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Ricordo una volta...

Ricordo una volta un lavoro che svolsi dentro la Centrale Termoelettrica dell'ENEL "Andrea Palladio" in provincia di Venezia. Fu l'occasione per me non solo di vedere dall'interno un grande impianto industriale, ma anche di imparare come funziona un'azienda che "lavora" in qualità e in sicurezza, come oggi non si vedono più.
E' stato nei primi anni '90, praticamente un secolo fa. Ma in tutti i sensi.

Centrale di Fusina800x600.jpg

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Indice

Ho visto cose che voi umani...

A quell'epoca mi occupavo prevalentemente della stesura di software per automazione industriale, nella fattispecie di PLC, e generalmente entravo in piccole e medie aziende manufatturiere, di confezionamento, movimentazione ed imballaggio ad esempio di prodotti cosmetici. Poi stavano iniziando anche le prime applicazioni di Building Automation, preludio alla domotica, ma comunque si trattava sempre di ambienti "luminosi", molto puliti al loro interno, con pavimenti di colore chiaro nonostante il viavai dei muletti.

Una centrale termoelettrica a carbone è invece qualcosa di totalmente diverso. Il rumore, gli odori, il calore, le dimensioni, la polvere, lo sporco. Tutto ingigantito, ma in negativo. Un costante rombo di sottofondo, Vibrazioni sotto i piedi, zone caldissime vicino ai tubi del vapore, aree con il pavimento quasi nero per la presenza di carbone, motori elettrici enormi, il continuo gracchiare dell'interfono, e tanto altro. Penso che di peggio ci sia solamente un'acciaieria.

Ma c'era già la Qualità

Per contro, nell'apparente caos, tutto si muoveva in un perfetto coordinamento grazie all'organizzazione aziendale, una sorta di "sistema di qualità" che operava ben prima che in Italia si parlasse di Norme ISO 9001.
Prima di svitare un solo bullone, quindi, era necessario chiedere i permessi, aprire un ordine di lavoro, attaccare il cartello nel quadro elettrico o nella valvola, avvisare il personale in turno, circoscrivere l'area di lavoro e tante altre cose che molte aziende di oggi, seppure con il Sistema Qualità certificato, manco sanno cosa sono.
Io, che dovevo solamente programmare un sistema di monitoraggio della temperatura, in quel breve lasso di tempo ebbi l'occasione (e gratis!) di imparare cos'è e come funziona un sistema di gestione aziendale, materie del quale a quel tempo non avevo mai sentito nominare, e che potei imparare stando fianco a fianco con il personale che le usava quotidianamente.

Il senso perduto

Oggi ci sono moltissime aziende che hanno il sistema di gestione della qualità certificato, ma penso che pochissime sappiano a cosa serve. Hanno questa targa nell'atrio che notate appena entrati, come un feticcio appeso per ricordare che loro sono Certificati ISO 9001, ma oltre a quella targa spesso agli effetti pratici non c'è nulla. Amministratori Delegati, Manager, Dirigenti, non sanno minimamente lo scopo ultimo di quella norma, tanto meno della certificazione, che sta lì per puro marketing o per avere accesso ad un certo tipo di gare di appalto.
Imporre uno standard di lavoro in azienda significa efficienza, che vuol dire creare un buon prodotto per il cliente con il minor sforzo possibile, e serve prima di tutto ad ottimizzare il tempo, il bene più scarso della nostra vita; .
Un diamante perduto, anche se di valore, qualcuno potrà sempre ricomprarlo. Il tempo perso invece non si può più recuperare. E per l'azienda si traduce in un danno economico.
Ottimizzare i tempi e le risorse in azienda significa produrre con minori costi. Significa maggiore gratificazione per i propri dipendenti, che non vengono gratificati solamente dallo stipendio. Un collaboratore che a fine giornata torna a casa sentendo di aver fatto un buon lavoro è un valore enorme che pochi capiscono.

