterale”; il caso più banale può essere una scala “cromatica” ascendente seguita dalla stessa scala discendente: 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, 0 (ossia C, C#, D, D#, E, F, F#, G, G#, A, A#, B, A#, A, G#, G, F#, F, E, D#, D, C#, C). Una simmetria orizzontale si può invece individuare quando due voci distinte cantano o suonano contemporaneamente due melodie di cui una è l’inverso dell’altra: si dice, estensivamente, che si muovono “per moto contrario”.


Esiste nel piano anche una simmetria geometrica un po’ più complessa, detta glissosimmetria, che consiste in un ribaltamento e una traslazione lungo una retta: essa si può creare invertendo una melodia e trasponendola. In J.S. Bach tali simmetrie sono frequentissime. Ad esempio nelle Suites Francesi e nelle Suites Inglesi le danze in forma bipartita (ossia in due parti contigue) hanno spesso la seconda parte inversa della prima; il bello è che funzionano meravigliosamente all’ascolto!


Le trasformazioni simmetriche nel tempo, oltre alla ovvia traslazione, comprendono anche la dilatazione, che, essendo un automorfismo, è una simmetria anch’essa. E’ usata, già nel contrappunto antico, sia in senso positivo (“per augmentationem”) che negativo (“per diminutionem”), e consiste nel moltiplicare tutte le durate di un frammento per un numero maggiore o minore di 1. Naturalmente niente impedisce di usare la dilatazione sulle altezze o su altre caratteristiche, e i compositori si possono sbizzarrire come vogliono. Il regno della traslazione temporale e della trasposizione (ossia la traslazione in altezza, non sempre completamente simmetrica, ma quasi completamente) è il canone, da me accennato nell’articolo “Bach e i numeri”.

Il canone è la base anche della fuga, una composizione a più voci che sembrano rincorrersi, da cui il nome. Naturalmente la fuga è il terreno ideale per tutte le simmetrie possibili accennate sopra e a pensarci è sorprendente che la bellezza musicale possa risultare da tutti questi “giochi” un po’ meccanici. A pensarci, però, questi “giochi” sono presenti in tutte le arti figurative, in modi più o meno espliciti e a vari livelli, sia nelle opere degli artisti minori che di quelli grandissimi. Non solo le arti visive ma anche la letteratura e il teatro ne sono pieni. Non ci dovrebbe stupire quindi di trovarli nella musica. Forse lo stupore è legato a un’idea un po’ romantica, secondo la quale la forma dovrebbe discendere unicamente dall’emozione e dal sentimento, di fronte ai quali ogni meccanismo ci appare in sé innaturale, lontano.

Simmetria e organizzazione temporale dei suoni.

Il campionario di suoni di cui abbiamo parlato, le 12 note, è quello più usato ancora oggi nella tradizione occidentale; altre culture, come quelle medio orientali e indiane, usano campionari diversi, in cui però le note più consonanti con l’ottava rimangono, per motivi di fisiologia dell’orecchio umano: in India l’ottava viene divisa in 22 parti (srutis). E’ chiaro che la tecnologia elettronica applicata alla musica consente di estenderlo a tutti i suoni virtualmente possibili e vari compositori si cimentano in questa ricerca.

A livelli sempre più alti di organizzazione si trova la composizione di sequenze di suoni, sia simultanee (accordi) sia in successione (melodie), spesso immaginate e realizzate in modo analogo al linguaggio verbale e alle sue forme: frasi, periodi, incisi, etc. che, diversamente da esso, hanno con gli eventuali significati un rapporto peculiare, tipico solo della musica. Mentre nel linguaggio verbale risulta difficile seguire più voci che parlano di cose diverse, in musica non è così: la polifonia è diventato uno dei cardini della musica occidentale, in cui più voci (cioè più melodie) sovrapposte confluiscono in una ricezione in cui le singole voci possono mantenere la loro individualità nel collaborare al risultato complessivo.

Oltre a quella delle altezze, cruciale è la strutturazione delle durate, fondata sulla suddivisione in potenze di 2 di un intervallo temporale arbitrario detto intero o 4/4, che funge da unità di misura. E’ però un’unità di misura “non standard” perché la sua durata è del tutto arbitraria, indicata sommariamente dall’indicazione di velocità: Allegro, Andante, Adagio, etc. L’unica regola è che si mantenga uguale a se stessa finché non compare un’indicazione di velocità diversa. Volendo essere più precisi si può usare il metronomo, una sorta di pendolo che batte il tempo con dei “tac-tac”: la frequenza dei “tac” è in battiti al minuto; quindi “60” corrisponde a 1 secondo tra un tac e il successivo. A questo intervallo temporale è associata la durata di una delle “figure musicali temporali”, che sono tutte legate tra loro tramite le potenze di 2 e si chiamano anche valori musicali.


