si prega di leggere in bianco e nero ed in atmosfera pregna di fumo di sigaretta ...
Indice |
Prologo
Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato e minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline (cit. Il grande sonno di R. Chandler). Una telefonata, due ore prima, mi aveva svegliato nel mio ufficio, non ero tornato a casa la sera prima e, guardando la bottiglia vuota di whisky che si trovava sulla scrivania, avevo capito subito il perché avessi trascorso la serata in ufficio. La voce concitata della signora Whetastone era dall'altro capo del telefono.
"Parlo con il signor Marlohm? il signor Philip Marlohm?"
Cosa potevo fare? Cercava proprio me. Risposi si biascicando il monisillabo affermativo. La donna continuò.
"Signor Marlohm, ho un caso da affidarle, venga da me al più presto."
Appuntai l'indirizzo su un foglio di carta e dopo essermi acceso una sigaretta mi gettai nella caotica Los Angeles.
Capitolo 1 - Il Delitto
Entrai nella villa, mi aveva aperto personalmente la signora Whetastone, era una casa elegante ma arredata vecchio stile. La donna mi accompagnò nello studio del marito, un noto professore di elettrotecnica.
"Quì è successo!" Disse costernata la signora Whetastone.
"Cosa è successo?" chiesi, non avevo ancora capito di cosa avrei dovuto occuparmi.
"Ah già! che ancora non le ho detto nulla. Dunque, tre sere fa mio marito era chiuso in questo studio con la sua assistente, ad un tratto sentii un urlo disumano e corsi a vedere cos'era successo, vidi l'assistente di mio marito uscire terrorizzata da questa stanza e quando entrai vidi il mio consorte in preda ad un attacco istrerico che sparpagliava fogli di carta per la stanza, i fogli di carta che vede qui disseminati, non ho toccato nulla."
"Ebbene signora Whetastone," dissi io, "non le serve un investigatore privato ma un buon psichiatra."
"Signor Marlohm." Disse lei stizzita. "Mio marito è già in cura dai migliori specialisti di Los Angeles. Quello che voglio sapere da lei è cosa lo ha ridotto così?"
"Capisco." Risposi mentre mi accendevo l'ennesima sigaretta. "A cosa stava lavorando?" chiesi.
"Non lo so, non ho mai capito nulla degli studi di mio marito, so solo che è molto in gamba nel suo lavoro, almeno lo era fino a tre giorni fa, prima che..." fece una pausa. "che perdesse la ragione." Balbettò.
"E la sua assistente?" Chiesi. Per tutta risposta la donna suonò un campanellino, venne una delle domestiche alla quale la donna bibligliò qualcosa. La domestica andò via e qualche minuto dopo comparve una donna, e che donna!
La signora Whetastone ci presentò: "Lei è la dottoressa Lorentz, l'assistente di mio marito, lei saprà spiegare cosa questi stava facendo."
Ci stringemmo la mano, la guardai negli occhi, misi il mozzicone di sigaretta in un posacenere.
"Mi dica dottoressa a cosa stava lavorando il professore?"
"Stava preparando il tema per gli esami dei suoi allievi." Parlò con la sua voce soave. "Usava sempre risolvere i temi prima di darli. Io stavo sistemando alcuni appunti quando l'ho sentito urlare, contemporaneamente saltare sulla scrivania e spargere i fogli da tutte le parti. Sono uscita terrorizzata ma non so cos'abbia scatenato quella furia animalesca." singhiozzò pronunciando queste ultinme parole. Poi cercò tra i fogli sparsi a terra, ne raccolse uno e me lo porse.
Esaminai il foglio e vidi il circuito. "Con quale metodo lo stava risolvendo?"
La giovane donna mi guardò sbigottita."È ovvio, con l'unico metodo possibile: i principi di Kirchhoff!"
Disse. Poi si mise a cercare febbrilmente tra i fogli sparsi, dopo qualche minuto di ricerca mi diede un altro foglio, c'era il sistema di equazioni.
Non guardai se le equazioni erano scritte bene e se rispettavano i segni ma dissi seccamente: "E come poteva pretendere di risolvere da solo un sistema di sette equazioni in sette incognite?"
A queste parole sia l'assistente sia la moglie del professore trasalirono.
"Non è la prima volta che si risolve un sistema del genere, c'è il metodo di Cramer." Asserì timidamente la dottoressa Lorentz.
"Da soli?" Dissi io. "Ne dubito, un sistema di equazioni del genere è da far impazzire e in effetti il professore è impazzito." Sentenziai sicuro. "Siamo solo alla fine degli anni trenta, la possibilità di avere sistemi che effettuano il calcolo in automatico sono ben lungi da venire."
La ragazza scoppiò in lacrime. "Allora è tutto inutile non potremo più sviluppare l'elettrotecnica."
Capitolo 2 - Il Caso.
Mi ero preso un po' di tempo per pensare, accettare il caso voleva dire distruggere la reputazione del professor Wheatstone, del resto era pur sempre un lontano parente di quel famoso costruttore del ponte omonimo. Ancor meno volevo intaccare la reputazione della giovane signorina Lorentz. Decisi nel tardo pomeriggio di invitare a cena la giovane assistente, se ne avessi saputo di più avrei potuto decidere con maggior serenità. Avevo prenotato al Faraday's restaurant un locale intimo ma di classe fra Beverly Hills e Bel Air, ci volle un po' per raggiugerlo con la mia oldsmobile usata. Eravamo uno di fronte all'altra con solo due candele a illuminarci e attendendo l'antipasto le chiesi a bruciapelo: "Lei e il professore conoscete solo i principi di Kirchhoff per risolvere i circuiti vero?"