Non solo catena di montaggio

Qualcuno crede che la piena applicazione delle norme sulla qualità è utile solamente alle aziende in cui si lavora in una catena di montaggio, come ad esempio nelle aziende automobilistiche, degli elettrodomestici o nel settore farmaceutico, ma è un errore. Queste sono solamente aziende dove la necessità di applicare un modo pianificato di lavorare, è palese, è visibile. Potremmo dire che in queste situazioni la cosa è talmente ovvia da non richiedere nemmeno l'esistenza della una norma.
In tutti gli altri casi in cui le fasi di lavoro non si vedono, perché disperse in tantissime persone e/o lavorazioni, l'uso di norme o comunque di buone prassi per organizzare la propria azienda è sempre positivo. Anzi direi che è molto più utile in tutte quelle aziende dove il processo di lavoro non è palese. Le buone prassi sono occasione per controllare cosa fa il personale e come lo svolge, diversamente se non si organizza e coordina il lavoro, se non si creano degli standard, sicuramente si avranno perdite di tempo e di risorse.

Tiriamo le somme

Moltissime aziende di oggi, grandi, medie e piccole, non sono tenute in piedi dal Sistema di Gestione della Qualità o dall'efficienza dei loro amministratori delegati, ma dalla bravura del loro personale, che spesso e volentieri mette delle pezze alle voragini che lascia il management. Nell'azienda, prima del Sistema Qualità ci vogliono amministratori che sappiano dove sia la porta per andare giù in produzione, e soprattutto che abbiano l'umiltà di saper ascoltare i propri collaboratori, i propri dipendenti, perché un manager che non ascolta è come un pilota miope che guida senza occhiali. Darà sempre istruzioni sbagliate o in ritardo rispetto alle necessità.
In questa situazione, impiegati, operai e dirigenti di reparto, si troveranno come dei marinai allo sbando in una nave senza rotta, ed in questo, adottare un "sistema di qualità" è la strada per dare a tutti un metodo di lavoro.
Ma alla fine è nella vicinanza con tutto il personale che si costruisce una azienda di successo.



Le regole di Michele Ferrero

Copio incollo, per concludere, quanto pubblicato nella Gazzetta di Alba, in ricordo di quanto scrisse Michele Ferrero circa 40 anni fa, quindi più o meno nell'epoca in cui io svolgevo quell'incarico nella centrale dell'ENEL che ho ricordato sopra.
Le norme guida del personale che Michele Ferrero scrisse oltre 40 anni fa

Massime da seguire nei contatti con il personale: “Quando parli con un individuo ricorda: anche lui è importante”:

1. Nei vostri contatti mettete i vostri collaboratori a loro agio:

  • Dedicate loro il tempo necessario e non le “briciole”
  • Preoccupatevi di ascoltare ciò che hanno da dirvi
  • Non date loro l’impressione che siate sulle spine
  • Non fateli mai sentire “piccoli”
  • La sedia più comoda del vostro ufficio sia destinata a loro

2. Prendete decisioni chiare e fatevi aiutare dai vostri collaboratori, essi crederanno nelle scelte a cui hanno concorso
3. Rendete partecipi i collaboratori dei cambiamenti e discutetene prima della loro attuazione con gli interessati
4. Comunicate gli apprezzamenti favorevoli ai lavoratori, quelli sfavorevoli comunicateli solo quando necessario, in quest’ultimo caso non limitatevi a una critica, ma indicate ciò che dovrà essere fatto nell'avvenire perché serva a imparare
5. I vostri interventi siano sempre tempestivi: “Troppo tardi” è pericoloso quanto “Troppo presto”
6. Agite sulle cause più che sul comportamento
7. Considerate i problemi nel loro aspetto generale e non perdetevi nei dettagli, lasciate ai dipendenti un certo margine di tolleranza
8. Siate sempre umani
9. Non chiedete cose impossibili
10. Ammettete serenamente i vostri errori, vi aiuterà a non ripeterli.
11. Preoccupatevi di quello che pensano di voi i vostri collaboratori.
12. Non pretendete di essere tutto per i vostri collaboratori, in questo caso finireste per essere niente.
13. Diffidate di quelli che vi adulano, a lungo andare sono più controproducenti di quelli che vi contraddicono.
14. Date sempre quanto dovete e ricordate che spesso non è questione di quanto, ma di come e di quando.
15. Non prendete mai decisioni sotto l’influsso dell’ira, della premura, della delusione, della preoccupazione, ma demandatele a quando il vostro giudizio potrà essere più sereno.
16. Ricordate che un buon capo può far sentire un gigante un uomo normale, ma un capo cattivo può trasformare un gigante in un nano.
17. Se non credete in questi principi, rinunciate ad essere capi