Cos’è una battuta (o misura)? In musica non è un motto di spirito ma un intervallo di tempo convenzionale, di durata fissa; nel pentagramma è uno spazio delimitato da 2 stanghette verticali, condivise tra battuta precedente e successiva . Una battuta contiene un numero arbitrario di figure musicali tali che la somma delle loro durate lungo una linea melodica è sempre la stessa, indicata da una frazione, ad esempio 4/4, ¾, 2/4, etc. posta all’inizio del rigo musicale. Una battuta può durare 1 secondo come 10 secondi o più; un pezzo può essere composto da 64 battute, o da un numero qualsiasi di battute. L’insieme delle battute costituisce un frame, una struttura in cui si inscrive la composizione.


La battuta si chiama così perché segna anche il ritmo: a ogni suo inizio si “batte il tempo”, con un suono più forte (accento) o con un rumore, tipicamente quello percussivo di un tamburo. Nei secoli scorsi in molti casi il direttore teneva verticalmente un bastone e ne batteva la punta per terra; dalla prima metà dell’800 si diffuse l’uso della attuale bacchetta. (Il povero musicista Giovanni Battista Lulli o Lully, vissuto in Francia alla corte di Luigi XIV ma nato a Firenze nel 1632, si colpiva spesso il proprio alluce destro battendo il tempo per coordinare coro e orchestra: la ferita mai curata peggiorò sempre di più e, avendo lui rifiutato l’amputazione del dito, andò in cancrena e ne provocò la morte). Il ritmo più semplice è quindi quello segnato dall’inizio della battuta, mentre una melodia può occupare una parte di battuta oppure più battute. Da dopo il canto gregoriano, ossia dal XII secolo in poi, la melodia non è quasi mai più solitaria, ma è cantata o suonata insieme ad altre melodie (polifonia), oppure è accompagnata da suoni di strumenti musicali.

Questo ci porta a parlare della struttura temporale, sede di molteplici simmetrie, come è facile immaginare. Inizialmente (e in molti casi ancora oggi) la musica è canto, puro o accompagnato da strumenti, e i suoni seguono da vicino il testo cantato, cercando di dare più rilievo emotivo al suo contenuto. Quindi le note del canto seguono il discorso del testo, le sue frasi, i suoi periodi. Mentre all’inizio del ‘600 nasce in Italia il melodramma, che riporta il canto vocale in primo piano, la musica solo strumentale raggiunge livelli molto elevati, ma, come dicevo, i suoni continuano a essere organizzati come un discorso di un testo, con frasi, periodi, incisi, etc. Ossia la forma ricalca quella del testo verbale. Più che con la prosa, l’analogia però va fatta con la poesia. Come la poesia è strutturata in “versi”, ognuno dei quali contiene un numero definito di sillabe, così la musica è sempre più organizzata in gruppi di battute, tipicamente multipli di 4. Questo tipo di simmetria, simile a quello del componimento poetico, si accentua nel periodo barocco, che comprende convenzionalmente tutto il ‘600 e la prima metà del ‘700, fino a diventare una vera e propria ossessione.

Il numero delle battute di un pezzo doveva essere multiplo di 4 e a volte di 3. Ciò contribuiva decisamente a conferire alla musica quella simmetria di proporzioni cosi basilare nell’estetica classica. Il ritmo elementare, in 2 o 3 tempi, viene segnato con “accenti” che assomigliano agli accenti tonici delle parole e che sono inquadrati sulle battute. Gli accenti più tipici coincidono con l’inizio di ciascuna battuta ma possono risiedere anche all’interno di essa oppure anche a ogni inizio di un gruppo di battute. Il ritmo è un carattere complesso che, oltre alla scansione temporale ravvicinata, può riguardare l’alternarsi e il contrapporsi di gruppi di battute, anche in modo annidato, fino a coinvolgere interi brani nel loro succedersi, come le forme A-B-A accennate sopra. Un’organizzazione temporale simile perdura ai giorni nostri nella musica pop, almeno in quella meno “progressive”. E anche il jazz, per la maggior parte, basa l’improvvisazione sulla permanenza di multipli di 4 delle battute, in modo che ogni esecutore abbia un riferimento certo per l’avvicendarsi degli interventi.