"È il metodo più generale," disse lei, "Con i due principi si può risolvere qualsiasi rete in qualsiasi configurazione."
"Certo." Risposi. "Ma se si rischia di impazzire con un sistema a sette incognite cosa accadrà se le incognite diventano decine?"
Laura Lorentz, balbettando rispose. "Non lo so! Non lo so!" disse la splendida ragazza scoppiando a piangere.
Non me ne ero ancora reso conto ma di fatto avevo accettato il caso e, al contrario di quello che avevo sperato l'avrei risolto senza guadagnarci un dollaro. Cenammo e la riaccompagnai a casa. Le avevo dato appuntamento per la mattina dopo nello studio del professor Wheatstone.
Capitolo 3 - L'Equivalenza.
Non lo sapevo ma mi stavo innamorando. Del resto cos'altro poteva essere: la sera, tornato a casa, non mi ero scolato la solita bottiglia di whisky, avevo dormito nel mio letto e non sulla sedia del mio ufficio. La mattina ero alla villa. Lì vi avevo trovato una scettica signora Wheatstone che mi attendeva insieme a Laura Lorentz.
"Proverà a risolvere il caso allora." Mi disse la distinta signora.
"Per cosa crede sia qui?" risposi. La donna non ribattè e andò via, io e Laura ci recammo nello studio del professore ove era avvenuto il delitto. Raccolsi il foglio dove era tracciato lo schema e cominciai a esaminarlo con attenzione.
"Ma è mai possibile che non vi siete accorti di nulla?" Sbottai. "Qui si possono fare un mucchio di semplificazioni."
"Semplificazioni?" Ripetè Laura.
"Qui," dissi, "le resistenze R0, R1, R2, R3, R4 si possono ridurre ad una sola equivalente. E i generatori poi, qual configurazione migliore per determinarne uno equivalente..." Smisi di parlare non appena mi accorsi che Laura Lorentz si era appoggiata, sbigottita, con le spalle ad un muro
"Cosa c'è Laura?" Chiesi preoccupato.
"Equivalenti? che vuol dire Equivalenti."
Realizzai che né Laura né, ovviamente, il professor Wheatstone dovevano possedere il Il concetto di equivalenza. Dovevo spiegare con poche parole e, contemporanemante, essere chiaro, sarei riuscito nell'impresa? mi resi conto che per fare questo mi ci voleva un po' di corroborante. "C'è qualcosa di alcolico qui dentro?"
Laura mi guardò in modo strano. "Alle dieci di mattina?" Disse, ma mi indicò con un dito un armadietto, lo aprii c'era un po' di tutto, hai capito il professore! Mi versai uin bicchiere di buon whisky e poi chiesi, a bruciapelo:
"Qual è la cosa che ti ubriaca di più?"
"Tu sei pazzo. Io non bevo di mattina". Rispose lei.
"Non devi bere," dissi io, "devi rispondere."
"Whisky, senz'altro." Rispose sorridendo quasi divertita.
"E quella che ti ubriaca di meno? Esclusi l'acqua e il latte ovviamente." Incalzai.
"Mi verrebbe da risponderti il tè. Ma ti dirò lo champagne."
"Esattamente con quanti bicchieri di champagne ti ubriachi e con quanti di whisky?"
Sorrise maliziosa. "Ti stupiresti." Disse mentre riempiva un grosso bicchiere del superalcolico. "Questo non basta di sicuro." Disse e lo trangugiò di botto.
Consapevole del fatto che probabilmente mi sarei ubriacato prima io tagliai corto. "Supponiamo che per mandarti in tilt ti ci vogliano tre bicchieri come quello che hai bevuto oppure tre bottiglie di champagne..."
"Allora non hai idea di quanto alcool posso bere prima di andare in tilt come dici tu." Mi interruppe ma io non colsi e continuai.
"... dal punto di vista dell'ubriacatura tre bicchieri di whisky corrispondono a tre bottiglie di champagne, quindi queste quantità sono equivalenti." Conclusi.
"Bella scoperta!" Disse lei.
"Sì, soprattutto se applico lo stesso concetto al tuo circuito. Come ti dicevo le resistenze a valle dei punti A e B possono essere sostituiti da una sola:
.
E, fatto ciò, il circuito può essere così disegnato".
"Paralleli e serie in una rete con più generatori?" osservò la ragazza dubbiosa.
"C'è qualche teorema che lo vieta?"
"Veramante no!" Rispose illuminandosi.
"Allora pensa che la rete è diventata binodale tutti i rami sono in parallelo e in tal caso è possibile applicare il Teorema di Millman." Conclusi trionfante. Laura Lorentz sgranò gli occhi. Io continuai. "E poi sarebbe possibile sostituire i tre generatori di tensione con uno solo, equivalente, si chiama Teorema di Thevenin e, addirittura con un generatore equivalente di corrente Teorema di Norton."
Laura, sbigottita, non riusciva a parlare, mi guardava come se stessi parlando di fenomeni paranormali, lei legata a doppio filo ai principi di Kirchhoff non poteva pensare che esistessero altri metodi che permettevano una più veloce risoluzione di reti complesse.
(1 - Continua)