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Commenti e note

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Che dire. Sono perfettamente d'accordo con tutto il discorso. Vedo nella azienda dove lavoro, i padroni/dirigenti inventano una regola sul momento per risolvere un problema, poi dopo mezza giornata la regola viene cambiata oppure dimenticata. Mentre il tempo da loro "perso", durante la giornata, non riguarda appunto l'organizzazione dell'azienda, ma fanno da manovali, a loro stessi, per portare avanti il lavoro, che invece dovrebbero demandare a chi lavora per loro! Sono perfettamente d'accordo anche sul discorso ISO9000. Anche condivido in pieno Le regole di Michele Ferrero, ritengo che siano disattese da tutti oggigiorno. Vorrei linkare questo articolo al mio "capo", ma credo che non si dia neanche la briga di leggerlo. Saluti. Saluti.

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di ,

Marco, apri un thread nel forum. È un tema interessante. Anche io ho vissuto l'esperienza delle certificazioni ISO9000 e compagnia bella, in modalità reverese (fare le cose in funzione della morma... invece di usare la norma in funzione dei processi)

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di ,

Marco, relativamente all'ambiente di lavoro di una centrale termoelettrica, ti dico che gli operai ENEL di centrale consideravano praticamente "colletti bianchi" i loro colleghi che lavoravano nella parte di trasmissione (linee AT, sottostazioni)!

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di ,

Bell'articolo Marco! E' bello vedere che qualcuno apprezza la gestione in qualità e ne comprende la vera natura. ENEL è sempre stata all'avanguardia nella gestione in qualità, fin dagli anni '80: avendo accesso a documenti del periodo, posso confermarti che già all'epoca la gestione dei processi era aderenti ai principi che sarebbero poi stati raccolti nella ISO 9001. Ancora oggi buona parte della documentazione progettuale e delle procedure operative dell'epoca sono in vigore, con un'evoluzione ed una struttura perfettamente tracciabili fino ai nostri giorni.

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di ,

@MASSIMO-G, non sono un estimatore delle certificazioni, anzi, farei ben altre considerazioni ma stigmatizzarne l'ostentazione quale sintomo che marca la differenza qualitativa tra le aziende di ieri e quelle di oggi celandone ignoranze e incompetenze, lo trovo riduttivo, una semplificazione che non aiuta.

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di ,

Secondo me Marco non generalizza, nella stragrande maggioranza dei casi la famosa certificazione è solamente un attestato da mostrare all’ingresso dell’azienda, non ha nessuna reale ricaduta sul processo produttivo, anche perché spesso chi si occupa di questi aspetti non conosce nemmeno il prodotto e le lavorazioni dell’azienda. Del resto per ottenere questi attestati si paga, come si pagava per conseguire il diploma di maturità nei diplomifici che erano i cosiddetti istituti parificati, è assolutamente analogo. Pagando si ottiene quello per cui si ha pagato, tutto normale. Non facciamo gli ipocriti , sappiamo tutti benissimo che è cosi, Marco ha straragione…

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di ,

Intanto, se non erro, la "Nutella" adesso ha sede legale, fiscale e amministrativa in Lussemburgo: può darsi che gli eredi abbiano fatto tesoro di qualche insegnamento in più, non so. Comunque, quelli che occupano posti di rilievo senza averne titolo o peggio, capacità, ci sono ma c'erano anche prima, le azienda andavano bene o male anche prima. Molte aziende vivono con difficoltà una realtà avversa e ben diversa rispetto a quella di 40 anni così come credo che diverse aziende di 40 anni fossero ben peggiori di alcune del giorno d'oggi. Il tutto a prescindere dalla certificazione. A mio parere, se non contestualizzate, certe affermazioni restano generiche opinioni.

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di ,

Andrea Palladio è la Centrale Enel di Fusina

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