Per riassumere

John Dorrell, nel suo libro “What is music”, disponibile in rete, parla di 6 tipi di simmetria, definita come invarianza, che riporto di seguito a scopo riassuntivo:

  • Invarianza per trasposizione (Pitch translation invariance): un pezzo suonato tutto più acuto o tutto più basso non cambia struttura
  • Invarianza per traslazione nel tempo (Time translation invariance): un pezzo suonato ora o tra due giorni è sempre lo stesso pezzo
  • Invarianza per velocità (Time scaling invariance): un pezzo può essere suonato più lentamente o più velocemente.
  • Invarianza per intensità sonora (Amplitude scaling invariance). Un pezzo può essere suonato più piano o più forte
  • Invarianza per trasposizione di ottava (Octave translation invariance): caso particolare di trasposizione in cui anche il nome delle note rimane lo stesso.
  • Invarianza rispetto alla riflessione rispetto a una certa altezza (Pitch reflection invariance): abbiamo visto sopra che vi può essere riflessione orizzontale e verticale


Per i primi 5 punti si tratta di simmetrie che riguardano il suono in sé e le note, intese come campionario. L’ultimo punto si riferisce invece a un livello più alto, quello di un primo aspetto dell’aggregazione dei suoni, una simmetria molto usata insieme alla traslazione temporale e trasposizione di altezza (equivalente alla glissosimmetria). Il libro è molto interessante e passa in rassegna vari aspetti della musica, comprese alcune sue rappresentazioni vettoriali, una delle quali è quella cui ho accennato molto sommariamente nei paragrafi precedenti.


Mozart asimmetrico


E’ alla simmetria dell’organizzazione temporale “di base” fatta di multipli di battute che Mozart si oppone o si ribella, la simmetria della quadratura convenzionale. Ai suoi tempi il riferimento per tutti i musicisti era F. Joseph Haydn, in cui la simmetria compositiva trionfa quasi ovunque, con risultati indubbiamente eccellenti. Ma Mozart era un vero genio e quindi anche ribelle. E’ stato lui il primo musicista “libero professionista” della storia, così come lo intendiamo oggi; insoddisfatto della vita provinciale della piccola Salisburgo, avendo viaggiato non poco, prima con il padre e poi a Parigi con la madre, lasciò l’impiego presso l’arcivescovo Colloredo e si trasferì a Vienna, riuscendo pian piano a farsi assumere dal nuovo imperatore Giuseppe II. La asimmetria di cui parla Schoenberg la si trova dovunque guardando le composizioni di Mozart; dico infatti “guardando”, cioè guardando la musica scritta, perché l’ascolto difficilmente se ne accorge. Le battute non sembrano seguire gli schemi a multipli di 4, né di altri numeri, tipici del tempo: si trovano frasi e periodi musicali delle lunghezze le più disparate. Ciononostante tutto sembra molto regolare e per vari aspetti lo è: l’armonia, il ritmo, l’andamento complessivo sono quelli del classicismo più puro o più convenzionale se si vuole; o ancora all’ascolto si avvertono varie simmetrie.


Eppure ascoltandolo ci si lascia trasportare in paesaggi universali, si è intensamente appagati in quel desiderio di profondità e di sostanza umana che è così raro poter soddisfare; non si viene mai delusi e anzi ci si può risollevare dai piccoli (o grandi ) abbattimenti provocati dalle vicissitudini della vita. Per quanto trasformato e sublimato, il suo carattere solare e scherzoso è facilmente riconoscibile; ho sempre pensato che la sua musica ha una potenza espressiva che comprende poche situazioni emotive intermedie o cambiamenti graduali di stati d’animo. Con lui si passa in un attimo e magari più volte nello stesso brano dall’allegria più entusiastica al dolore più profondo, quasi non ci fosse dialettica. Come accade con quelle persone che sono sempre di buon umore ma se poi si intristiscono lo fanno in modo sconvolgente. Tuttavia anche nel dramma più spaventoso Mozart riesce a conservare quella leggerezza che è tipica del ‘700 ma che in lui assume una connotazione al tempo stesso fanciullesca e universale.

Simmetria e comunicazione

Una riflessione sulla simmetria e la comunicazione. Ho già messo in evidenza che la simmetria corrisponde a un equilibrio e in ultima analisi a una stasi, mentre il movimento corrisponde all’assenza di simmetria o alla sua rottura. La comunicazione, essendo movimento di simboli, è essenzialmente asimmetrica: Ciò corrisponde alla definizione di “quantità di informazione associata a un evento” come funzione crescente al diminuire della probabilità di occorrenza dell’evento stesso, definizione adottata da Shannon per la sua Teoria dell’Informazione. Alla simmetria è intrinsecamente collegata un’alta probabilità, che poi si trasforma in certezza. Un evento certo, secondo l’assunto di Shannon, non porta con sé alcuna informazione: si può vedere come una ripetizione e quindi dotato di una simmetria di traslazione. D’altra parte una variazione continua non ha senso se non c’è qualcosa di invariante e cioè, in definitiva, di simmetrico: che cosa è invariante nella comunicazione? Certamente lo sono i simboli, insieme a certe loro aggregazioni (parole e frasi) e a certe icone. De Sautoy nel libro che ho citato illustra il fatto che la simmetria sta anche alla base dei codici a rivelazione e correzione d’errore (senza i quali addio CD, DVD, trasmissioni satellitari, telefonini…) ispirati alla geometria multidimensionale. In definitiva, questi codici, sia che seguano il principio di “massima verosimiglianza”, sia che seguano quello di “massima probabilità”, si fondano sulla ricerca di ciò che è invariante in ciò che si suppone essere il contenuto del messaggio. La simmetria, che il nostro cervello è predisposto a riconoscere come ci ricorda De Sautoy, sembra costituire uno dei cardini fondamentali della conoscenza.

Conclusione

Tornando alla musica possiamo considerare come simmetria e asimmetria facciano parte di una dialettica, a volte complessa, tra i vari livelli in cui sono organizzati i suoni. Un pezzo composto seguendo le regole della tonalità, è completamente asimmetrico al livello dell’aggregazione delle note, perché le note assumono una funzione gerarchica, diventando alcune più importanti (e più frequenti) di altre. Al livello del rapporto tra i suoni, però, questa funzione gerarchica induce le simmetrie della consonanza. Se invece consideriamo un pezzo composto secondo le regole della dodecafonia, al livello dell’aggregazione delle note possiede molte simmetrie, dovute quanto meno alla trasposizione, all’inversione e alla retrogradazione della serie. Però si tratta di simmetrie difficilmente riconoscibili all’ascolto, reso peraltro più impegnativo dalle dissonanze che la serie porta con sé; queste sono per natura asimmetriche e si impongono come predominanti.


Salendo di livello, ossia considerando gruppi di suoni sempre più ampi, possiamo trovare sia simmetrie che asimmetrie e, soprattutto, delle quasi-simmetrie. E’ proprio il rapporto tra questi due aspetti, il rapporto tra stasi e movimento, tra regola e trasgressione, tra permanenza e variazione che costituisce l’essenza della composizione musicale. Che poi questo rapporto possa costituire la rappresentazione emotiva e intellettuale di altri rapporti, specificamente quelli interumani e uomo-natura come qualcuno dice, è un discorso che ci porterebbe troppo lontano. L’importanza della simmetria si manifesta un po’ ovunque; Weyl nel già citato libro osserva per esempio che “nel campo della fisica ogni affermazione a priori si fonda sulla simmetria”. Anche la musica brulica di simmetrie, alcune percepibili all’ascolto, altre evidenziabili solo con l’analisi per la gioia degli addetti ai lavori che le scoprono; simmetrie che spesso svelano aspetti nascosti della struttura profonda di questa arte misteriosa.

Una mia registrazione

Per congedarmi offro una mia registrazione casalinga, scusandomi per la bassa qualità tecnica, di un gioiellino mozartiano: l'Andante dalla Sonata k545; un pezzo in cui si sentono molte simmetrie, mentre le asimmetrie sembrano assenti. Ma ci sono.


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Commenti e note

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di ,

Grazie. La musica dodecafonica è fatta di quelle permutazioni ma quasi sempre solo l'analisi della partitura permette di evidenziarle, anche perché spesso sono intrecciate in vari modi, con ritmi e durate strutturati in modi diversi... Concordo che non è facile trovare musica dodecafonica non noiosa al primo ascolto!

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di ,

Ho provato ad ascoltare da YouTube un pezzetto di musica dodecafonica (what balls), mi aspettavo soltanto permutazioni delle 12 note e forse ho frainteso qualcosa. E' un piacere trovare scritti di tale maturità, complimenti.

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di ,

Mi sono dimenticato di notare che il concetto di "ordine" usuale è diverso, anzi opposto a quello matematico. Mentre Quest'ultimo è asimmetrico, quello usuale è più spesso basato sulla disposizione simmetrica degli elementi che si vogliono "mettere in ordine".

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di ,

Il fraseggio dell'esecuzione mi è piaciuto molto, anzi moltissimo. Alla luce dell'articolo sono andato a prendere lo spartito della sonata per orientarmi meglio nell'analisi della partitura. Bravo Claudio. Bella serie di articoli. Complimenti. Spero di sentire presto altre tue esecuzioni.

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